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4.5. Strumenti e tecniche di analisi

4.5.1. Content analysis: tipologie e caratteristiche

La Content Analysis o analisi del contenuto (AdC) è “un insieme di metodi orientati al controllo di determinate ipotesi su fatti di comunicazione (emittenti, messaggi, destinatari e loro relazioni) che a tale scopo utilizzano procedure di scomposizione analitica e di classificazione, normalmente a destinazione statistica, di testi e di altri insiemi simbolici” (Rositi, 1970; 1989).

147 La sua connotazione multidisciplinare (ricerca sociale, semiotica, linguistica testuale, scienze dell’informazione, teoria dell’argomentazione, sociologia dei processi culturali, ecc. Livolsi, 2000; Livolsi e Rositi, 1988; Maneri e Schoenberg, 1997; Marsciani e Zinna, 1991) la rende applicabile ad un insieme più vasto di fenomeni, non solo di carattere meramente comunicativo. Infatti, gli elementi della comunicazione (sintattici, semantici, pragmatici) possono essere considerati indicatori (strategie, intenzioni, atteggiamenti di chi comunica, sia esso individuo, ente pubblico/privato o media) di fenomeni sociali e culturali di portata più ampia. L’AdC è inoltre un procedimento sistematico e quantitativo di analisi della comunicazione politica, ovvero una “semantica quantitativa del linguaggio della politica” (Laswell, 1927; Laswell and Kaplan; 1950; Laswell and Leites 1949; Marvulli, 2003). Tuttavia essa è anche “una tecnica di ricerca capace di descrivere in modo obiettivo, sistematico e quantitativo il contenuto manifesto della comunicazione” (Berelson, 1952, p. 18). Inoltre, può essere definita persino come “un insieme di metodi orientati al controllo di determinate ipotesi su fatti di comunicazione (emittenti, messaggi, destinatari e loro relazioni), che a tale scopo utilizzano procedure di scomposizione analitica e di classificazione, normalmente a destinazione statistica, di testi e di altri insiemi simbolici” (Rositi, 1989, p. 66). In relazione al tipo di unità d’analisi selezionata e sottoposta a classificazione è possibile distinguere, secondo Rositi, tre tipi di analisi del contenuto.

Il primo tipo considera che le unità d’analisi “coincidono con gli elementi ‘significanti’ o con gli elementi della struttura linguistica che, in senso tradizionale, potremmo chiamare grammaticali” (parole; sintagmi; simboli-chiave; temi; enunciati).

Il secondo tipo propone che le unità d’analisi “non hanno una riconoscibilità linguistica a livello dei significanti e possiedono tuttavia, all’interno dell’unità di contesto, una evidenza relativamente elevata” (funzioni narrative; personaggi; interazioni diadiche; episodi di varia natura).

Mentre il terzo tipo implica che non vi è scomposizione dei testi in esame e l’unità d’analisi coincide con l’unità di contesto: “nelle procedure di questo tipo è come se, invece di rivolgere un questionario ad un soggetto, lo rivolgessimo a un film, o

148 a una risposta discorsiva di un intervistato, o a un racconto, o a un’immagine pubblicitaria, o a un articolo di una rivista, ecc.”

Gli “oggetti” dell’AdC possono essere molteplici, tra cui: testi mediali (articoli, programmi TV, siti, etc.) foto, film, etc, documenti di istituzioni (relazioni scientifiche, discorsi politici, schede di archivi, sentenze, certificati, etc.) documenti personali (diari, lettere, trascritti di interviste, etc.).

Le unità di analisi coincidono con gli elementi “significanti” o con gli elementi grammaticali della struttura linguistica (Rositi 1989, 71). Possono essere ad esempio: parole; sintagmi, vale a dire la sequenza unitaria di 2 o più segni (nel linguaggio: sequenza ordinata di 2 o più parole all’interno di una frase); simboli- chiave, cioè una o poche parole capaci di raggiungere il centro di attenzione del destinatario (Lasswell, 1999; Tuckett, 2005); elementi semantici cruciali; frasi (o asserti), unità sintatticamente compiute; enunciati (sistemi di asserti), sequenza di parole, composta da 2 o più frasi, emessa da un solo soggetto e delimitata da pause, silenzi o enunciati di altri soggetti; discorsi, sequenza di più enunciati. Le unità d’analisi “non hanno una riconoscibilità linguistica a livello dei significanti e possiedono tuttavia, all’interno dell’unità di contesto, una evidenza relativamente elevata” (Rositi, 1989, p. 10).

C’è da dire inoltre che l’analisi delle frequenze di unità lessicali è una procedura di tipo descrittivo, usata di solito in una prima fase esplorativa per trarre indicazioni per la scelta e l’applicazione di tecniche di analisi più elaborate (es. cluster analysis, analisi delle corrispondenze multiple, analisi delle corrispondenze lessicali, ecc.)248.

L’analisi del contenuto è stata adoperata come tecnica analitica sin dai primi anni del XX secolo (Barcus, 1959), grazie all’implementazione di metodologie sia quantitative, che qualitative (Berelson, 1952). Questa tecnica è stata conosciuta, col passare del tempo, soprattutto nella forma quantitativa, che presuppone la

248 Le categorie possono essere:

•tematiche, in ciascuna delle quali sono classificate unità d’analisi che si riferiscono allo stesso tema o argomento;

•semantiche, in ciascuna delle quali sono classificate unità d’analisi che assumono, nell’unità di contesto, lo stesso significato o significati simili.

Nella costruzione delle categorie è necessario rispettare le regole classiche della classificazione: unicità del fundamentum divisionis, mutua esclusività, esaustività delle categorie (Thomas e Znaniecki, 1920).

149 codifica dei dati raggiunti dall’analisi testuale in categorie precise, rappresentate utilizzando differenti tecniche statistiche (Morgan, 1993).

Più di recente, invece, è stato dato ampio spazio anche alle tecniche qualitative di analisi del contenuto, la cui espansione è in graduale crescita (Nandy and Sarvela, 1997).

L’analisi del contenuto è, oggi, valutata come una tecnica sistematica e replicabile attraverso cui esaminare un testo, riducendolo a un numero circoscritto di categorie, che rispondono a chiare regole di codifica (Berelson, 1952; Krippendorff, 1980; 2004; Weber, 1990; GAO, 1996).

Questa metodologia è adoperata non solo nel campo dell’analisi testuale, ma anche in settori diversi come ad esempio le riproduzioni grafiche (Wheelock et al., 2000) o filmiche (Stigler et al., 1999).

La content analysis fonda le proprie basi concettuali non solo sul modello della comunicazione di massa (Titscher et al., 2000; Lindkvist, 1981) maturato da Lasswell (1948) e sullo schema di passaggio delle informazioni di Shannon e Weaver (1948; 1963), ma anche sulle tipiche tecniche di analisi e raffronto, tra cui: l’analisi grafologica e l’interpretazione dei sogni (Mayring, 2000; 2003). Questo tipo di studio è adoperato “per individuare le tecniche attraverso cui fare inferenze partendo da dati simbolici, che sarebbe troppo costoso, lungo o invasivo ottenere utilizzando tecniche diverse” (Krippendorff, 1980, p. 51; Kassarjian, 1977).

Detta metodologia trova grande applicazione negli studi sociali e, nello specifico, nel campo della comunicazione (Riffe and Freitag, 1997).

La diffusione dell’analisi del contenuto in comunicazione sembra essere dovuta anche all’attuale espansione delle tecnologie multimediali, che congiuntamente agli archivi e alle banche dati digitali ne hanno semplificato la contestualizzazione e l’implementazione (Lombard et al., 2002).

Nel marketing, tale metodologia è adoperata per studiare tematiche come i mutamenti nel sistema valoriale dei compratori, la percezione dell’immagine di un bene/servizio o dell’organizzazione avvertita dai clienti attraverso l’azione di collegamento effettuata dai mass media, l’analisi della comunicazione istituzionale, etc.

150 Volendo riassumere, la Content Analysis si propone come una metodologia che consente di conseguire una descrizione quanto più scientifica, oggettiva, organizzata, quantitativa e generalizzabile possibile di contenuti comunicativi diversi.

Come specificato in precedenza, la Content Analysis può servirsi di tecniche di ricerca sia quantitative, che qualitative, benché negli anni l’approccio quantitativo, sia stato considerato come tradizionale (Titscher et al., 2000), dal momento che permette di raggiungere “descrizioni oggettive, sistematiche e quantitativamente rilevanti del contenuto manifesto di un evento comunicativo” (Berelson, 1952, p. 519). L’analisi qualitativa, al contrario, “andando oltre il semplice conteggio delle parole chiave o l’estrazione del contenuto oggettivo latente e/o manifesto di un testo” (Zhang and Wildemuth, 2009, p. 310), consente ai ricercatori di esaminare la realtà in modo soggettivo ma anche scientifico249.