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Vassalli di arcivesco

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Ai due arcivescovi Angilberto I e Angilberto II è connessa la vicenda del vassallo Lupo di Schianno. Veniamo a conoscere le lun- ghe e complesse vicende del suo beneficio, durate alcuni decenni, attraverso le testimonianze rese ad un placito dell’859, presieduto dal diacono e visdomino Gisone, a ciò delegato dall’arcivescovo Angilberto II, messo imperiale, al cui cospetto si era presentato l’aba- te Pietro del monastero di S. Ambrogio che aveva sporto reclamo con- tro Lupo accusandolo di detenere ingiustamente la corte e lo xenodo-

chio di Cologno Monzese (469). Il beneficio di Lupo, espressamente

qualificato come vassallo dell’arcivescovo, faceva parte di un com-

plesso di beni già donati dal gasindio Ariberto al monastero (470), beni

(468) Cfr. sopra, t. c. nota 149.

(469) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 64, 859 maggio 17, Milano.

(470) Rossetti, C! +#/7 cit., pp. 83 ss. Su Lupo si sofferma anche Sergi, G)$$)((+ cit.,

p. 273, nota 5, e p. 283, ma, secondo noi, non va attribuita la condizione di vassallo anche al padre di Lupo, Adelgiso di Schianno.

probabilmente di origine regia (471). Questo può spiegare o almeno ren-

dere più facile la successiva requisizione. Una parte di essi – fra cui una porzione della chiesa di S. Giorgio di Cologno Monzese – pervenne a Ugo di Tours, suocero del giovane re Lotario e giunto in Italia nell’834

al suo seguito (472); da Ugo i beni passarono al figlio Liutfredo e poi al

nipote, conte Liutfredo (473). Un’altra parte dei beni, fra cui una porzio-

ne della cappella e una 0-/+$ in Cologno, fu distolta dall’arcivescovo

Angilberto I – anni 822-823 –, legato a Lotario I (474), che la diede in

beneficio al proprio vassallo Lupo, figlio di Adelgiso di Schianno (475).

Non conosciamo la nazionalità di Lupo, poiché la restituzione dei beni, già in beneficio alla chiesa arcivescovile, effettuata da lui 1#-%,0$/#", non implica che egli vivesse secondo la legge salica, come è stato ipo-

tizzato (476), trattandosi di una pratica diffusa, non attribuibile ad una

specifica tradizione etnico-giuridica (477).

Oltre a Lupo, non emergono vassalli arcivescovili certi dalla docu-

mentazione sin verso la fine dell’età carolingia (478). Solo nell’874, in un

placito milanese (479), presieduto dall’arcivescovo Ansperto e dal conte

(471) Rossetti, C! +#/7 cit., pp. 87 ss. (472) Cfr. sopra, par. 6. (473) Rossetti, C! +#/7 cit., p. 72. (474) Ambrosioni, ^(+%)- +8#$ !8+ cit., pp. 97-98. (475) Rossetti, C! +#/7 cit., pp. 81 ss. (476) <K+&#", p. 89, nota 50.

(477) Keller, C+.*!-+%#%8)$$)((+ cit. p. 313 e nota 62; ma va corretta l’identificazione

proposta dall’autore fra Adelgiso di Schianno, il marito scomparso di certa Adelburga (3D4)*., n. 179, 852 novembre = 6D, I/1, n.88), e il padre di Lupo: si veda in merito Rossetti, C! +#/7 cit., p. 89, nota 2, che ritiene, motivando, che si tratti di un caso di omonimia, pur non escludendo la possibilità di un rapporto di parentela. Non concor- diamo, infine, con l’affermazione di Keller, C+.*!-+%#%8)$$)((+ cit., p. 275, sulla nazio- nalità alamanna di Adelgiso e di Adelburga, poiché la seconda agisce secondo la tradi- zione giuridica longobarda, dal momento che, in quanto vedova, deve ricorrere alla tute- la dello sculdascio Simperto, conformemente alla legislazione longobarda, secondo la quale l’autorizzazione dell’ufficiale pubblico sostituiva quella dei parenti prossimi, i quali a loro volta avrebbero dovuto garantire che la donna non avesse subito pressioni illecite o violenze, anche dal marito stesso, suo mundoaldo, per effettuare il negozio giu- ridico: 4+0/1-)*&+%(#.#$ cit., cap. 22. Anche Rossetti, C! +#/7 cit., p. 89, nota 2, ritiene che Adelburga sia “probabilmente di stirpe longobarda”.

(478) Sergi, G)$$)((+ cit., p. 283, sottolinea il ricorso “parco” dell’arcivesco ai pro-

pri vassalli; non si dimentichi, tuttavia, che questo aspetto potrebbe essere conseguen- za, più che di una linea di condotta dei presuli, della mancata conservazione nell’archi- vio arcivescovile di documenti anteriori al Mille: Ambrosioni, ^(+%)- +8#$ !8+ cit., p. 86.

Bosone, messi imperiali, e dal conte milanese Alberico, concernente una lite mossa dal monastero santambrosiano contro la chiesa comasca, sono annoverati tra gli astanti alcuni vassalli del presule, dei quali, al solito,

non vengono segnalate la nazionalità e la località di residenza (480).

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Attone &#%3)*+")(!, località forse identificabile con Carimate, in

provincia di Como (481), personaggio più volte presente nella documen-

tazione giudiziaria (482), di nazionalità longobarda, è generalmente con-

siderato vassallo arcivescovile

Attone &#%3)*+")(! fa la sua prima comparsa nel placito milanese dell’859, concernente la controversia, sopra illustrata, fra il monastero

di S. Ambrogio e Lupo di Schianno (483): Attone è elencato per primo

dopo un gastaldo, giudici ed ecclesiastici. Nel placito milanese del gen- naio 865, presieduto dal conte Alberico e concernente il medesimo monastero che rivendicava beni in Cologno contro alcuni privati, egli non appare fra gli astanti, ma pone il suo $+.*0"%")*0$%fra i sottoscrit-

tori (484). Due mesi dopo, torna ad essere elencato primo degli astanti,

dopo i giudici imperiali e un gastaldo dell’imperatore, alla seduta giudi-

ziaria in Como (485), provocata dal monastero milanese per beni in

Dongo e Gravedona e presieduta da Aistolfo, arcidiacono della cappel-

la del sacro palazzo (486), ed Everardo, vassallo e siniscalco dell’impera-

tore, investiti del missatico «per singulas denominatas comitatoras»: i

due "+$$+ imperiali sono accompagnati ciascuno da tre vassalli (487).

Attone, dopo che nell’873 è documentata la vendita da parte sua,

(480) Cfr. sopra, nota 143.

(481) La località di 3)*+")(! viene identificata solitamente con Carimate, ora in

provincia di Como, situata nella pieve milanese di Galliano: Vigotti, 4)%&+! #$+ cit., p. 211. Criticando questa identificazione, Rota, H)#$+%&#(%6+()*#$#%cit., pp. 31-34, propo- ne l’identificazione con Caromano, “un piccolo cascinale posto nel comune di Capiate”.

(482) Questo aspetto è stato concisamente sottolineato anche da Padoa Schioppa,

'$1#//+%&#(()%.+0$/+5+)%"+()*#$#%*#((:#/7% )-!(+*.+)%cit., p. 16.

(483) Doc. dell’anno 859, citato sopra, nota 469.

(484) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 67, 865 gennaio, Milano.

(485) <K+&#"B I, n. 68, 865 marzo, Como.

(486) Sul ruolo della cappella regia e dei cappellani si veda sopra, nota 186.

(487) Fra i tre vassalli di Enverardo che appongono il loro $+.*0"%")*0$ appare un

della moglie e di altri alla chiesa arcivescovile di vari appezzamenti

situati in Cavenago (488), riappare nel placito milanese del dicembre 874:

egli è ancora primo degli astanti, dopo ufficiali e giudici, precedendo sei

persone, alle quali segue la qualifica di vassalli dell’arcivescovo (489),

qualifica che va riferita certamente alle ultime due persone dell’elenco e forse a qualche altra precedente, ma non riteniamo che possa essere

riferita anche ad Attone, come invece ritengono altri studiosi (490).

Nell’+*I0+$+/+! dell’880, presieduta a Como da "+$$+ regi, fra cui il conte Alberico, volta ad accertare i diritti del monastero di S. Ambrogio di Milano sulla 0-/+$ di Limonta, ad esso contesa dal monastero di Reichenau, secondo il quale la 0-/+$ dipendeva dalla propria 0-/+$ di

Tremezzo (491), dopo giudici e gastaldi, ancora una volta primo degli

astanti è Attone &#%3)*+")(! . Il suo nome, che precede un Liado #U

.#*#-#%A-)* !-0" , il solo connotato dalla nazionalità, apre un lungo

elenco di astanti: sedici persone sono connotate dal luogo di residenza; due, Anertusio e Teodoro, senza apposizione di luogo, dalla qualifica di vassalli del conte Alberico; seguono altre cinque persone connotate da località. Non riteniamo che la qualifica di vassalli sia riferibile a tutti o a parte delle persone che precedono Anertusio e Teodoro; quindi ancor meno al primo di essi, il nostro Attone, che pertanto non va annoverato

fra i vassalli comitali (492).

sto placito non corrispondono agli astanti.

(488) 3D4)*.B n. 256, 873 dicembre 3, Cavenago = 6DB I/2, n. 124.

(489) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 78, 874 dicembre 28, Milano; +K+&#", p. 284: dopo

i giudici «ubi cum eis aderant Atto da Canimalo, Aldegaldo et Petrus de Casterno, Vuido, Rachinfredus, Deusdedit et Arnulfus vassali eiusdem Ausperti archiepiscopus».

(490) Anche per l’elenco di vassalli arcivescovili, di cui alla nota precedente, come

per quello del placito dell’880 (doc. citato sotto, nota 493), si pone la questione circa il numero dei vassalli: sono sette, compreso quindi Attone &#%3)*+")(!, secondo Sergi,

G)$$)((+ cit., p. 283, nota 60, come per Budriesi Trombetti, H-+"#%-+ #- 2# cit., p. 20. Noi

ci limitiamo ad osservare che le prime tre persone sono connotate attraverso il luogo di provenienza, una pratica, che, se non rara, è poco diffusa per connotare i vassalli, pre- senti in genere fra i sottoscrittori degli atti, poiché, come abbiamo osservato (cfr. sopra, nota 143), fra i vassalli certi attestati negli atti privati pochi vengono ulteriormente con- notati dall’indicazione della località.

(491) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, pp. 581-585, “Inquisitiones”, n. VIII, 880 maggio 17,

Como; Pg, n. 620.

(492) <K+&#"B pp. 582-582: «Atto da Canimalo, Liado ex genere Francorum,

Sigiprando de Cisiano et filius eius et Ariprandus, Halpertus ****** de Cermanate, Ariprandus de Maiorini, Iohanes de Mausonaco, Liberdus qui Antherio vocatur, Teopertus, Aribertus de Besana, Guncius et Vuido de Arliaco, Andrebertus de Curte, Leo

E con il nostro riteniamo vada identificato un Attone &#%4)"")(! che partecipa ad un placito del novembre 880, presieduto in Pavia dal conte di palazzo Boderado, da due vescovi e da altri due conti e con-

cernente il monastero della Novalesa (493): essi sono assistiti da ben

quindici giudici $) -+%1)()/++ e da due giudici pavesi, seguiti da due altre persone, Attone &#%4)"")(!, appunto, e Goffredo &#%C1)-+)*+.

La posizione socialmente rilevante di Attone &# 3)*+")(!, attesta- ta dalla sua partecipazione, in primo piano, a quasi tutte le sedute giudi- ziarie dell’area milanese del periodo, anche se non è accertata la sua condizione di vassallo arcivescovile e negata quella di vassallo comita- le, viene confermata indirettamente dalla ‘carriera’ del figlio Adalberto, che divenne vescovo di Bergamo, successore di Garibaldo, e resse la

sede vescovile bergamasca per oltre tre decenni, dall’894 al 929 (494),

schierandosi con Berengario I (495), che, in un suo privilegio per la cit-

tadinanza bergamasca, al presule affidò la riedificazione di torri, mura

e porte (496). Nel suo testamento del 928, sottoscritto da tre giudici regi (497),

il vescovo Adalberto si dichiara quale figlio del defunto Attone &#

3)-+")(!, «qui vixit legem Langobardorum». Beneficiaria è anzitutto

de Lemoniano, Petrus de Anone, Paulus scavino de Cixiate, Anertusius et Teodoro vas- salli suprascripti Alberici comiti» (+K+&#", pp. 582-583). Accettiamo come vassalli certi solo gli ultimi due nomi, dopo quello dello scabino. Così Budriesi Trombetti, H-+"#

-+ #- 2# cit., p. 15, nonostante la tendenza ad ampliare il numero dei vassalli; anche

Sergi, G)$$)((+ cit., p. 283, nota 60, dubita della possibilità di estendere la qualifica di vassalli ai nomi precedenti gli ultimi due, tanto più che, come egli sottolinea, dopo i primi sei nomi segue nella pergamena uno spazio bianco. Quindi, se Attone, per giudi- zio concorde degli studiosi citati, non era vassallo comitale, perde fondamento l’ipote- si, prospettata invero in forma dubitativa da Sergi, G)$$)((+ cit., p. 283, nota 60, di un caso di pluralità di omaggi, anche nell’eventualità che egli fosse vassallo arcivescovile.

(493) Manaresi, <%1() +/+ cit., I,, n. 89, 880 novembre, Pavia, orig.

(494) Jarnut, P#-.)"! cit., pp. 129-130, ma già Rossetti, C! +#/7 cit., p. 181, nota 145.

(495) Sui rapporti di Adalberto con Berengario I si veda ora B. H. Rosenwein, E2#

A)"+(R%!,%P#-#*.)-%<@%]+*.%!,%</)(R%;LLL>OVM?B «Speculum», 71 (1996), pp. 270-272.

(496) DD%P#-#*.)-+!%<B n. 47, 904 giugno 21. Cfr. G. Tabacco, 4)%$+*/#$+%+$/+/05+!>

*)(#%&+%8#$ !8!%#% +//7%+*%</)(+)%#%+(%$0!%$01#-)"#*/!%*#(()%9- #$%10K(+ ): !"0*)(#, in

app. a G. Tabacco, T.#"!*+#%$! +)(+%#%$/-0//0-#%&#(%1!/#-#%*#(%"#&+!#8!%+/)(+)*!BTorino, 1979, pp. 411-412.

(497) 3D4)*., n. 527, 928 novembre, Bergamo, copia: per i tre giudici regi Lazaro,

Teudaldo e Teoderulfo, si vedano i riscontri documentari in Radding, E2#%[-+.+*$ cit., app., rispettivamente ai nn. 65, 96 e 95.

la chiesa cittadina di S. Vincenzo, poi quella di S. Alessandro. Sottoscrivono l’atto tre giudici imperiali. Pur non addentrandoci nell’e- same delle proprietà descritte, distribuite in molti villaggi, e non distin- guendo i beni già della famiglia da quelli di nuovo acquisto, ci limitia- mo, per segnalarne quantità e valore, a sottolineare l’edificazione, ad opera del vescovo, sulle proprie terre in Chiuduno, di una chiesa, cap- pella e basilica di S. Vito, e forse di un’altra in Albino, che egli stesso ha consacrato a S. Daniele.

13. Vassalli degli abati del monastero di S. Ambrogio e di ecclesia-