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CAPITOLO I – IL CONTESTO GEOGRAFICO E STORICO

1.1 Il contesto geografico

1.1.1 Le caratteristiche geografiche del subcontinente

L’analisi delle caratteristiche geografiche dell’Asia meridionale rappresenta un elemento iniziale indispensabile per trattare la storia della politica estera indiana perché, citando lo storico e diplomatico indiano K.M. Panikkar, «geography constitutes the permanent basis of every nation’s history [including that of India whose internal politics and external relations] are governed largely by its unalterable geographical conditions and their relations in space to other countries»1.

La collocazione dell’India in Asia e la sua estensione hanno contribuito a rafforzare la convinzione indiana di una certa preminenza del paese in Asia meridionale e nella regione dell’Oceano Indiano, nonché la sua importanza a livello asiatico e globale. Come ha sostenuto Ennio Di Nolfo in uno scritto che esaminava le recenti trasformazioni dell’India intese come elemento innovativo del sistema internazionale post-Guerra Fredda, per studiare il ruolo che il paese asiatico ha svolto – e svolge – nel contesto internazionale è opportuno analizzare la peculiarità della sua «configurazione geopolitica»2, visto che non molti Stati nel mondo sono stati condizionati dal contesto geografico in una maniera simile. Di Nolfo ha posto in risalto il fatto che l’India, «parva componere magnis, […] presenta non poche analogie con la [situazione]

1 Kavalam Madhava Panikkar, Geographical Factors in Indian History, Bharatiya Vidya Bhavan, Bombay, 1955, p. 9 citato in Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92. Shadows and Substance, cit., p. 89.

2 Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. Dalla fine della guerra fredda a oggi, Laterza, Roma-Bari, 2016, p. 112.

dell’Italia nel Mediterraneo»3, un elemento evidenziato anche da Michelguglielmo Torri, in quanto, storicamente, «i precisi limiti geografici del subcontinente» hanno separato quest’ultimo «dal resto dell’Asia e dai paesi dell’Oceano Indiano» in maniera analoga ai «precisi limiti geografici della penisola italiana», che separano l’Italia «dall’Europa e dal mondo mediterraneo»4.

La storiografia di lingua inglese considera la Federazione indiana come la porzione più estesa di un’area del mondo designata con i termini sinonimi di Asia meridionale e subcontinente indiano5. Gli studiosi britannici (storici, indologi e geografi) che si occuparono di questa regione misero in evidenza le peculiari caratteristiche naturali del subcontinente, descritto come «a geographical unity […] marked out by nature as a region by itself»6 e chiaramente separato «as a whole from the surrounding regions»7. Il subcontinente è dunque separato (o “protetto”) dal resto dell’Asia da alcuni chiari elementi naturali, molto più evidenti rispetto a quelli che dividono l’Europa dal continente asiatico. Nella fascia settentrionale l’area è delimitata dall’Himalaia, il più elevato sistema montuoso del mondo e punto di riferimento fondamentale per le società e le religioni sviluppatesi in Asia meridionale. Essa occupa, seguendo una direttrice da Sud-Ovest a Nord- Est, un’area molto vasta e si congiunge nel suo punto più settentrionale con la catena del Karakorum, il quale si unisce a sua volta all’Hindu Kush. A Nord, oltre le catene dell’Himalaia e del Karakorum, si estendono l’altopiano del Tibet e, al di là di quest’ultimo, il deserto di Gobi. Storicamente «questi ostacoli naturali hanno sempre costituito una formidabile barriera alle comunicazioni dirette tra il subcontinente e l’altro gigante asiatico, la Cina, rendendo difficile

3 Continua Di Nolfo: «Basta tenere presente che [l’India] estende il suo ruolo e la sua visione dall’estrema parte occidentale dell’Oceano Indiano, cioè dal Sudafrica e da Città del Capo, all’estrema propaggine orientale, che potrebbe essere simboleggiata da Singapore e dall’arcipelago indonesiano ma che lambisce persino l’Australia. Nessun paese del globo vive al centro di un bacino marittimo e (questo è il caso indiano) controlla con la propria estensione più di un quarto dell’emisfero meridionale». Ivi, pp. 112-113. Infatti, Jawaharlal Nehru già nel 1944 scrisse nella sua opera The Discovery of India: «The Pacific is likely to take the place of the Atlantic in the future as the nerve centre

of the world. Though not directly a Pacific state, India will inevitably exercise an important influence there. India will also develop as the centre of economic and political activity in the Indian Ocean area, in the Southeast Asia, right up to the Middle East. Her position gives an economic and strategic importance in a part of the world which is going to develop in the future». Manish Dabhade, India and East Asia: A Region “Rediscovered”, in Harsh V. Pant (ed.), Indian Foreign Policy in a Unipolar World, cit., pp. 309-310.

4 Michelguglielmo Torri, Storia dell’India, cit., p. 23.

5 Tra gli studiosi esistono diverse interpretazioni a proposito dei limiti geografici dell’Asia meridionale o subcontinente indiano. Alcuni considerano come parametro per indicare i “confini” della regione l’area d’influenza dell’Impero britannico, che fino al 1947 aveva un raggio d’azione che includeva l’Afghanistan, lo Xinjiang e il Tibet. Inoltre, il British Raj controllava direttamente la Birmania. In questa ricerca s’intenderà come Asia meridionale la regione asiatica delimitata da precisi ostacoli naturali come è presentata nel volume Storia dell’India da Michelguglielmo Torri (pp. 13-24). L’area, per il periodo post-coloniale, è dunque caratterizzata da sette Stati: Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka. L’analisi dei rapporti tra l’India e i vicini nei prossimi paragrafi considererà dunque questi paesi, non approfondendo le dinamiche riguardanti le relazioni indo- afghane, nonostante l’Afghanistan sia oggi membro della SAARC. Allo stesso modo non saranno esaminati i rapporti indo-birmani. Per un’analisi generale di diversi aspetti storici, politici, economici e giuridici dell’Asia meridionale si veda Paul R. Brass (ed.), Routledge Handbook of South Asian Politics. India, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka,

and Nepal, Routledge, New York, 2010.

6 Espressione utilizzata dall’indologo Vincent A. Smith, citato in Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92.

Shadows and Substance, cit., p. 90.

il movimento dei mercanti e pressoché impossibile quello degli eserciti (le due sole eccezioni degne di nota sono state la spedizione anglo-indiana del 1904 contro il Tibet e la guerra sino- indiana del 1962)»8.

I limiti orientali del subcontinente sono definiti da rilievi per la maggior parte dei casi ancora oggi coperti da giungle e pertanto quasi inaccessibili. Queste catene scendono dal punto più orientale dell’Himalaia, seguendo una direttrice Nord-Sud, verso il Golfo del Bengala, dove sfociano alcuni fiumi birmani9.

A occidente, al di sotto dell’Hindu Kush, il “confine” tra il subcontinente e l’Asia è caratterizzato da altre catene montuose, la più importante è quella dei monti Suleiman, dietro i quali si estendono gli altopiani afghano e iraniano. Quest’ultimo limite non ha rappresentato storicamente una barriera di difficile attraversamento, grazie all’esistenza di numerosi varchi, i quali sono stati percorsi periodicamente da eserciti e popolazioni e hanno favorito intensi traffici commerciali nei due sensi. Il più celebre dei passi in quest’area è quello di Kyber, una non difficile via di comunicazione fra l’altopiano afghano e le regioni settentrionali del subcontinente. Un altro importante passo, tra Kyber e il Mare Arabico, è quello di Bolan, mentre i rilievi che separano l’Asia meridionale dall’Iran discendono fino a rendere particolarmente agevole il passaggio del Makràn, l’area costiera. Quest’ultima fu attraversata dall’esercito di Alessandro per il viaggio di ritorno verso Babilonia, dopo l’invasione del subcontinente predisposta attraverso i passi del Nord-Ovest. Le pianure del Makràn furono utilizzate anche dagli eserciti arabi all’inizio dell’VIII secolo per penetrare nelle regioni settentrionali dell’Asia meridionale.

Infine, il subcontinente è chiaramente circondato da “confini” marittimi, a Ovest il Mare Arabico, a Sud l’Oceano Indiano, a Est il Golfo del Bengala. «Al riparo da queste barriere, il subcontinente è articolato in due zone principali: il Nord, formato dalla vallata indo-gangetica e dal grande deserto di Thar, e il centro-Sud, formato dalla penisola del Deccan»10. L’estesa vallata indo-gangetica è formata dai bacini idrografici dell’Indo e del Gange, separati dal deserto di Thar, la cui estrema parte settentrionale s’inserisce in profondità tra le due vallate. Questa porzione del deserto e la parte meridionale più estrema dell’Himalaia, di difficile attraversamento, delimitano un corridoio di pianura largo solamente alcune decine di chilometri, un passaggio che ha rappresentato storicamente un punto di attraversamento

8 Michelguglielmo Torri, Storia dell’India, cit., p. 13.

9 «Giungle, fiumi e colline formano un complesso di ostacoli naturali che, di nuovo, ha reso assai difficili, se non impossibili, i contatti commerciali via terra e, a maggior ragione, lo spostamento degli eserciti (tanto che fu solo nel 1943 che, per la prima volta nella storia, questo territorio venne penetrato in profondità da un esercito, quello giapponese, nel tentativo d’invadere l’India)». Ivi, p. 14.

obbligato per i commerci e le invasioni provenienti dagli altopiani dell’Asia centrale e indirizzate alla conquista della vasta area gangetica.

È importante considerare due grandi fiumi navigabili del subcontinente, ossia l’Indo e il Gange, visto che la “dottrina Gujral” si focalizzò, come vedremo, sulla collaborazione tra Stati dell’Asia meridionale per la gestione delle risorse idriche. Le sorgenti dell’Indo si trovano sul versante settentrionale dell’Himalaia, da cui il fiume risale verso Nord-Ovest in mezzo ai rilievi del Karakorum per poi virare verso Sud fino al Mare Arabico. A circa metà strada del suo percorso esso dispone, attraverso il Sutlej, dell’acqua di altri cinque grandi fiumi che nascono dal Karakorum e dall’Himalaia, ossia Jhelum, Chenab, Ravi, Beas e lo stesso Sutlej. Questi corsi d’acqua caratterizzano il Punjab, una regione storica molto fertile che ritroveremo nel corso della nostra ricerca (Punjab significa infatti “terra dei cinque fiumi”, panj: cinque, aab: acqua, e si tratta di un’area del subcontinente divisa nell’agosto 1947 tra India e Pakistan seguendo i noti criteri religiosi stabiliti come base della spartizione). La parte meridionale della vallata dell’Indo non presenta particolari difficoltà di passaggio a occidente; invece, la porzione a Sud-Est, collegamento tra il deserto di Thar e il Mare Arabico è di difficile attraversamento in quanto formata dalle paludi di Kutch. Pertanto, l’unica via di passaggio per raggiungere la penisola di Kathiawar e le coste dell’India occidentale è il mare. Posta questa condizione naturale, l’esclusivo punto di collegamento tra la vallata dell’Indo e quella del Gange è, come visto, lo stretto corridoio tra le due vallate, delimitato a Nord dalle ultime propaggini dell’Himalaia e a Sud dal deserto di Thar. Oltre questa strozzatura, inizia la vallata gangetica, “regione-cuore” del subcontinente, fertile, priva di significativi ostacoli naturali e area di origine dei più importanti imperi della storia dell’India, che hanno tentato processi di unificazione dell’intera Asia meridionale, avendo pressoché come limiti le barriere naturali descritte. Il Gange ha origine nell’Himalaia, approssimativamente alla stessa longitudine delle sorgenti del fiume Indo, le quali si trovano però a una diversa latitudine, più a settentrione. Esso riceve le acque di diversi altri fiumi, che nella maggior parte dei casi provengono anch’essi dall’Himalaia, ma anche dai monti Vindhya, i quali chiudono la vallata gangetica a Sud. Lo Yamuna, le cui sorgenti si trovano anch’esse sull’Himalaia, è il più importante affluente del Gange, mentre l’area pianeggiante fra i due fiumi, denominata doab gangetico, è una delle zone più fertili del subcontinente11.

Il Gange, prima di concludere il suo percorso nel Golfo del Bengala, si congiunge con un altro grande fiume del subcontinente, ossia il Brahmaputra, che nasce sulla parte settentrionale dell’Himalaia, in un’area non molto lontana da quella delle sorgenti dell’Indo. Il Brahmaputra, denominato Tsanapo nel tratto himalaiano, ha un percorso in direzione opposta rispetto

all’Indo, gira attorno alla sezione orientale dell’Himalaia, entra nel subcontinente e sfocia nel Golfo del Bengala. L’area in cui confluiscono il Gange e il Brahmaputra caratterizza il delta più grande del mondo, oggi diviso tra India (Stato del Bengala occidentale) e Bangladesh. Anche quest’ultima regione è un territorio tradizionalmente fertile per le condizioni geografiche, ma allo stesso tempo, a differenza del Punjab e del doab gangetico, è sede di gravi disastri naturali.

La separazione tra il Nord del subcontinente e il Deccan è quasi evidente quanto quella fra il subcontinente e l’Asia, vista la presenza di due catene montuose, i Vindhya (a settentrione) e i Satpura (più a Sud), tra i quali scorre il fiume Nàrmada, che termina il suo percorso nel Mare Arabico. Oltre i Satpura si trova il fiume Tapti, diretto anch’esso verso occidente. Un ulteriore elemento di divisione tra area settentrionale e penisola del Deccan, assieme alle catene montuose e ai percorsi fluviali, è la presenza, ancora oggi, di fitte foreste tropicali nell’area meridionale della vallata gangetica, corrispondente all’odierno Stato del Madhya Pradesh.

Tuttavia, l’elemento più significativo che differenzia le regioni settentrionali da quelle meridionali è la differenza ecologica fra le due aree. La maggior parte della zona peninsulare forma l’altopiano del Deccan, posto fra due catene montuose che scorrono lungo le coste bagnate dal Mare Arabico e dal Golfo del Bengala, ossia i Ghati occidentali e orientali. Il Deccan è caratterizzato da un certo numero di fiumi, tra i quali i più importanti sono il Godavari e il Krishna, che nascono dai Ghati occidentali, superano i Ghati orientali e si gettano nel Golfo del Bengala. Malgrado la presenza di questi fiumi, il Deccan è un territorio arido. Il carattere torrentizio della maggior parte dei corsi d’acqua, esclusi il Godavari e il Krishna, ha creato una serie di vallate longitudinali, che prima della creazione delle ferrovie, erano di difficile attraversamento per le comunicazioni tra Nord e Sud e lo spostamento degli eserciti; per tali difficoltà logistiche l’idea di un impero “universale”, unificante l’intero subcontinente, è stata di difficile realizzazione fino al XIX secolo. Attorno al Godavari e al Krishna ci sono stati processi di unificazione imperiale in maniera analoga a quelli avvenuti nella vallata indo- gangetica, che tuttavia, essendo più vasta e ricca, ha comportato l’emergere di una tendenza, ossia la presenza di regni più estesi, forti e aggressivi rispetto a quelli meridionali. Joseph Schwartzberg ha messo in evidenza come le risorse delle aree settentrionali siano state storicamente fondamentali per sostenere le forze militari che hanno cercato di unificare l’Asia meridionale12.

Oltre il fiume Krishna e un suo affluente, il Tungabhadra, è presente un territorio maggiormente fertile e pianeggiante dove scorre il fiume Cauvery. La zona compresa tra il doab Tungabhadra-Krishna e Capo Comorin, la punta estrema del subcontinente, caratterizzata da

12 Joseph E. Schwartzberg, An Historical Atlas of South Asia, Chicago University Press, Chicago, 1992 citato in Graham P. Chapman, The Geopolitics of South Asia, Ashgate, Surrey, 2009, p. 320.

un’irrigazione perenne e da un più favorevole andamento delle piogge, è una delle aree più prospere del subcontinente. A poche centinaia di chilometri da Capo Comorin, a oriente, si trova l’isola di Ceylon (dal 1972 Sri Lanka), la quale, malgrado la vicinanza alla massa continentale, ha avuto una storia separata dall’India.

La citata integrazione imperiale del subcontinente è stata storicamente accompagnata da periodi di disgregazione. Il subcontinente è storicamente caratterizzato, come altre zone del mondo, da processi di mutamento, senza avere delle caratteristiche intrinseche essenziali e immutate da secoli. Tuttavia, nonostante i periodi di unificazione politica siano stati prima del XIX secolo inferiori rispetto ai momenti di disgregazione, ciò non ha reso impossibile l’emergere fin dai tempi antichi e a causa dei limiti geografici analizzati di «una sostanziale unità dell’area dal punto di vista culturale», unitamente alla «creazione e [alla] ricreazione di successive “economie mondo”, estese a gran parte del subcontinente (e oltre) e assai più ampie e durature dei caduchi “imperi-mondo”, o “imperi universali” creati dai grandi conquistatori indiani prima del XIX secolo»13. Malgrado il carattere variegato del contesto regionale da un punto di vista etno-linguistico, dovuto a cause geografiche e storiche, la caratteristica dell’integrazione sociale, economica, culturale e politica dell’Asia meridionale ha influenzato significativamente il rapporto tra l’India e i suoi vicini e pertanto la stessa presentazione della “dottrina Gujral”.

Assieme alla configurazione geografica, un ulteriore fattore caratteristico del subcontinente è il fatto che le stagioni siano influenzate dall’andamento dei venti e delle piogge da essi portate. I monsoni, oltre ad avere un ruolo fondamentale per l’agricoltura nella vallata gangetica, hanno comportato delle conseguenze economiche di considerevole importanza a livello storico, come la possibilità per le navi a vela di collegare l’India, il Medio Oriente e l’Africa orientale. Un simile contesto ha quindi posto il subcontinente in una posizione strategica per i traffici commerciali, visto che fin dall’antichità gli Stati indiani svilupparono scambi e rapporti con i propri vicini via mare, una condizione che si aggiunge alla facilità di transito del versante Nord- occidentale, attraversato agevolmente da eserciti, viaggiatori e mercanti. È importante citare quest’ultimo aspetto perché la peculiare posizione dell’India, come punto di collegamento tra Medio Oriente, Africa orientale e Sud-Est asiatico, fu posta in risalto dallo stesso Gujral, il quale mise in evidenza l’importanza storica dei rapporti commerciali tra l’Asia meridionale e le altre regioni bagnate dall’Oceano Indiano.

13 Michelguglielmo Torri, Storia dell’India, cit., p. 22. Torri in questo caso utilizza il concetto di “sistema-mondo” proposto da Immanuel Wallerstein, ossia l’idea che l’oggetto dell’indagine sia unificato da legami di tipo politico (“impero-mondo”) o di tipo economico (“economia-mondo”). Il “sistema mondo” legato all’ambito culturale è stato presentato da John Obert Voll, Islam As a Special World System, «Journal of World History», Autumn, Vol. 5, No. 2, 1994.

Carta 1 – L’Asia meridionale14

1.1.2 L’influenza della geografia nei rapporti tra l’India e i suoi vicini

Posti i limiti geografici del subcontinente, l’India confina a Nord con Cina, Nepal e Bhutan, mentre a Nord-Ovest con il Pakistan. La gran parte dei confini settentrionali sono influenzati da una serie di rivendicazioni e conflitti intercorsi dopo il 1947. A tal proposito, nella percezione indiana della questione kashmira, ossia considerando l’effettivo controllo indiano dell’intero territorio che faceva parte dello Stato principesco del Jammu & Kashmir, Delhi confinerebbe a Nord-Ovest anche con l’Afghanistan. A Est l’India confina con la Birmania (Myanmar dal 1989), mentre nella direttrice Est-Sud-Est con il Bangladesh (indipendente dal 1971).

Considerata la configurazione geografica, alcuni equilibri politici esistenti dal 1947 e limitandosi a osservare l’estensione territoriale, l’India è lo Stato predominante in Asia meridionale. A ciò si aggiunga che durante il periodo di dominazione britannica una vasta area del continente asiatico, oltre a essere sottoposta al controllo diretto coloniale (India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Bhutan, Birmania, Ceylon, Maldive), si trovava all’interno di una sfera d’influenza (inclusi Afghanistan e Tibet) che aveva come centro decisionale Delhi, la quale faceva a sua volta riferimento a Londra15. L’India del 1947 ereditò questo sistema di potere, rivendicando i confini stabiliti durante l’epoca coloniale, come nel caso della frontiera con la Cina. La fine del Raj britannico, la spartizione e l’indipendenza di altri Stati più piccoli non

14 Asia (Reference Map) 2002, Perry-Castañeda Library Map Collection, University of Texas Libraries, The University of Texas at Austin,

<https://legacy.lib.utexas.edu/maps/middle_east_and_asia/asia_ref02.jpg>, consultato il 28 ottobre 2018. 15 Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92. Shadows and Substance, cit., p. 88.

comportarono una perdita d’importanza regionale di Delhi, considerato che, escludendo dall’analisi il confine afghano-pachistano e le isole (Sri Lanka, Maldive), l’India è oggi l’unico Stato in Asia meridionale confinante con tutti gli altri paesi, mentre gli altri sei Stati non hanno confini in comune. La centralità geografica indiana è accentuata dal fatto che non esiste un altro paese egualmente esteso nella regione, il quale possa controbilanciare la posizione predominante di Delhi. Esiste naturalmente la Cina, che grazie all’occupazione del Tibet del 1950 raggiunse il limite settentrionale del subcontinente. Tuttavia, Pechino non ha sviluppato un’azione paragonabile a quella indiana in Asia meridionale, anche a causa della “barriera” naturale rappresentata dalla catena dell’Himalaia, ma ciò non toglie, come vedremo, la presenza di una continua percezione indiana di una “minaccia” cinese nella considerazione dei rapporti con i vicini e un considerevole rafforzamento dei rapporti della Cina con i paesi del subcontinente indiano negli ultimi anni16.

Un tratto peculiare dell’Asia meridionale è pertanto il carattere di asimmetricità nelle