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Contenuto degli accordi in vista dello scioglimento del matrimonio ed equilibrio contrattuale

I limiti di negoziabilità Anna Carla Nazzaro

3. Contenuto degli accordi in vista dello scioglimento del matrimonio ed equilibrio contrattuale

Una seconda decisione28, anch’essa nota, aggiunge ulteriori spunti di riflessione.

Oggetto della questione è la validità di un accordo, concluso in costanza di matrimonio, con il quale un coniuge, dichiarando di aver ricevuto dalla moglie una determinata somma di danaro, si impegna a restituirla, in caso di separazione. La Corte, nel reputare valido il negozio, lo qualifica come riconoscimento dell’esistenza di un debito conseguente ad un mutuo il cui obbligo restitutorio sarebbe sottoposto alla condizione sospensiva del fallimento del matrimonio. Anche in questa ipotesi ciò che viene in rilievo è la liceità della condizione sospensiva e, in particolare, la non contrarietà all’ordine pubblico dell’evento in essa dedotto.

A nulla valgono, peraltro, le ragioni addotte dal ricorrente relative alla vigenza del regime della comunione legale che renderebbe non certa l’attribuzione della somma (almeno per intero) alla titolarità di uno soltanto dei coniugi. Il rigetto di detto motivo di impugnazione (per vero perché non proponibile in sede di legittimità) dimostra una prevalenza dell’autonomia privata anche a fronte di una incoerenza tra le pattuizioni dei coniugi e la disciplina del regime patrimoniale della comunione legale e, in definitiva, la scelta nel senso di una sua disponibilità. Dunque, la Corte pur rimanendo nel solco formale della invalidità degli accordi prematrimoniali, apre nuovi spazi di ammissione dell’autonomia dei coniugi in materia matrimoniale lasciando ad essi la libertà di qualificare il trasferimento di una somma di denaro tra coniugi come mutuo o come adempimento del dovere di contribuzione familiare. Dunque, per la decisione sulla validità degli accordi relativi a tali somme e sull’ammissibilità delle eventuali pretese restitutorie29, problema che non sempre ha avuto risposte

l’effettiva volontà di contribuire a costruire un patrimonio comune. Così, S. NOBILE DE SANTIS, Accordi prematrimoniale e regolazione degli arricchimenti nella crisi coniugale, cit., 884 ss. Il rilievo dell’effettiva esistenza della comunione di vita e di affetti inizia ad essere palese anche nelle decisioni della giurisprudenza relative alla determinazione dell’assegno postmatrimoniale. Si v., ad esempio, di recente, Cass., 10 gennaio 2018, n. 402 (ord.), in www.laleggepertutti.it, ove si nega la corresponsione dell’assegno di mantenimento a causa della brevità del matrimonio (28 giorni) «rilevando la ricorrenza nella specie di quell’ipotesi eccezionale (cfr. negli stessi termini Cass. civ., sez. VI-1, ord. n. 6164 del 26 marzo 2015) in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi».

28 Cass., 21 agosto 2013, n. 19304, in Nuova giur. civ. comm., 2014, II, 13 ss., con nota di E.

TAGLIASACCHI, Accordi in vista della crisi coniugale: from status to contract?

29 In ipotesi come questa la dottrina si interroga sull’ammissibilità di pretese restitutorie tra coniugi

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univoche in giurisprudenza30, sembra che possa dare un contributo proprio

l’indagine sulla volontà dei coniugi, sia pure nel rispetto del principio di proporzionalità.

Con l’evoluzione della prassi e anche a seguito della formazione di una folta tendenza dottrinale favorevole agli accordi prematrimoniali31, è possibile

rinvenire decisioni più coraggiose32 che prendono spunto da casi, per vero non

perfettamente corrispondenti alla tematica che ci occupa, per affermare in linea generale la validità degli accordi (sia pure ammonendo che essi devono essere sempre sottoposti ai controlli cui devono soggiacere tutti gli atti di autonomia negoziale come quelli attinenti alla nullità dell’atto o alla capacità delle parti e ai vizi di volontà), o che valutano il caso senza più discutere in merito alla astratta validità degli accordi33.

Le aperture sono evidenti ove si consideri che, a fronte della tendenza ad ammettere accordi relativi a specifici affari e non coinvolgenti l’interezza dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, nel caso da ultimo ricordato i giudici interpretano l’accordo nel senso che esso intendeva regolare «tutti i rapporti patrimoniali ancora pendenti tra i coniugi al fine di pervenire alla separazione

Contratto di convivenza, contribuzione e mantenimento, in Contratti, 2015, 722 ss.; A. FUSARO, La restituzione degli arricchimento tra coniugi, in Nuova giur. civ. comm., 2010, II, 477 ss.

30 Cfr., Cass., 17 settembre 2004, n. 18749, in Dejure; Trib. Napoli, 8 gennaio 2001, in Gius.,

2001, 2779. In senso contrario, Trib. Brindisi, 26 maggio 2014, in ilcaso.it; Cass., 9 giugno 2009, n. 13259, in Dejure; Cass., 13 maggio 1989, n. 2199, in Giust. civ., 1989, I, 2057.

31 Cfr., tra i tanti, F. ANELLI, Sull’esplicazione dell’autonomia privata nel diritto matrimoniale

(in margine al dibattito sulla mediazione dei conflitti coniugali), in Studi in onore di Pietro Rescigno, II, Diritto privato, 1, Persone, famiglia, successioni e proprietà, Milano, 1998, 49 ss.; M. COMPORTI, Autonomia privata e convenzioni preventive di separazione, di divorzio e di annullamento del matrimonio, in Foro it., 1995, I, 110 ss.; G. CECCHERINI, Contratti tra coniugi in vista della cassazione del ménage, Padova, 1999, 154; E. QUADRI, Autonomia negoziale dei coniugi e recenti prospettive di riforma, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II, 277 ss.; M.R. MARELLA, Gli accordi fra i coniugi fra suggestioni comparatistiche e diritto interno, in FERRANDO (diretto da), Separazione e divorzio, I, in Giur. sist. dir. civ. e comm., Torino, 2003, 197 ss.; G. FERRANDO, Crisi coniugali e accordi intesi a definire gli aspetti economici, cit., 261 ss.; G. OBERTO, Contratti prematrimoniali e accordi preventivi di divorzio: la prima picconata è del Tribunale di Torino, in Fam. e dir., 2012, 803 ss.

32 Cass., 20 agosto 2014, n. 18066, in Fam. e dir., 2015, 4, 357. Il caso specifico era relativo ad

un accordo extragiudiziale, raggiunto in sede divorzile e poi convertito in conclusioni congiunte che oltre a definire la collocazione del figlio minore presso la madre ed a quantificare l’assegno divorzile a favore della coniuge, ed il contributo al mantenimento a favore del figlio minore, prevedeva che il padre si impegnava ad acquistare la casa coniugale dalla società proprietaria e a trasferirla al figlio minore.

33 Cass., 21 febbraio 2014 n. 4210, in Dejure. Il caso era relativo ad un accordo tra i coniugi

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consensuale»34. L’impressione, tuttavia, è che la decisione finale, più

che una presa di posizione sulla astratta validità della categoria “accordo prematrimoniale”, sia ancora una volta una valutazione in concreto della proporzionalità e meritevolezza dell’accordo specifico35. Ma ciò, ovviamente,

non rappresenta una novità nell’attività giurisdizionale e anzi, proprio con riguardo al tema peculiare che qui ci occupa, le specificità del caso concreto avevano permesso già in un passato oramai abbastanza lontano di reputare valido un patto regolativo dei rapporti tra i coniugi dopo lo scioglimento del matrimonio36.

In questo trend favorevole alla validità degli accordi prematrimoniali, sembra porsi fuori dal coro una recente decisione della Cassazione ove si afferma che «gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c. Pertanto, di tali accordi non può tenersi conto non solo quando limitino o addirittura escludono il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto è necessario per soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente dette esigenze, per il rilievo che una preventiva pattuizione – specie se allettante e condizionata alla non opposizione al divorzio potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione degli effetti

coniugale attuato tramite la vendita del medesimo immobile, così cristallizzando debiti e crediti pregressi senza che uno dei coniugi nulla possa pretendere in restituzione delle somme versate.

34 Nello stesso senso Cass., 3 dicembre 2015, n. 24621, in Dejure, che ha dichiarato valido

l’accordo con il quale i coniugi predisponevano un piano di assegnazione dei beni.

35 In questo senso non sembra accoglibile il tentativo di trarre dalle decisioni in commento

indicazioni che permettano di definire un minimo comun denominatore tale da identificare la categoria. In questo senso, invece, A. BELLORINI, Accordi in previsione della futura ed eventuale separazione, cit., 175 ss.

36 Cass., 3 maggio 1984, n. 2682, in Dir. e fam., 1984, 521, ove, sia pure con le specificità

dovute all’applicazione del diritto internazionale privato, si conclude che «l’accordo, rivolto a regolamentare, in previsione di futuro divorzio, i rapporti patrimoniali fra coniugi, che sia stato stipulato fra cittadini stranieri (nella specie, statunitensi) sposati all’estero e residenti in Italia, e che risulti valido secondo la legge nazionale dei medesimi (applicabile ai sensi degli artt. 19 e 20 delle disposizioni sulla legge in generale), è operante in Italia, senza necessità di omologazione o recepimento delle sue clausole in un provvedimento giurisdizionale, tenuto conto che l’ordine pubblico, posto dall’art. 31 delle citate disposizioni come limite all’efficacia delle convenzioni fra stranieri, riguarda l’ordine pubblico cosiddetto internazionale, e che in tale nozione non può essere incluso il principio dell’ordinamento italiano, circa l’invalidità di un accordo di tipo preventivo fra i coniugi sui rapporti patrimoniali successivi al divorzio, il quale attiene all’ordine pubblico

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civili del matrimonio»37. A ben vedere, in questa ipotesi il ricorrente intendeva

desumere l’esistenza di un accordo relativo alla sostituzione dell’assegno divorzile dalla dazione una tantum, in sede di separazione, di una cospicua somma di danaro. Di là dai dubbi in merito all’esistenza stessa dell’accordo, l’impressione è che il giudizio fortemente negativo non debba derivare da una astratta invalidità degli accordi prematrimoniali (come invece afferma la Corte), ma da una valutazione del concreto assetto di interessi nel quale, stanti le condizioni economiche dei coniugi, l’accordo risultava sproporzionato. Ciò è anche palese nello svolgimento della motivazione, ove la censura mossa alla Corte d’Appello è quella di non aver valutato la proporzionalità ed i criteri normativi stabiliti per la determinazione dell’assegno divorzile.

Dunque, ciò che distingue il caso da ultimo riportato rispetto ai precedenti è il contenuto dell’accordo e, cioè, il fatto che esso sia relativo alla determinazione immodificabile dell’assegno di divorzio, o alla sua sostituzione con altri beni patrimonialmente rilevanti (danaro o beni immobili), così non permettendone l’adeguamento a seguito del mutare delle condizioni economiche dei coniugi. In aggiunta, l’accordo è considerato anche fortemente sperequato a favore di uno dei coniugi. Con ciò rafforzando l’idea della necessità di un controllo contenutistico e la non opportunità della definizione di una categoria generale.

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