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Il conte Sigefredo e i suoi vassall

L@c@%C+.#,-#&!% !*/#%&+%6+()*!%;OWW>OWc?

Ad Alberico successe nell’ufficio Maginfredo – anni 891-896 –,

conte di palazzo (294), quasi sicuramente figlio dello stesso Alberico (295):

il conte, fortemente coinvolto nelle vicende politiche del periodo, finì giustiziato dall’imperatore Lamberto; di lui non sono attestati vassalli.

Dopo l’esecuzione di Maginfredo, il comitato rimase forse privo per alcuni anni del titolare, fino al 900, quando appare al suo governo il

conte Sigefredo, conte di palazzo e conte di Piacenza (296), anch’egli

esponente di quei grandi che durante il regno di Berengario I si destreg- giarono fra i pretendenti al trono.

Schierato inizialmente con Guido e Lamberto (297), attestato quale

conte di Piacenza dall’895 (298), dopo la morte di Lamberto riuscì a man-

tenere, anzi ad accrescere la sua posizione politica, divenendo presto !*>

$+(+)-+0$ del re Berengario (299). Nel maggio 900 presiedette un placito in

Milano (300): era probabilmente già conte del comitato milanese, anche se

il suo titolo comitale non è connotato da una specificazione territoriale.

Delineatosi l’intervento di Ludovico III nel settembre (301), il conte

Sigefredo fu tra i primi e più favorevoli suoi sostenitori: nell’ottobre

900, conte di palazzo e !*$+(+)-+0$%-#.+$, è con il re in Pavia (302), alla

fine del mese con lui a Piacenza (303) e probabilmente lo accompagnò nel

viaggio verso Roma (304). Nel settembre 901 (305) Sigefredo, designato

(294) DD%^0+&!B n. 11, 891 novembre 22, Legnago; Manaresi, <%1() +/+ cit., n. 100,

892 agosto, Milano.

(295) Hlawitschka, A-)*Z#* cit., pp. 228-229.

(296) Profilo di Sigefredo in Hlawitschka, A-)*Z#* cit., pp. 264-268.

(297) Delogu, G#$ !8+B% !*/+ cit., p. 10 e 1)$$+".

(298) DD%4)"K#-/!B n. 1, (895) gennaio, Vimercate.

(299) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 25, 899 gennaio 6, Lupatina.

(300) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 110, 900 maggio, Milano, nella corte ducale. Cfr.

A. Padoa Schioppa, '$1#//+%&#(()%.+0$/+5+)%"+()*#$#%&)(%=%)(%=<<%$# !(! , in 6+()*!%#&%+(

$0!%/#--+/!-+!%+*%#/7% !"0*)(# , in '//+%&#((:ccy 3!*.-#$$!%+*/#-*)5+!*)(#%&+%$/0&+%$0(> (:)(/!%"#&+!#8!, Spoleto, 1989, pp. 478-479.

(301) Mor, 4:#/7%,#0&)(#%cit., I, p. 58.

(302) DD%40&!8+ !%<<<B%n. 2, 900 ottobre 12, Pavia.

(303) DD%40&!8+ !%<<<B%n. 4, 900 ottobre 31, Piacenza.

(304) Hlawitschka, A-)*Z#* cit., p. 266. Nel marzo 901 Sigefredo è con il re a Pavia

(DD%40&!8+ !%<<<B%n. 9, 901 marzo 11).

espressamente quale conte palatino e conte del comitato di Milano (306),

presiedette un secondo placito; alla fine dell’anno risulta investito del

titolo di ")- 2+!, oltre che di !*$+(+)-+0$ (307). Cacciato Ludovico,

Sigefredo riuscì a rientrare nel favore di Berengario I, mantenendo l’uf-

ficio di conte di Piacenza e conte di palazzo (308). Del suo ufficio di conte

di Milano non rimangono testimonianze ulteriori; né di lui rimangono atti privati.

L@V@%J*%8)$$)((!%#%0*%K#*#,+ +!%&#(%,+$ !% !"+/)(#

I due placiti presieduti dal conte Sigefredo concernevano una ver- tenza tra uomini liberi e i rappresentanti di una 0-/+$ fiscale. Nel primo

placito del 900 (309) alcuni uomini di Cusago e della vicina Bestazzo, ora

in comune di Cisliano, che lavoravano appezzamenti pertinenti alla 0->

/+$ di Palazzolo, località ora scomparsa, situata presso Gudo Visconti, a

sud-ovest di Milano (310), 0-/+$ pertinente al comitato di Milano, e che,

pur dotati di proprie terre, corrispondevano prestazioni alla corte per terre loro affidate – una giornata alla settimana –, chiedevano di essere riconosciuti (+K#-+ nelle loro persone contro la pretesa del rappresentan- te del comitato che li voleva fare riconoscere come )(&++; a conferma della loro condizione, essi invocavano la discendenza da genitori liberi e la proprietà piena dei loro beni, per quanto di modesta consistenza.

Il comitato era rappresentato dal notaio Adelgiso, che depose nel

processo, come depose il conte Sigefredo (311). L’esito fu favorevole ai

(306) Delogu, G#$ !8+B% !*/+ cit., p. 12

(307) DD%40&!8+ !%<<<B%n. 15, 901 dicembre 7, Pavia.

(308) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 37, 903 gennaio, Piacenza, riedito in Manaresi, <%1() +/+

cit., I. n. 114. Ancora conte di palazzo: DD%P#-#*.)-+!%<B n. 42, 904 gennaio 4, Pavia; n. 43, 904 febbraio 2l, Monza; n. 45, 904 giugno l, Pavia; n. 47, 904 giugno 23, Monza: conte di palazzo e !*$+(+)-+0$.

(309) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 110, 900 maggio, corte ducale, Milano.

(310) A. M. Rapetti, D)(()%9 0-/+$: )( ‘&!"+*)/0$%(! +:Y%()%1- !1-+#/7%,!*&+)-+)%*#(

6+()*#$#%/-)%<=%#%=<<%$# !(!B in '5+#*&#%).-)-+#%*#(%6#&+!#8!@%A!-"#%&#(()% !*&05+!> *#%,!*&+)-+)%*#((:</)(+)%*!-&>! +&#*/)(#%;$# !(+%<=>=G?B a cura di R. Comba, F. Panero,

Cuneo, 2000, p. 45.

(311) Non era contrario alla prassi che il presidente di un placito fosse coinvolto nel-

l’oggetto stesso della controversia, poiché questa prassi era attestata dai primi tempi del dominio carolingio: secondo Diurni, 4#%$+/0)5+!*+%1!$$#$$!-+# cit., p. 173, nota 352, nei processi in cui la 1)-$%10K(+ ) o il fisco sono coinvolti, gli ufficiali pubblici sono pre-

coltivatori, venendo loro riconosciuta, per ammissione finale del conte stesso e del suo avvocato, la libertà personale, rimanendo essi obbligati alle prestazioni di opere, nella misura di una giornata alla settimana, non per la loro condizione di )(&++, ma per i beni della 0-/+$ affidati a loro per la coltivazione.

La controversia si riaccese l’anno seguente. Nel settembre 901 (312),

Sigefredo, designato espressamente quale conte palatino e conte di Milano, presiedette il secondo placito. A muovere lite è ora Vuaningo,

vassallo del conte (313): Vuaningo, che deteneva la 0-/+$ in Palazzolo, per-

tinente al comitato milanese, presumibilmente in beneficio dal conte, pre- tendeva, e con lui Ambrogio, avvocato del comitato, che alcuni uomini di Cusago prestassero servizi in qualità di )(&++, al che essi si opponevano, chiedendo di essere riconosciuti quali (+K#-+%2!"+*#$%)-+")**+ , poiché discendevano da genitori liberi e disponevano della proprietà dei loro

beni, ed ottenendo ancora sentenza favorevole (314).

Il periodo in cui si svolge il placito, la prima età postcarolingia, corrisponde a quello nel quale viene attestata diffusamente la pre- senza di beni terrieri, ai quali, a volte, sono annessi i diritti pubblici,

senti come parte privata, anche se presiedono il placito; il controllo è assicurato dalla pubblicità del placito e dalla presenza degli scabini, più tardi dei giudici, e, in genere, degli )0&+/!-#$ – il ruolo degli )0&+/!-#$ è chiaramente espresso nei due placiti milane- si –, ai quali spetta elaborare la sentenza, resa poi esecutiva dal presidente del tribuna- le. Per un esempio fra i placiti più antichi, si veda Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 18, 806 aprile, Verona, descritto e commentato in Castagnetti, <(%G#*#/! cit., pp. 53-54. Al mede- simo placito fa riferimento anche Bougard, 4)%l0$/+ # cit., p. 187-188, nota 199, quan- do sottolinea che in età carolingia non era acquisito il principio della “separazione del giudice e della parte”.

(312) <K+&#", I, n. 112, 901 settembre, corte ducale, Milano.

(313) Il vassallo comitale Vuaningo è segnalato da Budriesi Trombetti, H-+"#%-+ #->

2# cit., p. 28, non da Sergi, G)$$)((+ cit.

(314) Sui placiti concernenti gli uomini di Cusago si sono soffermati, nell’ambito

della condizione e delle vicende degli uomini liberi e, in particolare, degli arimanni, G. Tabacco, <%(+K#-+%*#((:</)(+)% )- !(+*.+)%#%1!$/ )- !(+*.+), Spoleto, 1966, pp. 90-92, A. Castagnetti, '-+")**+%#%$+.*!-+%&)((:#/7%1!$/ )- !(+*.+)%)(()%1-+")%#/7% !"0*)(#B in ^@ Dilcher, C. Violante (a cura di)B%C/-0//0- #%#%/-)$,!-")5+!*+%&#(()%$+.*!-+)%-0-)(#%*#+

$# !(+%=>=<<< , Bologna, 1996, p. 173, ripreso in A. Castagnetti, '-+")**+%+*%94)*.!> K)-&+): #%+*%9F!")*+): &)((:#/7% )- !(+*.+)%)((:#/7% !"0*)(#B Verona, 1996, p. 23;

Panero, C 2+)8+%$#-8+ cit., pp. 54-55; per gli aspetti giuridici, Padoa Schioppa, '$1#//+

derivanti dalla condizione di terre fiscali, pertinenti ai singoli comi-

tati (315), in alcuni casi, anche a vicecomitati (316), sculdasce (317) e gastal-

datici (318). Di questi beni e diritti noi veniamo, di norma, a conoscenza

nell’atto in cui essi vengono alienati a favore di chiese e monasteri e, a volte, di laici. Per questi ultimi appare, ad esempio, rilevante il privile- gio indirizzato nel 914 da Berengario I al conte veronese Ingelfredo, al quale donava una 0-/+$, già di spettanza al comitato veronese, con dirit-

ti giurisdizionali, &+$/-+ /+!*#$ e +0&+ +)-+)# (319). I riferimenti, tuttavia,

di ‘pertinenza’ dei beni sono sempre al comitato, non alle singole per- sone, nemmeno quando, come abbiamo notato, destinatario del bene spettante al comitato e detentore dell’ufficio comitale sono la stessa per- sona. Dopo la fine del Regno Italico indipendente, nei privilegi impe- riali non compaiono più i riferimenti a beni e diritti specifici già in dota- zione ai singoli comitati, né compaiono i riferimenti a quelli in benefi-

cio a singoli conti o ad altre persone (320).

Ai nostri fini, il secondo placito si presenta rilevante, in quanto mostra l’utilizzazione di beni pertinenti al comitato mediante l’assegna- zione da parte di un conte a un proprio vassallo, presumibilmente in beneficio, anche se nel placito ciò non è dichiarato, poiché, non essen- do oggetto di contestazione la detenzione della 0-/+$ da parte del vas- sallo comitale, non vi era motivo di porre in luce a quale titolo essa fosse detenuta. Si trattava di un bene terriero consistente, una 0-/+$ intera, una grossa azienda fondiaria, dotata di terre dominiche e massaricie, bisognosa per la coltivazione delle terre anche delle prestazioni fornite, oltre che dai coltivatori residenti, da altri abitanti in villaggi vicini.

Viene spontaneo chiedersi per quale motivo nel 901 a difendere gli interessi del fisco comitale fosse, con un nuovo avvocato del !"+/)/0$,

(315) Brancoli Busdraghi, 4)%,!-")5+!*#%cit., pp. 25-27: secondo l’autore (+K+&#"B

p. 25) fino a Berengario II il re conservò in Italia “piena libertà di disposizione sui bene- fici comitali”; +K+&#"B p. 27, nota 29, un elenco di privilegi concernenti beni e diritti per- tinenti a singoli comitati. Beni pertinenti al fisco comitale sono già attestati nel terzo e quarto decennio del secolo: cfr. sopra, t. c. note 227-229.

(316) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 58, 905 agosto 1, orig.: tre ariali in città, sul fiume Adige,

«pertinentes de vicecomitatu Veronensi».

(317) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 53, 905 gennaio 23; n. 57, 905 agosto 1; n. 58, 905 ago-

sto 1; n. 139, 923 settembre-dicembre.

(318) DD%P#-#*.)-+!%<B%n. 33, 900 novembre 10.

(319) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 114, anno 916.

(320) Sulle possibili cause di questa sparizione si veda Castagnetti, 4)%,#0&)(+55)>

non più il conte direttamente, ma un suo vassallo. Probabilmente l’as- segnazione della 0-/+$ di Palazzolo al vassallo Vuaningo era avvenuta da poco: il vassallo, di sua iniziativa o forse sollecitato in modo non palese dal conte, era tornato a pretendere il riconoscimento della condi- zione giuridica di )(&++ per i coltivatori esterni delle terre curtensi ai fini, non dichiarati, di ottenere, con la soggezione giuridica, la possibilità di esercitare un controllo più stretto e di esigere maggiori prestazioni, ignorando volutamente il precedente placito che aveva condannato tali

pretese, un placito, si badi, presieduto anche questo dal conte (321).

Il vassallo Vuaningo può essere identificato con un Vuaningo, che nella funzione di gastaldo, con altri due gastaldi, aveva fatto parte di un collegio giudicante, riunitosi nell’898 a Piacenza sotto la presidenza del

visconte Elmerico (322); egli disponeva anche di propri vassalli, poiché

l’anno precedente un vassallo di Luovaningo, da identificare con il gastaldo, fu presente, elencato dopo alcuni vassalli del visconte, ad un placito presieduto da Elmerico, visconte di Piacenza, e, per l’occasione,

messo imperiale (323).

A un suo vassallo e funzionario minore piacentino, il gastaldo Vuaningo – potremmo definirlo un vassallo ‘importato’ nel Milanese –, il conte affida dunque il compito difficile di ottenere quanto egli stesso e il precedente avvocato del comitato non avevano ottenuto; ma anche il suo vassallo fallisce.

La controversia di Cusago costituisce una delle poche vertenze, fra quelle a noi note concernenti la condizione giuridica di libertà o di ser- vitù, nella quale un gruppo di liberi coltivatori consegue un giudizio favorevole nei confronti di una persona o di un ente potenti; ed è nel contempo l’ultima: essa si riallaccia direttamente a vertenze analoghe che in età carolingia avevano mostrato la vitalità delle comunità di uomini liberi di tradizione longobarda, ad iniziare dalle comunità emi-

(321) Chiarisce la condizione degli )(&++, liberti affrancati con una formula condi-

zionale che li obbliga a prestare servizi al loro patrono, Barbero, 4+K#-/+B%-) !")*&)/+ cit., pp. 19-22.

(322) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 107, 898 agosto 1, Piacenza.

(323) <K+&#", I, n. 105, 893 settembre, Pomaro: G0+/#-)&!%8)$$!%4!80)*+*.+ .

L’identificazione di Luovaningo con il gastaldo Vuaningo è stata proposta da Keller,

C+.*!-+%#%8)$$)((+ cit., pp. 277-278, e accettata da P. Bonacini, E#--#%&:T"+(+)@%D+$/-#//+ 10KK(+ +B% !"0*+/7%(! )(+%#%1!/#-+%$+.*!-+(+%*#((:#$1#-+#*5)%&+%0*)%-#.+!*#%+/)(+)*)%;$# !> (+%G<<<>=<<?B Bologna, 2001, p. 83.

liane di Solara (324) e, soprattutto, di A(#U! (325) o di singoli gruppi di col-

tivatori (326), controversie che poche volte si erano concluse a favore

delle comunità e dei coltivatori liberi (327).

Una considerazione in parte analoga può essere svolta per l’eserci- zio della funzione comitale. I due placiti comitali rappresentano una delle ultime attestazioni di attività dei conti nell’amministrazione della giustizia in territorio milanese, un’attività cui diede presumibilmente impulso, appena assunto il comitato, lo stesso Sigefredo, un conte “par-

ticolarmente attivo” in tale ambito (328). Per il periodo seguente, riman-

gono due placiti della prima metà del secolo X, di cui solo il secondo è formalmente un placito comitale: il primo del 918 è presieduto da un giovanissimo marchese Berengario, il futuro re Berengario II, che aveva ricevuto dall’imperatore Berengario I, suo avo e suo $#*+!-, il missatico nel !"+/)/0$%6#&+!()*#*$+$, «tamquam comes et missus discurrens», assistito da Rotgerio, 8+ # !"#$ della città, da giudici del sacro palazzo

e da giudici milanesi (329); il secondo placito del 941 fu presieduto a

(324) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 30, 818 gennaio 28 - agosto 31, Revere. Cfr.

Castagnetti, 4:!-.)*+55)5+!*# cit., pp. 78-79.

(325) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 36, 824 dicembre, Reggio (Emilia). Cfr.

Castagnetti, 4:!-.)*+55)5+!*# cit., pp. 71 ss.

(326) Si vedano i due primi esempi noti per l’età carolingia, con esiti processuali

favorevoli o non negativi per liberi coltivatori, illustrati in Castagnetti, 9E#0/+$ +: cit., pp. 20-29: il primo concerne una controversia dell’832 (R. Volpini, H() +/+%&#(%nF#.*0"

</)(+)#o%p$# @%<=>=<q@%H-+"+% !*/-+K0/+%1#-%0*%*0!8!% #*$+"#*/! , in 3!*/-+K0/+

&#((:<$/+/0/!%&+%$/!-+)%"#&+!#8)(#, Milano, 1975, n. 1, 832 ottobre 1) fra la chiesa vesco-

vile piacentina e un gruppo di uomini, che ottengono il riconoscimento della loro con- dizione di (+K#-+%2!"+*#$%)-+")**+%#U#- +/)(#$ – si noti l’affinità di autoqualificazione con gli uomini di Cusago –; il secondo concerne la rivendicazione della condizione di libertà personale da parte di alcuni abitanti di villaggi della Val Lagarina, nel Trentino meridionale, di fronte alle pretese dell’abate del monastero veronese di S. Maria in Organo, le cui terre essi coltivavano (Manaresi, <%1() +/+%cit., I, n. 49, 845 febbraio 26, Trento).

(327) Fumagalli, E#--)%#%$! +#/7 cit., pp. 173 ss.; B. Andreolli, '&% !*I0#$/0"

,) +#*&0"@%J*% !*/-+K0/!%1#-%(!%$/0&+!%&#+% !*/-)//+%).-)-+%)(/!"#&+!#8)(+ , «Rivista di

storia dell’agricoltura», XVIII (1978), pp. 133-136; C. Wickham, C/0&+%$0(()%$! +#/7

&#.(+%'11#**+*+%*#((:)(/!%6#&+!#8!@%3!*/)&+*+B%$+.*!-+%#%+*$#&+)"#*/!%*#(%/#--+/!-+!%&+ G)(8)%;C0("!*)?, Bologna, 1982, pp. 18-26; B. Andreolli, M. Montanari, 4:)5+#*&)% 0-> /#*$#%+*%</)(+)@%H- !1-+#/7%&#(()%/#--)%#%()8!- !% !*/)&+*!%*#+%$# !(+%G<<<><= , Bologna,

1983, pp. 112-113; Bougard, 4)%l0$/+ # cit., pp. 263-264.

(328) Bougard, 4)%l0$/+ # cit., p. 277.

(329) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 129, 918 aprile, Milano. Cfr. Padoa Schioppa,

Milano dal marchese Berengario d’Ivrea, ora espressamente qualificato anche come conte di Milano – «marchio et comes eiusdem Mediolani

comitatu» –, assistito, fra altri, da Bertari, 8+ # !"#$ della città (330).

Occorre poi attendere la prima metà del secolo seguente per ritrovare

attivi in Milano i marchesi obertenghi, investiti del comitato (331)

La sporadica presenza dei conti, che coincide con la sporadica atti- vità di amministrazione comitale della giustizia, si accompagna ed anche precede un’evoluzione generale avvenuta in altre regioni del

Regno Italico (332), pur se non mancano zone in cui l’attività comitale

permane, relativamente intensa, fino alla seconda metà del secolo XI, come nel vicino comitato di Bergamo e nei comitati della Marca

Veronese (333).

L@i@%J*%8)$$)((!%,-)* !%#%+%$0!+%K#*+%,-)%6+()*!%#%4# !

Di un altro vassallo del conte Sigefredo abbiamo notizia due decen- ni dopo la presumibile scomparsa del conte. Nel 927 si svolse in Pavia

un placito (334) presieduto da Giselberto, conte di palazzo (335), assistito

da diciotto giudici regi, tre vassalli della contessa Ermengarda (336), sei

vassalli dell’arcivescovo Lamperto (337) e sei del conte palatino.

(330) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 139, 941 febbraio, Milano. Cfr. Sergi, <% !*,+*+%cit.,

pp. 68 e 147.

(331) Manaresi, <%1() +/+ cit., II/2, n. 308, 1021 novembre, Milano; III/1, nn. 364 e

365, 1045 novembre, Milano. Cfr. Violante, 4)%$! +#/7%"+()*#$# cit., p. 234; G. Tabacco,

4#%+$/+/05+!*+%&+%!-+#*/)"#*/!% !"0*)(#%*#((:=<%$# !(! , I ed. 1989, poi in Tabacco, C1#-+"#*/)5+!*+ cit., p. 346. Si vedano ora anche le considerazioni sulla “dinastizzazio-

ne mancata” di A. M. Rapetti, 4:!-.)*+55)5+!*#%&+$/-#//0)(#%+*%4!"K)-&+)%/-)%+"1#-!%#

+//7%;<=>=<<%$# !(!?B%in 3!*/)&!%#% +//7%+*%&+)(!.!B a cura di L. Chiappa Mauri, Milano,

2004, p. 19.

(332) O. Capitani, <""0*+/7%8#$ !8+(+%#&%# (#$+!(!.+)%+*%#/7%n1- #.-#.!-+)*)o%#

n.-#.!-+)*)o, Spoleto, 1966, pp. 105, 114-119; G. Tabacco, 4#%$/-0//0- #%&#(%F#.*! </)(+ !%,-)%=<%#%=<<%$# !(!, I ed. 1978, poi in Tabacco, C1#-+"#*/)5+!*+ cit., pp. 127-128.

(333) Castagnetti, 4)%,#0&)(+55)5+!*# cit., pp. 731-734.

(334) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 133, 927 maggio 14, Pavia. Il placito non è preso

in considerazione da Padoa Schioppa, '$1#//+%&#(()%.+0$/+5+)%"+()*#$#%&)(%=%)(%=<<%$# !>

(!%cit., probabilmente perché svoltosi a Pavia.

(335) Per Giselberto cfr. sotto, nota 439.

(336) Su Ermengarda, figlia di Adalberto di Toscana, seconda moglie di Adalberto

di Ivrea, si sofferma Hlawitschka, A-)*Z#* cit., p. 103.

A muovere lite è l’avvocato del monastero di S. Pietro di Civate contro Giselberto del fu Gaidaldo, abitante nel villaggio di Merate, nella

pieve milanese di Missaglia (338) – i due villaggi sono ora sedi di due

comuni in provincia di Como –, accusato di avere usurpato beni che al

monastero aveva venduto Anscario (339), «qui fuit vassus Sigefredi comi-

ti, filius bone memorie Adelgisi de partibus Francie». Giselberto, inva- dendo le terre, aveva fatto prelevare dai propri 2!"+*#$ derrate per cin- quanta moggi di )*!*) ovvero di cereali e dieci anfore di vino, una quantità non indifferente, se consideriamo i redditi, certamente inferio- ri, anche se differenziati, provenienti da singoli poderi contadini dipen-

denti nei secoli IX e X (340). Pertanto l’avvocato chiede giustizia e chia-

ma in giudizio Giselberto, il quale non risponde, per cui il conte gli impone il banno regio.

I beni erano situati nei villaggi di Dolzago, nella pieve di Oggiono,

a sud del lago di Annone (341) – a nord del lago si trova Civate –, di

Crippa, Contra e Cernusco, tutti nella pieve di Missaglia (342), e di

Vignate, più a sud, nella pieve di Gorgonzola (343); ed ancora, in altri luo-

ghi indeterminati del Regno Italico. Anscario disponeva, probabilmen- te, di una base economica ragguardevole, se ne aveva potuto vendere una parte consistente, distribuita in più villaggi, prossimi e meno.

Colpiscono le annotazioni concernenti Anscario, annotazioni soli- tamente assenti negli atti di transazione economica. Certamente, nei for- mulari degli atti di vendita stava divenendo consueta l’indicazione della

legge secondo la quale vive il venditore (344). Ma non abbiamo riscon-

trato finora nella documentazione milanese ed anche in quelle di molte

(338) Vigotti, 4)%&+! #$+ cit., p. 149. Le identificazioni dei luoghi, proposte da

Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 133, trovano rispondenza nei toponimi compresi nelle pievi della zona, secondo gli elenchi della fine del secolo XIII.

(339) Il vassallo comitale Anscario è segnalato da Budriesi Trombetti, H-+"#%-+ #->

2# cit., p. 29, che sottolinea trattarsi di una citazione indiretta, non da Keller, C+.*!-+%# 8)$$)((+ cit., né da Sergi, G)$$)((+ cit.

(340) Si vedano i calcoli approssimativi sui redditi dei poderi – una media di sei

moggi all’anno – riportati in A. Castagnetti, 4)%1+#8#%-0-)(#%*#((:</)(+)%1)&)*)@

E#--+/!-+!B%!-.)*+55)5+!*#%1)/-+"!*+)(#%#%8+ #*&#%&#(()%1+#8#%8#- !*#$#%&+%C)*%H+#/-!%&+ 9E+((+&): &)((:)(/!%"#&+!#8!%)(%$# !(!%=<<<B% Roma, 1976, pp. 79 ss., sulla base degli

inventari di terre, coloni e redditi dei secoli IX e X.

(341) Vigotti, 4)%&+! #$+ cit., p. 277.

(342) <K+&#"B p. 259.

(343) <K+&#"B p. 233.

altre zone dell’Italia settentrionale l’indicazione «de partibus Franciae» per sostituire quella di nazionalità, anche se ad essa, invero, si ricorre

alcune volte, in un caso per indicare la provenienza di due monaci (345)

e in altri due per caratterizzare alcuni sottoscrittori: due in un documen-

to dell’842 (346) e uno in un documento dell’844 (347). L’espressione indi-

ca una immigrazione recente, di poco anteriore al momento in cui la vendita fu effettuata, che avvenne probabilmente, come subito consta- tiamo, intorno al 900; la sostanza non cambia di molto anche se la con- notazione fosse riferita al padre di Anscario, Adelgiso, spostandosi così

l’immigrazione ad una generazione precedente (348), un’immigrazione

transalpina ancora avvertita, a volte, dagli ‘indigeni’ come dagli immi-

grati stessi come precaria (349), ma anche questi ultimi volevano, all’oc-

correnza, essere riconosciuti come membri delle .#*/#$ o ‘popoli’ con- quistatori, cui spettava la detenzione effettiva del potere politico, cen- trale e periferico, il cui esercizio, che era già stato appannaggio presso- ché esclusivo degli immigrati anche per gli ufficiali inferiori – visconti

e gastaldi cittadini (350), anche sculdasci (351) –, a partire dal secondo

decennio del secolo X, iniziava ad essere compromesso negli stessi uffi- ci comitali (352).

Parimenti poco diffusa risulta l’altra connotazione di Anscario,

(345) 3D4)*., n. 140, 841 maggio 31, (Brescia): il vescovo di Brescia dichiara che

alcuni monaci, chiamati per la riforma della chiesa, provengono «ex Frantie partibus». I due monaci erano stati utilizzati dall’arcivescovo Ariberto per una riforma monastica e poi inviati a Brescia: Bognetti, H#*$+#-! cit., pp. 731-732; G. Spinelli, 4:!-+.+*#%&#$+>

&#-+)*)%&#+%"!*)$/#-+%&+%C@%G +* #*5!%+*%H-)/!%&+%6+()*!%#%&+%C@%H+#/- !%&+%3+8)/#B

«Aevum »‚ 60 (1986), pp. 203 e 211.

(346) 3D4)*.B n. 146, 842 agosto 26, Milano = 6D, I/1, n. 71.

(347) 3D4)*.B%n. 156, 844 ottobre 27, Milano = 6D, I/1, n. 77.

(348) Per le varie fasi dell’immigrazione si veda Hlawitschka, A-)*Z#* cit., pp. 27-

97, in particolare, +K+&#"B pp. 23-66, per il periodo di Lotario I e Ludovico II.

(349) Castagnetti, <""+.-)/+%*!-&+ + cit., p. 31.

(350) Per Milano, cfr. Castagnetti, ^)$/)(&+ cit.; per altre città, Castagnetti, 9E#0/+$ +:

cit., pp. 170-171 e 1)$$+"@

(351) Per Milano, ricordiamo lo sculdascio franco Teoderico, vassallo del conte

Alberico (cfr. sopra, t. c. note 262-263); per gli sculdasci di Verona si veda Castagnetti,

9E#0/+$ +: cit., pp. 76-77, per quelli di Asti, +K+&#", nota 174. Longobardo è uno sculda-

scio piacentino attivo però dalla fine dell’età carolingia: F. Bougard, H+#--#%&#%X+8+)*!B

&+/%(#%C1!(Q/+*B%9$ 0(&)$$+0$:B%#/%(#%.!08#-*#"#*/%&0% !"/Q%&#%H()+$)* #%7%(:Q1!I0#% )-!> (+*.+#**#B%«Journal des savants», luglio-dicembre 1996, pp. 291-337.

(352) Castagnetti, <""+.-)/+%*!-&+ + cit., pp. 58-59; cfr. sotto, t. c. nota 439, per il

quale vassallo del conte Sigefredo, che sappiamo avere retto il comita-

to milanese con certezza negli anni 900 e 901 (353). Come già abbiamo

avuto occasione di accennare (354), per l’età carolingia e postcarolingia

gli attori dei documenti, venditori e donatori, non attribuiscono a se stes- si la qualificazione vassallatica, eccettuati i vassalli regi e imperiali.

Dall’eccesso, per così dire, di connotazione del venditore Anscario da parte dell’avvocato del monastero, si ricava l’impressione che questi volesse rafforzare la posizione del monastero con la condizione del ven- ditore, appartenente ai gruppi dominanti per tradizione etnico-giuridica e ancor più per il rapporto vassallatico con un conte eminente.