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Spostiamo ora la nostra attenzione sul contesto politico parzialmente responsabile del ruolo marginale attribuito al settore della difesa dalle politiche di ricerca dell’UE. Nei primi anni dall’entrata in vigore del Trattato di Roma, la Commissione Europea era contraria a trattare simili questioni così come tutte le problematiche relative alla difesa: vi è stato, infatti, un parere largamente condiviso secondo cui le tematiche militari andavano oltre gli scopi dell’azione dell’Unione Europea. Tale approccio era infatti coerente con l’Articolo 223 del Trattato di Roma (Articolo 296 del Trattato di Amsterdam).

Secondo tale articolo, infatti:

1. I provvedimenti di questo Trattato non precludono l’applicazione delle seguenti norme: a) Nessuno Stato Membro è obbligato a fornire informazioni, la divulgazione delle quali è considerata contraria agli interessi fondamentali della propria sicurezza;

b) Qualsiasi Stato Membro può adottare tali misure se le considera necessarie per la protezione degli interessi fondamentali della propria sicurezza legati alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico: al contrario tali misure, comunque, non riguardano il contesto della competizione commerciale nel mercato comune per quanto concerne prodotti che non sono concepiti espressamente per impieghi militari.

Sebbene l’Articolo risulti insufficiente per prevenire tutte le azioni dell’Unione Europea riguardanti la produzione militare, esso viene ancora spesso interpretato in questo modo. Diversi Stati Membri hanno tradizionalmente applicato rigidamente l’Articolo 223, interpretandolo come una completa esenzione dell’azione dell’Unione da ogni tipo di attività legata al campo della difesa. Tale approccio, tuttavia, viene progressivamente ridimensionato sia a livello politico che dalla Commissione stessa.

La più importante svolta in tale contesto fu la firma del Trattato dell’Unione Europea (Trattato di Maastricht) il 7 febbraio 1992. Esso indicò la struttura portante dell’Unione Europea come fondata su tre “pilastri”:

38 2. la Politica Comune Estera e sulla Sicurezza (CFSP)

3. la cooperazione nella Giustizia e negli Affari Interni.

La CFSP viene descritta nell’Articolo J.4 del Trattato di Maastricht come una politica comprendente “tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, inclusa l’eventuale realizzazione di una politica comune sulla difesa che potrebbe condurre ad una difesa comune”.

Il lento progresso nello sviluppo e nell’implementazione della CFSP ha riguardato il modo in cui le istituzioni europee devono indirizzare le questioni relative alla difesa, incluse le acquisizioni e le politiche di ricerca e sviluppo.

Un primo passo verso un maggior coinvolgimento della Commissione Europea nella gestione delle politiche industriali rivolte verso il settore militare fu la Comunicazione del Gennaio 1996 (Commissione Europea, 1996) sulle sfide affrontate dalle industrie militari europee, in seguito approvata dal Parlamento Europeo nel Maggio 1997. Nel 1997 la Commissione propose una Posizione Comune per sviluppare una politica comune sugli armamenti (Commissione Europea, 1997) che coprisse una vasta gamma di questioni riguardanti la tecnologia e l’industria militare. Nel dicembre 1998, Gran Bretagna e Francia firmarono la Dichiarazione di Saint-Malo che riconosceva la necessità di sviluppare una capacità difensiva europea sostenuta da una forte base tecnologica militare. Finalmente le Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di Helsinki (Dicembre 1999) adottarono un Rapporto della Presidenza sul «Rafforzamento della Politica Comune Europea sulla Sicurezza e la Difesa» con l’obiettivo specifico di sviluppare la capacità di condurre Operazioni militari guidate dall’UE in risposta alle crisi internazionali.

Vi è ora una ricerca aperta per i modi in cui l’UE può assumersi la responsabilità della gestione di problematiche relative alla difesa e alla sicurezza. Come Chris Patten, Commissario Europeo per le Relazioni Esterne, affermò in un discorso nel Dicembre 1999: “Una politica europea sulla sicurezza e la difesa per essere effettiva necessita del supporto di diversi elementi complementari...Ad esempio, essa non può essere sviluppata in assenza di una base tecnologica e industriale militare europea competitiva e aperta...Noi, nella Commissione, possiamo contribuire a ciò con una serie di strumenti in aree come le forniture pubbliche, il mercato interno, la ricerca e la competitività”.

Questi sviluppi stanno giocando un ruolo chiave nella definizione di un’ampia politica europea sulla ricerca; ciò può essere illustrato facendo riferimento alla discussione sulla

39 ricerca militare e dual-use che iniziava mentre il V Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico veniva preparato.

Il sostegno della Commissione alle attività volte allo sviluppo tecnologico e alla ricerca è sempre stato indirizzato solo verso obiettivi civili; è stato comunque ampiamente riconosciuto che la ricerca dual-use è stata messa in pratica attraverso il Programma Quadro. Durante e discussioni interne, mentre il V Programma Quadro era in fase di preparazione, gli ufficiali della Commissione facevano notare alla DG-XII (ora DG Ricerca) che più dell’8% del numero totale dei partecipanti nei programmi BRITE, EURAM, ESPRIT, ACTS e TRANSPORT erano organizzazioni operanti nel campo della difesa. Ovviamente i progetti ai quali partecipavano erano conformi agli scopi civili del Programma Quadro; la presenza, quindi, di aziende e laboratori ad elevato grado di dipendenza dal settore militare suggeriva la natura dual-use dei progetti in fase di sviluppo. Precedentemente la Commissione Europea aveva stimato che circa un terzo del totale del budget comunitario per la ricerca veniva investito in aree di “potenziale interesse dual-use” (Commissione Europea, 1996).

La questione riguardante il modo con il quale occuparsi delle tecnologie dual-use, nel contesto del V Programma Quadro, emerse in maniera evidente durante la discussione che portò, poi, all’approvazione del Programma stesso.

Già in precedenza, il «Comitato Consultivo sulla R&D Industriale della Commissione Europea» (Industrial R&D Advisory Committee of the Commission of the European Communities - IRDAC) asseriva in un documento che la Commissione gioca un ruolo importante nell’esaminare la potenziale utilità dei risultati della ricerca, operata nel campo della difesa, per scopi civili (IRDAC, 1993). Simili questioni furono quindi discusse più attivamente durante la definizione del V Programma Quadro, in particolare durante il 1996 e il 1997. Non solo, quindi, le politiche dual-use sono diventate operative in diversi stati dell’UE e, soprattutto, negli Stati Uniti, ma la Commissione ha pubblicato nel 1996 la sua Comunicazione sulle sfide affrontate dalle industrie militari europee. La Comunicazione della Commissione fu discussa con interesse dal Parlamento Europeo per alcuni mesi prima che questo cominciasse a occuparsi del Programma Quadro. Il Parlamento approvò la comunicazione e pubblicò un Rapporto sulla conclusione secondo cui, tra le altre cose, i governi nazionali avrebbero dovuto trovare un accordo sui progetti di R&D di lungo termine, e il programma di ricerca militare EUCLID25 e i programmi comunitari di ricerca e sviluppo

avrebbero dovuto esser rafforzati e meglio coordinati (Titley, 1995, p.15).

40 L’opinione del “Comitato Economico e Sociale della Comunità Europea” (ESC) sulla stessa Comunicazione sosteneva che “la ridefinizione dei finanziamenti per la ricerca scientifica e tecnologica in chiave dual-use potrebbe aiutare a migliorare la base tecnologica dell’industria militare europea” (ESC, 1997).

Alcuni funzionari della Commissione ed organizzazioni come il Gruppo Industriale Europeo della Difesa (European Defence Industrial Group - EDIG) erano chiaramente favorevoli all’adozione di un approccio coordinato alla ricerca militare e civile in Europa. Un gruppo di lavoro misto composto da membri della Commissione, esponenti del mondo dell’industria e dei centri di ricerca sosteneva in un rapporto interno che la presenza della ricerca dual-use nell’EUCLID e nel Programma Quadro offriva una possibilità per sfruttare sinergie in questo campo. Il gruppo di lavoro, quindi, concludeva che tali questioni dovevano essere considerate nelle discussioni che avrebbero in seguito condotto alla stesura del V Programma Quadro in modo che i passi successivi sarebbero stati facilitati dal VI Programma Quadro rendendo davvero possibile, in tal modo, la realizzazione della CFSP.

3.4.1 Recenti sviluppi nella politica di ricerca dual-use europea.

La ricerca nel campo della difesa resta un importante componente dell’attività tecnologica e scientifica europea: vi sono possibilità di ampio sfruttamento dei risultati della ricerca e degli investimenti governativi in questo settore. È comunque questa interazione tra questioni relative alla ricerca e quelle riguardanti la sicurezza che ha finora frenato lo sviluppo di strategie comuni europee di R&D. Mentre lo sfruttamento delle potenzialità dual-use per una vasta gamma di applicazioni è stato una priorità delle politiche di ricerca negli Stati Uniti per diversi anni, in Europa tali questioni sono state lasciate sotto la competenza delle singole autorità nazionali.

Nonostante ciò negli ultimi programmi quadro europei la ricerca nel campo della difesa e del dual-use hanno occupato una posizione sempre più rilevante. Nel giugno 2002, il VI Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico è stato inaugurato con un budget di 17,5 miliardi di euro; considerando che il primo Programma Quadro svoltosi dal 1984 al 1988 contava un budget di 3,75 miliardi di euro, appare evidente come il settore

41 ricerca nell’Unione Europea stia acquisendo un’importanza sempre crescente nel processo del policy-making comunitario26.

Il VI Programma Quadro rappresenta lo strumento primario per realizzare i progetti dello Spazio Europeo della Ricerca, ovvero la “dichiarazione d’intenti” dell’Europa per il futuro della scienza. Con tale dichiarazione, sviluppata durante il Consiglio di Lisbona nel Marzo 2000, l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di diventare più competitiva e dinamica, a livello internazionale, nel campo della scienza e della ricerca.

Attualmente l’UE investe circa l’1,9% del suo PIL in Ricerca e Sviluppo e nella Tecnologia; si stima che la ricerca e la tecnologia rappresenteranno tra il 25% e il 50% della crescita economica e ciò pone tali settori tra le priorità economiche dell’agenda politica27.

26“Bollettino della Comunità Scientifica in Australasia” (ISSN 1446 - 9588), dicembre 2003. 27 Ibidem

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CAPITOLO 4

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