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congresso nazionale del Pci (Roma, 18-23 marzo 1975)

Berlinguer nella sua relazione al comitato centrale16 del 10 dicembre

1974 – che costituisce anche in questo caso la piattaforma programmatica della campagna congressuale – sospinge la crisi definitiva del centro-sinistra cercando di sviluppare il più possibile la propria proposta politica.

Egli comincia considerando che si è aperta una crisi di tipo nuovo nei paesi capitalistici. Ciò non significa che il capitalismo sia vicino al tracollo, tuttavia è anche vero che la situazione internazionale è caratterizzata da grande incertezza e rende urgente l'adozione di «una programmazione democratica dell'economia nei singoli paesi capitalistici e una cooperazione internazionale» le quali, se non sono forme di attuazione del socialismo, tendono a collocarsi al di fuori della «logica del capitalismo». E qui emerge il ruolo fondamentale della classe operaia, che dovrà essere in grado di guidare questa transizione. Il mondo è gravato da problemi enormi – come quelli della fame, dell'ambiente, dell'accrescimento della popolazione – così gravi e importanti da richiedere la cooperazione anche tra Stati a regime sociale diverso. In particolare, «il movimento operaio e democratico dell'Europa occidentale e l'Europa come tale» assumono una funzione decisiva, e in questo ambito i partiti comunisti e operai dell'Europa capitalistica devono sviluppare un sempre maggiore coordinamento nelle proprie lotte.

All’interno di ogni nazione sono presenti disuguaglianze. Ne deriva, secondo il segretario comunista, la necessità di una trasformazione in senso socialista, la quale si rende sempre più necessaria sia nei paesi del terzo mondo che nei paesi sviluppati. Benché, ammette Berlinguer, nell'edificazione degli Stati socialisti vi siano stati «errori e deformazioni che non vogliamo certo dimenticare», è ormai dimostrato che nei regimi

16 Enrico Berlinguer, La linea e le proposte dei comunisti per uscire dalla crisi e costruire un’Italia nuova. La relazione di Enrico Berlinguer Segretario generale del Pci in preparazione del XIV Congresso, Riunione del C.C. e della C.C.C. del Pci del 10 dicembre 1974, s.l., s.d.

socialisti non vi sono «mali organici», cioè barriere che impediscano di correggere deviazioni e degenerazioni: «cambiare le basi oggettive, i rapporti sociali di produzione, se non risolve di per sé e automaticamente i problemi […] crea però le condizioni indispensabili per affrontare su basi nuove e stabili ogni successivo sviluppo.»

Passando alla situazione italiana, Berlinguer conferma la permanenza nel paese di «una crisi di fondo, irrisolta» che è parte della più ampia crisi del mondo capitalistico. In Italia, il momento di svolta a tale proposito è stato segnato dalle grandi lotte del 1968-69: l'insieme di cambiamenti imposti da questa fase hanno visto il tentativo, da parte della borghesia capitalistica, di riprodurre le condizioni preesistenti, mentre invece sarebbe servito «cambiare profondamente gli indirizzi generali della politica economica per trasformare con gradualità ma con coerenza il meccanismo economico, l'assetto sociale e l'amministrazione pubblica». In questa situazione, prosegue Berlinguer, si è giunti alla crisi petrolifera dell'autunno 1973. Mentre il Pci sosteneva da subito che si trattava di una occasione da sfruttare per iniziative coraggiose, è stata invece attuata dai governi una «politica miope», fatta di misure meramente congiunturali.

La risposta dei comunisti a tutto ciò, prosegue il segretario comunista, è che bisogna operare per far avanzare un progetto di risanamento e rinnovamento di tutta la vita nazionale, evitando però «che i contenuti e le forme della lotta creino divisioni fra i lavoratori e suscitino incomprensioni od ostilità nella popolazione.» Contemporaneamente, è necessario intensificare l’impegno in difesa della democrazia, contro le minacce eversive. Ma tutto questo, aggiunge Berlinguer, non basta. Per risalire dalla condizione in cui si trova il paese i comunisti affermano chiaramente che non si può uscire dalla crisi «senza un periodo di duro sforzo di tutto il popolo e di tensione di tutte le energie nazionali.» È necessario, cioè, produrre di più, non sprecare, impiegare bene ogni risorsa, riconvertire l'industria, riorganizzare le attività economiche e amministrative secondo criteri di efficienza; recuperare, da parte del personale politico e dei dipendenti della pubblica amministrazione, «uno spirito di dedizione al

servizio della nazione e dello Stato»; ritrovare disciplina e severità negli studi, applicare la propria istruzione e la propria cultura, reagire a tutte le forme di delinquenza e di immoralità per ricreare il senso della solidarietà e del mutuo sostegno tra gli uomini.

Fare tutto ciò, ammette Berlinguer, non è facile. Tuttavia, è possibile, a patto che siano indicati i fini e le condizioni di questo sforzo. Le condizioni fondamentali sono tre. Primo: tutta l'attività economica deve essere indirizzata verso obiettivi precisi e verso la realizzazione di un equilibrio che abbia come punto di riferimento gli interessi della collettività. Secondo: i sacrifici «devono essere ripartiti secondo giustizia», attuando una generale ridistribuzione del reddito e avendo come obiettivo la giustizia sociale. Terzo: bisogna fornire la garanzia che il duro sforzo a cui i lavoratori sono chiamati servirà non a puntellare il sistema attuale ma a realizzare un superiore assetto economico e sociale. In questa prospettiva, risulta evidente, secondo il segretario comunista, l’inadeguatezza della classe dirigente che fino a quel momento ha guidato il paese.

Il punto, precisa Berlinguer, non è quello di costruire una società socialista, poiché per questo obiettivo mancano delle condizioni di fondo. Si tratta, invece, di attuare «misure e indirizzi che sono per alcuni aspetti di tipo socialista». I criteri dell’economia di mercato, che sono necessari «per misurare l'economicità e per verificare la validità delle scelte produttive delle imprese pubbliche e private», dovrebbero rimanere operanti. Si tratterebbe, invece, di migliorare la qualità dell'azione svolta dal settore pubblico (le imprese pubbliche e quelle a partecipazione statale) sgombrando il campo da una gestione improntata a criteri burocratici e clientelari, «al di fuori di ogni controllo democratico parlamentare».

Il segretario comunista passa quindi ad esaminare da vicino alcune questioni specifiche che indicano obiettivi «di lotta» per il partito e che vengono proposte come oggetto di discussione e di confronto all'interno del

Pci e nel confronto con le altre forze politiche. Tra le tante questioni, alcune assumono un rilievo particolare,

Innanzitutto Berlinguer sente il bisogno di chiarire la posizione del Partito comunista sul patto Atlantico. Il Pci conferma il proprio giudizio negativo sulla Nato, che è stata costituita come strumento «delle forze capitalistiche e imperialistiche». Ciò stabilito, tuttavia, Berlinguer sottolinea che il Pci considera positivo il fatto che altre forze operaie (socialdemocratiche, democratiche e antifasciste) concordino sulla opportunità di superare la divisione bipolare del mondo in blocchi. Dal complesso di questi fattori deriva la necessità di escludere ogni possibilità di scontro frontale ma di sviluppare, viceversa, forme di cooperazione internazionale per le quali è cruciale il rapporto tra le due superpotenze, non in ottica bilaterale ma bensì multilaterale.

Un altro importante obiettivo per il Pci è, secondo Berlinguer, l’avvio in Italia di un processo consapevole di riconversione e ristrutturazione dell'apparato produttivo e dei consumi, per il raggiungimento di fini di interesse nazionale. Tali fini, da realizzare attraverso una politica di programmazione democratica, sono

l'espansione della base produttiva; l'elevamento della produttività generale e dell'efficienza dell'intera struttura della nostra economia; la correzione degli squilibri e delle distorsioni che si sono accumulati nei rapporti tra Nord e Sud, tra industria e agricoltura, tra città e campagna, tra categorie e settori improduttivi e produttivi, tra consumi sociali e consumi individuali; il soddisfacimento in forme nuove ed economicamente più rigorose dell'aspirazione e delle esigenze delle grandi masse popolari a un reale benessere e all'elevamento delle loro condizioni di vita.

Particolarmente rilevante, in questo ambito, è l’accenno al mutamento degli stili di consumo, che dovrebbe consistere in una diminuzione dei consumi non necessari, come quelli superflui e quelli di lusso, e un aumento dei consumi di tipo sociale, al fine di favorire modi di vita «umanamente più civili».

Un passaggio della relazione è dedicato dal segretario comunista anche al tema del «rinnovamento e risanamento nella vita dello Stato», obiettivi

per i quali sono indispensabili sia il trasferimento di poteri effettivi alle regioni e ai comuni sia il rinnovamento delle Forze armate, dei servizi di sicurezza, delle forze di polizia e della magistratura. Non manca, però, anche una sottolineatura del rigore necessario per l’avanzamento di una reale prospettiva politica rinnovatrice. Secondo Berlinguer, occorre riconoscere la presenza nella società di mentalità e di comportamenti sostanzialmente negativi,

quali la ricerca ansiosa del proprio benessere inteso in modo esclusivamente individuale; la preferenza per impieghi che comportino un minore impegno di responsabilità; l'impulso di gruppi borghesi vecchi e nuovi ad arricchirsi soprattutto attraverso il profitto più facile; il diffondersi di tendenze di tipo corporativo; e fenomeni estesi di conformismo, di esaurimento di spinte ideali e di deperimento di tensione e rigore morale, di sfiducia.

Alcuni gruppi estremisti propugnano atteggiamenti di negazione dello sviluppo produttivo, della scienza e della tecnica e persino del patrimonio culturale, considerandoli tutti strumenti del dominio delle classi sfruttatrici. Tali atteggiamenti nichilistici, secondo il segretario del Pci, sfociano necessariamente in posizioni «agitatorie e distruttive» e devono essere contrastati.

Berlinguer passa quindi a trattare il tema portante della politica comunista: la proposta del compromesso storico. L'esperienza del Cile, afferma, ha fatto comprendere a tutti che è necessario evitare una spaccatura del paese in due fronti pregiudizialmente avversi, ed è invece necessario «svolgere una politica di unità e di ricerca delle più ampie convergenze e alleanze». La partecipazione del Pci al governo, osserva Berlinguer, ridarebbe fiducia alle masse lavoratrici e ciò stimolerebbe l'impegno di tutti per superare il difficile periodo che l'Italia sta attraversando. Ma non si tratta semplicemente di escogitare una formula politica: la partecipazione dei comunisti al governo è un aspetto tutt'altro che secondario, ma

la politica del compromesso storico […] vuole essere già oggi l'indicazione di un metodo di azione e di rapporti politici che, mentre contribuiscono ad agevolare la soluzione di problemi urgenti, sospingono i partiti e tutte le forze democratiche […] a cercare la comprensione reciproca e l'intesa. […] Ma la questione essenziale da risolvere per far sì che i rapporti fra i partiti democratici diano tutti i frutti possibili è quella del superamento definitivo delle pregiudiziali contro il Pci.

L’attenzione si sposta quindi su quello che Berlinguer stesso definisce il «punto centrale» del XIII congresso nazionale del Pci, e cioè il tema delle alleanze. In questo ambito, prosegue, sono stati realizzati notevoli progressi e si sono rivelate nuove potenzialità, particolarmente nelle masse femminili. Al tempo stesso però sono insorte anche delle difficoltà, che devono essere superate poiché, come già rilevato in passato, la politica delle alleanze è importante non solo per la ricerca di convergenza con le categorie intermedie ma anche per le potenzialità che essa può esprimere al fine di affrontare e risolvere i grandi problemi del paese, indicando obiettivi non solo economici e sociali ma anche di sviluppo civile e democratico.

Nell’ultima parte della sua relazione, Berlinguer constata i lusinghieri risultati raggiunti dal partito (crescita elettorale, aumento degli iscritti, cospicuo finanziamento popolare, partecipazione alle feste dell'Unità) e puntualizza che al Pci si guarda, ormai, come ad un punto di riferimento essenziale per fare uscire l'Italia dalla crisi e per rendere possibile il suo sviluppo democratico. Nonostante il giudizio positivo, tuttavia, restano squilibri e difetti, tra i quali si segnala la delicatezza della questione giovanile – che si presenta con caratteri nuovi rispetto al passato ed è una delle questioni centrali di cui tenere conto.

Passando a considerare le sfide che attendono il Partito comunista nella seconda metà degli anni Settanta, Berlinguer invita poi ad accentuare il carattere di «lotta» e di combattività del Pci – cui non dovrà mai mancare il sostegno «della polemica, della motivazione teorica, del confronto e della battaglia aperta delle idee» – ma anche l’attenzione verso le regole della vita interna al partito, cioè la più larga democrazia e l'unità (quest’ultima intesa

come «conquista continuamente rinnovata attraverso il confronto delle posizioni, l'esperienza della lotta»).

E concludendo infine la sua relazione, Berlinguer si sofferma sulla diversità del Pci rispetto agli altri partiti, e ribadisce

il valore permanente di un modo d'essere militanti e dirigenti, che si fonda sulla fedeltà agli ideali della libertà e del socialismo; sulla coerenza tra i principi e l'azione; sul legame costante con i lavoratori e con la gente; sullo sforzo per parlare alle masse sempre partendo dai dati oggettivi della realtà; e su un costume e uno stile di partito che esige la partecipazione responsabile, la serietà intellettuale e la modestia, la disciplina razionale, il disinteresse e l'impegno costante e concreto nel lavoro e nella lotta.

Come si vede, in occasione del XIV congresso nazionale il segretario comunista rilancia il proprio disegno politico e, oltre a ribadire la proposta del compromesso storico, cerca di dare qualche garanzia alle controparti politiche e sociali del Pci. In tal senso vanno sia le rassicurazioni circa l’economia di mercato, sia l’invito ad evitare che le battaglie del partito «creino divisioni fra i lavoratori e suscitino incomprensioni od ostilità nella popolazione.» È da notare, inoltre, la sottolineatura dei «sacrifici necessari» e dello sforzo per aumentare la produttività cui tutti sono chiamati, nel contesto di una piattaforma congressuale improntata ad un generale rigore morale e valoriale. Si tratta di aspetti che saranno ripresi e accentuati negli anni successivi.

La relazione di Berlinguer al congresso nazionale di Roma si intitola significativamente: «Intesa e lotta di tutte le forze democratiche e popolari per la salvezza e la rinascita dell’Italia». In quel congresso la linea del compromesso storico è definitivamente fatta propria dal partito. E la «questione comunista» catalizza l’attenzione degli osservatori, divenendo un vero leitmotiv della vicenda politica nazionale.