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Contiguità pericolose nell’amministrazione locale dell’Attica classica: affari di famiglia, conoscenze altolocate e doni strategici (a margine

del contratto di affitto di una cava di pietra ad Eleusi - SEG LIX 143)

1Tra i contributi più recenti vd. HERMAN2006 e STERNBERG2006.

2 Iniziatore di questo indirizzo di studi sul “bad citizen” può essere a buon diritto

considerato CHRIST2006, cui sono seguiti CHRIST2008, 2010 e 2012. In particolare, CHRIST

2006 ha fatto molto discutere: si confrontino a titolo esemplificativo le recensioni di HERMAN

2008 e di FORSDYKE - SOBOTKOVÁ 2007 (le cui opinioni mi paiono decisamente più

condivisibili). Nel medesimo filone si vedano inoltre: SLUITER- ROSEN2008; FISHER2008;

SANDERS2014.

3Vd., in questo volume, rispettivamente i contributi di G. Cuniberti, M. Bettalli e D.

Daniela Marchiandi

Mediterraneo arcaico per creare e consolidare legami tra individui4, finisce

risemantizzato dall’etica democratica come esercizio corruttivo. In questa prospettiva, il dono, spogliato di ogni forma di reciprocità e divenuto rigorosamente unidirezionale, si carica di finalità altre, volte segnatamente a privilegiare l’interesse di un singolo o di una minoranza più o meno ristretta rispetto a quello della comunità.

La dorodokia, tuttavia, non è l’unica modalità in cui nell’Atene classica gli interessi collettivi entrano in conflitto con quelli individuali, né la gestione della

polis, la guerra o la diplomazia sono i soli ambiti in cui le cariche possono divenire

fonte di guadagni più o meno leciti per coloro che le ricoprono.

Accanto alla corruzione manifesta, infatti, in cui il dono, in genere di denaro, si fa veicolo della richiesta di favori personali, sembra esistere nell’Atene democratica anche quello che potremmo meglio definire un ‘malcostume’, certo più sommerso, e di conseguenza per noi meno facilmente afferrabile, in primo luogo poiché non trova pressoché alcuno spazio nella tradizione letteraria. Esso è piuttosto ricostruibile a partire da labili indizi, indagati principalmente sulla base della ricerca prosopografica effettuata sugli individui coinvolti nell’amministrazione dei beni comuni, incrociando background familiare e reti relazionali. Sembra così di poter cogliere tracce chiare di quella che, con un’espressione presa a prestito dalle sconfortanti cronache dei nostri giorni, potremmo definire ‘zona grigia’, ovvero uno spazio di opacità, dove interessi privati e interessi pubblici si mescolano e si confondono pericolosamente. All’origine paiono esserci principalmente le contiguità, ‘vicinanze’ variamente declinate, in ogni caso certamente favorite dall’organizzazione stessa dello stato ateniese, costruito a base strettamente familiare, demotica e tribale. Il sospetto è che parenti di vario ordine e grado, condemoti e membri della stessa tribù, addestrati alla reciproca solidarietà fin dal servizio militare, si trovassero poi a servire interessi personali e/o di gruppo anche quando investiti di una carica pubblica. I valori finiscono così col divenire disvalori: i legami familiari si fanno familismo e la solidarietà tra vicini si converte in connivenza e comparaggio, ingenerando meccanismi di favoreggiamento e conflitti di interesse più o meno manifesti e tracciabili.

In questa prospettiva, l’ambito dei demoi, ovvero i distretti territoriali e amministrativi in cui era organizzato lo stato ateniese, offre certamente un osservatorio privilegiato. In esso, infatti, si muove ed opera una società che Moses Finley definì efficacemente “face to face”, intendendo evocare un mondo dove quasi tutti si conoscono e hanno relazioni dirette5. È evidente che un contesto di

4Vd., in questo volume, la Premessa di G. Cuniberti e il contributo di C. Antonetti.

5FINLEY1973, 17, che adattava alla società dell’Atene classica nel suo complesso un 132

Contiguità pericolose nell’amministrazione locale dell’Attica classica

questo genere si prestava costituzionalmente, e ben più della polis, a divenire un terreno fertile per affari che intrecciavano strettamente la cura della cosa pubblica con gli interessi squisitamente personali degli individui che esercitavano le cariche nelle istituzioni locali.

È pertanto in questo settore che ho scelto di concentrare l’indagine, puntando l’attenzione su un caso eleusinio che mi sembra particolarmente esemplificativo. Credo, tuttavia, che esso non rappresenti affatto un’eccezione; piuttosto appare eccezionale il numero di spunti di riflessione che offre in merito al tema in oggetto, di fatto in virtù di una serie di fortunate coincidenze, a cominciare dalla singolare ricchezza del dossier documentario relativo.

Come noto, i demoi non erano soltanto entità geografiche ed unità gestionali della polis, ma avevano anche una vita economica molto attiva, che è possibile documentare in dettaglio prevalentemente sulla base di un ricco corpus di iscrizioni6. Sebbene molti aspetti risultino ancora problematici e dunque discussi,

sono ben noti i modi in cui le amministrazioni locali provvedevano a finanziare i diversi capitoli di spesa. In questo quadro, le casse dei santuari erano senza dubbio uno dei settori più dinamici. Agli dei titolari dei numerosi luoghi di culto che costellavano il paesaggio rurale dell’Attica classica appartenevano infatti patrimoni fondiari importanti e capitali di liquidità presumibilmente cospicui, manutenuti e costantemente incrementati mediante l’affitto delle terre e la

modello elaborato nell’ambito degli studi sociologici sull’Inghilterra rurale pre-industriale. In seguito, la teoria è stata ripetutamente discussa e anche ridimensionata, ma essenzialmente

per quanto riguarda il livello della polis: cfr. ex. gr. OSBORNE1985, 64-65; OBER1989, 31-

33; COHEN2000, 104-129 e 2002. Ritengo che a livello locale, soprattutto nei demoi rurali,

l’interpretazione finleyana conservi una validità piena; in questa chiave è ricco di spunti il

contributo di SCHEID-TESSINIER2011.

6In generale, sulla vita economica dei demoi WHITEHEAD1986a, 149-175 rimane un

riferimento imprescindibile. Vd. inoltre OSBORNE 1985 e JONES 2004. La raccolta dei

provvedimenti emanati dai demoi è in WHITEHEAD1986a, 374-393, che certo andrebbe ora

aggiornato. Senza pretese di esaustività, segnalo: STEINHAUER 1992 (SEG XLIII 26,

Acharnai); MATTHAIOU1992-98 (SEG XLVI 149, 154, 173, 247, 314, Aixone); STEINHAUER

2007 (SEG LVII 125, Euonymon); STEINHAUER1998, nnr. 1-3 e STEINHAUER2004-09 (SEG

XLIX 141-143 e SEG LIX 142, Halai Aixonides); BARDANI1992-98 (SEG XLVI 153, Halai

Araphenides); MAKRES 2004 (riedizione di IG I3 253-54 = SEG LIV 57-58, Ikarion);

MATTHAIOU1989 (SEG XXXIX 148, Ionidai e Kydantidai); PLATONOS-GHIOTA2004, 439-

440 (SEG LIV 383, Pergase); MATTHAIOU2000-03 (SEG LI 153, Prasiai); KALOYEROPOULOU

1986 (SEG XXXVI 187, Sphettos). Per Ramnunte ed Eleusi si vedano i nuovi corpora epigrafici IRham e IEleus.

Daniela Marchiandi

concessione di prestiti ad interesse ai privati7. Le rendite servivano in primo luogo

a finanziare i sacrifici, celebrati sia durante le numerose ricorrenze locali, sia durante le feste della polis cui il demos era chiamato a partecipare8. Quello

dell’acquisto delle vittime era infatti, senza dubbio, il capitolo più impegnativo ed oneroso del budget, come ben dimostrano i numeri delle occorrenze attestate nei sei calendari sacrificali demotici giunti fino a noi9. Tutte queste operazioni

finanziarie, di cui le iscrizioni spesso consentono appena di intuire la complessità, avvenivano sotto lo stretto controllo delle autorità laiche del demos, solo occasionalmente affiancate da quelle più propriamente religiose: il demarchos, innanzitutto, ovvero la massima carica amministrativa locale, coadiuvato da magistrature ausiliarie come i tamiai (tesorieri), e poi i sacerdoti e gli

hieromnemones, letteralmente i “ricordatori di cose sacre”, mentre l’agora

(assemblea) dei demotai rimaneva sovrana in tutte le decisioni che concernevano la gestione delle proprietà sacre10.

7Escludo ovviamente dal novero i santuari situati nella chora ma ugualmente sottoposti

al controllo diretto della polis, come quello di Artemide a Brauron e quello di Demetra e Kore

ad Eleusi: sul tema v. ALESHIRE1994; cfr. tuttavia LAMBERT2010a, 164-169 riguardo alla

difficoltà di pronunciarsi con certezza in merito ad alcuni casi. Sui patrimoni fondiari dei

santuari attici ed il loro sfruttamento rimando, da ultimi, a PAPAZARKADAS2011 e a PERNIN

2014, 31-97 e passim; fondamentali sono anche i ragguagli di ROUSSET2013 e c.d.s. Quanto

al ruolo ‘bancario’ dei santuari, anche al di fuori dell’Attica, esso è stato molto indagato negli

ultimi anni: DAVIES 2001; CHANKOWSKI 2005 e 2011; anche in questo caso vd. le utili

puntualizzazioni di ROUSSETc.d.s.

8Sull’intensa vita religiosa dei demoi vd.: MIKALSON1977; WHITEHEAD1986a, 176-

222; PARKER 1987 e 2005, 50-78; HUMPHREYS 2004a; JONES 2004, passim. Sul nesso

rendite-sacrifici vd. PAPAZARKADAS2011, 135-147.

9A titolo esemplificativo, il calendario di Erchia (360-50 a.C.), pervenuto pressoché

integro, elenca poco meno di sessanta sacrifici per un costo totale di oltre 500 dracme (cfr.

DAUX1963, 632 e DOW 1965, 187), mentre l’unica parte completa del calendario della

Tetrapolis (375-50 a.C.), relativa al demos di Maratona, conta ca. quaranta sacrifici per 1200

dracme (cfr. WHITEHEAD1986a, 193 e LAMBERT2000b, 66). Per i calendari demotici in

generale DOW1968 rimane il punto di partenza; cfr. WHITEHEAD1986a, 185-208 e gli studiosi

indicati alla n. 8 supra, che fanno ampio ricorso ai fasti. Nello specifico, poi, ogni documento ha conosciuto vicende di studio diverse ed eterogenee. Sicuramente i calendari di Erchia (SEG

XXI 541 = LSCG 18; cfr. LAMBERT2000a, 75), della Tetrapolis (IG II21358 = LSCG 20; cfr.

LAMBERT 2000b = SEG L 168) e di Thorikos (SEG XXXIII 147 = NGL 1) hanno maggiormente attirato l’attenzione degli studiosi in virtù del loro stato di conservazione. Al contrario, sono molto frammentari e hanno dunque destato un interesse minore i calendari di

Teithras (SEG XXI 542 = LSS 132) e di Eleusi (IG II2 1363 = SEG XXIII 80 = LSCG 7 =

IEleus 175), su cui vd. n. 33 infra.

10 Per le varie cariche ed istituzioni menzionate vd.: WHITEHEAD 1986a, 121-139

(demarchos); 143-144 (tamiai); 86-120 (agora dei demotai); per il demarchos vd. inoltre

Contiguità pericolose nell’amministrazione locale dell’Attica classica

Nel novero degli hiera chremata figurano beni immobili di vario genere: in larga maggioranza si tratta di fondi (temene), talvolta costituiti da vaste tenute agricole con colture diversificate, alberi da frutta e anche edifici annessi11, mentre

è più rara la menzione di infrastrutture di pertinenza dei santuari, come i teatri12.

È al momento privo di confronti, invece, il caso eleusinio in oggetto, dove la proprietà sacra data in locazione consiste in una cava di pietra.

La vicenda è nota da due decreti emanati dal demos di Eleusi ed iscritti su un’unica stele, giunta pressoché integra fino a noi (fig. 1)13. Dal testo si apprende

GEORGOUDI2007 e PAPAZARKADAS2011, 113-114; per il tamias STEINHAUER1992. Gli

hieromnemones rimangono una carica elusiva: si ritiene che avessero a che fare con la gestione

della terra sacra, ma, nel dettaglio dei singoli casi, non è sempre facile distinguere se si tratti di magistrati che operano a livello demotico o piuttosto a livello di gruppi come gene, thiasoi

o orgeones: cfr. FERGUSON1938, 64; COUMANOUDIS- GOFAS1978, 301-302; WHITEHEAD

1986a, 182-184; LAMBERT1999, 125-128; PAPAZARKADAS2011, 143-144, 198-199; vd. anche

n. 24 infra. Il fatto che le proprietà sacre fossero sottoposte al controllo di magistrati ed istituzioni ‘secolari’ ha sempre suscitato la perplessità dei commentatori, propensi ad estendere al mondo antico la visione moderna che distingue nettamente tra la sfera laica e quella religiosa. In realtà, il fenomeno si spiega bene alla luce di una concezione della religione profondamente diversa da quella attuale, dove il sacro era fortemente ‘embedded’ nelle

strutture della società e dunque anche nella politica: vd. RHODES2009; cfr. CONNOR1988 e,

più in generale, BORGEAUD1994. Il dato ha ovviamente ricadute importanti nel dibattito,

tuttora molto acceso, su temi cruciali quali il regime di proprietà delle terre sacre e la

distinzione tra fondi hiera e fondi demosia, per cui rimando, inter alia, a: MAFFI1982, BLOK

2010 e 2014, MIGÉOTTE2011 (a proposito di IG I3258, da Plotheia), ROUSSET2013 e c.d.s.;

cfr. anche, in una diversa prospettiva, DREHER2015.

11Vd. ex. gr. il temenos di Neleos, Kodros e Basile nei suburbi di Atene (IG I384 =

PERNIN2014, 32-42, nr. 2; cf. BRUN2005a, nr. 130) e il temenos di una dea anonima, quasi

sicuramente Nemesi, a Ramnunte (IRhamn 180 = PERNIN 2014, 64-69, nr. 12). Per la

definizione di temenos vd. da ultimo PAPAZARKADAS2011, 3-4.

12È il caso del teatro di Mounychia, al Pireo (Agora XIX L13), il cui affitto è da qualche

anno al centro di un vivace dibattito: cfr. CSAPO2007, 90-94; WILSON2010, 59-62; SLATER

2011; CARUSI 2014. Una situazione simile sembra attestata ad Acharnai da un decreto

frammentario, che regola i doveri del demarco e del tesoriere in merito alla locazione del

teatro locale: IG II21206, con testo migliorato da PAPAZARKADAS2007, 167-169 (D3) e

CSAPO2007, 94-95 (SEG LVII 124); cfr. WILSON2010, 62-66. Per il valore sacro dei teatri,

a tutti gli effetti da considerare come parte integrante dei santuari dedicati a Dioniso, in cui

di norma si trovano, vd. PAPAZARKADAS2011, 141, n. 197.

13Museo di Eleusi, inv. E 1140 (Magazzini 6796, Λ. 27). Nonostante l’ottimo stato di

conservazione complessivo della pietra, la rimozione della spessa crosta d’argilla che la

ricopriva ha reso incerta la lettura di alcuni passaggi. Dopo l’editio princeps di COUMANOUDIS

- GOFAS1978 (= SEG XXVIII 103 e «BE» XCII, 1979, nr. 185), l’iscrizione è stata oggetto

di altre revisioni autoptiche, in particolare ad opera di K. Clinton (IEleus 85) e di S. Allipheri,

che ne ha migliorato la lettura (ALLIPHERI2009 = SEG LIX 143, qui citata come edizione di

Daniela Marchiandi

che la cava era sacra all’Eracle dell’Akris, certo da intendere come il titolare di un santuario locale, di fatto uno dei tanti dedicati all’eroe e sparsi nel territorio dell’Attica14. Tale luogo di culto, che il toponimo sembra associare ad un’altura,

rimane al momento da localizzare, verosimilmente su una delle basse colline che dominano l’area dell’abitato antico15. In ogni caso, tale Herakleion non risulta

menzionato da altre fonti, a dispetto della presumibile importanza rivestita dal culto di Eracle ad Eleusi, in primo luogo in ragione del ruolo giocato dall’eroe nel ciclo iniziatico dei Misteri, e fin dall’età arcaica16. Più in generale, è possibile

riferimento); cfr. anche AMPOLO1982, 252; SCHWENK1985, nr. 43; NGL 2; BRUN2005a, nr.

146.

14SEG LIX 143, l. 22 (testo migliorato da S. Allipheri): ἐπειδή εἰσὶν ἱεραὶ τοῦ Ἡρακλέως

τοῦ ἐν Ἄκριδι (con riferimento a τὰς λιθοτομίας della l. 21). Tra le divinità non olimpiche Eracle è in vetta alla classifica dei culti più diffusi nell’Attica classica, come notava già MIKALSON1977, 433, prima della pubblicazione dell’iscrizione relativa al santuario eleusinio

in esame. In generale, sul tema vd.: WOODFORD1971; VERBANCK-PIÉRARD1989, 51 e 1995;

JOURDAIN-ANNEQUIN1998a, 355-359; VIKELA 1997, passim e 2011, 173-175; STAFFORD

2012, 176-180; per il culto di Eracle salutare in particolare vd. VIKELA 2006, passim e

GORRINI2015, 181-218 (con ampia raccolta e disamina dei documenti).

15La pietra fu rinvenuta nel 1970 in giacitura secondaria, reimpiegata in una casa tardo-

romana sita nell’attuale cittadina di Elefsina, all’incrocio tra le odoi Nikolaidou e G. Pavlou (ex Hygieias), dunque a brevissima distanza dall’ingresso del santuario di Demetra: vd. O. Alexandri, «AD», XXIX, 1973-74, B’ (Chron.), 167, tav. 121γ. Dalla stessa area proviene anche un rilievo votivo post-ellenistico dedicato ad Eracle, recuperato in giacitura secondaria nel 1888, presso la chiesa di Hag. Zakarias, ed oggi conservato al Museo Nazionale di Atene

(inv. 1462); esso è sicuramente da riferire al culto in oggetto: TAGALIDOU1993, 44-45 n. 187,

ripresa da WOLF1998, 84-85. Sono ignoti, invece, i luoghi di rinvenimento di altri rilievi

dedicati all’eroe che COUMANOUDIS- GOFAS1978, 296 segnalavano nel Museo di Eleusi. Il

topononimo Ἄκρις, che l’iscrizione riferisce inequivocabilmente sia alla cava (ll. 4-5, 21-22) che al santuario (ll. 19, 22-23, 32-33, 45), è un hapax, ma rimanda chiaramente al sostantivo ἄκρον, con cui si fa in genere riferimento alla cima di una collina; cfr., nei Fasti di Erchia, un luogo del demos denominato ἐπὶ τοῦ Ἄκρου, menzionato due volte come sede di svolgimento di un sacrificio (SEG XXI 541, col. IV, ll. 4-5, 8-9). Nella topografia di Eleusi tre sembrano essere i possibili candidati: la collina che domina il santuario di Demetra, comunemente identificata come l’acropoli, una seconda altura più bassa contigua ad ovest, su cui si estendeva l’abitato, ed una terza collina decisamente più alta, sita ancora più ad ovest, appena fuori dai limiti dell’insediamento, ed oggi sovrastata da una torre franca; per la reciproca posizione vd. TRAVLOS1949, 139 fig. 1 e 1988, 104 fig. 105. La breve campagna di scavo condotta da Philios nel 1892 sulla sommità della collina più occidentale, indubbiamente la candidata migliore per ragioni di morfologia, ha rivelato l’esistenza di fortificazioni ellenistiche, ma

non ha dato esiti significativi in merito al santuario: vd. PHILIOS1892, 32-33. La maggioranza

degli studiosi ha pertanto guardato all’acropoli e alla collina contigua, dove sono peraltro segnalate tracce di cave antiche e moderne: vd. n. 17 infra.

16Come noto, Eracle fu iniziato ai Misteri eleusini prima di scendere nell’Ade: per le

fonti letterarie relative vd. la rassegna di LLOYD-JONES1967, cui va aggiunto un nuovo testo

Contiguità pericolose nell’amministrazione locale dell’Attica classica

che la cava in oggetto fosse una di quelle da cui si estraeva il famoso melas lithos o eleusiniakos lithos o ancora eleusiniake petra, un calcare di colore nero-bluastro considerato peculiare del demos tanto da averne derivato il nome, il cui uso è ben attestato nell’architettura attica tra l’età arcaica e quella tardo-classica (VI-IV sec. a.C.)17.

pubblicato da COLOMO2004. Non a caso, a partire dal 540 ca. a.C., un vasto dossier vascolare

rappresenta l’eroe in compagnia delle dee eleusinie oppure con l’attributo del backhos, tipico

dei mystai: vd. BOARDMANet al. 1988, 806-808; cfr. VANSTRATEN1976. In particolare, si

noti che Eracle gioca un ruolo cruciale nei Piccoli Misteri, che si svolgevano presso l’Ilisso, nel distretto suburbano di Agrai, nel mese di Anthesterion (febbraio-marzo), vale a dire sette mesi prima dei Grandi Misteri di Boedromion (settembre-ottobre). Secondo la tradizione, infatti, essi erano stati istituiti da Demetra appositamente per purificare l’eroe dopo l’impresa dei Centauri, così da consentirne l’iniziazione ai Grandi Misteri: Diod. IV, 14, 3; Schol. Ar.

Pl. 845; Tz. Schol. Ar. Pl. 842. Nel mito eracleo, dunque, era contenuta l’eziologia della

propedeuticità dei Piccoli Misteri rispetto ai Grandi, che è ben attesta a partire dall’età classica: Pl. Grg. 497c cum Schol.; Plu. Demetr. 26; Clem. Al. Strom. IV, 1, 3, 1 e V, 11, 71, 1-2; Schol. Ar. Pl. 845. Proprio sulla base dell’importanza di Eracle, l’eroe ‘pisistrateo’ per eccellenza, nell’aition di fondazione dei Piccoli Misteri, diversi studiosi hanno proposto di attribuirne

l’istituzione al tiranno: vd. BOARDMAN1975; VALDÉSGUIA- MARTINEZNIETO2005. In

generale, su Eracle ad Eleusi vd. anche: MYLONAS1961, 205-208, 239-240; VANSTRATEN

1979, 190-191; TAGALIDOU1993, 65-70; VERBANCK-PIÉRARD1995, 117. Per una panoramica

sui Grandi e sui Piccoli Misteri, con riferimenti all’ampia bibliografia, mi permetto di

rimandare a MARCHIANDI- TOFI2010 e MARCHIANDI2011b, 487-489.

17Gli studiosi hanno concentrato l’attenzione prevalentemente sull’uso della pietra di

Eleusi nel V sec. a.C., quando i suoi effetti cromatici e decorativi furono valorizzati sapientemente dagli architetti periclei, in primo luogo nei Propilei, nell’Eretteo, nell’Hephaisteion, oltre che nel Telesterion eleusinio, come dimostrano sia i rendiconti (vd.

IG I3474, ll. 40-41, 198-199 per l’Eretteo e IG I3395 = IEleus 23, ll. 12-13 per il Telesterion),

che i riscontri archeologici: in merito rimando a SHOE1949. Si deve alla studiosa la teoria

secondo cui, a partire dalla fine del V e poi più diffusamente durante il IV sec., lo stesso ruolo

sia stato assunto dal marmo grigio-blu dell’Imetto: cfr. ex. gr. TOWSEND2004, 311-312. In

realtà, localmente, la pietra scura di Eleusi fu molto utilizzata sia prima del V sec., per es. nello zoccolo delle mura in poligonale che circondarono il temenos di Demetra nell’età di

Pisistrato, sia per tutto il corso del IV sec.: vd. MYLONAS1961, passim. I riscontri sono

numerosi, sia sul terreno che nel dossier epigrafico relativo ai vari cantieri che si susseguirono

nel santuario e non solo: vd. IG II21666 = IEleus 143, B, ll. 70, 76, 82-83 per il portico del

Telesterion progettato alla metà ca. del IV sec.; IG II21672 = IEleus 177, l. 53 per una torre

del recinto del temenos restaurata nel 329/8 a.C.; MAIER1959, nr. 19 = IEleus 174, ll. 38-39

(con lettura migliorata) per una porta delle mura urbane intorno al 330 a.C.; per i riscontri archeologici nelle strutture del Prostoon vd. pp. 147, 151 infra. A fronte del ricco dossier relativo all’uso del materiale, rimane incerta la sua origine. Solo in due casi, entrambi contenuti nel contratto relativo alle fondazioni del Prostoon, si parla di blocchi provenienti

“dalla cava di Eleusi” (IG II21666 = IEleus 143, B, ll. 73 e 79: ἐκ τῆς Ἐλευσῖνι λιθοτομίας),

ma è impossibile stabilire se l’informazione vada generalizzata, ipotizzando dunque l’esistenza di un unico punto di estrazione nel demos, oppure se vada strettamente circoscritta al contesto,

Daniela Marchiandi

I due decreti furono iscritti, forse da mani diverse18, l’uno sotto l’altro. A

separarli vi è la rappresentazione a rilievo di una corona d’olivo, al cui interno è raffigurato un grande vaso dalla forma peculiare, che con ogni probabilità va riconosciuto come una οἰνιστηρία, ovvero una tipologia ritenuta propria del culto eracleo19. Sopra e sotto il rilievo, l’ordine dei provvedimenti, sia logico che

cronologico, è curiosamente invertito.

indicando, nel caso specifico, la fornitura da un’unica cava, come personalmente considero

più verosimile. Mi pare difficile, pertanto, ritenere, con ALLIPHERI2009, 191 n. 10, che la

cava nota per via epigrafica sia quella di Eracle sull’Akris, che verrebbe così ad essere la sola fonte di approvvigionamento dell’eleusinikos lithos. Non meno problematica è stata poi la ricerca della pietra scura nell’ambito della topografia eleusinia. Travlos guardò al versante nord della collina dell’abitato; qui, tra le molte tracce di cave moderne, egli individuò anche le tracce di una cava antica, tuttora visibile, dove riconobbe le caratteristiche della pietra usata

negli edifici noti: TRAVLOS1949, 139 fig. 1 e 144 n. 18; cfr. TRAVLOS1988, 104 fig. 105.

Questa è l’ipotesi entrata nella letteratura (se pure talvolta venga erroneamente indicata

l’acropoli piuttosto che la collina contigua): vd. ex. gr. COUMANOUDIS- GOFAS1978, 297;

TOWSEND2004, 311, n. 23; ALLIPHERI2009, 183, n. 3 e 190, n. 7 con fig. 2. Lo stesso Travlos, tuttavia, altrove si mostrava più incerto: notando i non trascurabili costi di trasporto della

pietra eleusinia registrati nel rendiconto degli epistatai del 329/8 a.C. (IG II21672 = IEleus.

177, ll. 53-54), puntava l’attenzione su una collina sita ad una maggiore distanza, a nord della