• Non ci sono risultati.

Il contesto europeo

Nel documento Storia dell'elettrificazione della Sardegna (pagine 104-107)

Francesco Piras, Maria Grazia Olmeo, Luciano Gutierrez

2.1 Il contesto europeo

Il mercato energetico internazionale, ed Europeo in particolare, sta attraversando profonde trasformazioni, sia dal punto di vista dei fondamentali economici, sia dal punto di vista delle scelte strategiche europee in tema di energy security e cambiamenti climatici. Il governo nazionale e, di conseguenza, quelli regionali sono chiamati a rispettare gli obblighi contratti a livello europeo e questo impone delle scelte particolarmente difficili in un contesto internazionale così turbolento. Il tema dell’energia, e della produzione di energia elettrica in particolare, ha visto dunque sovrapporsi le competenze di diversi livelli di governo: la preminenza dei governi nazionali si è alternata alla produzione normativa a livello europeo e alle prime due si sono frequentemente sovrapposte competenze a livello subnazionale.

Molto schematicamente si possono distinguere alcune fasi di interazione tra i diversi livelli di governo. Una prima fase ha riguardato il potenziamento delle industrie di produzione di energia elettrica che, dal dopoguerra, sono andare rafforzandosi e concentrandosi in tutti i paesi sotto la guida dei governi nazionali. In una seconda fase, sui primi tentativi di inserire la concorrenza nel settore si è inserita l’Unione Europea, spingendo con le politiche antitrust da un lato e l’idea di creare il mercato unico. Al lavoro sugli sviluppi del mercato unico interno dell’energia sono stati poi affiancati altri due temi di forte interesse comunitario: l’emergenza climatica, con un orientamento volto a contenere le emissioni e l’idea di energy security, via via in cima all’agenda a seconda delle crisi geopolitiche che si sono susseguite nelle aree dei fornitori di prodotti energetici. Sul primo tema si può individuare una certa influenza della politica europea, mentre sul versante dell’energy security i Paesi membri si sono mossi molto in ordine sparso. Entrambi i punti di vista hanno però visto convergere gli interessi sul tema dello sviluppo delle energie rinnovabili, invocato sia per ridurre le emissioni rispetto ai tradizionali metodi di produzione di energia elettrica, sia per incrementare l’indipendenza energetica dei vari paesi, in particolare di quelli come l’Italia che hanno avuto un rapporto tra energia importata e consumata vicino o superiore al 90 %. Anche in questo campo bisogna sottolineare che se si è trovata identità comunque sull’obiettivo di incrementare le rinnovabili, le politiche adottate dai paesi membri sono state estremamente diversificate e il risultato è stato un incremento di offerta disomogeneo e disordinato che ha reso assai difficile la gestione dei flussi e la garanzia di una offerta regolare. Il tema delle rinnovabili è anche quello dove si sono osservati i più frequenti casi di conflitto di attribuzione tra

livello nazionale e sub nazionale. Le differenti interpretazioni in campo di tutela del paesaggio e dell’ambiente, nonché i diversi iter amministrativi hanno determinato notevoli tensioni tra governi centrali e locali che hanno avuto riflesso anche in conflitti di fronte alle corti supreme e frequenti interventi di aggiornamento normativo1.

Dopo la seconda guerra mondiale, in quasi tutti i paesi europei si assiste alla all’ondata di nazionalizzazioni di imprese di produzione di energia elettrica2, sulla spinta delle economie di scala ricollegabili alla situazione di monopolio naturale, grazie alla caratteristica di servizio a rete. I campioni nazionali si rafforzano dunque come monopolisti sul territorio e operano su tutti i segmenti, dall’approvvigionamento alla produzione, alla distribuzione, cercando di far fronte nel contempo ai vincoli di policy per una omogenea offerta sul territorio nazionale e per il contrasto alla povertà energetica. Questa somma di funzioni ha però fatto emergere dubbi sulla efficienza di un monopolio così imponente e nello stesso tempo vitale per la competitività dei paesi. I paesi membri hanno dunque iniziato a valutare, al loro interno, la possibilità di introdurre la concorrenza in alcuni segmenti anche grazie alle innovazioni tecnologiche che rendevano possibile separare più nettamente le varie fasi del processo3.

In questo quadro è intervenuta la Commissione Europea con l’ambizioso intento di creare – accanto al mercato unico per le merci e movimenti di persone e di capitali – un mercato unico per l’energia e in particolare per gli scambi di flussi di energia elettrica e gas naturale. A partire dal 19964 si sono succeduti vari pacchetti di direttive con l’obiettivo di liberalizzare i mercati per favorire la creazione del mercato unico e coordinare la regolazione del settore dei vari stati membri. In pratica, con la direttiva del 2009 la legislazione europea ha spinto per una modifica della governance delle reti di trasmissione dell'elettricità prevedendo una chiara separazione tra le attività di fornitura e di produzione da un lato e quelle di gestione delle reti dall'altro5; ha richiesto una più efficace vigilanza da parte di autorità nazionali di regolamentazione (i regolatori nazionali dell’energia) anche con il rafforzamento e l'armonizzazione delle competenze e così da consentire a tutti gli operatori un accesso effettivo alle reti di trasmissione. In pratica, ciascuno Stato membro deve designare un’autorità nazionale di regolamentazione a livello nazionale che deve tra l’altro stabilire le tariffe di trasmissione e di distribuzione; cooperare sulle questioni transfrontaliere; vigilare sui programmi di investimento dei gestori dei sistemi di trasmissione; garantire l’accesso ai dati del consumo dei clienti6.

In linea teorica dunque, sulla base della normativa vigente, l’elettricità potrebbe circolare attraverso le frontiere grazie alle infrastrutture che percorrono tutto il territorio europeo e dovrebbe essere possibile acquistare e vendere elettricità ovunque nel mercato europeo arrivando a un prezzo unico europeo (auspicabilmente inferiore a quello osservabile in Italia). Tuttavia, nonostante l’imponente mole di norme, il completamento del mercato interno dell’energia elettrica appare ancora lontano, tanto che la Commissione ha sollecitato in diverse occasioni l’effettivo recepimento della normativa comune7, il rafforzamento della cooperazione tra le autorità e la rimozione degli ulteriori ostacoli residui. La presenza di normative nazionali disomogenee tende infatti a proteggere i campioni nazionali e ostacola l’ingresso di imprese straniere, anche a causa dei programmi di incentivazione che in alcuni casi – in particolare per le rinnovabili – garantiscono priorità di dispacciamento. In questa fase è comunque emerso che, oltre agli ostacoli normativi, i forti cambiamenti dei mercati energetici – tra cui l’inaspettato boom delle rinnovabili elettriche e i cambiamenti del mercato del gas, con la crescente importanza del gas

liquefatto – hanno reso insufficienti le infrastrutture per la trasmissione di energia elettrica, in particolare relativamente ai collegamenti transfrontalieri e le interconnessioni. Nel corso dei prossimi anni saranno dunque necessari cospicui investimenti in questo settore. Le reti ad alta tensione, costruite con l’idea di collegare le grandi centrali elettriche alle zone di consumo limitrofe, devono ora essere in grado di integrare l’elevato numero di centrali (di minori dimensioni e discontinue), alimentate da fonti rinnovabili. Allo stesso tempo, le reti di distribuzione devono poter gestire i picchi di consumo e incorporare l’offerta dalle microcentrali (fino ai pannelli solari domestici).

Per la realizzazione di queste grandi opere infrastrutturali necessarie al completamento del mercato interno si stima una necessità di investire risorse per almeno 200 miliardi di euro l'anno per i prossimi dieci anni, parte delle quali dovrebbero venire da una serie fondi comunitari, quali il Meccanismo per collegare l'Europa (MCE), i fondi strutturali e di investimento europei, e il costituendo Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), noto come Piano Juncker.

Nato nel quadro degli interventi di contrasto alla crisi economica, un primo recente intervento è quello previsto dal Programma energetico europeo per la ripresa (EEPR) che ha finanziato l’interconnessione Malta-Italia (Pembroke - Marina di Ragusa)8. A parte l’obiettivo del mercato unico energetico, con la possibilità di integrare la rete maltese, è importante sottolineare come questi interventi siano considerati strategici anche dal punto di vista macroeconomico, dato che sono iscritti nelle politiche di rilancio della crescita, per la possibilità di attivare un non trascurabile moltiplicatore occupazionale.

Successivamente, la Commissione, intervenendo a modificare regolamentazioni pregresse, ha adottato nell’aprile 20139 nuovi orientamenti per lo sviluppo delle infrastrutture energetiche europee e la loro connessione, identificando un elenco di circa 250 importanti progetti di infrastrutture energetiche. Questi progetti di interesse comune (PIC)10 beneficiano di procedure accelerate (anche in relazione alle autorizzazioni ambientali)11 e di un più snello quadro regolamentare e avranno accesso al sostegno finanziario proveniente dal MCE12.

L’elenco comprende 140 progetti nel settore della trasmissione e dello stoccaggio dell’elettricità, di cui 52 di interconnessione, e numerosi progetti concernenti le reti intelligenti, con un cronoprogramma che prevede progetti fino al 2020. Tra le reti via mare, una certa rilevanza riveste l’interconnessione Sardegna/Corsica/Toscana, uno dei collegamenti più a sud previsti in Europa.

Questa interconnessione – attualmente nota come progetto SACOI 3 – che lega Codrongianos e Suvereto (si veda Capitolo Primo, figura 12 e nota 65), attraverserà tutta la Corsica e farà dunque uso di connessioni on-shore e off-shore13. Nelle previsioni di Terna, questo collegamento con il continente dovrebbe garantire un maggiore sfruttamento della produzione di energia da rinnovabili per circa 500 MW e, al contempo, garantire una maggiore adeguatezza del sistema con 300 MW in più di produzione efficiente. Questo progetto (il cui costo di investimento è stimato in 600 milioni di euro) include la sostituzione e il rafforzamento dei cavi sottomarini esistenti e la ricostruzione delle attuali stazioni di conversione. Secondo la relazione tecnica del piano energetico della Regione Sardegna [8, pag. 246], il completamento e l’entrata in esercizio di questa nuova interconnessione porterebbe la Sardegna ad avere una capacità di interconnessione con il continente di circa 1600 MW, riducendo così drasticamente i vincoli sulla capacità di esportazione.

Il tema del rilancio delle infrastrutture è stato ripreso e ampliato recentemente dalla Commissione Europea che ha fissato un target per il livello di interconnessione elettrica al 10 % da raggiungere entro il 2020 (target fissato dal Consiglio Europeo di Ottobre 2014) e emanato il pacchetto noto come Unione dell’Energia nel Febbraio 201514. L’Unione dell’Energia punta ancora tutti gli sforzi sul completamento mercato unico interno dell’energia, necessario per raggiungere l’energy security – intesa come sicurezza degli approvvigionamenti a un prezzo adeguato – e per poter sviluppare efficaci politiche climatiche.

Nel documento Storia dell'elettrificazione della Sardegna (pagine 104-107)