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Il contesto internazionale La convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati.

La certezza delle definizion

2. Il contesto internazionale La convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati.

Mentre questi dibattiti segnavano le evoluzioni interne ai due Stati di cui qui narriamo la storia, altrettante importanti fasi segnavano l’evoluzione del diritto d’asilo e dei rifugiati a livello multilaterale e internazionale.

                                                                                                               

29 Ivi, p. 2719. 30 Ivi, p. 2720.

La Seconda Guerra Mondiale costituì un momento di cesura nella storia del diritto d’asilo per due ragioni complementari. Essa determinò il movimento di rifugiati più consistente che il mondo abbia mai conosciuto32, e allo stesso tempo segnò un indebolimento del peso diplomatico degli Stati europei nella cooperazione internazionale finalizzata alla gestione di tale realtà33. Al declinare dell’importanza francese in questo contesto, corrispondeva – quasi in modo speculare – l’ascesa degli Stati Uniti.

L’anticamera di questi mutamenti fu, secondo questa prospettiva di analisi, il periodo iniziato nel 1938. Ricordiamo che in quell’anno proprio gli Stati Uniti promossero la Conferenza di Evian sullo statuto dei rifugiati che, seppur indetta al di fuori della cornice diplomatica e operazionale costituita dalla Società delle Nazioni, segnò un importante passo in avanti nella cooperazione internazionale in materia di protezione dei rifugiati. Nel 1943, nel solco costituito dalla Conferenza del 1938, venne creato un nuovo istituto, lo United Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA), impegnato a trovare una soluzione al problema dei prigionieri di guerra, di fatto solo parzialmente assimilabili ai rifugiati politici. L’attività dell’UNRRA era in qualche modo sovrapposta e mescolata a quella del Comité International des Réfugiés creato durante la conferenza internazionale del 1938. All’indomani del conflitto, nel 1947, l’International Refugee Organization (IRO) si sostituì alle strutture create prima e durante la guerra, e ricevette l’incarico di gestire la sorte degli esuli europei, ancora in condizioni precarie nonostante fosse già iniziato il rimpatrio dei prigionieri di guerra, delle vittime del STO, dei deportati. All’IRO aderirono inizialmente 21 dei 54 stati membri dell’ONU.

Nel 1950 venne infine creato lo United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) – ancora oggi in funzione. Questa struttura agiva, e agisce tutt’ora, sotto l’impulso e il controllo dell’Assemblea per la quale gli articoli 13 e 14 della Dichiarazione dei Diritti e dell’Uomo del 1946 costituiscono il perno su cui costruire l’asilo. Secondo questi due articoli «ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato […] ha diritto di lasciare qualsiasi paese,                                                                                                                

32 La letteratura sull’argomento è molto vasta. Cfr. ad esempio M. Cattaruzza, M. Dogo, R. Pupo,

Esodi: trasferimenti forzati di popolazione nel Novecento europeo, Edizioni scientifiche italiane, 2000.

incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese […] ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.34»

L’UNHCR ebbe sin da subito il compito di favorire la cooperazione internazionale in materia e di provvedere alla tutela giuridica e all’assistenza materiale dei rifugiati35. Le Nazioni Unite incaricarono un’apposita commissione di stilare un testo che stabilisse in maniera definitiva i criteri fondanti per il riconoscimento dello statuto di rifugiato. Si trattava di delineare un quadro ideale di riferimento all’interno dei quali gli Stati avrebbero operato in parziale autonomia. Frutto del lavoro di questa Commissione fu la Convenzione di Ginevra36. Ancora oggi essa costituisce il punto di riferimento nella tutela dei diritti di queste categorie sociali, definitivamente riconoscibili attraverso i valori da essa sanciti. Secondo l’art. 1 della Convenzione, significativamente intitolato “Definizione del termine di rifugiato”, questo termine potrà essere applicato a colui che «a seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1° Gennaio 195137, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra»38.

                                                                                                               

34 Cfr. testo della Dichiarazione, consultabile alla pagina dell’UNHCR

http://www.unhcr.it/news/dir/15/view/375/dichiarazione-universale-dei-diritti-delluomo-del-1948- 37500.html (data ultima consultazione 20/02/2014).

35 Cfr. G. Strozzi, Rifugiati e asilo territoriale in V. Grementieri, G. Vitta, Codice degli atti

internazionali sui diritti dell’uomo, Milano, Giuffré, 1981, pp. 355 e seguenti.

36 La Francia firmò la Convenzione l’11 settembre 1952 e la ratificò il 23 giugno 1954. L’Italia la

firmò invece 23 luglio 1952 e la ratificò il 15 novembre 1954. Cfr. ivi, p. 449.

37 Il protocollo di New York, firmato il 31 gennaio 1967 estese l’applicazione della Convenzione

anche agli avvenimenti avvenuti posteriormente il 1° Gennaio 1951. Cfr. V. Grementieri, G. Vitta, pp. 429-440.

38 Ivi, pp. 371-372. Nello stesso testo è consultabile la versione francese, secondo cui «Aux fins de la

présente Convention, le terme “réfugié” s’appliquera à toute personne […] qui par suite d’évènements survenus avant le premier janvier 1951 et craignant avec raison d’etre persécutée du fait de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques, se trouve hors du pays dont elle a la nationalité et qui ne peut ou, du fait de cette crainte, ne veut se reclamer de la protection de ce pays; ou qui, si elle n’a pas de nationalité et se trouve hors du pays dans lequel elle avait sa residence habituelle à la suite de tels évènements, ne peut ou, du fait de ladite crainte, ne veut y retourner».

Il trattato, pur ammettendo una definizione molto ampia del concetto di “rifugiato” non impose agli Stati l’obbligo di concedere l’asilo, ma di fatto costituì una semplice raccomandazione a farlo39. Il diritto ad attribuire lo statuto di rifugiato, ai sensi della Convenzione, rimase di competenza dei singoli Stati che, attraverso valutazioni specifiche caso per caso, avrebbero concesso o meno lo statuto di rifugiato secondo differenti qualifiche40.

Come sottolineato da Gerard Noiriel la Convenzione di Ginevra mise fine all’era delle definizioni per inaugurare quella delle qualificazioni41. La definizione di rifugiato si era ormai definitivamente stabilizzata. Essa, in continuità con le convenzioni firmate negli anni Venti e Trenta prendeva ancora in considerazione dei gruppi sociali rispetto alla loro origine nazionale42. A differenza invece di quanto precedentemente avvenuto, la Convenzione inseriva anche le opinioni politiche e il credo religioso fra i criteri qualificanti la possibile appartenenza a una categoria giuridica, e di conseguenza politica e sociale, che dopo un secolo e mezzo veniva stabilmente definita in un consesso multilaterale.

Questo quadro internazionale costituì la cornice all’interno della quale la Francia e l’Italia si mossero alla fine degli anni Settanta, quando un nucleo atipico di oppositori                                                                                                                

39 Ivi, p. 359.

40 Secondo l’art. 12 «lo status personale di un rifugiato verrà regolato dalla legge del paese in cui ha

domicilio o, in mancanza di domicilio, dalla legge del paese in cui ha la residenza». Secondo il testpo francese: «le statut personnel de tout réfugié sera régi par la loi du pays de son domicile ou, à defaut de domicile, par la loi du pays de sa résidence” V. Grementieri, G. Vitta, Codice degli atti, cit., pp. 384-385. La convenzione statuiva anche (art. 27) che i documenti di identità sarebbero stati rilasciati ai rifugiati dagli Stati contraenti. Gli stessi Stati non avrebbero potuto espellere i rifugiati se non per motivi di sicurezza nazionale o ordine pubblico (artt. 32 e 33). Ivi, p. 404. In Francia due istituti si sarebbero fatti carico dell’applicazione della nuova normativa internazionale. L’Office de Protection de Réfugiés et Apatrides (OFPRA) e la Commission de Recours de Réfugiés (CRR). Sulla genesi di questi istituti e sulla posizione francese nel corso delle trattative preliminari alla firma della Convenzione di Ginevra, cfr. G. Noiriel, Réfugiés, cit., pp. 139-152. Nel 2007 il CRR venne sostituito dalla Cour Nationale du Droit d’Asile. Il CRR, e poi la CNDA, hanno l’incarico di esaminare i casi dei richiedenti asilo cui l’OFPRA ha rifiutato la qualifica di rifugiato. Secondo la normativa francese quattro sono le tipologie di asilo cui il richiedente può avere accesso: costituzionale, convenzionale, statutario e legislativo. Il primo fa riferimento al preambolo della Costituzione della IV e poi della V Repubblica e viene quindi concesso a chi è stato perseguitato in virtù della propria azione in favore della libertà; il secondo, convenzionale, fa riferimento alla Convenzione di Ginevra, e viene quindi attribuito a chi è stato perseguitato a causa delle proprie opinioni politiche, religiose, della sua razza, della sua nazionalità, o per la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale; esiste infine un altro tipo di protezione, quella sussidiaria, che dal 2003 si sostituisce all’asilo territoriale e viene concessa a chi, pur non avendo ottenuto la qualifica di rifugiato, è sottoposto a gravi minacce nel caso ritorni nel proprio paese di origine. Cfr. A. Le Pors, Le droit d’asile, cit., pp.29-46.

41 Ivi, cit. p. 152.

italiani valicò nuovamente le Alpi in cerca di protezione. Nei prossimi capitoli si analizzerà la configurazione dei due Stati rispetto a questo fenomeno.

Capitolo III – La nuova opposizione italiana in Francia (1977-1986): la configurazione italo-francese secondo una prospettiva bilaterale.

 

Alla fine degli anni Settanta gli apparati statali italiani e francesi dovettero confrontarsi con la presenza all’estero di una tipologia di opposizione politica italiana molto particolare1: si trattava infatti di individui aderenti a formazioni extra- parlamentari italiane – in molti casi già condannati, anche in ultimo grado di giudizio, dai tribunali italiani – che avevano varcato la frontiera in cerca di una protezione che potesse in qualche modo essere assimilabile all’asilo politico. In questo capitolo, ed in quello successivo, analizzeremo la configurazione che le amministrazioni statali assunsero in relazione a tale fenomeno; dapprima osserveremo lo scenario in una prospettiva unicamente bilaterale, mentre in un secondo momento l’analisi si svolgerà valutando il quadro d’insieme nell’ambito della cooperazione internazionale della Società delle Nazioni.

III. 1. L’opposizione extra-parlamentare italiana in Francia nelle relazioni