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Il settore agricolo

4. Considerazioni conclusive

Se, a conclusione della breve indagine finora esposta, si cerca di trarre un elemento di giudizio circa quello che potrà essere lo sviluppo futuro dell'occupazione in agricoltura nel prossimo decennio, sembra lecito prevedere una continuazione della tendenza alla diminuzione della popolazione addetta all'agricoltura quale si è delineata negli ultimi anni. Del resto, una sostanziale stabilità degli addetti all'agricoltura sarebbe ipotizzabile solo nella deprecabile ipotesi di un completo ristagno dello sviluppo economico nazionale.

A) I programmi di intervento pubblico in agricoltura.

Passando ora dal campo delle previsioni generali sulla base delle ten-denze nello sviluppo dell'occupazione, a quello delle previsioni che possono formularsi sulla scorta dei programmi in atto a favore del settore agri-colo sono da prendere in considerazione tre ordini di interventi : 1 azione nel campo dell'agricoltura della Cassa per il Mezzogiorno, gli effetti della riforma fondiaria e i provvedimenti a favore dell'agricoltura contenuti nella legge per lo sviluppo dell'occupazione approvata nel luglio 1952

Gli incrementi di produzione e di attività lavorativa m dipendenza del programma agricolo della Cassa del Mezzogiorno sono stati previsti dalla Cassa stessa in 140,9 miliardi di incremento della produzione lorda annua, cui corrispondono un aumento di 72 milioni e 150 mila giornate lavorative annue, le quali, sulla base di 200 giorni lavorativi annui per operaio, dovrebbero fornire nuova occupazione a 360.700 unita lavorative

stabilmente insediate. . . . A questo riguardo è da considerare che tali tipi di previsioni, basati

sul maggior numero di giornate lavorative per ettaro richiesto dalle tra-sformazioni culturali rese possibili dall'opera di bonifica e di trasfor-mazione, sono per ciò stesso indicative di una « possibilità » di occupazione che si realizzerà solo nel caso che le possibilità di nuove produzioni ven-gano effettivamente a realizzarsi. . ,

Trattasi, in altre parole, di una previsione di « capacita di occupa-zione » che è una cosa diversa dalla previsione di una « effettiva » occu-pazione. , ! ii re

rr-Dal punto di vista che qui interessa, cioè da quello della effettiva occupazione di « nuove » unità lavorative, l'aumento delle giornate lavo-rative rese possibili dalle nuove culture è inoltre cosa ben diversa dalla occupazione di nuove unità lavorative, potendo il maggior fabbisogno di lavoro agricolo ben essere realizzato con un maggior numero di giornate lavorative annue effettuato da lavoratori già addetti all'agricoltura e attualmente in situazione di sottoccupazione.

Tali considerazioni valgono anche per le previsioni di occupazione a seguito della riforma fondiaria. (Si noti che dei 700 mila ettari sottoposti a riforma fondiaria buona parte è compresa nei comprensori di azione della Cassa del Mezzogiorno e rientra pertanto nel piano di previsione formulato dalla Cassa).

E' già stato numerose volte e da più parti rilevato che le riforme fondiarie nei paesi con enorme eccedenza di popolazione agricola, cioè con larga sottoccupazione in agricoltura, possono anche portare un aumento di disoccupazione, e ciò perché i lavoratori giornalieri e i sala-riati semi-fissi o avventizi, lavoranti per ipotesi solo 100-150 giornate annue, verranno per effetto della riforma a trasformarsi in due ben distinte categorie : o in proprietari con piena occupazione, oppure in disoc-cupati permanenti. Insomma, la riforma fondiaria viene a rompere quel-l'equilibrio di sottoccupazione che si era ormai stabilizzato e, come tutti i fattori di progresso, agisce come elemento chiarificatore nel senso che rende palese una situazione di evidente disoccupazione che prima si nascondeva sotto il fenomeno di una più o meno larvata sottoccupazione. E' evidente che tali considerazioni non investono l'utilità delle riforme fondiarie, la quale è argomento che va giudicato sotto molteplici punti di vista che non interessano in questo momento ai fini del presente lavoro che guarda soltanto agli effetti sul volume delle unità lavorative occupate.

Vero è d'altra parte che alla riforma si accompagna un aumento delle giornate lavorative in agricoltura e ciò può, sotto alcune condizioni, più che compensare l'effetto negativo sulle unità complessivamente occu-pate derivante dalla trasformazione degli occupati con discontinuità in addetti stabilmente occupati. Si badi però che nell'ipotesi di una situazione di sottoccupazione la quale comporti un'utilizzazione della manodopera agricola per solo metà dei giorni lavorativi annui, occorre un raddoppio delle giornate di lavoro complessivamente utilizzabili affinché il bilancio si chiuda con un egual numero di unità occupate.

Ecco perché nelle zone con forte sottoccupazione, come spesso sono i territori di riforma, può anche darsi che il risultato finale, pur essendo positivo in termini di reddito e di utilizzazione di lavoro, sia invece nega-tivo in termini di disoccupazione apparente.

L'aumento del reddito certo comporta uno sviluppo economico delle zone sottoposte a riforma e quindi uno sviluppo di occupazione in attività secondarie e terziarie che va considerato nel bilancio generale degli effetti della riforma fondiaria sulla occupazione.

In quanto alle provvidenze a favore dell'agricoltura disposte con la legge del luglio 1952 trattasi in sostanza di finanziamenti per particolari tipi di investimenti agricoli (irrigazioni, case rurali, macchine agricole, ecc.), i quali promuoveranno un auspicabile ed importante progresso del reddito e della produttività in agricoltura, ma appunto per questo ben poco effetto avranno sull'occupazione in attività agricola, che potrà anzi diminuire a causa del progresso tecnologico.

Il campo dell'agricoltura è nella maggioranza dei casi il settore tipico nel quale il progresso tecnologico si appalesa come progresso di carattere « recessivo » nel senso che esso crea, come abbiamo detto all'inizio, una disoccupazione tecnologica.

Disoccupazione che, se in un primo momento può trovare utilizza-zione — come s'è detto — nell'agricoltura medesima, alla fine dovrà essere

riassorbita in altri settori, e ciò significa che prò tempore il progresso dell'agricoltura crea dei disoccupati agricoli i quali devono trasferirsi ad altre forme di attività.

Va sottolineato che, per riassorbire nell'ambito stesso del suo settore la disoccupazione tecnologica, il ritmo di aumento della produzione cola dovrebbe poter superare il ritmo di aumento della produttività agri-cola in termini di produzione per unità lavorativa. Ma ciò ben difficil-mente può accadere in un settore dove la produzione non può che aumen-tare lentamente e i cui prodotti sono nella grande maggioranza dei casi di prima necessità e quindi con bassa elasticità del consumo al variare dei prezzi o dei redditi.

L'insieme delle considerazioni svolte permette di concludere che, nonostante tutti gli sforzi in atto per il potenziamento dell'agricoltura, la tendenza alla diminuzione degli addetti all'agricoltura sia destinata a continuare anche nel prossimo decennio con un ritmo dell'ordine di gran-dezza di 50-100 mila unità annue da trasferire in altre forme di attività economica.

B) Prospettive quantitative e qualitative delle domande di manodopera. Arrivati a questo punto della indagine, non sembra inutile racco-gliere le fila del discorso che abbiamo fin qui svolto. Si tratta in pratica di vedere in sintesi i fattori che influiscono sulla necessità di nuova quan-tità e di nuova qualità di manodopera, nel campo agricolo.

Come causa di incremento della occupazione con particolari capacita professionali, rileviamo anzitutto quella dipendente dallo sviluppo di deter-minate attività agricole, in confronto alla stasi od al regresso di altre. Nel corso della trattazione abbiamo osservato come, in corrispondenza ad un mutato orientamento dei consumi, e sotto l'impulso esercitato anche dall'intervento pubblico, la utilizzazione del suolo agricolo risulta attual-mente orientata verso una intensificazione delle culture ortofrutticole, zootecniche e di culture industriali, a scapito soprattutto di quelle cerea-licole, tradizionali nella nostra economia. E' difficile dire fino a che punto questa modificazione potrà essere spinta (ad una maggiore o minore relativa intensificazione contribuirà senza dubbio lo sviluppo più o meno elevato della nostra economia), ma la sproporzione enorme esistente tra consumi pro-capite italiani ed esteri di prodotti alimentari pregiati con-tribuirà senz'altro a sollecitare tale opera di riconversione.

E' già evidente come in questo modo talune abilità professionali, nel campo delle culture sopra elencate, tendano ad essere convenientemente valorizzate, utilizzate e ragionevolmente sviluppate.

A questa causa, fattore insieme di incremento occupazionale e di creazione di manodopera sostitutiva, sia pure solo parzialmente, si aggiunge quella costituita dal mutamento delle tecniche produttive. A questo proposito basterà richiamare quanto è stato detto in apertura, ma è certo che il progressivo sviluppo della meccanizzazione italiana, sia di macchine trattrici che di macchine operatrici (sostitutive le prime di lavoro animale e le seconde di lavoro umano) imporrà la presenza di qua-lifiche nuove, rispetto a quelle tradizionali.

Non si tratta, è vero, di un processo particolarmente veloce : ma non è escluso che esso debba essere notevolmente accelerato, sotto la solle-citazione verso una maggior produttività, data dalla concorrenza degli altri Paesi, con l'appoggio anche dell'intervento pubblico.

Tab. 23. - Macchine trebbiatrici e sgranatrici impiegate in agricoltura. . . Totale Anni 1948 33.893 1949 34.027 1950 34.833 1951 35.150 1952 34.344 1953 35.466 1954 36.744 1955 37.319 trebbiatrici motore

scoppio elettrico motore altro

27.525 3.492 2.876 27.880 3.390 2.757 29.033 3.365 2.435 29.541 3.524 2.085 29.312 3.424 1.608 30.728 3.259 1.479 31.961 3.137 1.646 32.120 2.985 2.214 sgranatrici

Totale motore motore a scoppio elettrico 7.874 7.105 692 7.574 6.854 670 8.082 7.299 753 7.923 7.212 671 7.653 7.019 516 FONTE: TJMA.

Tab. 24. - Trattrici, motori vari e carburanti impiegati in agricoltura.

macchine semoventi (numero) carburanti (quintali) Anni Totale macchine macchine trattrici potenza petrolio gasolio Anni derivate automobili h. p. petrolio gasolio

1948 62.523 8.786 53.737 1.035.397 691.590 1949 66.343 5.537 60.806 1.066.697 853.310 1950 69.390 69.390 1.394.607 1.197.298 1951 81.146 12.438 2.337 66.371 2.281.516 1.395.767 1.381.661 1952 97.918 14.120 2.886 80.907 2.755.356 1.629.339 1.821.981 1953 119.229 15.058 3.531 100.640 3.434.197 1.504.826 2.277.708 1954 144.757 15.369 4.460 124.928 4.250.080 1.452.070 3.016.168 1955 168.540 15.350 5.793 147.397 4.988.506 1.409.878 3.546.558 FONTE: U M A .

Si intende che la manodopera necessaria consisterà, in questo secondo caso, di operatori e di manovratori delle macchine già dette.

Ora, in quali zone del Paese tali modificazioni quantitative e quali-tative si verificheranno?

Circa i mutamenti dipendenti dal primo fattore, è evidente che i rela-tivi sviluppi sono condizionati dalla esistenza di condizioni naturali atte alle culture considerate. Sotto questo punto di vista le maggiori ricon-versioni (naturalmente sempre in presenza di sollecitazioni adatte) si verificheranno probabilmente nelle regioni meridionali ed insulari, la cui economia agricola, attualmente basata in parte su una cerealicoltura im-produttiva ed inutile, è destinata a vedere sensibilmente aumentata l'area destinata alla orto-frutticoltura ed alla zootecnia. Viceversa, sembra certo che a Nord l'equilibrio raggiunto tra le varie culture — ortofrutticola, cerealicola, zootecnica — non possa essere rotto in modo sostanziale e si possa considerare, nei suoi termini essenziali, sufficientemente stabile. Si intende tuttavia che si tratta di una tendenza, quale noi l'abbiamo qualificata, piuttosto imprecisa in termini di distribuzione, e che deve essere qualificata, tenendo conto della distribuzione delle zone agricole del Paese quale è stata delineata all'inizio.

Circa il secondo punto, e cioè la trasformazione tecnologica dei metodi produttivi, sembrerebbe a prima vista, dato l'enorme divario esistente m proposito tra Nord, Centro, Sud ed Isole, che la espansione della attrez-zatura agricola debba avvenire soprattutto nel Sud. Il fatto e che il parco macchine del Nord non sembra affatto paragonabile, nella sua consistenza e nella sua qualità, a quello delle agricolture più sviluppate, ed e preve-dibile che, almeno in un primo tempo, la espansione di tale attrezzatura sarà percentualmente uguale nelle varie zone agricole del Paese, come del resto è avvenuto negli ultimi anni.

Se infine, per tentare di precisare in qualche modo le quantità, si volesse'far riferimento all'ipotesi dello Schema Vanoni, al termine del decennio 1954-1964 dovrebbero essere uscite dal settore agricolo 1 milione 200 mila unità lavorative.

Non tutte queste unità però sarebbero destinate a trovare occupa-zione molto distante dal mondo agricolo. Infatti, l'ipotesi prevede 1 inser-zione in questo mondo di attività extra-agricole, che dovrebbero

consen-tire ancora l'assorbimento in loco, per così dire, di circa 600 mila unita.

150.000 Tab. 25. - Attività richiedenti manodopera dimessa dall'agricoltura.

(unità lavorative)

Incremento servizi inerenti all'economia agricola per colmare lacune regionali esistenti a seguito del generale sviluppo agricolo

Incremento attività domestiche e varie inerenti a sviluppo turismo ^ ^ specie interno

Gestione e manutenzione del nuovo parco di macchine agricole e rela- 1 0 0.0 00 tivi servizi

Impiego per nuovi servizi di conservazione e selezione prodotti agricoli (centrali del latte, ortofrutticole, vinicole, mattatoi, ammassi, ecc.)

Totale 600.000

FONTE: «Schema di sviluppo dell'occupazione e del reddito nel decennio 1955 - 1964..

200.000

Se anche le previsioni dello Schema Vanoni dovessero attuarsi, giova avvertire però che saremmo ben lungi dall'avere risolto il problema del sovraffollamento delle nostre campagne (la popolazione attiva dell agri-coltura rappresenterebbe, nel 1964, ancora il 33% della popolazione attiva totale), che costituisce la manifestazione più significativa — causa ed effetto insieme — della depressione della nostra economia agraria e del ritardo dello sviluppo sociale delle nostre campagne.

Il settore industriale.