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«Passando a trattare gli effetti del fidanzamento, il principio che li governa è sempre quello che regge la disciplina del consenso […]»297. Le parole di Astolfi sono la migliore introduzione alla concezione per cui nel fidanzamento classico rileva primariamente il consensus dei diretti interessati298, i quali sono liberi di fidanzarsi così come di sciogliere il loro vincolo, indipendentemente da obblighi formalmente assunti da soggetti estranei al loro sentimento, sebbene

296

Astolfi, Il fidanzamento nel diritto romano, cit. passim; Idem, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit. passim.

297

Astolfi, Il fidanzamento nel diritto romano, cit. p. 111. Il problema del consenso, in particolare quello matrimoniale, impegna da sempre la dottrina, anche – ed ancora oggi – con riferimento ai sistemi di diritto vigente; si pensi a titolo esemplificativo al recente lavoro di M.S. Quintana Villar, La fuerza y el consentimiento matrimonial, in Estudios Jurídicos en Homenaje al Profesor Alejandro Guzmán Brito 3, edd. Patricio-Ignacio Carvajal y Massimo Miglietta, Alessandria 2014, pp. 621-647. Cfr. per tutti Orestano, La struttura giuridica del matrimonio romano, cit. passim; Astolfi, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit. passim.

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89 ad essi legati da un rapporto potestativo o di tutela. Il consensus deve esistere al momento dell’‘atto’ di fidanzamento e persistere per tutta la durata del rapporto che ne consegue, per poi essere ribadito all’atto del matrimonio e confermato quotidianamente e continuativamente per tutta la durata del rapporto coniugale299. Si tratta di un consensus che Cascione300 classifica come ‘speciale’. Forse quello matrimoniale così come quello – prodromico – di fidanzamento meglio rappresentano il valore etimologico del termine da intendersi come “sentire con qualcuno”, dunque in una dimensione di reciprocità.

La libertà dei fidanzati abbraccia anche le forme di manifestazione del consensus che può essere espresso e confermato in vari modi, più o meno informalmente301. Sembra non lasciare dubbi l’affermazione di Ulpiano:

D.23.1.44.pr., Ulp. 35 ad Sab.

Sufficit nudus consensus ad costituenda sponsalia302.

Il tenore grammaticale dell’asserzione evidenzia che il consenso – che si presume bilaterale, anche se Ulpiano questo non lo esplicita – è sufficiente per constituere gli sponsalia ossia per “piantare303” le fondamenta di uno status, ma, più precisamente si usa de moralibus inter homines relationibus, quae statuuntur, iunguntur, firmantur304; se l’accezione lata rende bene l’idea di un consenso fondante la struttura portante del fidanzamento, sebbene riferibile alla sola fase genetica della condizione di fidanzati, la portata semantica della definizione speciale di constituere abbraccia

299

Si veda Astolfi, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit. pp. 43-45; in particolare la sua analisi parallela di fidanzamento e matrimonio.

300

Cfr. C. Cascione, Consensus. Problemi di origine, tutela processuale, prospettive sistematiche, Napoli 2003, in part. pp. 1-16; la resa in francese è efficace ed esprime la bilateralità intimistica ‘conformité des sentiments’; così lo spagnolo ‘conformidad de parecer, de sentir’, nella traduzione di ‘identità di vedute’, ma anche di ‘comune sentire’; cfr. Ae. Forcellini, LTL 1, s.v. consensus, p. 800.

301

Di Marzo, Lezioni sul matrimonio romano, cit. p. 8; Ferretti, Le donazioni tra fidanzati nel diritto romano, cit. pp. 93-94; Fayer, La familia romana 2, cit. pp. 58-59.

302

Lenel, Pal. 2, col. 1150, fr. 2797, sotto la rubrica De iure dotium. Soluto matrimonio; Volterra (Diritto di famiglia, cit. p. 130) non si sofferma ulteriormente, limitandosi alla lettera del passo Ulpianeo; recepisce l’asserzione ulpianea senza riserve anche Di Marzo, Lezioni sul matrimonio romano, cit. p. 8.

303

Ae. Forcellini, L.T.L. 1, s.v. constituo, pp. 816-817.

304

90 l’intero rapporto, deducendosene la rilevanza del consensus perdurans305

. Il consenso sembra così essere una condizione necessaria e sufficiente che struttura essenzialmente l’atto ed il successivo rapporto di fidanzamento306.

La definizione di Fiorentino chiarisce ulteriormente le idee sulla portata e le implicazioni del gesto:

D.23.1.1, Flor. 3 inst.

Sponsalia sunt mentio et repromissio nuptiarum futurarum307.

Tale definizione è data in un manuale istituzionale e dunque in essa si deve cogliere il risvolto didattico-giuridico: a ben vedere il fidanzamento si concretizza ancora in una richiesta a cui segue un’accettazione, anche se non più in forma di sponsio. In particolare si potrebbe rendere mentio con ‘proposta’ e repromissio con ‘reciproca obbligazione’: ma tale traduzione solleva allo stesso tempo dubbi e perplessità308. Se la mentio è una proposta e la repromissio consiste davvero in una “obbligazione reciproca” si dovrebbe immaginare il seguente schema verbale: vi sono due proposte e due obbligazioni reciproche, ossia due mentiones e due repromissiones; altrimenti dovremmo leggere una proposta (mentio) avanzata unilateralmente a cui segue l’accettazione dell’altra parte, che, allo stesso tempo, obbliga anche chi ha avanzato la proposta.

305

Lo ritiene necessario Orestano, (La struttura giuridica del matrimonio romano, cit. p. 188), pur con riferimento al matrimonio. L’A. si esprime in termini di autosufficienza del consensus. Si tratta a ben vedere di un elemento ad substantiam, al contrario di altri che rilevano ad probationem tantum. Tocca il tema della rilevanza del consenso (bare consent) quale elemento strutturalmente essenziale anche S. Treggiari, Roman Marriage. Iusti coniuges from the Time of Cicero to the Time of Ulpian, Oxford 1991, pp. 145-147. Non si sofferma sul passo, utilizzandolo tuttavia come principio di partenza per un excursus sul consenso dei fidanzandi e degli aventi potestà, Volterra, Lezioni di diritto romano, cit. p. 373. Contro l’ipotesi della necessità di un consenso perdurante Castello, Lo status personale dei fidanzati, cit. pp. 496-497; più in generale sul consenso matrimoniale ancora Orestano, La struttura giuridica del matrimonio romano, cit. in part. pp. 187-258; Volterra, Lezioni di diritto romano, cit. pp. 183-229; G. Longo, Affectio maritalis, in Ricerche romanistiche, Milano 1966, pp. 301-322; Di Marzo, Lezioni sul matrimonio romano, cit. pp. 47-53; A. Wacke, Sul consenso matrimoniale nel diritto romano, in Index 10, 1981, pp. 331-334; Astolfi, La lex Iulia et Papia, cit. pp. 149-154; Astolfi, Il matrimonio nel diritto romano classico, cit. pp. 25-121; Fayer, La familia romana 2, cit. pp. 454-463.

306

Cfr. anche Ferretti, Le donazioni tra fidanzati nel diritto romano, cit. p. 21.

307

Ferretti (Le donazioni tra fidanzati nel diritto romano, cit. p. 20 e nt. 2) è certo che la definizione di Fiorentino si riferisca all’evoluzione tardo-repubblicana dell’istituto, rectius ad un ‘cambiamento’.

308

Di Marzo (Lezioni sul matrimonio romano, cit. p. 8) contesterebbe un «vecchio errore», ma probabilmente la sua eccezione ricadrebbe sulla conseguente traduzione cd. libera e non anche su quella letterale.

91 Non si comprende perché Fiorentino usi il verbo repromittere e non, semplicemente, promittere309; se così fosse, la soluzione sarebbe più semplice: c’è una proposta di fidanzamento a cui segue una promessa, con la quale si accetta e ci si impegna. Al contrario, repromittere sottintende una bilateralità che non emerge, invece, nella mentio310.

Come accennato, la definizione si trova nel manuale istituzionale e, dunque, l’uso terminologico deve, per forza di cosa, essere specifico311.

Ferretti312 sottolinea gli elementi di novità: l’oggetto della promessa sono le nozze, non più l’uxor. Questo fatto costituisce l’elemento sintomatico del cambiamento, dal quale emergerà la rilevanza della volontà muliebre in ordine alle nozze.