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Come più volte ribadito, il fidanzamento ‘arcaico’ richiede una celebrazione formale sotto il profilo giuridico: una sponsio con la quale si promettono le nozze future; una promessa che poteva essere accompagnata da una registrazione scritta e da una ‘stipulazione penale’542: il tutto seguiva le regole di forma previste per questo negozio verbale.

Diversamente, in fase classica, come più volte ricordato, l’istituto assume una marcata pregnanza sociale e personalistica, improntata sul consensus, sulla volontà e sulla responsabilizzazione soggettiva e consapevole dei diretti interessati, seppure non svincolata da significativi effetti giuridici indiretti.

541

Cfr. sopra.

542

165 Il formalismo che connotava il momento genetico della condizione di sponsi viene meno; progressivamente infatti il fidanzamento non viene più ‘contratto’ con una sponsio sorretta e garantita da una stipulazione penale in ossequio ad un principio di libertas nelle relazioni affettive matrimoniali: i due soggetti, con o senza l’intervento degli aventi potestà, assumono un impegno tra loro senza necessità di ricorrere ad una forma giuridica particolare. Ci si chiede a questo punto se l’‘atto’, con riferimento all’evoluzione classica dell’istituto, richieda ancora una qualche veste formale e, in tal caso, a quale fine.

Ci si può domandare quindi se in epoca classica vi fosse quanto meno l’usanza di una qualche forma celebrativa, che, al di là del mero aspetto cerimoniale, fosse idonea a costituire prova (giuridica) dell’avvenuto fidanzamento. Con gli strumenti ottenuti dalle fonti sin qui analizzate possiamo affermare che il fidanzamento di certo rappresenta un mero status di fatto, ma configura una condizione giuridicamente significativa, posta in esere e mantenuta sulla base di comportamenti e di ‘atti’ che assumono una rilevanza agli occhi dell’ordinamento.

Posto che gli sponsalia, ancora in fase classica, generano significative conseguenze e comportano quindi l’assunzione di una responsabilità543, è opportuno interrogarsi se sia ‘necessaria’ una qualche ‘forma’ di celebrazione imposta dall’ordinamento o quanto meno che consenta a posteriori di accertare l’esistenza del ‘rapporto’ di fidanzamento. Detto in altre parole è fondamentale comprendere se, per il compimento dell’ ‘atto’ di fidanzamento, sia ancora necessaria una qualche ufficializzazione.

Occorre dunque rivolgersi nuovamente alle fonti che hanno già costituito oggetto di specifica trattazione nel corso di questo lavoro, le quali permettono di rinvenire almeno indizi utili e che possano far presumere che, per la validità di sussistenza del ‘rapporto’, sia richiesta una celebrazione ufficiale e formale.

543

166 È opportuno quindi muovere dagli ormai noti passi di Ulpiano, contenuti nei suoi commenti all’Editto e a Sabino544:

D.23.1.9, Ulp. 35 ad ed.

Quaesitum est apud Iulianum, an sponsalia sint, ante duodecimum annum si fuerint nuptiae collatae. Et semper Labeonis sententiam probavi existimantis, si quidem praecesserint sponsalia, durare ea, quamvis in domo loco nuptae esse coeperit: si vero non praecesserint, hoc ipso quod in domum deducta est non videri sponsalia facta. Quam sententiam Papinianus quoque probat.

D.24.1.32.27, Ulp. 33 ad Sab.

Si quis sponsam habuerit, deinde eandem uxorem duxerit cum non liceret, an donationes quasi in sponsalibus factae valeant, videamus. Et Iulianus tractat hanc quaestionem in minore duodecim annis, si in domum quasi mariti immatura sit deducta: ait enim hanc sponsam esse, etsi uxor non sit. Sed est verius, quod Labeoni videtur et a nobis et a Papiniano libro decimo Quaestionum probatum est, ut, si quidem praecesserint sponsalia, durent, quamvis iam uxorem esse putet qui duxit, si vero non praecesserint, neque sponsalia esse, quoniam non fuerunt, neque nuptias, quod nuptiae esse non potuerunt. Ideoque si sponsalia antecesserint, valet donatio: si minus, nulla est, quia non quasi ad extraneam, sed quasi ad uxorem fecit et ideo nec oratio locum habebit.

Nel primo frammento il giurista attesta un problema portato all’attenzione di Giuliano, la cui risposta non abbiamo modo di conoscere, se non attraverso il confronto con il secondo passo ulpianeo.Ulpiano riporta il parere di Labeone e di Papiniano, a cui si sente a sua volta di aderire.

Nel casus esposto dal maestro di Modestino ci si domanda se il fidanzamento antecedente ad un matrimonio contratto prima che la fanciulla compisse i 12 anni di età possa essere considerato sussistente. Sono dunque validi quegli sponsalia che promettono un matrimonio celebrato prima dell’età minima? La soluzione giuridica prospettata da Labeone, a cui si affianca quella di Papiniano, è bipartita: nel caso in cui siano stati celebrati gli sponsalia antecedentemente al matrimonio irregolare, permane la condizione di fidanzamento, sebbene la ragazza abbia iniziato a vivere in casa come una donna sposata545. Nell’ipotesi in cui il fidanzamento non sia stato precedentemente celebrato, per questo solo fatto lo stato di convivenza non può essere ritenuto una condizione di fidanzamento. Leggere il quod quale rafforzativo causale dell’hoc ipso ci consente di

544

Per i profili esegetici relativi alle due fonti si rinvia alla Parte II, Capitolo 2, § 1 del presente lavoro.

545

Castello (Consortium omnis vitae, cit. p.60 nt. 6), analizzando il passo congiuntamente a D.23.2.4, Pomp. 3 ad Sab., a D.24.1.32.27, Ulp. 33 ad Sab. ed a C.5.60.3, sottolinea che, in tal caso, la ragazza maritata divenga moglie al momento del compimento dei dodici anni.

167 supporre che la situazione di convivenza more uxorio non possa costituire elemento dirimente per poter considerare tale situazione ‘di fatto’ come fidanzamento: non si devono cioè ritenere sussistenti gli sponsalia per il fatto stesso che la fanciulla sia stata condotta in casa (come una sposa).

Tale interpretazione del passo consente di dedurre importanti informazioni: evidentemente gli sponsalia, all’epoca di Labeone e poi di Papiniano e di Ulpiano, rivestono ancora una portata formale; la loro sussistenza non è una realtà secondaria né può ricavarsi automaticamente da situazioni di fatto. Un matrimonio irregolare non può ‘retrocedere’ a fidanzamento per il solo fatto che, nel frattempo, sia iniziata una convivenza: tra le righe del commento all’Editto leggiamo dunque la necessità che i soggetti interessati manifestino una volontà formalmente convergente verso l’atto di fidanzamento, affinché il conseguente rapporto possa considerarsi sussistente e perdurante.

Da qui la necessità di affermare in modo tautologico che chi vuole il ‘rapporto’ di fidanzamento deve ‘fidanzarsi’, compiendo un ‘atto’ idoneo.

Nel commento a Sabino, come già ricordato, il problema affrontato è più specifico, in quanto non riguarda la sola sussistenza degli sponsalia, ma la validità delle donazioni effettuate in occasione del fidanzamento. All’inizio del frammento viene citato e ripreso il pensiero di Giuliano, che sembra dettare un principio generale, per il quale deve considerarsi sussistente un fidanzamento nell’ipotesi in cui una minore di dodici anni sia stata condotta in casa del quasi marito, benché immatura per il matrimonio. Da una lettura prima facie sembra che Giuliano non subordini la sussistenza del rapporto di fidanzamento alla previa celebrazione formale dello stesso. Il frammento infatti si limita ad un ait enim hanc sponsam esse, etsi uxor non sit. Labeone, Papiniano ed Ulpiano esplicitano la distinzione: il si quidem praecesserint è infatti espresso solo dopo, coerentemente con l’esigenza di fornire due solutiones differenti: l’una per il caso in cui, appunto, il fidanzamento sia stato previamente e formalmente celebrato e l’altra nel caso in cui non via sia stata celebrazione degli sponsalia.

168 Ritenere che il fidanzamento sussista a prescindere da una sua celebrazione formale sarebbe un’ipotesi illogica per due ragioni: in primo luogo perché la validità della donazione è subordinata proprio alla previa celebrazione, in secondo luogo sulla base di una lettura congiunta ricavabile dal raffronto dei due frammenti.

Riteniamo che il commento a Sabino minus dixit quam voluit: Ulpiano, infatti, richiama rapidamente e ancora una volta il pensiero di Giuliano, ma non intende soffermarsi sul problema della mera sussistenza del fidanzamento, quanto piuttosto sulla validità di una donazione effettuata in occasione dello stesso; per tale ragione non indugia sulla questione della permanenza della condizione di fidanzamento, riproponendo in modo più preciso la regola già espressa in D.23.1.9, ma, questa volta, per rispondere al quesito avente ad oggetto la validità della donazione.

Ai fini della presente disamina il passo è indicativo per ribadire l’esigenza – anche con riferimento all’evoluzione classica – di porre in essere gli sponsalia in modo formale, o, quanto meno ufficiale, in modo che risultino sussistere agli occhi dei terzi e dell’ordinamento: si vero non praecesserint, neque sponsalia esse, quoniam non fuerunt. Il concetto sembra proprio non lasciare dubbi: se non c’è stata una previa celebrazione degli sponsalia, questi non possono desumersi come esistenti, in quanto non vi furono. Il quoniam non fuerunt non è tautologico, ma esprime efficacemente l’esigenza che, per potersi parlare di sponsalia, è necessario un atto consapevole e – probabilmente – manifesto, che dia origine, in modo ufficiale, al conseguente rapporto di fidanzamento. Evidentemente, sebbene non sia necessaria una sponsio, occorre un atto simbolico e formale che consenta di attestare l’esistenza di una condizione che rileva anche (ed ancora) sotto il profilo giuridico.

I passi dei giuristi offrono lo spunto per riflettere con Orestano546 sull’individualità di due diversi istituti: il fidanzamento e il matrimonio debbono infatti essere considerati atti e rapporti autonomi, nonché connotati da finalità differenti. Se gli sponsalia costituiscono un logico

546

Orestano, La struttura giuridica del matrimonio romano,cit. pp. 339-340. L’A. rafforza poi la condivisibile tesi dell’autonomia tra gli istituti sotto il profilo storico, sistematico, teleologico e terminologico, in part. cfr. pp. 339-347.

169 antecedente al matrimonio, non deve tuttavia evincersi che esso debba conseguirvi necessariamente, né che gli sponsalia costituiscano una ‘endo-fase’ necessaria di un unico rapporto giuridico-affettivo, che inizia con il fidanzamento e termina con il matrimonio. Gli sponsalia non sono infatti (sempre) un atto preparatorio alle nuptiae: successivamente ad essi, gli sponsi potrebbero infatti scegliere di dare luogo ad una convivenza – legittimata dal fidanzamento formale – senza poi convolare alle nozze. In tal caso, si tratterebbe di un’assunzione di responsabilità di valore più che altro sociale, finalizzata ad attribuire una veste formale alla convivenza stessa e, dunque, a prevenire eventuali censure o biasimi.

Tornando al tema di partenza ed alla luce delle precedenti riflessioni, l’interpretazione per cui il fidanzamento con una fanciulla infradecenne sussistesse solo in fatto e non fosse produttivo di effetti sul piano giuridico pare forse troppo semplicistica; sotto il profilo terminologico si può ritenere piuttosto che tale fidanzamento, pur presentando ‘vizi di regolarità’, non fosse del tutto invalido. Fatta questa premessa, ci sentiamo infatti di aderire alla già richiamata impostazione di Astolfi547: fidanzarsi con una fanciulla infra-decenne determina (solo) un’irregolarità ai sensi della lex Iulia et Papia; più precisamente, gli sponsalia con una ragazza minore di dieci anni durerebbero necessariamente più di un biennio e diverrebbero regolari solo al compimento del decimo anno di età. La durata ultra-biennale determina evidentemente le sanzioni previste dalle norme imperiali e l’impossibilità di fruire dei benefici stabiliti. Questo non impedisce tuttavia che il fidanzamento produca tutti gli altri effetti giuridici (secondari ed indiretti) previsti dalla normativa che esorbita dalla lex Iulia et Papia548.

Più in generale, parte della dottrina sostiene una tesi radicalmente diversa ritenendo che, per la validità del fidanzamento, non sia richiesto alcun presupposto formale549. Le deduzioni in tal

547

Cfr. Astolfi, Il fidanzamento nel diritto romano, cit. pp. 65-67 e Idem, La lex Iulia et Papia, cit. p. 7.

548

Per cui si veda Parte I, Capitolo1, § 10.

549

Così già Voci, Storia della patria potestas, cit. p. 404; conferme si trovano in Astolfi, Il fidanzamento nel diritto romano, cit. passim ed approdano in parte sino alle letture più recenti, (ad es.

170 senso di Volterra550 muovono anche dal già noto passo del commento all’Editto di Paolo, che, tuttavia, ex litteris, fa riferimento alla sponsio, forma celebrativa incompatibile con l’evoluzione classica dell’istituto, allorquando la sponsio di fidanzamento e la relativa stipulazione penale assumono il carattere dell’illiceità:

D.45.1.134.pr., Paul. 15 resp.

Titia, quae ex alio filium habebat, in matrimonium coit Gaio Seio habenti familiam: et tempore matrimonii consenserunt, ut filia Gaii Seii filio Titiae desponderetur, et interpositum est instrumentum et adiecta poena, si quis eorum nuptiis impedimento fuisset: postea Gaius Seius constante matrimonio diem suum obiit et filia eius noluit nubere: quaero, an Gaii Seii heredes teneantur ex stipulatione. Respondit ex stipulatione, quae proponeretur, cum non secundum bonos mores interposita sit, agenti exceptionem doli mali obstaturam, quia inhonestum visum est vinculo poenae matrimonia obstringi sive futura sive iam contracta551.

Come ricordato, in età preclassica il fidanzamento si contrae con una sponsio, una promessa avente ad oggetto un matrimonio futuro552. Autore di quest’‘atto’ è il diretto interessato, qualora sui iuris, o l’avente potestà. Il vincolo è giuridico e obbliga alla futura celebrazione ed è assistito processualmente da un’actio ex sponsu. La sponsio è sostanzialmente in genere ‘garantita’ con una stipulazione penale, che consiste nella promessa di pagare una somma nell’ipotesi in cui il matrimonio non venga celebrato per ragioni imputabili alla parte promettente. A ben vedere sono i requisiti stessi di validità della sponsio a definire il formalismo dell’atto di fidanzamento arcaico ed a costituire una ‘prova’ di celebrazione.

Si tratta di un istituto che sembra avere poco a che fare con una dimensione affettivo-personalistica; è un impegno giuridico formale che viene ‘blindato’ da una promessa formale (desponderetur), assistita e garantita da una promessa avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro per l’ipotesi in cui il matrimonio non avvenisse (adiecta poena) e per di più garantita a Mitchell, On the Legal Effects of Sponsalia, cit. pp. 400-444), che tuttavia danno conto di significativi effetti giuridici del fidanzamento.

550

D.45.1.97.2, Cels. 26 dig.: "si tibi nupsero, decem dari spondes?"Causa cognita denegandam actionem puto, nec raro probabilis causa eiusmodi stipulationis est. Item si vir a muliere eo modo non in dotem stipulatus est; D.45.1.134.pr. Paul. 15 resp.; D.35.1.71.1 Pap. 17 quaest.; sul punto Volterra, Osservazioni intorno agli antichi sponsali romani, cit. p. 506; Idem, Diritto di famiglia, cit. pp. 128-129; Astolfi, Il fidanzamento nel diritto romano, cit. pp. 50-51.; cfr. sopra.

551

Per la cui esegesi si richiama ancora Volterra, Diritto di famiglia, cit. pp. 128-130.

552

171 livello probatorio, non solo dalla presenza dei testimoni, ma anche dall’interposizione di una probatio scritta (instrumentum)553.

Nei libri Responsorum Paolo si esprime in termini più che espliciti con riferimento all’inopportunità della sponsio di fidanzamento: se è vero che gli sponsalia per sussistere debbono essere formalmente celebrati, è altrettanto vero che non occorre più assumere reciprocamente una responsabilità contrattuale/obbligatoria.

Più precisamente, riteniamo che, sotto il profilo del ius civile, in età classica la realizzazione di una sponsio non sia più necessaria, né ad substantiam, né ad probationem; quanto al diritto onorario, si evince la pregnanza dell’intervento pretorio, laddove viene riconosciuta, probabilmente all’inizio solo in factum, la fondatezza dell’exceptio doli a fronte di un’actio ex sponsu finalizzata a far valere la promessa di fidanzamento e la relativa stipulazione penale. Il pretore così paralizza la pretesa attorea volta a far valere una promessa di fidanzamento e l’esecuzione della relativa stipulazione penale. Precisamente Paolo ritiene “non onesta” la coercizione patrimoniale della promessa di matrimonio, quindi solo uno dei tre elementi giuridici che strutturano il fidanzamento ‘arcaico’.

La ratio, come detto, va rinvenuta nei costumi già consolidati, che rendono “non-onesta” la coercizione giuridica finalizzata all’atto di matrimonio. Sono il disvalore sociale e morale della sponsio di fidanzamento e della relativa stipulazione penale a rappresentare quell’esigenza comune e collettiva che il pretore, ritenendola meritevole di tutela, va ad assecondare con il riconoscimento della exceptio. In realtà, stando al passo di Paolo, il profilo di illiceità attiene peculiarmente alla stipulazione penale: il giurista infatti ritiene ‘non onesta’ la stipulazione penale e non la promessa di matrimonio tout court, la quale potrebbe essere sopravvissuta per più tempo, anche se priva della garanzia offerta dalla ‘penale’. Probabilmente, col tempo, ci si sarà resi conto che il formalismo di una sponsio non garantita era divenuto inutile e si iniziò a ricorrere a strumenti celebrativi giuridicamente meno formali.

553

172 Dunque dall’epoca arcaica all’epoca classica c’è un’evoluzione; a livello pretorio non viene più concessa tutela in caso di inadempimento alla sponsio di fidanzamento, in quanto ciò non è più conforme alle esigenze sociali ed ai costumi. Questa assenza di formalità, se da un lato asseconda evidenti esigenze di libertà in un ambito personale ed affettivo, dall’altro pregiudica la sussistenza di una ‘prova’ certa di celebrazione. Il fidanzamento tuttavia continua a produrre significativi effetti giuridici per cui si rende necessario accertarne sempre la sussistenza.

Una qualche formalità diversa dalla sponsio celebrativa deve, per questo motivo, essere necessariamente richiesta a fini probatori.