Nelle pagine che precedono si è cercato di indagare quale sia il significato del concetto di “organizzazione illecita”, nella consapevolezza che su di esso, dottrina prima e giurisprudenza poi, hanno fondato il disvalore dell’associazione illecita quale
360 De Francesco, Associazioni segrete e militari nel diritto penale, cit., 317; Id., I reati di associazione politica. Storia, costituzione e sistema nell’analisi strutturale delle fattispecie, Giuffrè, Milano, 1985, 135 ss.; Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1976, 1163; Id., Legittimità e opportunità della legge sulle paramilitari, in Raccolta di scritti, III, Milano, 1972, 33 ss.; Barile, Associazione (diritto di), in Enc. Dir., III, Milano, 1958, 846; Caraccioli, Associazioni, enti, istituti (sicurezza pubblica), in Nov. Dig. It. App., I, Torino, 1980, 559; Petta, Le associazioni anticostituzionali nell’ordinamento italiano, in Giur. cost., 1973, 741; Sica, Le associazioni nella Costituzione italiana, Napoli, 1957, 32- 33.
361 Pace, Commento all’art. 18 Cost., in Comm. Cost., Artt. 13-20, Bologna, 1977, 220-221. 362 De Francesco, Associazioni segrete e militari nel diritto penale, cit., 317.
base, non solo di molteplici previsioni incriminatrici del sistema penale, ma anche di più o meno recenti approdi giurisprudenziali.
Alla domanda “che cosa rende illecita l’associazione per delinquere”, ovvero quell’associazione che ancora non delinque ma si limita a possedere un proposito delinquenziale, si è data risposta trasferendo la questione sul piano degli elementi costitutivi della fattispecie associativa. In particolare, attraverso il tentativo di individuazione dei tratti di illiceità di tali elementi.
La domande, a questo punto, si moltiplicano: in primo luogo, cosa deve intendersi per organizzazione; in secondo luogo, che cosa denota un’organizzazione come illecita.
La risposta alla prima domanda pone un’alternativa non facile: si può pensare all’organizzazione come a un insieme di attività precedente la realizzazione delittuosa e, allora, organizzarsi significa prepararsi al delitto anche tentato. Oppure organizzazione come insieme di persone e mezzi presi nella loro staticità, come entità materialmente distinguibile dai soggetti distintamente considerati e, allora, organizzazione significa soggettività ulteriore rispetto ai correi. In definitiva, si tratta del mero sinonimo dell’associazione come gruppo di persone legate da un vincolo non necessariamente stabile e da un programma criminoso non necessariamente indeterminato.
Si dimentica che nella fattispecie associativa, anche se reato necessariamente plurisoggettivo, sono pur sempre le persone fisiche, singolarmente individuate attraverso condotte tipizzate, il centro di imputazione della fattispecie.
In entrambi i casi, il secondo quesito non trova soluzione: cosa rende illecito l’organizzarsi, cosa rende illecita l’organizzazione?
Il concetto di organizzazione sembra, allora, fallire nella funzione che gli è stata assegnata, non essendo in grado di definire un livello autonomo di illiceità. Il vizio, essendo forse rappresentato dalla mancata elaborazione di una nozione di organizzazione che nascesse nello stesso settore disciplinare nel quale la stessa veniva chiamata a operare o, ancora, che fosse importata con la consapevolezza della funzione definitoria nel diritto penale.
L’unico elemento in grado di definire l’illiceità di un’associazione resta, dunque, il suo oggetto. La finalità associativa segna, paradossalmente, con maggior rigore il confine della liceità penale: pare di assoluta evidenza che laddove l’obiettivo degli associati sia rappresentato dalla realizzazione di un’attività lecita, non possa seguire l’ulteriore indagine volta ad accertare quell’elemento che dia consistenza alla materialità della fattispecie associativa.
È la commissione del rato che conduce alla ricerca dei suoi autori e alla sua eventuale attribuzione a più soggetti in concorso o associazione tra loro. In questo senso, è emerso con chiarezza dall’analisi giurisprudenziale condotta che la
contestazione dell’associazione per delinquere accompagna la sola contestazione di ipotesi delittuose che abbiano raggiunto la soglia della consumazione.
In questa fenomenologia deviante, che vede l’associazione per delinquere sempre più decontestualizzata363
, il concetto di organizzazione assume una funzione estensiva della punibilità.
Non solo il concetto non consente di ridurre i contorni della fattispecie, ma, “vittima” di discutibili salti logici, legittima l’ingresso, nella sfera di operatività della norma, di organizzazioni lecite tout court, come le imprese.
Allo studio di tale ultima problematica sarà dedicato il capitolo che segue. Volendo delineare il filo conduttore che sia d’ausilio anche alle pagine che verranno, sembra possibile ripercorrere, a titolo di parziale e provvisoria conclusione, la distinzione un tempo prospettata364
tra reati di associazione e reati associativi, mutandone il contenuto in reati “di organizzazione” e reati “organizzativi” o “dell’organizzazione”.
I primi sarebbero quelli previsti dalle norme che stabiliscono un divieto penale di istituzione di determinati tipi di associazione: le norme penali puniscono i partecipanti per il fatto della loro partecipazione all’associazione, colpendo la stessa nella sua esistenza. In questo modo ponendo dei limiti penali al diritto di associazione, la cui legittimità è condizionata dalla loro compatibilità al dettato costituzionale365
.
Saremmo, dunque, di fronte a una species della più vasta categoria dei reati plurisoggettivi, il cui elemento essenziale è la condotta di una pluralità di soggetti. La peculiarità consiste nel fatto che il disvalore del reato si impernia essenzialmente sul risultato della partecipazione di tutti e di ognuno dei concorrenti, cioè in definitiva sul “fatto dell’associazione”. Ciò nonostante la responsabilità penale è individuale di ciascuno per il fatto proprio della partecipazione.
I secondi sono quelli previsti da norme che non mirano a colpire l’esistenza stessa dell’associazione, ma, presupponendone la liceità, solo singoli fatti o episodi
363 Fiandaca, Le associazioni per delinquere “qualificate”, in Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale, I reati associativi. Convegni di studio “Enrico de Nicola. Problemi attuali di diritto e procedura penale, Giuffrè, Milano, 1998, 43 ss., sottolinea come sia stato fatto un uso “distorto” dell’art. 416 c.p., deviato rispetto al suo originario referente criminologico; la fattispecie invece dovrebbe essere utilizzata solo per fenomeni di macro-criminalità organizzata.
364 Palazzo, Associazioni illecite ed illeciti delle associazioni, cit., 418 ss..
365 Palazzo, Associazioni illecite ed illeciti delle associazioni, cit., 418 ss.. Ai limiti posti dal dettato costituzionale, ovvero scopo penalmente illecito, segretezza e organizzazione militare, ricostituzione del partito fascista, corrispondono rispettivamente le tre categorie dei reati di associazione: di scopo, di struttura o di organizzazione, di ideologia.
criminosi della vita dell’associazione strumentalmente collegati con il perseguimento degli scopi istituzionali dell’ente366
.
I reati associativi sono fatti illeciti strumentalmente collegati con gli scopi sociali istituzionali, o nel senso che ne rendono possibile il perseguimento o nel senso che lo facilitano o lo agevolano367
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Sulla scia di tale distinzione prenderanno corpo, altresì, le considerazioni in materia di impresa illecita.
366 Palazzo, Associazioni illecite ed illeciti delle associazioni, cit., 423.
367 Palazzo, Associazioni illecite ed illeciti delle associazioni, cit., 433, secondo cui il problema deve essere studiato sotto un duplice profilo: con riferimento ai fatti che possono configurare i reati associativi e con riferimento ai sistemi di responsabilità o d’imputazione di tali reati. Quanto al primo profilo distingue caratteristiche formali-strutturali e contenutistico- sostanziali. Per quanto riguarda le prime: il reato deve recare vantaggio all’associazione, non deve essere il risultato di un’iniziativa individuale dell’autore materiale, ma formalmente e sostanzialmente riconducibile alla volontà sociale dell’associazione. Non deve trattarsi di un’espressione della politica del gruppo ma può trattarsi anche di un mezzo che l’associazione si propone di utilizzare una tantum. Deve essere un reato commesso nell’esercizio di un potere sociale del soggetto materialmente agente, mediante il quale egli impieghi l’intero gruppo verso l’esterno o verso i propri soci, non solo sul piano giuridico ma anche morale. Può trattarsi anche di un potere di fatto. Il collegamento tra l’atto esercizio del potere sociale e la reale volontà sociale può essere palese od occulto. Sul piano contenutistico distingue reati propri e reati comuni: quanto a questi ultimi l’associazione potrà essere soggetto attivo prevalentemente di quei reati comuni che si prestino a essere commessi o mediante i tipici poteri sociali di manifestazione del pensiero o dell’opinione del gruppo oppure mediante un potere sociale di natura negoziale o genericamente patrimoniale.
Capitolo III
Il requisito organizzativo nell’ambito di “contesti leciti”
Sommario: 1. Introduzione: criminalità d’impresa e criminalità organizzata a confronto. Un postulato non superabile; 2. Le fattispecie in materia di tutela penale dell’ambiente. Un’esemplificazione di organizzazione illecita?; 3. L’impresa illecita: il diritto penale incontra il diritto civile; 4. L’organizzazione nel diritto civile; 5. Reati-contratto e reati-in contratto; 6. Accessorietà o autonomia del diritto penale; 7. Segue. La necessaria sussidiarietà della disciplina penalistica; 8. L’organizzazione come soggetto di imputazione nel d. lgs. 231/2001: colpevolezza di organizzazione come possibile manifestazione della criminalità d’impresa; 8.1. L’estensione del catalogo dei reati-presupposto: alcune incongruenze del dettato normativo; 9. Esemplificazioni della strumentalizzazione dell’impresa lecita; 10. La nozione di profitto illecito: possibilità di recuperare la distinzione tra impresa lecita e illecita?
1. Introduzione: criminalità d’impresa e criminalità organizzata a confronto.