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Il contesto e la rivoluzione digitale

La digitalizzazione ed il Cloudify NoiPA

4.1 Il contesto e la rivoluzione digitale

A seguito della crisi economico-finanziaria del 2007-2008, che nel nostro Paese si è manifestata con qualche anno di ritardo fra il 2011 e il 2012, l’Unione Europea ha provveduto ad attuare una serie di riforme nell’ottica di favorire l’economia e aumentare la crescita economica dei paesi europei.

Infatti se da una parte lo scopo della “Strategia Europa 2020” fu quello di affrontare le debolezze strutturali su questioni economiche e sociali, essa teneva conto anche delle probabili sfide del lungo periodo come la globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione europea nonché la sfida più importante al digital divide, con il quale termine si indica «il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale142.»

La Strategia, approvata dalla Commissione Europea nel 2010, aveva lo scopo di consentire uno sviluppo intelligente, sostenibile ed inclusivo attraverso la simultanea opera dei “sette pilastri”, uno dei quali l’Agenda Digitale Europea.

La concomitanza della crisi finanziaria e l’entrata nella cosiddetta “Quarta Rivoluzione Industriale” o “Industria 4.0” ha fatto sì che l’avvento delle nuove tecnologie amplificasse gli ormai noti pericoli sottesi come: la polarizzazione dei benefici professionali e reddituali; l’aumento della disoccupazione derivata sia dall’obsolescenza di professionalità e di competenze sia dall’aggravamento del gap fra domanda ed offerta di lavoro, nonché l’ampliamento del gap di genere143.

L’accentuazione di tali problemi ha condotto la società sia a ricercare sicurezza nella flessibilità del lavoro sia a ripensare ad un nuovo impianto educativo e formativo in stretta connessione con l’impianto produttivo.

La Rivoluzione digitale, o meglio l’innovazione digitale, quindi ha inciso sul modo di vivere, di lavorare e di gestire le strutture e le caratteristiche dei principali settori di un Paese, tra i quali anche il welfare.

142 Fonte Wikipedia

L’innovazione digitale, la quale ha inciso all’esterno – nell’interazione fra utenti – tra l’esterno e l’interno, ossia fra utente e le organizzazioni, e all’interno, cioè sulle relazioni fra persone che lavorano in una organizzazione, ha diverse caratteristiche: la dematerializzazione; il salto delle mediazioni e la semplificazione.

Con il termine dematerializzazione non ci si riferisce letteralmente solo al processo di riduzione o eliminazione dei supporti cartacei, ma da un lato all’esigenza di “convertire” quest’ultimi in documenti informatici o elettronici - che ne preservino il relativo valore giuridico e probatorio (quindi un passaggio dall’analogico al digitale) - e dall’altro si aggiunge il ripensamento e la riorganizzazione dell’efficienza dei modelli organizzativi e dei servizi che possono essere resi online agli utenti. Nasce da qui l’idea del “salto delle mediazioni” in quanto non vi è più un attore centrale che media fra una struttura e l’altra, ma si mette in relazione diretta domanda ed offerta, in quanto è l’utente stesso ad essere fondamentale nel definire gli output144.

Sulla spinta di queste due connotazioni si instaura la prima fase del processo di digitalizzazione, detta “Internet delle cose”, rappresentata dalla creazione di spazi

cyber-fisici, ossia le piattaforme.

Se da una parte vi sono alcuni studiosi che riconoscono l’innovazione digitale come un fattore positivo in grado di semplificare i caratteri della società - in quanto credono che la tecnologia, fra i tanti problemi, abbia abbattuto l’asimmetria informativa, vista come costo di transazione, sia nella circolazione di conoscenza che nella direzione di favorire l’utenza - vi sono altri che affermano che, soprattutto nel mercato del lavoro, la tecnologia abbia frantumato «la dimensione spazio-temporale dell’ambiente di lavoro, un tempo ben delimitato e presidiato dalla normativa di salute e sicurezza» e abbia intensificato «situazioni caratterizzate da una mancanza di separazione tra vita e lavoro con una reperibilità costante, l’aumento di stress lavoro-correlato e un generale accrescimento del vincolo di subordinazione indiretto che si manifesta nella disponibilità perpetua145.»

Se si procede dunque in maniera celere a legiferare in merito alla tecnologia e simultaneamente a rapportare gli strumenti ormai in uso alla garanzia di diritti dei cittadini, da un’iniziale incertezza e temporeggiamento, la digitalizzazione potrebbe

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E.PEROBELLI, A. ROTOLO, “L’innovazione digitale nei servizi di welfare. Stato dell’arte e prospettive”, White Paper n. 1/2019, OCAP (Osservatorio sul Cambiamento delle Amministrazioni Pubbliche), EGEA

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M.TIRABOSCHI,F.SEGHEZZI,“Il piano nazionale industriale 4.0: una lettura lavoristica”, in Law and Labour Issue, vol. 2, n. 2/2016

apportare una considerevole crescita del benessere individuale, per esempio proprio nei termini di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e facilitare modalità di organizzazione dello stesso - e quindi il benessere organizzativo - in termini di aumento sia della produttività che di competitività delle imprese.

Per innovare quindi si dovranno tenere in considerazione i cittadini, il ruolo strategico ed organizzativo delle aziende, i dipendenti delle stesse che digitalizzano, lo spazio di movimento delle normative istituzionali e l’ambiente di riferimento esterno, come il perimetro istituzionale dove si intercettano anche le opportunità di includere attori terzi del processo.

Anche se il legislatore italiano, nell’ambito della prima fase di “Internet delle cose”, con il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82146 aveva emanato già il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) - con la finalità di assicurare la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e di organizzare tutti gli organi di governo nonché di agire utilizzando nel modo più appropriato le tecnologie dell’informazione e della comunicazione al soddisfacimento degli interessi dei singoli - il pilastro dettato dall’Agenzia Digitale Europea del 2010 è stato recepito ed è stato sviluppato in diverse direzioni quali: il Piano nazionale Banda ultra-larga, con l’obiettivo di incrementare le connessioni veloci ad internet e di conseguenza la possibilità di usufruire dei servizi della Pubblica Amministrazione disponibili; la Strategia per la crescita digitale 2014-2020; il primo Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019, nel quale si declinarono le definizioni di ecosistemi (i settori o aree di intervento assieme alle principali amministrazioni coinvolte) e piattaforme (infrastrutture immateriali); l’istituzione dell’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) nel 2012 e si è concluso con la Legge n. 124/2015 (“Riforma Madia”).

Sulla base del valore esortativo che ha dato il “Libro Bianco sull’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino147” - presentato dall’AgID il 21 marzo 2018, nel quale si richiamava la Pubblica Amministrazione ad intervenire ed implementare nuove soluzioni all’innovazione - nel marzo 2019, ad un anno esatto, il legislatore ha

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Successivamente modificato ed integrato con il d.lgs. 22 agosto 2016, n. 179 e poi con il d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 per promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale

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M.TRESCA,“I primi passi verso l’Intelligenza Artificiale al servizio del cittadino: brevi note sul Libro Bianco dell’Agenzia per l’Italia Digitale”, in Rivista di diritto dei media, n. 3/2018, pp. 240-252

introdotto il nuovo Piano Triennale per l’informatica (2019-2021), con il quale per la prima volta ha tentato di declinare un modello operativo per lo sviluppo e l’evoluzione del sistema informativo, definendo anche i principi fondamentali che regolamentano l’interoperabilità delle infrastrutture nazionali in un modello di cooperazione fra le piattaforme già poste in essere.

L’incoraggiante passaggio dello Stato alla consapevolezza di dover ricorrere anch’esso agli strumenti di intelligenza artificiale per un’azione amministrativa ancora più efficiente, secondo Tresca148 (2018) non è sufficiente a sopperire le ulteriori sfide che si avvertiranno nei prossimi decenni; infatti molto si potrebbe fare per esempio per la sicurezza informatica o ancora nelle soluzioni alternative o innovative di welfare alla luce anche delle nuove forme occupazionali.

La digitalizzazione potrebbe inoltre essere la chiave di volta e far originare effetti positivi anche nella legislazione di alcuni settori spinosi in quanto, mentre alcuni di essi potrebbero essere integrati o modificati, in altri si potrebbe ridurre l’eccesso di regolamentazione.

Qualora ciò avvenga, e in parte sta già avvenendo dalle riforme di riorganizzazione degli anni Novanta, lo Stato acquisirà il nuovo termine di E-Government. Sebbene tale cambiamento molti lo accostino solo all’informatizzazione e alla digitalizzazione generale della Pubblica Amministrazione, si giungerà a declinare la corretta terminologia quando l’utilizzo delle tecnologie innovative comporterà chiaramente un valido contributo al miglioramento dei servizi pubblici erogati ai cittadini (traslando all’ottica di cittadino-cliente-utente) e diminuendo i costi per la collettività. In questo modo il fondamento si avvertirà nel rispetto per il principio della trasparenza seguito dalla responsabilità giuridica (ex art. 43 e ss del Codice dell’Amministrazione Digitale) e dalla tutela giurisdizionale nei confronti degli atti telematici.