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I tentativi di cooperazione economica regionale e la South Asian

CAPITOLO I – IL CONTESTO GEOGRAFICO E STORICO

1.3 I tentativi di cooperazione economica regionale e la South Asian

Association for Regional Cooperation (SAARC)

Agli inizi degli anni Ottanta la generale situazione concernente le relazioni politiche ed economiche tra gli Stati dell’Asia meridionale era contraddistinta dall’assenza di una minima organizzazione di cooperazione regionale. Si trattava di uno dei pochi casi a livello mondiale230. Considerati gli aspetti analizzati nei precedenti paragrafi tale constatazione poteva in un certo senso sorprendere, ma al tempo stesso essere valutata come una conseguenza derivata da alcune chiare ragioni. L’assenza di un’organizzazione di cooperazione regionale fu certamente singolare, considerata l’unità geografica del subcontinente, nonché la passata integrazione economica di diverse regioni separate dopo il 1947. Si trattò però allo stesso tempo di una mancanza comprensibile, dovuta alle difficoltà post-spartizione, alle contraddizioni interne e al difficile rapporto tra il paese più grande dell’area e i vicini231. Esaminato il quadro generale, è opportuno vagliare alcuni riferimenti legati alla cooperazione economica regionale in Asia

228 Michelguglielmo Torri, India: una svolta storica?, cit.; cfr. Christian Wagner, The Role of India and China in South

Asia, cit.

229 Secondo alcuni studiosi indiani, l’India non ha mai avuto una chiara politica regionale, la quale è stata invece influenzata da un’attenzione eccessiva nei confronti della sicurezza e dei rapporti bilaterali; per tali ragioni Delhi ha sempre avuto problemi con i paesi dell’Asia meridionale, Ashok K. Behuria, Smruti S. Pattanaik, Arvind Gupta,

Does India Have a Neighbourhood Policy?, «Strategic Analysis», Vol. 36, No. 2, March 2012, pp. 229-246; Devin T.

Hagerty, India’s Regional Security Doctrine, cit.; per una considerazione, da una prospettiva indiana, delle opportunità e delle problematiche nei rapporti tra l’India e i vicini agli inizi degli anni Novanta si consideri Sukh Deo Muni,

India and Its Neighbours: Persisting Dilemmas and New Opportunities, «International Studies», Vol. 30, No. 2, April 1993,

pp. 189-206.

230 Bharat Wariavwala, Timid Search for Status, «Seminar», No. 256, December 1980, p. 256 citato da Imtiaz H. Bokhari, South Asian Regional Cooperation. Progress, Problems, Potential and Prospects, cit., p. 371; Lok Raj Baral, The

Regional Paradox. Essays in Nepal and South Asian Affairs, cit., pp. 203-226. A tal proposito è possibile citare le

considerazioni di Eduardo Faleiro, il ministro di Stato per gli Affari Esteri: «Regional cooperation is now gaining ground

practically in all parts of the world and is the wave of the future. We have to face the harsh reality that if our region does not make an effort and fails to be relevant to rest of the world, then it could be by-passed, marginalised and relegated to the periphery for decades to come», Changing World Order, Foreign Affairs Records, Vol. 38, May 26th, 1992, p. 212.

231 Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92. Shadows and Substance, cit., pp. 117-118; Bhabani Sen Gupta, Agni

meridionale perché la “dottrina Gujral” ebbe tra i suoi obiettivi il rafforzamento dell’Associazione per la cooperazione regionale in Asia meridionale (SAARC).

In seguito alla fine del dominio britannico, furono presentate diverse opzioni per i progetti di cooperazione regionale in Asia. La prima proposta fu, sotto l’egida delle Nazioni Unite, la Commissione economica per l’Asia e l’Estremo Oriente (ECAFE – Economic Commission for Asia and Far East), in seguito denominata Commissione economica e sociale per l’Asia e il Pacifico (ESCAP – Economic and Social Commission for Asia and the Pacific), oggi una delle cinque commissioni economiche regionali che fanno riferimento al Consiglio economico e sociale dell’ONU232.

La questione della cooperazione economica per il caso specifico dell’Asia meridionale fu discussa in almeno tre conferenze: la prima occasione fu quella che riguardò le generali relazioni asiatiche, organizzata nell’aprile 1947 a Delhi in base a una proposta di Nehru (si veda il paragrafo 1.2.2); la seconda fu realizzata a Baguio nelle Filippine nel maggio 1950; la terza a Colombo nell’aprile 1954233. Sempre nella capitale dell’isola di Ceylon nel gennaio 1950 i ministri degli Esteri dei paesi del Commonwealth formularono un progetto, noto successivamente come Colombo Plan, indirizzato alla costituzione di un Consiglio per la cooperazione tecnica in Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico al fine di assistere i governi dei paesi membri attraverso il consiglio di esperti e programmi formativi. Il Colombo Plan, ancora esistente, include anche attori non regionali come il Regno Unito, gli Stati Uniti e il Canada.

Negli anni Sessanta furono istituite altre organizzazioni regionali come la Regional Cooperation for Development (RCD), ideata nel luglio 1964 da Turchia, Iran e Pakistan, già membri della CENTO, diretta alla cooperazione economica, tecnica e culturale a livello agricolo, industriale, nello sfruttamento delle risorse minerarie, nel settore educativo e nella sanità. Tuttavia, tale organismo non ebbe un impatto significativo e fu dissolto nel 1979, anno della rivoluzione iraniana234. Dopo aver favorito l’accordo di pace di Tashkent tra India e Pakistan, l’Unione

232 L’organizzazione include diversi membri: dall’Asia centrale (Afghanistan) e dal Medio Oriente fino all’Australia e alla Nuova Zelanda, comprende la Cina, la Corea del Sud, il Giappone e altre isole del Pacifico. Attraverso l’ESCAP furono creati diversi progetti di cooperazione tra i quali l’Asian Development Bank, l’Asian Institute for Economic

Development and Planning, l’Asian Industrial Development Council, il Mekong Basin Project e l’Asian Highway. In aggiunta,

l’organismo rese possibile attraverso l’Asian Clearing Union l’avvio di una cooperazione monetaria tra India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Iran e Birmania e un primo programma di liberalizzazioni del commercio tra India, Bangladesh, Sri Lanka, Laos e Corea del Sud. Regional Cooperation in South Asia, Transfer List, Ministry of External Affairs, Historical Division (R&I Section), years 1959-1981, file no. HI/102/31/80, p. 2, National Archives of India, New Delhi.

233 Kishore C. Dash, The Political Economy of Regional Cooperation in South Asia, cit., p. 159; Sisir Gupta, India and Regional

Integration in Asia, Asia Publishing House, Bombay, 1964, pp. 36, 47; Michael Haas, The Asian Way to Peace, Praeger,

New York, 1989, p. 276; Sumit Ganguly, The Prospects for SAARC, in Hafeez Malik (ed.), Dilemmas of National Security

and Cooperation in India and Pakistan, St. Martin’s Press, New York, 1993, p. 276.

234 Nel marzo 1974 lo Shah iraniano Mohammad Reza Pahlavi propose un allargamento dell’RCD, che avrebbe dovuto formare un mercato comune asiatico, composto da subcontinente indiano, Singapore, Tailandia, ed estendibile ipoteticamente agli Stati africani affacciati sull’Oceano Indiano. In una visita in India nell’ottobre 1974 Pahlavi suggerì la creazione di un organismo di cooperazione economica nella parte settentrionale dell’Oceano Indiano, composto da Iran, Pakistan, India, Bangladesh, Birmania, Tailandia, Malesia, Singapore, ed eventualmente i paesi dell’Indocina e l’Australia. In questo contesto era necessario in particolare l’amicizia e la

Sovietica si fece promotrice, attraverso l’attivismo del primo ministro Kosygin, di un’ipotetica cooperazione commerciale regionale, in particolare tra India, Pakistan, Afghanistan e Iran, immaginando nel 1969 l’organizzazione di una conferenza a Kabul. Nulla di concreto fu però realizzato, a causa dei contenziosi tra i paesi che avrebbero dovuto animare l’iniziativa. In aggiunta, la Cina, sempre più saldamente legata al Pakistan, valutò le manovre sovietiche con sospetto, visto che l’eventuale organismo avrebbe potuto rendere l’Asia meridionale un territorio posto sotto l’influenza di Mosca235.

Il 1971 fu però un anno decisivo, non solo perché l’India divenne l’egemone regionale, ma anche perché iniziò a essere affrontato in maniera più efficace rispetto al passato un dibattito riguardante la cooperazione regionale in Asia meridionale. Infatti, tra il 1947 e il 1971 paesi come Bhutan, Nepal e Ceylon non disponevano di un peso politico in grado di promuovere un’idea di organizzazione regionale per lo sviluppo dei commerci e di limitare l’ostilità indo- pachistana. L’indipendenza del Bangladesh, un paese povero e dipendente dall’esterno, ma in ogni caso uno Stato di medio livello con una certa influenza nell’area orientale dell’Asia meridionale, modificò gli equilibri regionali. L’India divenne senza dubbio l’egemone, ma al tempo stesso la nascita del Bangladesh contribuì a unificare e a rafforzare la “voce” dei paesi più piccoli, che avevano tutto l’interesse a incoraggiare l’emergere di un’associazione di cooperazione regionale. L’elemento innovativo in Asia meridionale tra anni Settanta e Ottanta fu che non esistevano solamente la dimensione conflittuale indo-pachistana o i desideri egemonici di Delhi, ma anche progetti indirizzati alla ricerca della collaborazione236.

Il presidente bengalese Ziaur Rahman discusse l’idea di un organismo regionale durante alcune visite ufficiali in India, Pakistan, Nepal e Sri Lanka tra il 1974 e il 1980. Egli analizzò la questione, già presentata al presidente indiano V.V. Giri nel giugno 1974, in particolare in un incontro bilaterale con Morarji Desai in India nel dicembre 1977, mentre nello stesso periodo il re nepalese Birendra sostenne la necessità di una collaborazione regionale per la condivisione delle risorse idriche nel discorso inaugurale del Colombo Plan Consultative Committee a Kathmandu. Secondo il sovrano era necessaria una comunità d’intenti tra Nepal, India, Cina, Bhutan, Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka, mentre in base a fonti indiane, la proposta nepalese arrivò tramite consiglieri americani ed ebbe il sostegno degli Stati Uniti e del Regno Unito237.

cooperazione tra India, Pakistan e Bangladesh. L’RCD venne sostituita nel 1985 dall’Economic Cooperation

Organization (ECO), ideata sempre da Turchia, Iran e Pakistan. Nell’autunno 1992, in seguito alla dissoluzione

dell’Unione Sovietica, furono inclusi nell’ECO altri sette membri: Afghanistan, Azerbaigian, Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. Regional Cooperation in South Asia, cit., p. 4.

235 Ivi, pp. 4-5.

236 Imtiaz H. Bokhari, South Asian Regional Cooperation. Progress, Problems, Potential and Prospects, cit., p. 390; Bhabani Sen Gupta, Amit Gupta, Changing Patterns of Regional Conflicts in South Asia, in Bhabani Sen Gupta (ed.), Regional

Cooperation and Development in South Asia, Vol. 1, South Asia Publishers, New Delhi, 1986, pp. 247-269.

Nel frattempo, anche a livello non ufficiale furono predisposte delle iniziative indirizzate a esplorare le possibilità relative allo sviluppo di un associazionismo regionale. Nel settembre 1978 una serie di istituzioni accademiche provenienti da Bangladesh, Iran, Nepal, Pakistan, Sri Lanka e India organizzò un seminario a Colombo, coordinato dal centro singalese Marga Institute e programmato per la creazione di un comitato di studi, intitolato Committee on Studies for Cooperation and Development in South Asia (CSCD). Una ricerca presentata al seminario da uno studioso pachistano, posti diversi dati economici relativi a Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka (Afghanistan, Birmania e Iran furono esclusi per la mancanza di riferimenti), considerò tre questioni fondamentali incentrate sulla cooperazione: 1) i vantaggi derivati dalla soluzione di problemi condivisi attraverso un approccio regionale anziché nazionale; 2) gli ostacoli che frenavano tale cooperazione; 3) i propositi della cooperazione. Dallo studio emerse che gli Stati dell’Asia meridionale avrebbero potuto ottenere benefici dalla produzione congiunta di certi prodotti esportabili, come la iuta e prodotti derivati, così come il tè, incoraggiando la collaborazione nella commercializzazione di questi prodotti e, attraverso una serie di accordi, nella stabilizzazione dei loro prezzi e nella ricerca tecnologica per la riduzione dei costi di produzione. Tale cooperazione sarebbe stata certamente ostacolata dall’esistente sfavorevole clima politico. Altri elementi negativi erano le disparità tra i diversi mercati, lo sviluppo economico non omogeneo e la mancanza di complementarietà tra le varie economie. Tuttavia, non apparivano come ostacoli insormontabili e i primi passi dovevano essere il miglioramento del clima politico generale e il superamento dei contenziosi tra i diversi Stati238.

Per quanto concerne la posizione ufficiale bengalese, Ziaur Rahman condivise la proposta nepalese nel gennaio 1978 e discusse la medesima questione durante il summit del Commonwealth a Lusaka (1979) e l’incontro dei non allineati a L’Avana (1979). La visita decisiva per il presidente bengalese fu quella in Sri Lanka, dove discusse il tema con il presidente Jayewardene nel novembre 1979. Il 24 aprile 1980 Ziaur Rahman inviò una lettera a Indira Gandhi nella quale, citando con preoccupazione le tensioni internazionali che avevano caratterizzato il 1979, sostenne «the need for cooperation in order to preserve peace and stability and promote economic and social developments. [Regional cooperation] whether it is for economic and social development or otherwise has become the dominant feature of contemporary world»239. L’Asia meridionale era l’unica area geografica priva

238 Ivi, p. 7. Il rapporto individuò cinque punti che indicavano i vantaggi della cooperazione: 1) input per la produzione e il mercato in base ad accordi di mutuo beneficio; 2) intese riguardanti le future esportazioni e importazioni dei singoli paesi; 3) pianificazione nella produzione per rendere le economie dei paesi complementari e inter-dipendenti in maniera bilanciata; 4) vantaggi commerciali a causa della prossimità geografica e conseguente riduzione dei costi di trasporto; 5) cooperazione nei collegamenti commerciali, nei pagamenti e nelle negoziazioni collettive, sviluppo di sistemi di trasporto e di servizi di assicurazione comuni, rimozione delle barriere commerciali. 239 Ivi, p. 9.

di organismi utili allo sviluppo condiviso a causa della «legacy of history»240. Dal 1977 Ziaur Rahman aveva in mente un’associazione per l’Asia meridionale simile all’ASEAN241, ma nella lettera inviata alla Gandhi citò anche le esperienze della Comunità Economica Europea (CEE), della Lega araba, dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e dell’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio (North America Free Trade Agreement – NAFTA)242.

Il presidente bengalese inviò successivamente un’ulteriore lettera il 2 maggio 1980 agli altri capi di Stato della regione nella quale: «he not only applauded the recent developments which had created a better climate of understanding but also underlined the urgency of institutional arrangements»243. La proposta era indirizzata alla convocazione di un summit ministeriale, avendo come obiettivo l’istituzionalizzazione della cooperazione regionale a livello economico, eventualmente estendibile ai settori socio-culturali, scientifici e tecnologici, senza creare un nuovo blocco o alleanza che potesse compromettere i caratteri del non allineamento. Alcuni importanti fattori internazionali contribuirono alla presentazione del progetto: 1) nuovi governi nei paesi dell’Asia meridionale, tendenzialmente favorevoli a migliorare i rapporti diplomatici (si consideri la fine dello stato d’emergenza in India e l’avvento del governo guidato dal Janata Party); 2) la necessità per Ziaur Rahman che l’India sostenesse la sua recente presa del potere in Bangladesh; 3) un’acuta crisi nella bilancia dei pagamenti da parte dei paesi dell’Asia meridionale, aggravata dalla crisi petrolifera del 1979; 4) il fallimento del dialogo Nord-Sud, che comportò una politica maggiormente protezionistica da parte dei paesi sviluppati; 5) la pubblicazione di un ulteriore rapporto della CSCD in un seminario tenutosi a Lahore tra il 22 e il 24 aprile 1982, che chiarì le aree tematiche attorno alle quali era necessario istituzionalizzare una forma di cooperazione regionale; 6) l’assicurazione da parte del presidente americano Jimmy Carter e del primo ministro britannico James Callaghan durante le loro visite in India, Pakistan e Bangladesh del gennaio 1978 di un’assistenza economica per progetti di cooperazione e relativi in particolare

240 Ibid.

241 Nel 1961 Malesia, Filippine e Tailandia crearono l’ASA (Association of Southeast Asia), che non fu in grado di attirare altri paesi membri perché giudicata dagli Stati vicini come un organismo filoccidentale. Il dibattito a proposito della cooperazione regionale nel Sud-Est asiatico non perse però valenza e nel 1967 venne creata l’ASEAN; a Malesia, Filippine e Tailandia si aggiunsero Singapore e Indonesia. Scopo dell’associazione era promuovere la cooperazione economica, sociale, culturale e tecnologica. Tuttavia, l’ASEAN aveva anche una valenza politica, in base alla dichiarazione del 1971 che definiva l’area come una zona di pace, libertà e neutralità, contraria a qualsiasi influenza da parte di potenze esterne alla regione. Nel 1976 a ciò si aggiunse un trattato di amicizia e cooperazione tra i paesi membri che forniva il sostegno per la risoluzione delle dispute tra gli Stati dell’organismo. L’ASEAN, da associazione nata per la cooperazione economica e culturale, divenne un’organizzazione contraddistinta dalla ricerca della pace e della stabilità nella regione. Ivi, pp. 5-6.

242 Ivi, p. 9; Kishore C. Dash, The Political Economy of Regional Cooperation in South Asia, cit., p. 159. Il Bangladesh puntò a una serie di iniziative a favore della cooperazione in Asia meridionale dopo che la sua domanda di ammissione all’ASEAN era stata rifiutata.

243 Il testo della lettera è in Pramod Kumar Mishra, Towards a Framework of South Asian Regional Cooperation: Colombo

to Kathmandu, «Foreign Affairs Reports», Vol. 31, No. 12, December 1982, p. 213 citato da Imtiaz H. Bokhari, South Asian Regional Cooperation. Progress, Problems, Potential and Prospects, cit., p. 374; Kishore C. Dash, The Political Economy of Regional Cooperation in South Asia, cit., pp. 186-187.

alla condivisione delle risorse idriche del Gange e del Brahmaputra; Carter affermò: «we are prepared to give our support when the regional states request a study that will define how the international community, in cooperation with the nations of South Asia, can help»244; 7) l’intervento sovietico in Afghanistan, la rivoluzione iraniana nel 1979 e il generale deterioramento della condizione di sicurezza dell’Asia meridionale245. A tal proposito l’India valutò la proposta come una possibilità per limitare l’asse Stati Uniti-Cina-Pakistan, mentre per Islamabad la cooperazione regionale avrebbe potuto ridurre l’intensità del legame indo-sovietico246.

Il Nepal e il Bhutan sostennero la proposta bengalese, mentre Sri Lanka, India e Pakistan mostrarono il proprio scetticismo. Kathmandu riteneva che una più stretta collaborazione con i paesi dell’Asia meridionale avrebbe potuto bilanciare gli interessi predominanti di India e Cina in Nepal e favorire il sostegno per i propri obiettivi relativi alla dichiarazione del territorio nepalese come zona di pace e allo sviluppo delle risorse idriche. Colombo riteneva l’idea bengalese troppo vaga, considerando necessario un lavoro preparatorio considerevole prima della convocazione di un incontro di alto livello; in aggiunta, secondo lo Sri Lanka era necessario includere anche le Maldive.

Delhi e Islamabad non erano particolarmente propense ad appoggiare il progetto di un incontro a livello ministeriale, puntando piuttosto a un meeting limitato a dei funzionari governativi per esplorare la fattibilità dell’idea. In particolare, l’India riteneva che la discussione a proposito di una cooperazione regionale dovesse essere successiva, non precedere un accordo politico a livello bilaterale, e appariva inoltre prematuro parlare di un’ipotetica associazione senza avere chiaramente idea di quali fossero le aree di applicazione della collaborazione.

In aggiunta, a Delhi, nonostante il pubblico appoggio verso l’iniziativa e la considerazione dei potenziali risvolti positivi, emerse una problematica di lungo periodo, ossia la preoccupazione che i vicini si sarebbero uniti per limitare l’azione indiana in Asia meridionale, elevando problematiche di tipo bilaterale a livello regionale247. Delhi intendeva comprendere i motivi per cui arrivassero contemporaneamente proposte per la cooperazione regionale da

244 Regional Cooperation in South Asia, cit., p. 6.

245 Kishore C. Dash, The Political Economy of Regional Cooperation in South Asia, cit., p. 187.

246 Imtiaz H. Bokhari, South Asian Regional Cooperation. Progress, Problems, Potential and Prospects, cit., pp. 374-375. 247 Come si è visto nei precedenti paragrafi, un tratto di lungo periodo della politica estera indiana in Asia meridionale è stato caratterizzato dal prediligere i rapporti bilaterali piuttosto che multilaterali nella regione per quattro motivi: il bilateralismo poteva affrontare meglio, dalla prospettiva indiana, i caratteri peculiari di ogni singola relazione; l’India evitava d’internazionalizzare contenziosi che concernevano la regione; preveniva l’unione dei vicini contro gli interessi indiani; infine, un rapporto bilaterale permetteva all’India di essere benevola verso alcuni paesi e maggiormente ostile verso altri, a seconda delle circostanze specifiche. Tale strategia è stata utilizzata in particolare con i paesi più piccoli (Nepal, Bhutan, Sri Lanka, Bangladesh) ed è risultata più complicata nel caso del Pakistan, anche se con esso entrò in vigore il trattato di Simla, che escludeva paesi terzi dalle questioni riguardanti i contenziosi indo-pachistani. Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92. Shadows and Substance, cit., pp. 101-103; cfr. Sukh Deo Muni, India’s “Beneficial Bilateralism” in South Asia, cit., pp. 429-430; Muchkund Dubey,

Nepal, Sri Lanka e Bangladesh. Viste le precedenti difficoltà con Ziaur Rahman, l’India mostrò diverse perplessità nei confronti della proposta bengalese248. La reazione pachistana, invece, considerò la potenziale istituzionalizzazione dell’egemonia di Delhi e la garanzia della creazione di un mercato regionale per i prodotti indiani; secondo Islamabad, inoltre, esistevano conflitti bilaterali tali da ostacolare il progetto e non c’era, come nel caso della CEE e dell’ASEAN, un comune orizzonte politico a sostegno dell’ipotetico organismo regionale. Tuttavia, Islamabad non rifiutò ufficialmente l’iniziativa per evitare di trovarsi isolata nel caso di una sua effettiva realizzazione249.

Il 25 novembre 1980, dopo un accordo nel settembre dello stesso anno tra i ministri degli Esteri dei sette paesi a New York presso le Nazioni Unite, fu inviata dal presidente del