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La politica regionale dell’India pre-Gujral: fondamenta costituzionali e linee di tendenza (1947-1996)

CAPITOLO I – IL CONTESTO GEOGRAFICO E STORICO

1.2 La politica regionale dell’India pre-Gujral: fondamenta costituzionali e linee di tendenza (1947-1996)

1.2.1 Un riferimento essenziale per la politica regionale dell’India: l’articolo 51 della Costituzione

Prima di affrontare la politica estera regionale indiana è necessario considerare brevemente un aspetto normativo al quale Gujral fece costantemente riferimento. Nei discorsi pubblici e nei testi gujraliani sono sovente presenti, come approfondiremo nei capitoli successivi, citazioni di discorsi di Jawaharlal Nehru, assieme a continui rimandi alla Costituzione, la cui redazione fu opera di diversi uomini politici. Il testo fondamentale dell’Unione Indiana fu allo stesso tempo influenzato dal movimento nazionalista per l’indipendenza e soprattutto dai pensieri gandhiano e nehruviano. Nehru fu uno dei diversi artefici della battaglia per la conclusione del regime coloniale, considerato dal Mahatma Gandhi come il proprio erede politico, riconosciuto ideologo del Partito del Congresso in fatto di politica estera sin dagli anni Trenta, primo ministro e ministro degli Esteri dall’indipendenza del 15 agosto 1947 e fino alla morte nel 1964 (anche se la cosiddetta “era nehruviana” storicamente inizia nel 1951). Fortemente influenzato dal socialismo britannico tra le due guerre mondiali, egli aderì a una visione politica caratterizzata dalla combinazione di internazionalismo liberale e l’idea di uno Stato forte che

30 India (Transportation) 2001, Perry-Castañeda Library Map Collection, cit.,

controllasse l’economia. La sua prospettiva era, in maniera simile alla Sinistra britannica, particolarmente scettica nei confronti degli Stati Uniti, sia dal punto di vista culturale che ideologico. Allo stesso tempo vi era in lui una certa ammirazione, frutto a tratti di un’immagine romantica, dei risultati economici e sociali dell’Unione Sovietica e del modo in cui Mosca affrontasse la pressione occidentale, nonostante un rifiuto netto del totalitarismo sovietico. In ogni caso l’Unione Sovietica poteva rappresentare un modello per un paese debole e da poco indipendente come l’India. Nehru rimase per decenni una figura influente per diversi politici indiani in fatto di relazioni internazionali, così come per lo stesso Gujral31, il quale, secondo le ricostruzioni offerte dai politologi, può essere incluso all’interno della categoria dei cosiddetti “nehruviani classici o standard”32.

Posto questo quadro generale, nell’articolo 51 della Costituzione indiana, in alcuni aspetti del pensiero di Nehru e nelle sue susseguenti azioni in politica estera è possibile rintracciare elementi che fanno riferimento a un concetto espresso in lingua sanscrita con i termini di Vasudhaiva Kuṭumbakam33, che può essere reso in italiano come “famiglia universale”. In questa ricerca non si intende compiere un’esegesi di testi fondamentali dell’induismo, ma porre in risalto l’utilizzo di determinati concetti e specifiche loro interpretazioni nell’India post- indipendenza per una definita narrazione. L’immagine retorica associata ai termini Vasudhaiva Kuṭumbakam influenzò non solo la politica estera indiana generale, ma anche il successivo approccio gujraliano tra anni Ottanta e Novanta.

La Costituzione dell’India, nella parte quarta dedicata ai Directive Principles of State Policy, prevede all’articolo 51 (articolo 40 durante le discussioni dell’Assemblea Costituente) che l’Unione Indiana debba: «(a) promote international peace and security; (b) maintain just and honourable relations between nations; (c) foster respect for international law and treaty obligations in the dealings of organised peoples with one another; and (d) encourage settlement of international disputes by arbitration». Una motivazione adottata dai costituenti indiani durante i lavori dell’Assemblea Costituente tra il 1946 e il 1950 per spiegare l’inserimento di un simile articolo nella Costituzione riguardava il fatto che l’India possedesse le qualità idonee a garantire il rispetto del diritto internazionale e dei trattati, a favorire la risoluzione delle dispute attraverso una metodologia che privilegiasse

31 Michelguglielmo Torri, Storia dell’India, cit., pp. 617-660; Harish Kapur, Foreign Policies of India’s Prime Ministers, cit., pp. 23-74; Jyotindra Nath Dixit, Makers of India’s Foreign Policy. Raja Ram Mohun Roy to Yashwant Sinha, cit., pp. 79-97; Angadipuram Appadorai, The Domestic Roots of India’s Foreign Policy. 1947-1972, cit., pp. 1-26.

32 Kanti P. Bajpai, Harsh V. Pant (eds.), India’s Foreign Policy. A Reader, cit., pp. 53-55; Henry R. Nau, Deepa M. Ollapally (eds.), Worldviews of Aspiring Powers: domestic foreign policy debates in China, India, Iran, Japan and Russia, Oxford University Press, New York, 2012; A. Vinod Kumar, intervista personale, Delhi, 28 agosto, 2017.

33 Vasudhaiva Kuṭumbakam è un termine che secondo alcune interpretazioni sarebbe presente nelle Mahā Upaniṣad, una componente delle Upaniṣad, ossia testi che raccolgono concetti filosofici e religiosi della tradizione indù, mentre secondo altre sarebbe citato nel Pañcatantra. Vasudhaiva Kuṭumbakam è stato tradotto nei testi in cui Gujral lo cita come “il mondo/il cosmo è un’unica famiglia” e in base alla prospettiva del politico equivale a un ideale capace di rispettare le differenze culturali a favore della pace universale. Il verso è inciso in un’iscrizione presente nella sala centrale d’ingresso del Parlamento indiano a Delhi.

l’arbitrato, citando a tal proposito il messaggio gandhiano, e ad avere un compito-guida per le altre nazioni in un’epoca minacciata da una potenziale nuova guerra mondiale34. Questa peculiare visione di grandezza dell’India è probabilmente collegata alla dominazione sociale braminica e delle caste alte, di cui faceva parte lo stesso Nehru, nel processo politico. Qualsiasi sia la spiegazione, esiste da tempo in India una visione del paese come «global teacher»35.

Tali qualità erano dovute, in base ai testi dei dibattiti dell’Assemblea Costituente, a «ancient cultural and spiritual heritage and […] old tradition of non aggression»36. La concezione di un’India essenzialmente pacifica e spirituale non è dunque solamente una creazione che si è via via consolidata in Occidente nel corso dei secoli, comportando un’immagine specifica del subcontinente indiano come non violento37, ma si è avvalsa anche di una produzione interna, influenzata dalle connessioni con le “immagini di India” generate dalla potenza coloniale, dal processo di edificazione delle varie forme di nazionalismo indiano, che ha utilizzato riferimenti europei, e dalla modernizzazione culturale e religiosa avvenuta tra gli ultimi decenni del XIX secolo e l’indipendenza. Pertanto, «the part that India is to play is certainly very important because foundations of international morality have to be laid and only a country like India with its spiritual heritage can do it»38. L’India sarebbe stata chiamata ad attuare una particolare “missione” per le caratteristiche essenziali degli stessi Indiani: «the mission of India is the mission of peace. […] Throughout history, it is not because we have been weak but because it has been in our blood that we have been carrying on this mission of peace. Nonviolence is in the soil and in the heart of every Indian. It is not something new. Gandhiji, if he has done anything, has very much strengthened it». Inoltre, a proposito del mondo: «this country need not despair of its future; it can even hold out a future to the whole of the world»39.

In aggiunta, il paese asiatico era chiamato a farsi portavoce di un disegno politico che secondo alcuni costituenti avrebbe comportato la creazione di un unico “governo mondiale”, un ideale che ricorda il pensiero di Gandhi e il citato Vasudhaiva Kuṭumbakam: «I hope that in the new world in which we are living today and in which we are playing and are going to play such a vital part, we

34 Constituent Assembly of India – Vol. 7, Thursday November 25th, 1948,

<http://parliamentofindia.nic.in/ls/debates/vol7p13.htm>, consultato il 17 dicembre 2017.

35 A tal proposito, Stephen P. Cohen ha fatto riferimento al chakravarti, un titolo onorevole nella tradizione indiana, il classico leader indù che protegge e ordina la società e porta come conseguenza ordine al mondo intero, oppure difende lo Stato contro il caos e l’anarchia presente al di fuori del contesto geografico di riferimento. Stephen P. Cohen, The World View of India’s Strategic Elite, in Kanti P. Bajpai, Harsh V. Pant, India’s Foreign Policy. A Reader, cit., p. 53.

36 Constituent Assembly of India – Vol. 7, cit., la citazione fa riferimento all’intervento, durante i dibatti per gli emendamenti alla bozza dell’articolo 40, di H.V. Kamath.

37 Federico Squarcini, Ex Oriente lux, luxus, luxuria. Storia e sociologia delle tradizioni religiose sudasiatiche in Occidente, Società Editrice Fiorentina, Firenze, 2006; Michelguglielmo Torri, La visione orientalistica “classica” dell’India: origini,

caratteristiche e persistenza di un’ideologia, in Elisabetta Basile, Michelguglielmo Torri (a cura di), Il subcontinente indiano verso il terzo millennio. Tensioni politiche, trasformazioni sociali ed economiche, mutamento culturale, Centro Studi per i popoli

extraeuropei Cesare Bonacossa dell’Università di Pavia-Franco Angeli, Milano, 2002.

38 Constituent Assembly of India – Vol. 7, cit., la citazione fa riferimento all’intervento del Prof. B.H. Khardekar. 39 Ibid., continuazione dell’intervento del Prof. B.H. Khardekar.

will be able to bring about a vital change in international relations, so that at an early date we will have really one world Government or one Super-State to which the various nation States of the world will have surrendered part of their sovereignty and to which all these nation States will owe willing allegiance and will accept the Sovereignty of this Super-State»40. Tale Super-State, come emerge dai dibattiti, avrebbe potuto essere l’Organizzazione delle Nazioni Unite, che secondo le visioni dei costituenti sarebbe stata rafforzata dalla presenza dell’articolo 51 nella Costituzione. Nehru a questo proposito sostenne: «The only possible real objective that we, in common with other nations, can have is the objective of cooperating in building up some kind of world structure, call it “One World”, call it what you like. The beginnings of this world structure have been laid down in the United Nations Organisation»41.

Non deve dunque sorprendere che, considerato il contesto della lotta per l’indipendenza dal quale provenivano Nehru e gli altri costituenti, l’azione svolta da Gandhi e la percezione indiana di un vuoto morale-spirituale lasciato dall’Occidente, in particolare dopo i drammi della Seconda Guerra Mondiale, ci fossero simili considerazioni nei dibattiti durante l’Assemblea Costituente. Tale substrato culturale favorì l’emergere di alcuni princìpi alla base della politica estera dell’India indipendente che tendevano a una conciliazione tra interessi nazionali e posizioni di alto profilo morale.

Questa visione di etica internazionalistica era già presente nel movimento per l’indipendenza dell’India, il quale, secondo Nehru, non poteva essere isolato dalle tendenze generali a livello internazionale poiché i collegamenti con altri movimenti in diverse parti del mondo avrebbero rafforzato le stesse istanze indiane. Nehru auspicava dunque per l’India un chiaro orizzonte di carattere globale. In un discorso all’All-India Congress Committee (AICC) del 1942 dichiarò: «In India, you and I are working for our own freedom. But we think not only for a free India; we envisage a free and great India that will work for the freedom of the world and for the peace of the world»42. Il Congresso, sotto la guida di Nehru, rafforzò l’idea che gli Indiani sentissero il proprio paese come parte integrante di una più larga Comunità Internazionale con la quale interagire, anche grazie alle dimensioni del paese, alle sue risorse demografiche e naturali, nonché alla sua posizione geo- strategica in Asia.

1.2.2 La politica regionale durante i governi di Jawaharlal Nehru (1947-1964)

Esaminati gli ideali alla base del pensiero nehruviano, un’interpretazione riguardante la storia della politica estera indiana considera la presenza di due direttrici: la prima focalizzata

40 Ibid., intervento di H.V. Kamath.

41 Constituent Assembly of India – Vol. 2, Wednesday January 22nd, 1947,

<http://parliamentofindia.nic.in/ls/debates/vol2p3.htm>, consultato il 17 dicembre 2017.

42 Jyotindra Nath Dixit, Makers of India’s Foreign Policy. Raja Ram Mohun Roy to Yashwant Sinha, cit., p. 82; cfr. Bipan Chandra, Mridula Mukherjee, Aditya Mukherjee, India Since Independence, Penguin Books, Gurgaon, 2008, pp. 189- 218.

sui rapporti tra l’India e i vicini, la seconda indirizzata all’ambito globale. Tale dualismo fu evidente nel caso dei diversi primi ministri indiani e Nehru si distinse, come visto nell’introduzione e nel precedente paragrafo, per un’enfatizzazione della dimensione globale a causa delle caratteristiche peculiari dell’India. Tuttavia, malgrado l’interesse verso temi di ampio respiro internazionale, la prima concreta decisione negli affari di politica estera da parte di Nehru, in qualità di capo del governo provvisorio prima dell’indipendenza, fu nell’ambito della politica regionale, come testimonia la convocazione di una Conferenza sulle relazioni asiatiche a Delhi il 23 marzo 194743.

La politica regionale fu comunque posta negli anni successivi in secondo piano ed esiste a tal proposito un dibattito storiografico che mette in evidenza una presunta mancanza d’interesse di Nehru verso l’Asia meridionale44. Se il primo ministro indiano riscontrò alcuni successi a livello diplomatico nelle relazioni con gli attori esterni al subcontinente, nel caso regionale la sua politica fu una riproposizione su scala ridotta della strategia proposta a livello globale45. L’approccio nehruviano non era basato su una mancanza d’interesse per la regione, ma era piuttosto fondato sulla sicurezza che tale sistema potesse funzionare anche nel subcontinente, adottando solamente alcuni piccoli adattamenti. Il primo ministro, sostenendo che il proprio paese non avesse propositi aggressivi o espansionistici verso qualsiasi altro Stato, riteneva che l’India non avrebbe subito alcun tipo di minaccia esterna capace di comprometterne l’integrità territoriale.

Nehru giudicava l’India come la naturale erede del potere politico britannico in Asia meridionale. In aggiunta, il paese si era dimostrato capace di adottare come testo fondamentale una Costituzione democratica, di usufruire di un’amministrazione tutto sommato stabile e di ereditare un esercito che aveva partecipato attivamente alle operazioni delle forze alleate durante la Seconda Guerra Mondiale. Tutto ciò favorì nel primo ministro la convinzione che l’India fosse una grande potenza in Asia, ma soprattutto nel subcontinente. Dal momento che le risorse naturali e umane della Federazione erano comparativamente superiori rispetto ai vicini, egli riteneva che il paese avrebbe potuto difendere la propria sicurezza e gli interessi strategici senza essere ostacolato da potenze vicine. In base a tale prospettiva, l’India avrebbe dunque meritato una leadership regionale, un fattore che essenzialmente si presentava come un attributo naturale, derivato dalla geografia e dalla storia46.

43 Harish Kapur, India’s Foreign Policy, 1947-92. Shadows and Substance, cit., p. 92

44 La politica di Nehru nel subcontinente è stata definitiva da Harish Kapur come «ill-conceived and ill-defined». Ivi, p. 93.

45 Ibid.

Per quanto concerne nello specifico l’Asia meridionale, la predisposizione nehruviana fu associata all’ideale di una confederazione di Stati nel subcontinente, legata alla più estesa “federazione mondiale”. Nehru nel 1960, a proposito della possibilità di una confederazione con un ruolo guida naturale per l’India, sostenne la fattibilità di una visione presentata diversi anni prima: «I would have said that certainly … some kind of confederation … of independent states with common defence and economic policies [should have been] a normal development – something that would have come about this century … Just at the beginning of the war I drafted the Congress resolution hinting at just this. […] [But] the difficulty in our way now is if we talk about it, this upsets our neighbours because of course, we are so much bigger. [Nevertheless, a confederation is still] the logical future path»47.

Nehru in questo caso fece riferimento all’articolazione di un progetto di “federazione mondiale”, presentato per la prima volta nel 1942 mediante la mozione Quit India indirizzata contro il dominio britannico. La visione di una confederazione si palesava ancora nel 1960, quando il tentativo nehruviano inteso a superare gli ostacoli posti dalle diverse dimensioni dei paesi dell’Asia meridionale comportò la messa in atto di una politica costruita attorno all’ideale dell’amicizia tra i popoli e caratterizzata da un linguaggio basato su concetti quali vicinanza e fratellanza.

Considerato il naturale ruolo da leader in Asia meridionale, l’India avrebbe potuto, utilizzando un concetto come “federazione mondiale”, estendere la propria attenzione anche ai territori al di fuori del subcontinente. In effetti, il paese fu una delle prime ex-colonie a raggiungere l’indipendenza e contribuì al successo di altri movimenti nazionalisti afro-asiatici. Dal 1947 al 1956 è possibile affermare che la politica indiana fu valutata positivamente in linea generale dalla Comunità Internazionale, soprattutto dai paesi asiatici, grazie a una predisposizione anticolonialista e contraria alle discriminazioni razziali assunta nell’ambito delle Nazioni Unite. In aggiunta, nella prima metà degli anni Cinquanta, l’India nehruviana cercò di fornire un proprio contributo mediando tra le parti in conflitto durante la guerra di Corea e dopo il ritiro francese dall’Indocina. L’esempio però più significativo a proposito dell’attivismo indiano è rappresentato dal ruolo assunto a favore del movimento afro-asiatico durante la conferenza di Bandung del 1955, organizzata assieme a Indonesia, Birmania, Pakistan e Ceylon, e che successivamente avviò il Movimento dei Paesi Non Allineati (Non- Aligned Movement – NAM) nel 1961-6248. La visione nehruviana dei rapporti con i vicini non si

47 Jawaharlal Nehru, Selected Works of Jawaharlal Nehru, Vol. 36, Second Series, Jawaharlal Nehru Memorial Fund, New Delhi, 2009, p. 713, citato in Priya Chacko, Indian Foreign Policy. The Politics of Postcolonial Identity from 1947 to

2004, cit., p. 65.

48 I paesi che parteciparono alla conferenza furono: Afghanistan, Arabia Saudita, Birmania, Cambogia, Ceylon, Cina, Cipro, Egitto, Etiopia, Costa d’Oro, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giappone, Giordania, Laos, Libano, Liberia, Libia, Nepal, Pakistan, Filippine, Siria, Stato del Vietnam, Sudan, Tailandia, Turchia, Vietnam, Yemen (Regno Mutawakkilita).

limitava dunque allo spazio geografico del subcontinente, ma includeva l’Iran, l’Afghanistan e l’Asia centrale, territori con i quali esistevano interazioni da periodi storici precedenti al dominio britannico; questa osservazione includeva la Birmania, fino al 1947 parte del British Raj, il Sud-Est asiatico e l’Indonesia. Per tali relazioni, assieme alla solidarietà legata all’afro- asiacentrismo, era fondamentale ristabilire i contatti storici di lungo periodo. Nehru appoggiò i movimenti nazionalisti e indipendentisti indonesiano, birmano, malese e vietnamita, mentre una proficua relazione con i paesi a maggioranza islamica fu valutata come una possibilità adatta a sostenere la prospettiva indiana nel confronto con il Pakistan.

Prima di approfondire l’approccio indiano verso i singoli paesi del subcontinente, è opportuno considerare un altro importante aspetto legato al contesto regionale. Nel 1947 l’Asia meridionale si trovava in una situazione caratterizzata da un’elevata tensione, dovuta al lungo processo di decolonizzazione e alla spartizione fra India e Pakistan, un evento drammatico ed estremamente violento che causò lo spostamento di milioni di persone da un territorio all’altro. In questo quadro generale un discorso incentrato sul dialogo tra Stati, in particolare tra India e Pakistan, era molto difficile, ma al tempo stesso considerato necessario. A ciò si aggiunga la percezione negativa da parte dei vicini nei confronti del paese più grande e popoloso dell’area che comportò la generale tendenza nei paesi più piccoli a distanziarsi sempre più dall’India anche per legittimare l’indipendenza appena acquisita. In questo caso, la politica nehruviana, altamente focalizzata sulla necessità dell’interruzione dei vincoli coloniali in tutti i territori afro- asiatici, non poteva certamente limitare l’aspirazione a una reale indipendenza presente negli Stati dell’Asia meridionale.

Considerata la situazione regionale, Nehru sostenne che per la sicurezza e lo sviluppo economico dell’India fosse necessario confinare con Stati stabili. Il paese, data l’asimmetricità dei rapporti con i vicini, avrebbe avuto il compito di favorire un sistema regionale contraddistinto da buoni rapporti bilaterali. In particolare, tale strategia appariva necessaria per prevenire le problematiche derivate dalle rivendicazioni territoriali ereditate dall’epoca coloniale. Nehru mise in evidenza, in maniera simile a ciò che propose su scala globale, l’esigenza che i rapporti con i vicini fossero guidati dai princìpi dell’eguaglianza, della non- interferenza nei rispettivi affari interni, del rispetto dell’integrità territoriale e della cooperazione. Questi pilastri rimandano ai cinque princìpi di coesistenza pacifica (Pancha Shila), che furono enunciati a Bandung come base per i rapporti tra le nazioni afro-asiatiche e non allineate, ma che rappresentarono sostanzialmente le fondamenta dell’accordo sino-indiano del 1954, noto infatti anche come il trattato dei Pancha Shila49.