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739 Ghiacciaio Peder di Fuor

8. Considerazioni conclusive

Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare, attraverso metodi di indagine indiretti, le fluttuazioni subite dai ghiacciai della Val Martello e definire il trend che li ha caratterizzati in un arco di tempo di circa 160 anni, dalla Piccola Età Glaciale al 2012.

Utilizzando documenti cartografici e aerofotografici è stato possibile ricostruire l’estensione areale e le variazioni di volume dei ghiacciai, analizzando in dettaglio gli anni 1865-1868 (Desio, 1967), 1891 (D.O.A.V.), 1908-1912 (Desio, 1967), 1910 (I.G.M.I), 1915 (I.G.M.I), 1917 (I.G.M.I), 1922 (I.G.M.I), 1925-1926 (I.G.M.I), 1954 (ortofotogrammi), 1960-1961 (Desio, 1967), 1962 (I.G.M.I), 1989 (ortofotogrammi), 1994 (ortofotogrammi), 2006 (ortofotogrammi), 2008 (ortofotogrammi) e 2012 (immagini satellitari di Bing). La ricostruzione dell’estensione dei ghiacciai durante la PEG è stata realizzata partendo dai rilevamenti eseguiti nell’ambito di due tesi di laurea (Bastoncelli 2001 e Rocchi 2002) modificando e adattando i limiti sulla base anche di una analisi fotointerpretativa.

Fig. 8.1: Superficie glacializzata residua in % dalla PEG al 2012 per i ghiacciai della Val Martello

100 71 72 63 55 494947 55 50 44 33 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1850 1870 1890 1910 1930 1950 1970 1990 2010 Supe rf ic ie g la cia liz za ta re sidua in % Anno

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Nella Fig. 8.1 è riportato l’andamento della superficie glacializzata residua dei ghiacciai della Val Martello (espresso come variazione areale percentuale rispetto al 1850) inserendo tutti i dati disponibili. I dati riferiti al 1850 rappresentano il risultati di pregresse attività di terreno svolte nell’ambito di tesi di laurea e sono stati rivisti e riadattati alle nuove basi di rappresentazione (ortofotografie).

I dati raccolti sono suddivisibili in due distinti grandi gruppi, ovvero quelli provenienti dalla cartografia storica, dal Catasto dei Ghiacciai Italiani del 1962, dal Catasto dei Ghiacciai della Provincia di Bolzano (World Glacier Inventory, WGI 1982) e quelli provenienti dagli ortofotogrammi multitemporali sopracitati e dalle immagini satellitari di Bing. Per quanto riguarda i primi dati possiamo dire che rispecchiano, in parte, l’andamento e le estensioni delle superfici dei ghiacciai. Infatti provenendo da carte storiche, in alcuni casi molto antiche (per esempio la carta DOAV del 1891, oppure le carte dei primi anni del Novecento dell’I.G.M.I), hanno uno stile di rappresentazione cartografica che non permette di valutare i dati da un punto di vista squisitamente quantitativo, ma piuttosto sono da considerarsi come dati semiquantititativi che aiutano a ricostruire il trend generale dei ghiacciai dal 1865 al 1960-1961. Al contrario per le carte del 1962 (Tavolette I.G.M.I. in scala 1:25.000 della Val Martello), che sono state prodotte mediante restituzione fotogrammetrica, il dato risulta più attendibile.

La Regione Alto Adige e il Portale Cartografico Nazionale, forniscono attraverso servizi WMS ortofotografie dalle quali estrarre dati utilizzabili anche per accurate analisi quantitative contestualizzabili e confrontabili anche con altri gruppi montuosi.

Dal grafico (Fig. 8.1) risulta che in 162 anni si ha un marcato ritiro della superficie glacializzata, evidenziando così un trend negativo, con una progressiva diminuzione dell’estensione areale. I dati raccolti mostrano una riduzione del 71% dell’area coperta dai ghiacciai negli anni che vanno dal 1850 al 2012.

Sempre dal grafico, però, si nota che il trend negativo è stato interrotto da piccole pulsazioni positive o momenti di stasi, registrati nei primi anni ’20 e alla fine degli anni ’80. Tra gli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80 non si registra un aumento dell’estensione areale, che invece, è nota per altri settori delle Alpi. In letteratura questa fluttuazione positiva è documentata nei lavori di Patzel (1973), Zemp et alii (2007) e Haeberli (2008), i quali asseriscono che durante gli anni ’90 del XIX secolo e gli anni ’20 e ’80 del XX secolo si sono registrate fluttuazioni positive dei

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ghiacciai. I dati relativi al 1989 mostrano, in effetti, un incremento positivo della copertura glaciale ma il dato ottenuto potrebbe essere sovradimensionato a causa di nevicate che interessano le ortofoto dell’89. Nella limitrofa valle de La Mare sono stati registrati da Carturan et alii (2014) picchi di avanzata nel 1897, 1923 e 1986, in linea con i dati ottenuti per quanto riguarda la Val Martello.

I dati di cui siamo in possesso presentano un gap temporale tra il 1962 e il 1982. Sono però presenti le relazioni delle Campagne Glaciologiche del Comitato Glaciologico Italiano dai quali, anche se i dati non sono presenti per tutti i ghiacciai della Val Martello, è possibile ricostruire una tendenza evolutiva di parte delle masse glacializzate. Per esempio nei primi anni ‘80 sono stati segnalati trend positivi per quanto riguarda il Ghiacciaio Vedretta Serana (+5 m nel 1981 rispetto al 1980), il Ghiacciaio Vedretta Ultima (+3 m nel 1981 rispetto al 1980), ma i ghiacciai che hanno subito un’avanzata maggiore sono il Ghiacciaio della Forcola (+25 m nel 1981 rispetto al 1980) e il Ghiacciaio del Cevedale (+16 m rispetto al 1980). Questo trend è continuato fino al 1986, anno in cui i Ghiacciai Vedretta Alta, Della Forcola e del Cevedale iniziano a registrare un arretramento della fronte di circa 3-4 m, trend che prosegue negli anni successivi fino al 2012.

Ulteriori informazioni riguardanti la variazione superficiale in percentuale dalla PEG sino al 2006 di tutto il gruppo dell’Ortles-Cevedale sono fornite da Knoll et alii (2009), che registrano una riduzione del 61,9 %, mentre lo stesso periodo calcolato in questa tesi, con riferimento alla sola Val Martello, è pari al 67%. Per quanto riguarda gli anni più recenti, dal 1989 al 2012, i dati ottenuti in questa tesi mostrano un’inflessione della curva, che raggiunge i valori minimi nel 2012. Questi dati trovano conferma negli studi di Knoll et alii (2009), che indicano una forte riduzione della superficie glacializzata e dei volumi di ghiaccio per il Sud Tirolo, specialmente nel gruppo dell’Ortles Cevedale dove si nota lo smembramento di molti corpi glaciali.

La Val Martello è caratterizzata da un glacialismo molto differente sui due versanti, poiché uno è esposto totalmente a Nord, mentre l’altro totalmente a Sud.

Il confronto tra le curve di riduzione per i ghiacciai esposti verso i quadranti meridionali e quelli settentrionali (Fig. 8.2 e Fig. 8.3) mostra, come era intuibile, un comportamento molto diverso in risposta alle sollecitazioni climatico- ambientali.

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Il grafico di Fig. 8.2, mostra che sono stati presenti dei momenti di ripresa dell’attività glaciale nei primi anni ’20 e a fine anni ’80. Il trend negativo, in questo caso, si manifesta più graduale nel tempo, ad eccezione degli ultimi anni dal 1989 al 2012, in cui si riscontra nuovamente un incremento di inflessione.

Fig. 8.2: superficie glacializzata residua dalla PEG al 2012 per i ghiacciai esposti verso i quadranti settentrionali (dal numero di catasto 716 al 733)

Al contrario il versante in sinistra idrografica, prevalentemente esposti verso i quadranti meridionali (Fig. 8.3) ha visto la scomparsa del 100% dei ghiacciai, permanendo ad oggi solo un piccolo glacionevato della superficie di 3 ettari. L’esposizione sfavorevole e la presenza di bacini di alimentazione ridotti hanno contribuito alla intensa ablazione delle superfici glacializzate, e alla successiva scomparsa dei ghiacciai. I ghiacciai un tempo presenti su questo versante hanno registrato fluttuazioni positive a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, durante i quali è documentato un aumento del 3% della superficie glacializzata. Successivamente, la tendenza è sempre stata negativa ma non accentuata come nei negli anni che vanno dalla PEG al 1891, con un calo drastico superiore al 60%. Il confronto tra il DTM relativo al 1850 e il DTM del 2006 ha permesso di quantificare il volume perso dai ghiacciai della Val Martello nell’arco di tempo considerato: la perdita ammonta a 1.205.183.800 m3, valore che corrisponde a 723.110.280 m3 di equivalente in acqua, se si considera una densità media riferibile

100 81 76 77 78 69 61 545653 61 57 51 39 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1850 1870 1890 1910 1930 1950 1970 1990 2010 Supe rf ic ie g la cia liz za ta re sidua in % Anno

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ad un regime conservativo (δ = 0,6 g/cm3), e a 1.084.665.420 di m3 di equivalente in acqua se si considera una densità più elevata in regime di maggiore ablazione, considerando prevalente la fusione del ghiaccio (δ = 0,9 g/cm3).

Fig. 8.3: superficie glacializzata residua dalla PEG al 2012 per i ghiacciai esposti verso i quadranti meridionali (dal numero di catasto 734 al 741).

Attraverso la formula di Paul et alii (2006), che tiene conto dell’estensione areale delle masse glacializzate, è stata calcolata la perdita di volume anche negli altri anni considerati. Dalle misure eseguite risulta una perdita che ammonta a 1.413.744.546 m3, ricavando come valori 848.246.728 m3 di equivalente in acqua per un regime più conservativo (δ = 0,6 g/cm3), mentre 1.272.370.091 m3 di equivalente in acqua considerando prevalente la fusione del ghiaccio (δ = 0,9 g/cm3).

Considerando i dati del WGI e applicando a questi la formula empirica di Paul et alii (2006), risulta che il volume dei ghiacciai era stimabile in circa 473.170.937 m3. Questo dato evidenzierebbe una perdita di circa 1.322.050.413 m3 pari al 65% del volume iniziale (PEG).

I dati provenienti dall’Ufficio Idrografico e Servizio Prevenzione Valanghe della Provincia Autonoma di Bolzano sono un poco diversi da quelli del WGI e mostrano che nel 1982 i volumi di ghiaccio calcolati per i ghiacciai della Val Martello sarebbero stati pari a circa 412.020.000 m3 (Valentini, 1985). Questi dati indicano

100 60 40 39 35 31 25 13 1114 19 9 5 1 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 1850 1870 1890 1910 1930 1950 1970 1990 2010 Supe rf ic ie g la cia liz za ta re sidua in % Anno

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tra il 1982 e il 2006 una perdita di volume di circa 793.163.000 m3,. Correlazioni con le variazioni di precipitazioni e, soprattutto, di temperature richiederebbero ricostruzioni climatiche approfondite che non sono state oggetto di questa tesi. Si segnala però che Cannone et alii (2008) riportano che in Valfurva, situata poco a SW della Val Martello, dal 1988 al 2006 sono state registrate temperature medie annuali inferiori di 0,2°C rispetto agli anni precedenti, ma allo stesso tempo sono state registrate temperature estive maggiori di 0,5°C. Questi dati, in prima approssimazione, portano a correlare il ritiro marcato a partire dalla fine degli anni ’80 con aumenti delle temperature estive. D’altra parte in Carturan et alii (2013) viene evidenziato per l’adiacente valle de La Mare come l’aumento delle temperature medie estive, ricostruite anche su serie storiche, e’ da correlare con il bilancio di massa progressivamente sempre più negativo del ghiacciaio del Careser. Dalla carta delle isoablazioni, costruita dalla differenza tra i DEM del 2006 e del 1850, è stato possibile osservare che le perdite più ingenti di volume si sono avute in corrispondenza del bacino ablatore del Ghiacciaio del Cevedale (numero di catasto 732), mostrando valori di riduzione di spessore di oltre 160 m; riduzioni marcate si registrano anche per il Ghiacciaio Vedretta Lunga (numero di catasto 733) con una riduzione di oltre 140 m di spessore.

I dati raccolti all’interno di questa tesi vogliono fornire un contributo alla conoscenza della risposta di una parte della criosfera alle sollecitazioni climatiche e ambientali. I ghiacciai, infatti, rappresentano delle sensibili sentinelle che modificano la forma in risposta alle variazioni del loro bilancio di massa: quest’ultimo, a sua volta, è funzione di molteplici parametri tra i quali le precipitazioni e temperature giocano un ruolo dominate. Inoltre, conoscere il comportamento e lo stato dei ghiacciai può contribuire ad una corretta e consapevole gestione delle risorse rinnovabili, in particolare della riserva d’acqua dolce, utilizzabile per scopi agricoli, civili e industriali. La quantità di acqua immagazzinata allo stato solido dai corpi glaciali, per esempio, può essere confrontata con i dati di produzione di energia idroelettrica derivanti dalla diga del Gioveretto, che utilizza 7 m3/s di acqua per produrre energia, per una media annua di circa 220.752.000 m3, ottenendo 226.000.000 chilowattora annui (dati della Società elettrica altoatesina, www.hydros.bz.it). Questo vuol dire che l’acqua immagazzinata all’interno dei ghiacciai della Val Martello potrebbe produrre in autonomia energia dai 3 ai 5 anni. L’energia prodotta potrebbe soddisfare il

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fabbisogno di città con 170-180 mila abitanti come ad esempio Prato o Padova (dati Istat 2012, http://dati.istat.it/).

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9. Appendice

Cartografia numerica e geomatica

Durante lo studio mediante sistemi informativi geografici (GIS) della Val Martello o altre zone presenti sulla superficie terrestre, occorre prestare molta attenzione ai sistemi di riferimento utilizzati, poiché un uso non corretto può causare gravi errori di localizzazione e quindi di interpretazione dei dati.

I sistemi di riferimento maggiormente utilizzati in Italia sono:  sistema ED 50 - UTM (fuso 32, fuso 33);

 sistema Roma M.Mario 40-Gauss Boaga (fuso ovest, fuso est);  sistema WGS 84- UTM (fuso 32, fuso 33).

Nel sistema UTM la Terra viene suddivisa in 60 fusi longitudinali, con un’ampiezza di 6° ciascuno (la massima consentita per ottenere deformazioni accettabili in cartografia); questo sistema è di tipo chilometrico poiché si basa su di un sistema di assi cartesiani con ascissa (Equatore) e ordinata (meridiano di riferimento); al meridiano fondamentale si associa una falsa origine, in longitudine, di 500 km e la numerazione dei meridiani parte da Greenwich (Londra) e prosegue verso est. Il sistema geodetico ufficiale italiano si chiama Roma40 e fu introdotto nel primo; a tale riferimento è associato il sistema piano GAUSS-BOAGA utilizzato per la realizzazione della fondamentale Carta d'Italia alla scala 1:25.000 e del suo multiplo 1:100.000. L'ED50 è utilizzato nella pratica solo a scopo cartografico e quindi di scarso interesse per la geodesia. Il sistema geodetico mondiale WGS84, la cui realizzazione europea prende il nome di ETRS89 è stato recentemente introdotto in seguito all'affermarsi delle tecniche satellitari GPS. Anche al WGS84 è associato il sistema cartografico UTM, generalmente indicato come UTM(WGS84) per distinguerlo dall'equivalente sistema piano associato all'ED50.

Definizione di GIS

Molti autori hanno formulato varie definizioni di GIS, in base all’uso che una persona ne fa può assumere accezioni simili, ma allo stesso tempo diverse concettualmente. Si può dire che dal punto di vista semantico, GIS è l’acronimo

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dell’inglese Geographical Information System, traducibile in italiano come Sistema Informativo Geografico (SIG) o Territoriale (SIT).

Non è semplice formulare una definizione unica di GIS, quindi si può dire che il GIS è un software capace di rappresentare, analizzare e gestire elementi sia di tipo grafico (punti, linee, poligoni ecc), ma soprattutto di tipo geografico (ovvero ci fornisce una rappresentazione della realtà in modo tale da poter essere elaborata e utilizzata in moltissimi modi). La tecnologia GIS si fonda sull’integrazione fra grafica e cartografia computerizzata da una parte e tecniche di gestione delle banche dati alfanumeriche dall’altra. Molte delle discipline che fino ad un ventennio fa potevano essere eseguite solo separatamente, unendo poi i dati alla fine di un percorso di studi, oggi possono essere integrate l’un l’altra per ottenere dati sempre più realistici tenendo conto dei fattori che regolano più discipline; per esempio materie come la cartografia, la fotogrammetria, la geodesia e il remote sensing, possono interagire tra di loro fornendo dati che rispecchiano molto il reale.

Si tratta quindi di unire la tecnologia informatica con le risorse umane (competenze tecniche, impostazione logica dei sistemi, gestione istituzionale e finanziaria); ovviamente il fattore umano deve esser sempre presente per poter costruire, interrogare e sfruttare un GIS, rappresentando così l’unico limite per questi software.

Le tipologie dei dati

I dati spaziali (o grafici) possono essere utilizzati per rappresentare i fenomeni georeferenziabili attraverso due tipologie di elementi: