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La certezza delle definizion

1. Il diritto d’asilo, la Costituzione italiana e la Costituzione francese

Alla fine della Seconda guerra mondiale la Francia e l’Italia furono il teatro di diversi processi che, dai punti di vista interno e bilaterale, determinarono un mutamento - o tentato mutamento - del quadro istituzionale in cui l’emigrazione dell’opposizione italiana all’estero era stato gestita fino a quel momento. La nascita della Quarta Repubblica in Francia e della Repubblica in Italia costituirono certamente il primo e più evidente di questi profondi cambiamenti.

Nell’ambito di questa ricerca è interessante mettere in rilievo il modo in cui l’asilo politico venne inserito nelle due carte costituzionali, firmate rispettivamente nel 1946 in Francia e nel 1948 in Italia. La prima, collocandosi nella tradizione delle Costituzioni rivoluzionarie del 1791, 1793, 1795 e poi del 1848, statuiva al paragrafo 4 del preambolo che «tout homme persécuté en raison de son action en faveur de la liberté a droit d'asile sur les territoires de la République4».

Un anno dopo in Italia veniva promulgata la Costituzione Repubblicana. Il riferimento all’asilo veniva inserito tra i princìpi fondanti del nuovo Stato italiano. Il terzo comma dell’articolo 10 afferma infatti che «lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici»5.

                                                                                                               

4 Cfr. J.-J. Godechot, Les Constitutions, cit., p. 364. Interessante notare che nel corso dei dibattiti della

Costituente francese il relatore del progetto di Costituzione, Paul Coste-Floret aveva ricordato che la Francia usciva da una guerra in cui aveva preso le armi per combattere il fascismo e che per questo non si intendeva fare del paese il rifugio di tutti i fascisti impenitenti. (Cfr. Assemblée Nationale Constituante, Débats, 28 agosto 1946, in J.O. 29 agosto 1946, p. 3369). Il passo viene ripreso e citato anche in M. Benvenuti, Il diritto d’asilo nell’ordinamento costituzionale italiano, Un’introduzione, Padova, CEDAM, 2007, p. 27.

5 Testo consultabile online al link http://www.governo.it/Governo/Costituzione/principi.html (data

ultima consultazione 20/02/2014). L’articolo nella sua interezza afferma che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. - La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. - Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. - Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.» Nell’ambito di questo lavoro assume una particolare rilevanza che la questione della non estradizione per reati politici sia stata inserita

È interessante notare la differente concezione dell’asilo di cui le due Costituzioni sembrano essere il riflesso. L’impianto concettuale della formulazione francese è stato analizzato nella premessa alla prima parte di questo lavoro e trova nel contesto rivoluzionario e poi ottocentesco la sua ragion d’essere e la sua piena essenza: la carica rivoluzionaria, e poi la conferma dell’apertura dello Stato francese a quanti nel contesto dell’Europa restaurata si fossero fatti carico della propagazione dei valori rivoluzionari, vennero ripresi, ribaditi e riconfermati dalla Quarta Repubblica.

Per quanto riguarda l’Italia, l’Assemblea Costituente fu il teatro di una interessante discussione sul modo in cui inserire l’asilo fra i principi cardine del nuovo Stato repubblicano. La prima formulazione dell’articolo, proposta il 24 gennaio 1947 nell’ambito di una seduta plenaria della cosiddetta “Commissione dei Settantacinque” prevedeva che «la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero cui vengono negati nel proprio paese i diritti di libertà garantiti dall’Italia, ha diritto di asilo nel territorio italiano»6.

L’onorevole Tomaso Perassi, che già abbiamo incontrato nel corso di questo lavoro – in particolare come delegato italiano presso la Società delle Nazioni -, si fece promotore di un primo emendamento7, cui seguì un interessante dibattito. Umberto Terracini (Gruppo comunista) sottolineava «la necessità di esaminare attentamente, nei suoi risultati concreti e possibili, la disposizione dell’articolo. Dirà subito che egli è per il più largo diritto di asilo. Pensa tuttavia che questa latitudine non debba essere assolutamente senza confini». Riflettendo sul fatto che a chiedere l’asilo potesse essere anche chi non aderiva agli ideali repubblicani, egli richiamava l’attenzione della Commissione sulla formula contenuta nel preambolo della Costituzione della Repubblica francese:

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    nello stesso articolo, tra i principi cardine della Repubblica, così come che lo stesso articolo relativo al diritto d’asilo faccia riferimento più in generale alla condizione giuridica dello straniero e ai rapporti tra ordinamento giuridico italiano e norme internazionali. Per un approfondimento si rimanda allo sviluppo del paragrafo.

6 CDD, AP, Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione, Adunanza plenaria, 18,

Resoconto sommario della seduta di venerdì 24 gennaio 1947, p. 169.

7 Tomaso Perassi, eletto nella Costituente con il Partito Repubblicano, propose di sostituire le parole

“diritti fondamentali di libertà” oppure “diritti di libertà sanciti dalla presente Costituzione” alle altre i “diritti di libertà garantiti dall’Italia”.

La Francia è sempre stata terra di asilo, e di questo anche innumerevoli italiani, che hanno combattuto contro il fascismo, hanno goduto. Non c’è da preoccuparsi quindi che in quel Paese si debba restringere questo diritto. Ora, la formula adottata nel Preambolo della Costituzione francese dice “ogni uomo il quale è perseguitato a causa della sua azione a favore della libertà ha diritto di asilo sul territorio della Repubblica”. Questa dizione – che egli adotterebbe – autorizza eventualmente a quelle discriminazioni che ritiene saranno necessarie proprio per garantire agli italiani quelle libertà democratiche che altri possano venire giustamente od ingiustamente ad invocare da noi8.

Il timore di Terracini era che senza una qualifica del tipo di azione svolta nel proprio paese di origine dal richiedente asilo, l’Italia si potesse trovare nella condizione di dover accogliere chi altrove aveva combattuto contro la democrazia. La proposta di emendamento portata avanti dal deputato comunista era di fatto un vero e proprio richiamo, quasi un calco, della Costituzione francese del 1946. Secondo il testo proposto «lo straniero perseguitato a causa della sua azione in favore della libertà, ha diritto di asilo nel territorio italiano»9. Alla proposta di Terracini si aggiungeva quella di Perassi che proponeva di aggiungere la specifica secondo cui «non è ammessa l’estradizione per reati politici». Dal canto suo, l’onorevole Cappi (DC), proponeva di inserire – sul modello svizzero – una limitazione alle attività politiche svolte dagli immigrati nella terra di accoglienza10.

Due aspetti di questo dibattito assumono una particolare rilevanza nell’ambito di questa ricerca. Il primo è l’esplicito riferimento al modello costituzionale francese e, con esso, agli italiani che beneficiarono della concessione dello stesso da parte della “sorella latina”. All’indomani della Seconda guerra mondiale, nell’ambito delle discussioni volte a definire i principi cardine su cui sarebbe stata costruita la Repubblica italiana, il riferimento esplicito alla vita all’estero di molti italiani – e conseguentemente al modello di protezione di cui essi beneficiarono – venne a definire l’esilio, o quanto meno la migrazione dell’opposizione, come un elemento di particolare e imprescindibile rilevanza nella costruzione dell’immagine e dell’identità italiana. In modo                                                                                                                

8 CDD, AP, Assemblea Costituente, Commissione per la Costituzione, Adunanza plenaria, 18,

Resoconto sommario della seduta di venerdì 24 gennaio 1947, p. 170. Il resoconto è stato scaricato dal sito della Camera dei Deputati all’url

http://legislature.camera.it/frameset.asp?content=%2Faltre%5Fsezionism%2F304%2F8964%2Fdocument otesto%2Easp%3F (data ultima consultazione 22/02/2014).

9 Ibid.

10 Da notare che il diritto di asilo francese prevedeva la stessa cosa. Cfr. cap. I di questo lavoro.

Interessante sottolineare che l’Italia, fino a quel momento paese di partenza di tanta migrazione politica, si poneva adesso nelle vesti di paese ricettore e quindi nella necessità di imporre ai propri immigrati quelle stesse limitazioni di cui fino a pochi anni addietro tanti italiani all’estero erano stati vittima.

complementare, quasi a costituire l’altra faccia della stessa medaglia, l’immagine della Francia terra dell’esilio di molti italiani tornò a bagnare di sé il dibattito politico istituzionale, questa volta solo italiano.

A ulteriore riprova dell’importanza che, sin da subito, l’esilio politico assunse come elemento portante della memoria nazionale, Emilio Lussu prendeva la parola osservando che «chi è stato in esilio è particolarmente sensibile alla questione ed è d’avviso che la nostra Costituzione non possa contenere un articolo più restrittivo di quello contenuto nella Costituzione francese. Questa dice che qualunque uomo perseguitato a causa della sua azione a favore della libertà ha diritto di asilo sul territorio della Repubblica»11. Secondo Lussu l’articolo 10, così come proposto, esprimeva la stessa concezione. Egli teneva inoltre a ribadire che la Costituzione italiana dovesse «adottare un ampio criterio a riguardo, rimanendo naturalmente, per tutti, l’obbligo di rispettare la legge del paese che concede l’asilo»12.

Laconi (Gruppo comunista) ampliava la proposta di Terracini proponendo di introdurre una modifica che perfino la Francia - «che non aveva conosciuto il fascismo» - aveva ritenuto indispensabile, ovvero la possibilità di procedere alla concessione dell’asilo attraverso la valutazione di singoli casi. Era in sostanza necessario definire un limite all’asilo, un confine coincidente con il tipo di azione attivamente compiuta da chi reclamava la protezione dello Stato italiano.

Non si può riconoscere a chiunque, per qualsiasi atteggiamento politico, il diritto di asilo indiscriminato nel nostro Paese. Si può riconoscerlo a coloro che si sono battuti per la libertà, a coloro che hanno partecipato alla lotta contro istituzioni reazionarie che legavano o vincolavano la libertà, contro le dittature, ma non è opportuno introdurre nella Costituzione una formula che sia assolutamente indiscriminata»13.

La Pira (DC) e Grassi (PL), entrambi rappresentanti di un’ala più moderata, si contrapponevano alle limitazioni proposte dai comunisti Terracini e Laconi, rilevando il fatto che le frontiere dovessero rimanere aperte a tutti gli stranieri, qualunque fosse il loro credo politico. La Pira in particolare poggiava questa concezione dell’asilo sulle origini storiche dello stesso:

                                                                                                               

11 Ibid. 12 Ibid. 13 Ibid.

come anticamente tutte le persone, qualunque fosse il loro colore, appena giungevano in quel tale recinto della Chiesa, avevano la vita garantita, così anche ora vi deve essere questo senso di libertà per ogni creatura. Il concetto di asilo è legato a questo concetto del valore sacro degli uomini14.

In questo ambito è bene ricordare che l’origine storica dell’asilo, precedente la rivoluzione francese, era prettamente religiosa. La Chiesa fu storicamente il primo luogo, sacro e sacralizzato, in cui questo diritto venne concepito e attuato. La rivoluzione francese, come già analizzato, ne determinò una profonda laicizzazione e traslò l’ubi di questo sacro diritto in un nuovo e laico territorio: lo Stato. Le frontiere, per quanto permeabili, furono la nuova porta di accesso al luogo in cui l’asilo trovava la propria attuazione imponendo – come già visto - ai rifugiati una parziale se non totale identificazione con la categoria degli stranieri, ovvero di quanti provenivano da altri luoghi, da altri Stati. L’ala comunista si richiamava a questa seconda concezione del diritto di asilo, che aveva uniformato di sé l’ultimo secolo e mezzo. Ancora una volta il terreno concettuale, semantico e politico in cui l’asilo venne dibattuto si configurò come una zona scivolosa e inafferrabile, al confine fra concezioni ad un tempo opposte e complementari.

Alla fine della seduta l’emendamento proposto da Terracini non venne approvato. Per quanto riguarda invece l’emendamento circa la non estradizione dei reati politici, Tomaso Perassi, che lo aveva proposto, teneva a ricordare che tale precisazione si rendeva necessaria dal momento che quel principio «solennemente affermato» nel codice Zanardelli era scomparso in quello attuale, «dovuto al regime fascista»15. Lussu, espressione di uno schieramento per cui l’esilio era parte integrante della storia recente16, definiva «pleonastica» la proposta dell’ex-delegato presso la Società delle Nazioni in quanto la non estradizione dei criminali politici era «una conseguenza del diritto di asilo»17. Il timore di Lussu era che l’emendamento proposto da Perassi potesse

                                                                                                               

14 Ivi, p. 171.

15 Sul delitto politico nel codice Rocco, cfr. cap. I di questo lavoro, e F. Colao, Il delitto politico, cit.

pp. 316 e seguenti.

16 Lussu faceva parte del gruppo autonomista insieme a Giulio Bordon, Piero Calamandrei, Tristano

Codignola, Vittorio Foa, Riccardo Lombardi, Pietro Mastino, Fernando Schiavetti, Leo Valiani.

in qualche modo limitare l’ampiezza dell’asilo, «con tutto il suo alone giuridico, sentimentale e politico»18.

Questa osservazione assume un rilievo tutto particolare quando si pensi a quanto avvenuto nei venti anni precedenti, in cui la concessione dell’asilo e la non estradizione dei reati politici erano stati criteri e pratiche che si erano identificati e allontanati a più riprese, costringendo l’opposizione italiana, in particolare in Francia, in quella precaria e ambigua zona di confine di cui abbiamo cercato di definire contorni e mutamenti. Infine comunque, l’emendamento Perassi venne accettato e inserito nel testo che sarebbe stato proposto alla seduta plenaria dell’Assemblea Costituente19.

Quest’ultima, tre mesi dopo, esaminava la proposta della Commissione dei Settantacinque, giunta all’esame nei termini seguenti: «la condizione dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero al quale siano negate nel proprio paese le libertà garantite dalla Costituzione italiana ha diritto di asilo nel territorio italiano. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici»20.

Anche in seduta plenaria lo schieramento comunista ripropose l’inserimento del modello francese, aggiungendo un’ulteriore specifica per la quale «lo straniero perseguitato per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro ha diritto di asilo nel territorio italiano»21. L’On.le Ravagnan (Gruppo comunista) dichiarava di proporre l’emendamento citato per evitare che, con la dicitura “i diritti garantiti dalla nostra Costituzione”, si fosse obbligati a istituire raffronti con altre Costituzioni: «dobbiamo semplicemente stabilire una norma, una indicazione per cui sia obbligatoria la valutazione dell’attività del profugo politico»22. La formula, «più precisa» proposta, non voleva essere restrittiva della libertà, ma «della possibilità che la libertà sia intaccata»23.

                                                                                                               

18 Ibid.

19 Interessante mettere in rilievo l’osservazione dell’on.le Lucifero (Liberale) che, pur essendo

«d’accordo sulla necessità di concedere il diritto d’asilo per colui che sia perseguitato, per colui a cui sia negata la libertà», decise di astenersi dalla votazione: «di fronte alla questione del reato politico ci si trova in una posizione dottrinale ampiamente discussa. È difficile definire dove il reato diventa essenzialmente politico o dove resta essenzialmente reato». Cfr. ivi, p. 172.

20 CDD, AP, Assemblea Costituente, Seduta plenaria, LXXXIII, seduta antimeridiana 11 aprile 1947,

p. 2717.

21 Ibid. 22 Ivi, p. 2718. 23 Ibid.

Il dibattito che seguì fu molto animato e, come nella seduta di gennaio, ogni schieramento politico si fece portatore di una diversa, più o meno ampia, concezione dell’asilo. I socialisti proponevano di esplicitare che lo straniero al quale fosse negato l’effettivo esercizio dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione italiana avesse diritto di asilo nel territorio della Repubblica. Secondo Paolo Treves (Gruppo socialista, figlio di Claudio Treves, emigrato in Francia negli anni precedenti), «il nostro emendamento mira soprattutto a precisare la portata della disposizione e perciò le parole chiave a noi sembrano “l’effettivo esercizio dei diritti di libertà”»24.

Un gruppo di socialisti tra cui Basso, Treves e Tonello propose allora una mediazione tra le diverse opzioni in discussione, secondo cui «lo straniero che sia perseguitato nel proprio paese per aver difeso i diritti della libertà e del lavoro garantiti dalla Costituzione italiana, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica Italiana»25.

L’On.le Tonello che, ricordiamo, fu il primo emigrato italiano all’estero a perdere la propria cittadinanza in seguito all’applicazione della legge sui fuoriusciti del 192626, prese allora la parola. Fu così che il riferimento all’esperienza e alla memoria dell’emigrazione politica degli anni Venti e Trenta si fece ancora più esplicito, anche e soprattutto nel suo complementare rapporto con le leggi di ospitalità dei paesi di accoglienza. Secondo Tonello i comunisti avrebbero potuto accettare la proposta socialista poiché essa, pur ribadendo il concetto espresso dall’On.le Ravagnan, lo esprimeva in una forma «più precisa che ci rende più tranquilli»27. Nella Costituzione non vi era posto per alcun tipo di limitazione. Esse semmai, sarebbero state inserite nel Codice Penale ma nella carta fondante dello Sato doveva essere «limpido il concetto che sacra deve essere l’ospitalità»28.

L’esperienza di vita vissuta era il terreno su cui Tonello fondava i propri dubbi rispetto all’opportunità di inserire una qualunque forma di limitazione nella                                                                                                                

24 Ivi, p. 2719. 25 Ibid.

26 Su questo punto cfr. cap. I, pp. ///. 27 Ivi, p. 2720.

28 Ibid. Il deputato socialista aggiungeva anche, nel rivolgersi agli altri membri della Costituente:

«Onorevoli colleghi, pensate che questo fatto ha una grande importanza, anche perché può darsi che noi socialisti abbiamo ancora bisogno di chiedere ospitalità ai Paesi stranieri; ma può darsi che lo abbiate anche voi, amici della destra, questo bisogno. Oggi a me, domani a te, dice il proverbio. Badate, questo negare ogni concetto largo di libertà, può colpire non solo i vostri avversari ma anche voi stessi, se l’ora della lotta suona».

Costituzione. Proprio a partire da questa esperienza Tonello poteva affermare che «la libertà concessa agli stranieri nel campo del pensiero non sia che una menzogna, anche se stampata nella carta costituzionale di un paese libero».

Io ebbi la ventura di sopportare oltre venti anni di amaro esilio e so come la libertà concessa agli stranieri nel campo del pensiero non sia che una menzogna, anche se stampata nella carta costituzionale di un paese libero. E nella Svizzera, che i miei amici repubblicani hanno il torto di dipingere come la terra promessa della libertà, nella Svizzera questo diritto di asilo non è che una ipocrisia borghese e capitalistica. Mi recai in Francia, e vidi che anche lì era problematico il diritto d’asilo, benché il trinomio di libertà, fratellanza e uguaglianza fosse sulla bocca di tutti. La verità è che quando un povero operaio, un cittadino straniero, capitava sotto le grinfie della polizia era perseguitato senza pietà29.

Secondo l’ex-emigrato «i “ma”», ovvero le limitazioni, «seguiranno sempre quando si vuole perseguitare lo straniero che sia incomodo non solo allo Stato, ma anche alle classi borghesi e abbienti dello Stato in cui è ricoverato». Proprio perché queste esperienze erano state condivise da tanti italiani all’estero sarebbe stato «doloroso che proprio noi nella nostra Costituzione mettessimo una norma che contrasti con questo concetto»30.

La seduta si concluse con la votazione dei diversi emendamenti. Quelli proposti da socialisti e comunisti, che tutti in modo diverso facevano del richiamo alla Costituzione francese e del riferimento alle azioni attivamente compiute in favore della libertà un tratto caratteristico, non vennero approvati. Gli schieramenti moderati, portatori di una dello stesso, vinsero infine in seno all’Assemblea31.

2. Il contesto internazionale. La convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei