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Tra le due guerre mondiali: sviluppo degli impianti idroelettrici e autarchia

Nel 1919, concluso il primo conflitto mondiale, si capì che per lo sviluppo industriale (in particolare per le attività estrattive), per le opere pubbliche (bonifiche, sviluppo agricolo, ecc.) e per il progresso civile fosse necessario, nell’Isola, portare a larga scala la produzione di energia elettrica49. A tale scopo la Società Elettrica Sarda (SES) mise in funzione la centrale termica di Sassari, a gas povero, potenza 850 kW (dismessa nel 1947).

Di quell’inizio di Novecento sono i primi studi di Angelo Omodeo relativi allo sfruttamento delle risorse idriche sia per la produzione elettrica sia per soddisfare la crescente richiesta d’acqua per scopi agricoli e civili. Il primo invaso artificiale, ora noto come lago Omodeo, le cui acque furono utilizzate anche per produrre energia elettrica, fu quello realizzato con le acque del fiume Tirso (Sardegna centrale). Il primo impianto di produzione idroelettrica utilizzante l’acqua di questo invaso fu ubicato a Santa Chiara di Ula,

nell’Oristanese, ed entrò in funzione nel 1923 con una potenza di circa 23 200 kW. Due anni più tardi divenne operativa la centrale di Busachi (potenza 3 600 kW) [5, 30, 35].50

In relazione alla variabilità degli apporti meteorici e le conseguenti cospicue oscillazione dell’energia idroelettrica prodotta, si manifestò la necessità di costruire nuovi impianti termoelettrici. A tal proposito, nel 1924, la SES realizzò l’impianto di Santa Gilla- CA (potenza 8 800 kW, attivo fino al 1956) per fornire energia a Cagliari. L’impianto era alimentato con il carbone del Sulcis. In questa centrale furono effettuati alcuni esperimenti per rendere più conveniente e più efficiente l’utilizzo del carbone sardo.

Nel 1927, dopo la costruzione della diga di Muzzone sul fiume Coghinas (Sardegna settentrionale), entrò in produzione l’impianto idroelettrico dell’omonimo lago, avente una potenza di 27 200 kW [6] (figura 7). Questo fu il primo impianto, in Italia, realizzato in caverna: la centrale era posta a circa 40 m sotto l’alveo del fiume [6, pag 104].

La crescente disponibilità di energia elettrica permise, a partire dagli anni Venti, la nascita e lo sviluppo di industrie chimiche e manifatturiere nell’Isola. A Santa Gilla (nei pressi di Cagliari) la società Montecatini (fondata a Firenze nel 1888), con la partecipazione della SES, realizzò uno stabilimento per la produzione di concimi chimici. A San Gavino Monreale (Campidano di Sanluri, Sardegna sud-occidentale) nacque una fonderia, per la produzione del piombo, che utilizzava la galena51 estratta nelle miniere locali [16]. A Oschiri (SS), grazie alla disponibilità dell’energia della centrale del Coghinas, sorse lo stabilimento della Sarda Ammonia (del Gruppo Montecatini) per la produzione di ammoniaca52 di sintesi [7].

Figura 7 – Diga di Muzzone, sul Coghinas, e relativa centrale idroelettrica, entrata in funzione nel 1927; foto da [35].

Nel quinquennio 1929-1933 in concomitanza alla crisi economica mondiale, la Società Elettrica Sarda registrò una diminuzione della produzione dell’energia elettrica, dovuta non solo alla riduzione della domanda ma anche a stagioni siccitose che avevano condizionato la produzione idroelettrica; in quel periodo la produzione annua passò da circa 133 gigawattora53, nel 1929, a 95,6 GW h, nel 1933 [7].54

Nel periodo considerato in questo paragrafo, la produzione di energia da fonte termica risultò minoritaria rispetto a quella prodotta da fonte idroelettrica ovvero da centrali ubicate, necessariamente, nelle zone interne dell’Isola. È in questo stesso periodo che inizia la progettazione delle più grandi centrali termiche nel bacino carbonifero del Sulcis- Iglesiente. Il progetto aveva, inoltre, lo scopo di sfruttare il carbone locale, divenuto di importanza strategica per l’Italia a causa della politica autarchica del governo fascista, accentuatasi a seguito delle sanzioni economiche deliberate dalla Società delle Nazioni in conseguenza dell’invasione italiana dell’Etiopia (1935).

Nel 1939 entrò in funzione l’impianto termoelettrico di Santa Caterina (quattro generatori per una potenza complessiva di 40 320 kW, figura 8) posto nelle vicinanze del porto di Sant’Antioco, nell’Iglesiente, e in prossimità del bacino carbonifero del Sulcis, ciò consentì l’utilizzo del “minuto” e del combustibile scadente della zona. Si ottenne così un cospicuo incremento della produzione di energia elettrica da fonte termica che raggiunse, nel 1942, il 55 % dei 273 GW h complessivamente prodotti in quell’anno nell’Isola [30].

Nel febbraio 1943 le “fortezze volanti” americane distrussero buona parte della città di Cagliari; nel settembre dello stesso anno, nei giorni successivi all’armistizio, le truppe tedesche contribuirono alla devastazione della città e degli impianti strategici del sud Sardegna. Di notevole impatto fu l’asportazione di un alternatore dalla centrale termoelettrica di Santa Caterina, la cui potenza fu ridotta a 30 320 kW [36]; la centrale fu dismessa nel 1965.

Figura 8 – Lavori in corso per la realizzazione della centrale termoelettrica di Santa Caterina, entrata in funzione nel 1939, alimentata a carbone del Sulcis. Foto da [138].

Su cielu prenu. È l’esclamazione di un radiotelegrafista, nel vedere lo sciame di aerei in avvicinamento, per segnalare l'imminente distruzione della città. Cagliari 16 febbraio 1943 da [110].

Tabella 4 – Cronologia delle centrali elettriche ancora in funzione o realizzate tra le due guerre mondiali.

Data di

realizzazione Località Tipologia

Potenza

(1) [kW] dismissioneData di Note

1907 Ozieri (SS) Idraulica 18 1929 (2) poteva essere integrata con motori a gas povero 1914 Cagliari Termica 1 715 1924

1915 Portovesme (CI) A carbone del Sulcis 6 000 1961 ceduta nel 1927 dalla SES alla società Monteponi 1919 Sassari Termica 850 1947

1923 Santa Chiara di Ula (OR) Idraulica 23 200 inizio anni ‘90 1924 Santa Gilla (CA) A carbone del Sulcis 8 800 1956 1925 Busachi (OR) Idraulica 3 600 inizio anni ‘90

1927 Coghinas (OT) Idraulica 27 200 primo impianto in caverna, in Italia 1939 Santa Caterina (CI) A carbone del Sulcis 40 320 (3) 1965 (1) Si intende la potenza elettrica prodotta misurata all’uscita dal generatore.

(2) Nel 1922 l’impianto di generazione fu trasferito in un nuovo edificio in via Roma a Ozieri, che fu distrutto da un incendio nel 1929.

Chiudiamo questo paragrafo riportando i consumi elettrici per le regioni italiane nel periodo immediatamente pre e post bellico (1939 - 1946), tabella 5. Per quanto riguarda la Sardegna si possono osservare alcuni aspetti: fino al 1942, come in altre regioni del Mezzogiorno, i consumi aumentano; dal 1943 al 1945 i dati sardi sono accorpati con quelli siciliani55, ma il loro insieme risulta circa uguale ai consumi sardi del 1942; nel 1946 i consumi elettrici della Sardegna si attestarono ai livelli del 1939, per poi riprendere a crescere negli anni successivi [39].

Tabella 5 – Consumi elettrici (espressi in GW h) nelle regioni italiane nel periodo immediatamente pre e post bellico (1939 - 1946) [39].

Regioni 1939 1940 1941 1942 1943 1944 1945 1946

Piemonte Valle d’Aosta 2888 3207 3319 3154

11852 8971 7629 3191

Lombardia 4010 4105 4543 4200 4488

Trentino Alto Adige 1172 1182 1060 949 812

Veneto 1391 1518 1557 1463 1188

Friuli Venezia Giulia 307 335 350 370 256

Liguria 906 842 945 887 689 Emilia Romagna 539 576 623 628 528 Toscana 941 1062 1243 1913 2448 915 842 596 Umbria 635 645 795 528 305 Marche 217 232 252 194 127 Lazio 864 900 977 891 566 Abruzzi - Molise 204 219 226 224 997 560 768 59 Campania 668 735 723 723 502 Puglia 246 256 200 214 213 Basilicata 17 16 14 15 17 Calabria 450 465 458 472 170 Sicilia 173 167 166 182 252 245 277 159 Sardegna 178 212 226 243 172 Italia 15806 16674 17677 17250 15279 10691 9516 14038