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Vassalli di un ministeriale imperiale, di un giudice e di altre per sone

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Illustriamo ora la vicenda di un vassallo e di un ministeriale impe- riali che hanno, fra altri, beni in Valtellina, in una zona di forte influen-

za milanese e, a volte, inclusa nel territorio di Milano (375), beni che con-

fluirono presumibilmente nel patrimonio del monastero di S. Ambrogio, nel cui archivio i documenti relativi sono conservati. La considerazione del secondo personaggio permette anche di porre in luce una situazione che attesta il superamento delle separazioni ‘etniche’ nei rapporti vas- sallatici tra elementi appartenenti alle popolazioni transalpine dominan- ti ed elementi della popolazione locale.

Nell’864 (376), il vassallo imperiale Godiprando, franco, stando a

Mantello, all’inizio della Valtellina, vendette per undici libbre beni in Valtellina, in Cèrcino, a Gerulfo, ministeriale imperiale; si sottosegnano alcuni testi, dei quali solo uno si dichiara franco. Non è impiegato alcun elemento del formulario tipico della tradizione etnico-giuridica salica.

Nell’aprile 867 (377), in una località non specificata, Gerulfo, mini-

steriale imperiale, che ora dichiara di vivere secondo la legge salica, nel- l’atto di investitura dei suoi beni agli #-!.)/!-#$, incaricati di venderli e

di distribuirne il ricavato ai poveri e ai sacerdoti (378) e di rendere liberi

gli appartenenti alla ,)"+(+), ricorre agli oggetti simbolici propri della

sua tradizione etnico-giuridica (379), in presenza «bonorum hominum

(375) Oltre al documento dell’867, citato sotto, nota 377, ricordiamo un placito più

tardo del 918, presieduto in Milano dal marchese Berengario, che, ancora giovanissimo, aveva ricevuto dall’imperatore Berengario I, suo avo e suo $#*+!-, il missatico nel !"+>

/)/0$%6#&+!()*#*$+$Y% la controversia concerne beni situati nel territorio, ,+*#$, di

Valtellina: Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 129, 918 aprile, Milano, orig. Cfr. Castagnetti,

J*)%,)"+.(+)%&+%+""+.-)/+ cit., pp. 129-130.

(376) 3D4)*.B n. 230, 864 marzo, Mantello = 6DB I/2, n. 113.

(377) 3D4)*.B n. 243, 867 aprile 16, senza luogo = 6DB I/2, n. 119 = Pg, n. 272.

Sergi, <%-)11!-/+ cit., p. 282, che si limita a sottolineare la condizione di Pietro quale figlio di un giudice, si sofferma poi sui giudici nel secolo X (+K+&#", p. 287).

(378) Pur essendo indicati genericamente preti e poveri quali destinatari del ricava-

to dei beni venduti, alla fine i beni dovettero confluire nel patrimonio del monastero di S. Ambrogio, dal momento che il documento si trova nell’archivio monastico.

(379) Doc. dell’867, citato sopra, nota 377: coltello, guanto, bastoncino e ramo d’al-

Francos et Langobardos», appartenenti cioè alle due nazionalità franca e longobarda. I beni sono situati in Valtellina, nel territorio, +0&+ +)-+), di Milano – la specificazione, che non era presente nel documento

dell’864, è un indizio dell’influenza milanese (380) –, e in 3)$)(#, nel ter-

ritorio, +0&+ +)-+), di Pombia (381). Gli #-!.)/!-#$%sono Pietro, figlio del

defunto Paolo giudice, ed Erchembaldo, vassallo di Gerulfo; i due rice- vono anche per un terzo #-!.)/!- assente, Erlando.

Appongono il $+.*0" ")*0$ due Franchi, Norberto e Rodoaldo, vassalli di Gerulfo, e due altri Franchi, Deusdedit e Teotelmo, vassalli di Pietro.

Fra i rimanenti sottoscrittori del documento dell’867 va segnalata la presenza di Tommaso, notaio imperiale, un notaio che agisce ad ampio

raggio: rogatario di un documento dell’864 per beni in Toscana (382); fra

i giudici in un placito lucchese, al quale si sottoscrive come *!/)-+0$

&!"*+%+"1#-)/!-+$ (383); sottoscrittore a Capua, al seguito di Ludovico II

nella spedizione meridionale, di un documento concernente l’imperatri-

ce Engelberga (384), membro dunque del “personale itinerante” (385)

durante il regno di Ludovico II, come il notaio rogatario. Compaiono ancora un altro notaio, un orefice ed alcuni senza connotazione.

Del rogatario Leotardo, notaio imperiale, conosciamo la partecipa-

zione ad un collegio giudicante dell’865, presieduto in Lucca (386) dal

vescovo aretino, dall’arcicancelliere e dal conte di palazzo Winigiso, già

responsabile di un ufficio palatino, )-"+.#- nell’860 (387), poi conte di

Siena (388): Leotardo, che viene elencato fra gli ultimi, è qualificato

+""+.-)/+ cit., pp. 144-148); sanzione di "0(/) o 1#*) in oro o argento (cfr. sopra, t. c.

nota 125).

(380) Castagnetti, J*)%,)"+.(+)%&+%+""+.-)/+ cit., p. 130.

(381) Sul distretto di Pombia in età carolingia, si sofferma G. Andenna, ^-)*&+

1)/-+"!*+B%,0*5+!*+%10KK(+ 2#%#%,)"+.(+#%$0%&+%0*%/#--+/!-+!Y%+(%9 !"+/)/0$%H(0"K+#*$+$: #%+%$0!+% !*/+%&)(%<=%)((:=<%$# !(!B in A!-")5+!*#%#%$/-0//0- #%&#+% #/+%&!"+*)*/+%*#(

"#&+!#8!Y%")- 2#$+B% !*/+%#%8+$ !*/+%*#(%F#.*!%</)(+ !%;$# @%<=>=<<? , (I), Roma, 1988,

pp. 201-203, ove non utilizza il nostro documento.

(382) Pg, n. 214, 864 gennaio 1, G+(()%F0,)*! (presso S. Martino Palma).

(383) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 70, 865 aprile, Lucca.

(384) Falconi, 4#% )-/#%1+w%)*/+ 2# cit., n. 32, 873 aprile 23, Capua = Pg, n. 363.

(385) Bougard, 4)%l0$/+ # cit., pp. 374-376, app. 3.

(386) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 69, 865 aprile, Lucca.

(387) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 65, 860 marzo.

come *!/)-+0$%H)1+#*$# (389). Il fatto che sia un notaio della città capita-

le rafforza gli aspetti ‘pavesi’ del documento dell’867, del quale non è specificato il luogo di redazione: potrebbe essere stata la città stessa di Pavia, il che spiegherebbe la presenza del notaio imperiale e pavese Leotardo ed anche del notaio imperiale Tommaso, attestato quest’unica volta nella 4)*.!K)-&+) settentrionale.

Gerulfo stesso, ministeriale imperiale – un ‘funzionario’ senza una ‘funzione’ specifica ovvero senza uno specifico ufficio palatino –, dove-

va svolgere un’attività impegnativa in Pavia e nelle zone vicine (390), dal

momento che Ludovico II era impegnato dall’anno precedente nella

spedizione meridionale (391), con ampio seguito di conti e vassalli (392).

cW@V@%G)$$)((+%,-)* 2+%&#(%,+.(+!%&+%0*%.+0&+ #%;LN\?

Nel documento dell’867, per quanto sia dichiarata fin dall’inizio la presenza di «boni homines Franci et Langobardi», appartenenti cioè alle due tradizioni etnico-giuridiche franca e longobarda, di loro non sono specificati i nomi; possiamo presumere che una buona parte ne compaia fra i sottoscrittori. Fra questi ultimi solo dei primi quattro viene indica- ta individualmente la nazionalità «ex genere Francorum»: essi sono, rispettivamente, due vassalli di Gerulfo e due vassalli di Pietro. Dei rimanenti sottoscrittori la nazionalità non è indicata.

In questa occasione, pur consapevoli che l’assenza di indicazione della nazionalità dei testimoni non implica necessariamente che essi siano di nazionalità longobarda, riteniamo di poter identificare i non qualificati con i K!*+%2!"+*#$%4)*.!K)- &+, la cui presenza, con i K!*+

2!"+*#$%A-)* +, è dichiarata all’inizio: fra loro compaiono un *!/)-+0$ &!"*+%+"1#-)/!-+$ – Tommaso, di cui abbiamo detto –, un altro notaio

e un orefice. Orbene, nel caso specifico è difficile supporre che i K!*+

2!"+*#$%4)*.!K)-&+, posti in evidenza in modi inconsueti, fossero stati

(389) Va quindi corretta l’affermazione in Pg, p. 113, a commento del n. 272, secon-

do cui il notaio Leotardo non sarebbe ulteriormente documentato.

(390) Gerulfo va identificato – ne esporremo le motivazioni in altra sede – con il

"+$$0$ Eriulfo cui viene affidato da Ludovico II il comando militare della zona situata

tra i fiumi Po e Ticino (Capitolare dell’anno 866, citato sotto, nota 445), mentre quello della zona tra i fiumi Ticino ed Adda fu affidato ad Eremberto (cfr. sotto, t. c. nota 446).

(391) Cfr. sopra, nota 178.

richiesti della loro presenza se fra i protagonisti dell’atto – l’autore Gerulfo e i due #-!.)/!-#$ destinatari presenti – non vi fosse stato un

4)*.!K)-&0$, che propendiamo a ravvisare, più che nel vassallo di

Gerulfo, nell’altro #-!.)/!-, Pietro figlio del fu giudice Paolo.

Nella assai scarsa documentazione pavese di età carolingia, consisten-

te in due placiti e sei documenti privati, redatti a Pavia (393), compare un

Paolo notaio, figlio del fu Pietro – si noti la successione dei nomi: Pietro, Paolo notaio e giudice, Pietro –, il quale, stando in Pavia, vendette nell’835

terreni in X!*+)*! ad Hunger, il fratello del vassallo imperiale Ernosto (394);

egli era, dunque, in contatto con transalpini e con l’ambiente milanese.

Il notaio pavese Paolo (395) potrebbe essere identificato con un Paolo

notaio (396), attivo negli anni 812-844 a Pistoia (397), Norcia (398) e Roma (399),

redattore di placiti e partecipe fra gli +0&+ #$ dei tribunali in altri placiti, ai quali si sottoscrive, a volte, come *!/)-+0$%&!"*+%+"1#-)/!-+$. Le sue ultime attestazioni provengono da due placiti, già da noi considerati, svoltisi a Milano: il primo degli anni Trenta concerne la lite mossa da Alpcar contro

gli usurpatori dei suoi beni (400); il secondo dell’844 (401) una controversia pro-

mossa dall’abate del monastero di S. Ambrogio per beni in Balerna. La lunga attività giudiziaria del notaio Paolo e le qualifiche di +0&#U nel collegio giudicante, *!/)-+0$%&!"*+%+"1#-)/!-+$ nelle sottoscrizioni, tali anche nei due placiti milanesi, dovettero ingenerare di fatto presso i

(393) H. Keller, <%1() +/+%*#(()%$/!-+!.-),+)%&#.(+%0(/+"+% #*/!%)**+B in A!*/+%"#&+#>

8)(+%#%1-!K(#")/+ )%$/!-+!.-),+ )B voll. 2, Roma, 1976, I, pp. 54-56, «Elenco provviso-

rio dei placiti ed atti privati redatti a Pavia fino all’anno Mille», a p. 55. All’elenco pos- siamo ora aggiungere il documento dell’867 (citato sopra, nota 377), redatto presumi- bilmente in Pavia e certamente di ambiente pavese (cfr. sopra, t. c. nota 386 ss.).

(394) 3D4)*., n. 120, 835 gennaio 18, Pavia = 6D, I/1, n. 56. Cfr. sopra, nota 63.

(395) L’esame delle sottoscrizioni di Paolo notaio al documento dell’835 e ai placi-

ti, effettuato da Antonio Ciaralli, suscita alcuni dubbi sull’identità dei due notai. Ci pro- poniamo entrambi di riprendere l’argomento nell’ambito di un nostro contributo sulla società milanese e pavese in età carolingia.

(396) Su Paolo *!/)-+0$%&!"*+%+"1#-)/!-+$ e +0&#U, si soffermano A. Petrucci,

C -+8#-#%t+*%+0&+ +!u@%6!&+B%$!..#//+%#%,0*5+!*+%&+%$ -+//0-)%*#+%1() +/+%&#(%9- #.*0" </)(+)#: ;$# @%<=>=<?B «Scrittura e civiltà», 13 (1989), pp. 29 e 38; e G. Nicolaj, 30(/0-) #%1-)$$+%&+%*!/)+%1-#+-*#-+)*+@%'((#%!-+.+*+%&#(%-+*)$ +"#*/!%.+0-+&+ !B Milano, 1991, p.

19, nota 38; Bougard, 4)%l0$/+ # cit., p. 192.

(397) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 25, 812 marzo, Pistoia.

(398) <K+&#", I, n. 32, 821 agosto, Norcia.

(399) <K+&#", I, n. 38, 829 gennaio, Roma.

(400) Doc. degli anni 823-840, citato sopra, nota 107; si veda anche la nota 110.

contemporanei la percezione di un personaggio caratterizzato, oltre che come esperto di diritto, già tale come notaio e redattore di atti giudizia- ri, come “professionista del diritto”, tanto da attribuirgli la qualifica di giudice anche in atti privati, come avvenne nella designazione del figlio suo Pietro, caratterizzato appunto, oltre che dal riferimento al padre, dalla professione di giudice del padre stesso.

Questa percezione, per quanto pochissimo documentata (402), antici-

pa e insieme riflette il momento del passaggio dai giudici, in tale modo generico intesi, in quanto membri dei collegi giudicanti, e variamente qualificati – ufficiali pubblici, scabini, notai, vassalli, persone private, qualifiche che essi stessi dichiarano, in particolare i notai che si sotto-

scrivono agli atti quali notai regi o imperiali (403) –, ai giudici di profes-

sione che iniziano ad assumere un profilo specifico dalla metà del seco- lo IX, funzionari esperti di diritto e ceto professionale, ai quali è affida-

ta la formulazione del giudizio (404).

La posizione ragguardevole dell’#-!.)/!- Pietro risiede anzitutto

nella qualificazione di giudice attribuita al padre Paolo (405) ed è raffor-

zata sensibilmente dalla presenza al suo seguito di due vassalli franchi, In questo caso non può farsi valere l’ipotesi, presente nella pro-

spettiva del Hlawitschka (406), secondo il quale la nazionalità dei vassal-

li, quando conosciuta, può essere assegnata anche ai loro $#*+!-#$, se di

questi la nazionalità non è indicata (407). Potremmo, dunque, essere in

(402) Possono essere segnalati pochi altri casi, dei quali tratteremo quando in altra

occasione ci soffermeremo esplicitamente sul tema.

(403) Nicolaj, 30(/0-) cit., pp. 18-19.

(404) Petrucci, C -+8#-#%cit., p. 13; Nicolaj, 30(/0-) cit., p. 19.

(405) Nell’interpretazione del documento dell’867 (citato sopra, nota 377), non con-

cordiamo con lo Zielinski (Pg, n. 272, p. 113), che legge «Petrus filius quondam Pauli iudex», seguendo l’edizione del documento in 6D, n. 119 – «in manus Petri, filio quon- dam Pauli, iudici» –, poiché, secondo la nostra esperienza, l’apposizione +0&#U va rife- rita al padre defunto Paolo, non al figlio Pietro.

(406) Già Keller, C+.*!-+%#%8)$$)((+ cit., p. 276, afferma che i Longobardi potevano

avere vassalli di origine franca, criticando la posizione del Hlawitschka, A-)*Z#* cit., che dall’esistenza di vassalli franchi ha dedotto l’origine transalpina dei loro $#*+!-#$ (Keller, C+.*!-+%#%8)$$)((+ cit., p. 313, nota 70); ma il Keller non porta alcuna documen- tazione in merito, né è facile rinvenirne, il che spiega la posizione del Hlawitschka, che d’altronde non si era proposto un’indagine sui personaggi ‘minori’, per quanto avesse proceduto ad una loro schedatura completa (cfr. sopra, nota 16).

presenza di una situazione attestante il superamento della discriminante etnica nei rapporti vassallatici tra elementi appartenenti alle popolazio- ni transalpine ed elementi della popolazione indigena presumibilmente

di tradizione italico-longobarda (408). Ancor più notevole in questa pro-

spettiva la possibilità che il rapporto vassallatico sia contratto da due persone di nazionalità franca nei confronti di un’altra di nazionalità lon- gobarda, sia pure in una posizione sociale ragguardevole, come quella del figlio di un giudice; ma teniamo presente che siamo in ambiente pavese, nel quale si svolgono processi precoci di evoluzione negli ambi- ti economici e sociali: è sufficiente ricordare il ruolo dei *#.!/+)/!-#$ e

"!*#/)-++ e, soprattutto, dei giudici, con riflessi sui rapporti interetnici,

come appare da quanto ci accingiamo ad esporre.

cW@i@%G)$$)((+%&+%0*%"!*#/+#-#%1)8#$#%)%6+()*!%;LMO?

Nell’849 a Milano viene redatta una )-/!()%8+*&+/+!*+$ (409) con la

quale Teodoro, "!*#/)-+0$ della città di Pavia, vende per dodici libbre di moneta d’argento al chierico Gumperto di Turate, in territorio di Seprio, tutti i beni in Saronno, ereditati dal padre e dalla madre, tratte- nendo in sé la ,)"+(+) e i beni mobili. Al documento appongono il loro

$+.*0"%")*0$ due vassalli di Teodoro, Madelberto e Giselardo &#%8+ ! 3)$#(()$, giunti certamente a Milano al suo seguito.

Teodoro apparteneva a un ceto professionale qualificato, quello dei

monetieri (410), fra i quali erano importanti appunto i monetieri pavesi

(411), pienamente inseriti ai livelli sociali più elevati, come mostra un

giudice; analoga ipotesi di Bougard, 4)%l0$/+ # cit., p. 192, dalla considerazione dei nomi di famiglia.

(408) Sugli aspetti della discriminante etnica nei rapporti vassallatici e sul suo supe-

ramento, cfr. sotto, t. c. note 434 ss.

(409) 3D4)*., n. 168, 849 agosto, Milano = 6D, I/1, n. 84. Il documento è stato

incluso per una svista nell’elenco dei documenti redatti a Pavia da Keller, <%1() +/+ cit., p. 55. Brevi cenni in Bognetti, H#*$+#-! cit., p. 767, e in Sergi, G)$$)((+ cit., p. 282.

(410) Sui monetieri si vedano Violante, 4)%$! +#/7%"+()*#$# cit., p. 58-60; R. S.

Lopez, 6!*#/)%#%"!*#/+#-+%*#((:</)(+)%K)-K)-+ )B in 6!*#/)%#%$ )"K+%*#((:)(/!%"#&+!#>

8!B Spoleto, 1961, p. 87

(411) G. Rossetti, <% #/+%1-!1-+#/)-+%#%1-!,#$$+!*)(+Y%$/)/0$%$! +)(#%,0*5+!*+%#%1- #$/+>

.+!%)%6+()*!%*#+%$# !(+%G<<<>=@ I. 4:#/7%(!*.!K)-&)B in '//+%&#(%cWy 3!*.-#$$! cit., pp.

169-173; cfr. anche A. A. Settia, H)8+)% )-!(+*.+)%#%1!$/ )-!(+*.+)B in C/!-+)%&+%H)8+)@ II. 4:)(/!%"#&+!#8!B Pavia, 1987, pp. 118 e 126.

documento pavese della fine dell’età carolingia, del quale è attore un vassallo imperiale e sul quale ci soffermiamo perché svela un intreccio complesso di rapporti familiari, sociali e interetnici, che, da un lato, si avvicina alla situazione milanese, dall’altro lato, si presenta con carat- teri propri di una città capitale.

cW@M@%<*/-# +%+*/#-#/*+ +%#%1-!,#$$+!*)(+%)%H)8+)Y%0*%8)$$)((!%+"1#-+)(#B .+0&+ +B%"!*#/+#-+B%9*#.!/+)/!-#$: ;LL\?

Nell’887, in Pavia (412), Grimoaldo, 8)$$0$ e ")*$+!*)-+0$%&!"+*+

+"1#-)/!-+$, svolgente la funzione di ufficiale del palazzo reale incari-

cato degli alloggi, e Maria, che agisce con il consenso del marito, suo mundoaldo, e dei 1-!1+*I0+!-#$ 1)-#*/#$, effettuano la vendita di una

)$) $!()-+)/), cioè una casa a due piani, con corte e pozzo in città,

giunta in eredità a Maria dal padre Richerio, dalla sorella Sigelberga e dal prete Benedetto, appartenente all’ordine dei &# +")*+ ovvero dei decumani; l’acquirente è Dagiberto, #-!,#-)-+0$ della chiesa pavese,

figlio del fu Gunsperto, che divenne in seguito vescovo di Pavia (413).

Pur se dei due coniugi non viene specificata la nazionalità, quella longobarda di Maria è deducibile dal ricorso della donna alla *!/+ +)

1)-#*/0" (414); mentre a Grimoaldo è attribuibile una provenienza trans-

(412) F. Gabotto, A. Lizier, A. Leone, G. B. Morandi, O Scarzello, 4#% )-/#

&#((:'- 2+8+!%3)1+/!()-#%&+%C)*/)%6)-+)%&+%X!8)-)@I. ;\VO>cWiM?, Pinerolo, 1913, n. 16,

887 luglio 31, Pavia = Pg, n. 764. Cenni sul documento in Settia, H)8+)% )-!(+*.+) cit., pp. 108 (per il personale di palazzo), 125 (per i monetieri) e 126 (per i vassalli: in meri- to, l’autore sottolinea l’attestazione documentaria tardiva di vassalli, risultando Grimoaldo il primo vassallo attestato in Pavia); l’autore non si sofferma sui rapporti interetnici.

(413) Settia, H)8+)% )-!(+*.+) cit., pp. 127, 136-137.

(414) Poiché dal documento dell’887, citato sopra, nota 412, risulta che la casa ven-

duta appartiene al patrimonio familiare della moglie, questa, oltre al consenso del mari- to, che riveste la funzione di mundoaldo, dichiara di agire «cum noticia de propinquio- ribus parentibus», secondo la tradizione giuridica longobarda, la quale prescrive che, oltre al consenso del mundoaldo, due parenti prossimi della donna la interroghino accer- tando la libera volontà di alienazione dei beni, volontà che deve essere manifestata pub- blicamente, il che viene espresso, oltre che dalla *!/+ +)%(4+0/1-)*&+%(#.#$, in F. Bluhme,

T&+ /0$% #/#-)#I0#%4)*.!K)-&!-0"%(#.#$B Hannover, 1869, cap. 22, ove si prescrive che

la donna che vende beni propri, consenziente il marito, dia *!/+/+) a due o tre 1)-#*/#$), dalla sottoscrizione con il $+.*0"%")*0$ dei 1)-#*/#$, che ribadiscono di avere assolto

alpina, sulla scorta di alcuni elementi del formulario (415), e presumibil-

mente franca, come franchi sono due testi che appongono il $+.*0"

")*0$, presenti probabilmente per il vassallo imperiale: egli potrebbe

essere identificato con un vassallo imperiale omonimo (416), ,+&#(+$ di

Berengario I nel primo decennio del secolo X, poi conte, !*$+(+)-+0$

regio e infine marchese, documentato dal 905 al 922 (417).

Nomi e qualificazioni dei parenti e dei sottoscrittori svelano l’am- biente sociale e professionale comune nel quale sono inseriti i due coniugi: i parenti di Maria, di tradizione etnico-giuridica longobarda, sono il cugino Pietro "!*#/)-+0$ e i suoi figli, Domnello +0&#U e Anteramo, ai quali va aggiunto, probabilmente, Benedetto prete.

I due testi franchi sono distinti da qualifiche professionali: Leodemario *#.!/+)/!- e Leoperto "!*#/)-+0$. Nell’ambito della nostra documentazione, incontriamo qui per la prima volta tali qualificazioni attribuite a persone di dichiarata nazionalità transalpina: per quanto le

due professioni di *#.!/+)/!-#$ (418) e "!*#/)-++ (419) siano rilevanti, eco-

nomicamente e socialmente, il fatto che siano svolte da Franchi costi-

alla loro funzione di garanti della libertà dell’atto di alienazione compiuto da Maria: Pietro e il figlio Anteramo dichiarano che «eadem Maria interrogaverunt ut supra»; poi il giudice Domnello – anch’egli figlio di Pietro monetiere, pur se non lo specifica nella sottoscrizione autografa –, dichiara che «eadem propimquam ea interrogavi ut supra». Si vedano, in merito, P. S. Leicht, <(%&+-+//!%1-+8)/!%1- #+*#-+)*!B Bologna, 1933, p. 70; E. Cortese, H#-%()%$/!-+)%&#(%"0*&+!%+*%</)(+) , «Rivista italiana per le scienze giuridi- che», 91 (1955-1956), pp. 377-378; G. Vismara, <%-)11!-/+%1)/-+"!*+)(+%/-)% !*+0.+%*#(>

(:)(/!%"#&+!#8!B in <(%")/-+"!*+!%*#(()%$! +#/7%)(/!"#&+#8)(#B voll. 2, Spoleto, 1977, II,

p. 644.

(415) Doc. dell’887, citato sopra, nota 412: nell’ambito della &#,#*$+! concessa ai

venditori, viene introdotto il riferimento ai propri 2#-#&#$ e 1-!2#-#&#$, specifico della formula franco-salica (cfr. sopra, nota 379); nella determinazione, poi, della penalità sono stabilite due forme di pagamento della stessa: la corresponsione di beni per il doppio del valore, forma tipica della tradizione longobarda e romana, e quella del pagamento di una somma in oro, tipica delle tradizioni giuridiche transalpine (cfr. sopra, t. c. nota 125).

(416) L’ipotesi è avanzata da Hlawitschka, A-)*Z#* cit., p. 192, nota 16, che ritiene

opportuno un approfondimento ulteriore.

(417) <K+&#", pp. 190-191; l’adesione di Grimoaldo a Berengario I si presenterebbe

coerente rispetto al rapporto vassallatico del nostro Grimoaldo verso l’imperatore Carlo III il Grosso, poiché Berengario, ancora marchese, fu appunto a capo del partito ‘filote- desco’, che aveva appoggiato Carlomanno e Carlo il Grosso: Fasoli, <%-# cit., p. XXVII; Arnaldi, P#-#*.)-+!%<%cit., p. 8.

(418) Violante, 4)%$! +#/7%"+()*#$# cit., pp. 51-57; Rossetti, <% #/+ cit., pp. 166-168.

tuisce una prova ulteriore dell’integrazione sociale ed economica fra persone di diversa tradizione etnico-giuridica, un’integrazione che si attua in una città e una società che ora mostra non solo l’evoluzione avvenuta nei rapporti patrimoniali e parentali fra elementi di nazionali- tà transalpina ed elementi indigeni, ma anche quella che si svolge negli ambiti professionali.

Si osservi, a conferma del livello sociale e professionale elevato dei protagonisti e testimoni dell’atto, che fra i secondi si sottoscrivono di mano propria tre giudici imperiali – Pelprando, Elnardo e Walperto – e un giudice Pietro; notaio imperiale è anche il rogatario della )-/0()%8+*>

&+ +!*+$, Aldegrauso.

Nota è la buona posizione sociale e politica dei giudici, particolar-

mente di quelli pavesi (420); e ben due dei tre giudici imperiali sotto-

scrittori sono pavesi. Pelprando era già apparso fra i giudici E+ +*#*$#$ in un placito svoltosi a Pavia nell’880, presieduto dal conte di palazzo

Boderado (421). Walperto può essere identificato con il giudice regio

omonimo, documentato dai primi anni del secolo X, sfortunato prota-

gonista intorno al 927 di una congiura contro il re Ugo (422).

Forse anche il giudice Elnardo era pavese, poiché può essere accostato ad Erlando, il terzo #-!.)/!- di Gerulfo, assente all’atto

dell’867 (423): questi potrebbe essere stato pavese come potrebbe esser-

(420) Settia, H)8+)% )-!(+*.+) cit., pp. 124-125.

(421) Manaresi, <%1() +/+ cit., I, n. 89, 880 novembre, Pavia. Pelprando è segnalato da

C. M. Radding, E2#%[-+.+*$%!,%6#&+#8)(%d0-+$1-0&#* #@%H)8+)%)*&%P!(!.*)%LfW>c cfWB New Haven - London, 1988, Appendix, p.191, n. 27, che utilizza solo il placito ora cita- to, e da Bougard, 4)%l0$/+ # cit., p. 283, nota 10, che parimenti non utilizza il documen- to dell’887, né lo utilizza nella prima appendice (+K+&#", pp. 347-371: “Les échevins du royaume d’Italie”), nella quale sono schedati con gli scabini anche i giudici regi e impe- riali e gli altri giudici, in particolare i giudici di Asti, Milano e Pavia (+K+&#", p. 347).

(422) ll giudice Walperto, denominato imperiale o regio, a seconda del periodo, par-

tecipa di collegi giudicanti in placiti dal 901 al 933, nelle città di Roma, Milano, Cremona, Pavia, Verona, Lucca (Manaresi, <%1() +/+ cit., I, nn. 111, 112, 119, 120, 122, 125, 126, 127, 128, 133); per le vicende della congiura contro il re Ugo si veda Settia,

H)8+)% )-!(+*.+) cit., pp. 91-92 e 146.

(423) Doc. dell’867, citato sopra, nota 377. Erlando ed Ernaldo sono la stessa forma

antroponomastica, come mi ha gentilmente confermato Maria Giovanna Arcamone: secondo la studiosa, Erlando “si compone di Er-+- land-, temi antroponomastici noti (forma germaniche *hari ‘esercito’ e *landa-‘terra’ con il significato globale presunto di ‘colui che rappresenta la sua terra’). Nella forma più estesa T-+()*&0$ è testimoniato in Francia.”

lo stato Pietro, il figlio del giudice Paolo; in tale eventualità entrambi apparterrebbero allo stesso ambito professionale e sociale. E con questo Pietro pavese, figlio di un notaio-giudice, potrebbe essere identificato il giudice Pietro che sottoscrive l’atto dell’887, un giudice cittadino, in

questo caso (424), riflettendosi la distinzione tra giudici imperiali e giu-

dici cittadini, da poco ‘ufficializzata’ nel placito milanese dell’874 (425).

La sottoscrizione di ben tre giudici imperiali e di un giudice citta- dino al documento dell’887 è già di per sé un aspetto rilevante, dal momento che in questo periodo pochi sono i giudici, ancor meno se

imperiali, che svolgono il ruolo di testimoni ad atti privati (426), una pre-

senza che si spiega con la rilevanza sociale e politica di Grimoaldo, vas-