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La corruzione come ‘reato pretestuoso’ nell’Atene di età classica

1Cod. pen., art. 318-320.

2In realtà, solo recentemente (L. 190/2012: cfr. D.lgs. 231/2001) e in maniera piuttosto

‘nebulosa’, il legislatore ha sentito la necessità lessicale di rimarcare il reato anche nell’ambito privatistico – in materia di diritto societario – riformulando quanto previsto in Cod. civ., art. 2635, che passa dall’esplicita fattispecie di «infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità» a quella più generica di «corruzione tra privati», che però concerne nello specifico «gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti

contabili societari, i sindaci o i liquidatori». Cfr. la raccolta di studi curata da ACQUAROLI-

FOFFANI2003, cui si aggiunga MAZZOTTA2013, 347-445.

3L’inquadramento giuridico del reato nell’Atene di età classica è tutt’altro che pacifico,

poiché in astratto non parrebbe esistere un’azione specifica tesa a sanzionare il reato di corruzione (δωρωδοκία): dal punto di vista normativo, il riferimento in Aristotele (Ἀθ. πολ. 54, 2) scarnamente riporta che ἐὰν δέ τινα δῶρα λαβόντα ἐπιδείξωσιν (sc. οἱ λογισταὶ καὶ συνηγόροι) καὶ καταγνῶσιν οἱ δικασταί, δώρων τιμῶσιν, ἀποτίνεται δὲ καὶ τοῦτο δεκαπλοῦν, senza fornire dettagli più tecnici, mentre soltanto Arpocrazione (s.v. δώρων γραφή: ὁπότε τις αἰτίαν ἔχοι τῶν πολιτευομένων δῶρα λαβεῖν, τὸ ἔγκλημα τὸ κατ’ αὐτοῦ διχῶς ἐλέγετο, δωροδοκία τε καὶ δώρων γραφή. Δείναρχος οὖν λόγον μέν τινα ἐπέγραψε κατὰ Πολυεύκτου δωροδοκίας, ἐν δὲ τῷ κατὰ Πυθέου ξενίας πολλάκις ὀνομάζει τὴν τῶν δώρων γραφήν) ne

Pietro Cobetto Ghiggia

caso della corruzione di minore, laddove comunque il vocabolo, pure foriero di conseguenze giuridiche, va inteso in tutt’altra accezione, in quanto legato ad aspetti etici e sessuali4).

Nell’oratoria attica, a partire dalla fine del V secolo per proseguire nel IV, vi sono discorsi vertenti su episodi di corruzione5 che, comunque, vedono

protagonisti esclusivamente cittadini in veste di pubblici ufficiali accusati di non avere ottemperato il proprio mandato per interesse privato.

Sotto tale aspetto, non ci si allontana molto da quanto lamentava Esiodo, circa la successione paterna assegnata giudiziariamente: «ἤδη μὲν γὰρ κλῆρον ἐδασσάμεθ’, ἄλλα τε πολλὰ / ἁρπάζων ἐφόρεις μέγα κυδαίνων βασιλῆας / δωροφάγους, οἳ τήνδε δίκην ἐθέλουσι δικάσσαι»6. I basileis rivestono, comunque,

una funzione ‘pubblica’ e il loro comportamento corrisponde in pieno ad una condotta corruttiva così come generalmente s’intende7. Anzi, il loro è il caso più

classico, quello del giudice o, comunque, del pubblico ufficiale, corrotto da dazioni di beni.

Per tornare all’età storica, si può concentrare l’attenzione sull’Atene del V secolo, prendendo in esame i rari episodi in cui ritorna il riferimento alla corruzione che presumibilmente comportò conseguenze in sede giudiziaria8:

attesterebbe l’esistenza. Sulla dubbia probanza del passo, cfr. comunque LIPSIUS1905-1915=

1966, 401-403; MACDOWELL1983, 74-76; HASHIBA2006, 67-74: le uniche altre attestazioni

di età classica chiamate in causa, ossia Aeschin. In Timarch. [III] 232, e Demosth. In Mid. [XXI] 104, alludono semplicemente ad azioni in sede legale per indebita ricezione di δῶρα o χρήματα, ma non implicano affatto che formalmente fossero riconducibili alla γραφὴ δώρων:

vd. ancora HARRISON1971=2001, 15 e 81, che la dà per scontata senza porsi dubbi, come, in

seguito, anche TODD1993, 106, MASTROCINQUE1996, 18 (ove si accenna pure a una non

ben identificata γραφὴ δωροδοκίας) e ancora CUNIBERTI2014 A, 22 (con sinossi dei passi

salienti a 22-25): cfr. CONOVER2014, 92-94. Per un’analisi lessicale del ‘vocabolario’ inerente

la corruzione, vd. HARVEY1985, 82-89.

4Cod. pen., art. 609 quinquies «Corruzione di minorenne» e successive modifiche (L.

172/2012, art. 4; D.lgs. 39/2014, art. 1).

5Una raccolta dei casi attestati è reperibile in TAYLOR2001, 58-61. Vd., oltre al recente

contributo monografico di CONOVER2010, 81-211 (cfr. anche ID. 2014, 84-86), STRAUSS

1985, 67-74

6Hes. Op. 37-39: «Già infatti dividemmo il kleros e tu molti altri beni / cercavi di

arraffarti, blandendo grandemente i basileis / mangiatori di doni che vogliono esprimere una simile dike».

7 Sull’interpretazione di δωροφάγοι con accezione non limitata ad un contesto di

corruzione, proposta originariamente da HIRZEL1907, 414 e 421, seguito ancora da CORDANO

1996, 5-8 (che non vi fa esplicito riferimento), vd. il commento di VERDENIUS1985, 39, con

bibliografia anteriore, e più di recente MALAMIS2012, 26-27.

8In particolare si tratteranno gli episodi in cui un cittadino Ateniese in veste di pubblico

ufficiale avrebbe subito conseguenze legali, seguendo l’elenco di TAYLOR 2001, 58-59,

completo di fonti.

La corruzione come ‘reato pretestuoso’ nell’Atene di età classica

1. Milziade corrotto dai Persiani (anno 489)

Le fonti, concordemente, riportano che il vincitore di Maratona finì sotto processo per presumibili comportamenti corruttivi, ma il capo di accusa è quello di tradimento della patria9, o anche di inganno nei confronti degli Ateniesi10. Va

altresì sottolineato che il ruolo di presunto corruttore sarebbe stato rivestito da un ‘agente esterno’ ad Atene, nella fattispecie il Gran Re.

2. Cimone corrotto dai Macedoni (anno 463)

Solo Plutarco11parla apertamente di donativi che Cimone avrebbe ricevuto

da Alessandro per non invadere la Macedonia e che gli costarono un processo, in sede di rendicontazione (εὔθυναι)12del suo mandato di stratego. Non vi è alcun

cenno al tipo di causa per la quale sarebbe stato giudicato, ma si è presunto che si sarebbe trattato di una ‘procedura per direttissima’, ossia di una εἰσαγγελία13.

Il presunto corruttore è un ‘agente esterno’.

9 Nep. Vit. Milt. 7, 5: proditionis (sia pure perché Milziade sarebbe stato a rege

corruptus).

10 Herodot. VI, 136: Ἀθηναίων ἀπάτη (cfr. Demosth. Adv. Lept. [XX] 135: per le

caratteristiche tecniche di tale imputazione, altresì nota come ἀπάτη τοῦ δήμου, vd. HARRISON

1971=2001, 168-169), sui cui cfr. le prudenti osservazioni di SCOTT2005, 441, che, pur

adombrando l’ipotesi per cui Milziade avrebbe potuto essere sottoposto a una procedura di εἰσαγγελία (per cui vd. infra, 127, n. 38), ritiene che il caso fosse stato discusso in sede di

δικαστήριον popolare; cfr. ancora SCOTT 2005, 643, per i più che condivisibili dubbi

sull’effettivo tentativo di corruzione da parte dei Persiani, che, in realtà, non avrebbe avuto motivazioni cogenti. Si tenga infine presente che Plutarco (Cim. 4, 3), Demostene (In Aristog.

2 [XXVI] 6) e Diodoro Siculo (X, 29) riportano solamente che Milziade subì una condanna,

senza fare alcun cenno – tranne, ovviamente, all’incomprensibile abbandono della missione a Paro – al capo d’imputazione esaminato in sede processuale.

11 Cim. 14, 3: (sc. Κίμων) αἰτίαν ἔσχε δώροις ὑπὸ τοῦ βασιλέως Ἀλεξάνδρου

συμπεπεῖσθαι, καὶ δίκην ἔφυγε τῶν ἐχθρῶν συστάντων ἐπ’ αὐτὸν (cfr. Plut. Per. 10, 6, ove, con probabile allusione all’episodio, si osserva che Cimone avrebbe rischiato la pena capitale). Aristotele (Αθ. πολ. 27, 1) al proposito rammenta che Pericle κατηγόρησε τὰς εὐθύνας Κίμωνος στρατηγοῦντος νέος ὤν: formalmente, si sarebbe trattato di una messa in stato di

accusa a livello di rendicontazione; vd. ORANGES2016, 88-89 con completa bibliografia

antecedente.

12 Raccolta della dottrina sulla procedura in ORANGES 2016, 84, n. 14. Immediati

ragguagli in HARRISON1971=2001, 208-211.

13Vd. HANSEN1975, 71. Sul caso specifico vd. inoltre CARAWAN1987, 167-208, e

ORANGES2013, 21-30.

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3. Callia corrotto dai Persiani (anno 449, o, più probabilmente, 465-46414)

Al di là dei dubbi sull’episodio15, Callia avrebbe subito la corruzione nel

contesto di un ambasceria presso la corte di Artaserse: anche in questo caso il corruttore sarebbe un ‘agente esterno’, mentre l’azione cui fu sottoposto sarebbe stata una γραφὴ παραπρεσβείας16sorta nell’ambito di εὔθυναι.

4. Lachete corrotto dai Siciliani (anno 425)

La sola fonte a testimoniare – o meglio, ad insinuare – la corruzione dello stratego inviato in Sicilia nell’anno 427 e ivi rimasto sino all’inverno del 425 è Aristofane, a ritmo di spassosissime boutades. Anche in questo caso i corruttori sarebbero ‘esterni’, ma l’aspetto più interessante è forse rappresentato dalla descrizione del tipo di processo che Lachete avrebbe subito…sennonché, si tratta di una farsa17. Tuttavia, l’identificazione del ‘capo di accusa’ del tragicomico

processo con la fattispecie di corruzione sembra più frutto d’interpretazione, poiché, a più riprese, Labete avrebbe anzitutto rubato il formaggio siciliano, tranne che poi l’atto di accusa è quello di «averlo mangiato da solo»18. Pare pacifico che

14Vd. l’attenta analisi di ORANGES2016, 86-87, con completo status quaestionis, anche

circa la veridicità dell’episodio (87, n. 38).

15De facto, l’unica testimonianza risale a Demosth. De fals. leg. [XIX] 274: ἐκεῖνοι

τοίνυν, ὡς ἅπαντες εὖ οἶδ’ ὅτι τὸν λόγον τοῦτον ἀκηκόατε, Καλλίαν τὸν Ἱππονίκου ταύτην τὴν ὑπὸ πάντων θρυλουμένην εἰρήνην πρεσβεύσαντα, ἵππου μὲν δρόμον ἡμέρας πεζῇ μὴ καταβαίνειν ἐπὶ τὴν θάλατταν βασιλέα, ἐντὸς δὲ Χελιδονίων καὶ Κυανέων πλοίῳ μακρῷ μὴ πλεῖν, ὅτι δῶρα λαβεῖν ἔδοξε πρεσβεύσας, μικροῦ μὲν ἀπέκτειναν, ἐν δὲ ταῖς εὐθύναις πεντήκοντ’ ἐπράξαντο τάλαντα.

16 Si noti che l’esistenza di un simile tipo di causa poggia esclusivamente sulla

testimonianza di Poll. VIII, 40 (con riferimento, però, all’ordinamento spartano), e VIII, 46: ἰδίως δὲ ἡ κατὰ τῶν πρεσβευτῶν γραφὴ παραπρεσβείας ἐλέγετο. Va da sé quindi che non si tratti, formalmente, di un tipo di azione teso a sanzionare la corruzione, ma l’inadempienza

al corretto svolgimento del ruolo di ambasciatore: cfr. comunque ORANGES2016, 87, n. 40,

che, condivisibilmente, accenna pure all’εἰσαγγελία quale procedura esperibile in simili casi.

17D’altra parte non esisterebbero altre attestazioni, né si può ricostruire il contesto in cui

l’episodio sarebbe avvenuto: cfr. comunque MASTROMARCO1974, 57-64 per un’eventuale

datazione del contenzioso a ridosso della messa in scena delle Vespe (anno 423). Un’analisi dell’atteggiamento sul tema della corruzione dei personaggi pubblici e sul suo uso da parte di

Aristofane è reperibile ora in CUNIBERTI2014 B, 3-18.

18Vd. Aristoph. Vesp. 894-897: ἀκούετ’ ἤδη τῆς γραφῆς. ἐγράψατο / Κύων Κυδαθηναιεὺς

Λάβητ’ Αἰξωνέα / τὸν τυρὸν ἀδικεῖν ὅτι μόνος κατήσθιεν / τὸν Σικελικόν. τίμημα κλῳὸς σύκινος. Il presunto reato sarebbe inesistente, ma si può facilmente pensare che si tratti di un parodosso aristofaneo, per cui Labete va condannato…per non avere diviso con altri ‘suoi

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Aristofane alluda ad una condotta corruttiva tenuta da Lachete (e la storpiatura del nome ne è forse la prova più tangibile, in aggiunta ad altri motteggi19) ma,

nello specifico, se mai si potesse individuare sotto il versante formale il tipo di reato perseguito nell’improbabile tribunale delle Vespe, si potrebbe pensare a un furto20(o truffa) ai danni dello Stato, che sorgerebbe in concreto dalla corruzione

di cui Lachete si sarebbe macchiato in veste di pubblico ufficiale. Gli ignoti corruttori – Σικελοί – sarebbero ‘esterni’.

5. Sofocle, Eurimedonte, Pitodoro corrotti in Sicilia (anno 424)

Tucidide narra che Ἀθηναίων ἀπέπλευσαν μετὰ ταῦτα ἐκ Σικελίας. ἐλθόντας δὲ τοὺς στρατηγοὺς οἱ ἐν τῇ πόλει Ἀθηναῖοι τοὺς μὲν φυγῇ ἐζημίωσαν, Πυθόδωρον καὶ Σοφοκλέα, τὸν δὲ τρίτον Εὐρυμέδοντα χρήματα ἐπράξαντο, ὡς ἐξὸν αὐτοῖς τὰ ἐν Σικελίᾳ καταστρέψασθαι δώροις πεισθέντες ἀποχωρήσειαν21.

Si trattò dell’esito insoddisfacente della conduzione della cosiddetta ‘prima spedizione ateniese in Sicilia’: nella pratica i tre strateghi furono accusati di non avere svolto correttamente il loro mandato perché corrotti, e quindi di avere tradito le aspettative degli Ateniesi22, ma formalmente la loro inadempienza sarebbe stata

degni compari’ – nella fattispecie Cleone, il cane di Cidatene (cfr. Aristoph. Vesp. 915-917) – il frutto della sua condotta criminale: sul tema del ‘sistema corrotto’ che coinvolge qualunque cittadino che si dedichi alla pubblica amministrazione, particolarmente sentito da Aristofane,

con vena di profondo pessimismo, vd. ancora CUNIBERTI2014 A, 28-34 (cfr. ID., 2012, 295-

304) per un’approfondita analisi dei casi reperibili nella produzione del commediografo.

19Vd. Aristoph. Vesp. 240-243 (ἀλλ’ ἐγκονῶμεν, ὦ ’νδρες, ὡς ἔσται Λάχητι νυνί· /

σίμβλον δέ φασι χρημάτων ἔχειν ἅπαντες αὐτόν / χθὲς οὖν Κλέων ὁ κηδεμὼν ἡμῖν ἐφεῖτ’ ἐν ὥρᾳ) e 920-925.

20Accusa che ritorna più volte: vd. Aristoph. Vesp. 933, 953 e soprattutto 961, ove

Filocleone, riferendosi a Labete, afferma che avrebbe voluto che quest’ultimo fosse analfabeta così da non potere presentare un rendiconto «taroccandolo». Il riferimento riporta subito a un contesto di εὔθυναι che, insieme alla richiesta della pena di esilio o morte (Vesp. 897-898), si

collocherebbe in modo coerente in una procedura di εἰσαγγελία: cfr. HANSEN1975, 35-36.

21Thuc. IV, 65, 3: cfr. Philoch. FGrHist 328 F 127=Schol. Aristoph. Vesp. 240, che si

limita a riportare solo la notizia della condanna di Sofocle e Pitodoro, proprio nel commento ai versi che alludono alla corruzione di Lachete analizzata poc’anzi.

22Tali sono le considerazioni che porteranno Nicia a ritardare la partenza dalla Sicilia

nell’anno 413, come riportate in Thuc. VII, 48, 3-4: εὖ γὰρ εἰδέναι ὅτι Ἀθηναῖοι σφῶν ταῦτα οὐκ ἀποδέξονται, ὥστε μὴ αὐτῶν ψηφισαμένων ἀπελθεῖν. καὶ γὰρ οὐ τοὺς αὐτοὺς ψηφιεῖσθαί τε περὶ σφῶν [αὐτῶν] καὶ τὰ πράγματα ὥσπερ καὶ αὐτοὶ ὁρῶντας καὶ οὐκ ἄλλων ἐπιτιμήσει ἀκούσαντας γνώσεσθαι, ἀλλ’ ἐξ ὧν ἄν τις εὖ λέγων διαβάλλοι, ἐκ τούτων αὐτοὺς πείσεσθαι. τῶν τε παρόντων στρατιωτῶν πολλοὺς καὶ τοὺς πλείους ἔφη, οἳ νῦν βοῶσιν ὡς ἐν δεινοῖς ὄντες, ἐκεῖσε ἀφικομένους τἀναντία βοήσεσθαι ὡς ὑπὸ χρημάτων καταπροδόντες οἱ 105

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sanzionata probabilmente attraverso il ricorso alla consueta procedura per direttissima dell’εἰσαγγελία23. Gli ignoti corruttori – Σικελοί – sarebbero ‘esterni’.

Con l’approquinquarsi alla fine del V secolo e, soprattutto, alla disfatta di Atene del 404, i casi in cui le fonti parlano apertamente di corruzione si riducono24

a due episodi:

6. Anito che corrompe un’intera giuria ateniese (anno 409)

La notizia ha suscitato più di un sospetto per la veridicità25: al di là comunque

di tali considerazioni, può risultare interessante ricostruire i fatti sulla base delle fonti in proposito, tenendo conto che Anito finì sotto accusa per avere fallito nella missione, in qualità di stratego, di riportare Pilo fra gli alleati di Atene. Si tenga altresì conto che, sulla scorta degli esempi sinora analizzati, l’accusa di corruzione presuppone che l’eventuale convenuto rivesta una carica pubblica e che non svolga il suo mandato correttamente e quindi sia sottoposto a giudizio, laddove però nel concreto si adombra un comportamento corruttivo, ma formalmente l’accusa sia di tradimento della patria.

Diodoro26 e Plutarco27confermano questa fattispecie; Aristotele (Ἀθ. πολ.,

στρατηγοὶ ἀπῆλθον. οὔκουν βούλεσθαι αὐτός γε ἐπιστάμενος τὰς Ἀθηναίων φύσεις ἐπ’ αἰσχρ’ τε αἰτίᾳ καὶ ἀδίκως ὑπ’ Ἀθηναίων ἀπολέσθαι μᾶλλον ἢ ὑπὸ τῶν πολεμίων, εἰ δεῖ, κινδυνεύσας τοῦτο παθεῖν ἰδίᾳ. Si può notare come Nicia ritenga quasi una ‘prassi’ in caso di insuccesso militare l’accusa di corruzione contro gli strateghi di turno, indipendentemente o meno dal fatto che il crimine avesse avuto effettivamente luogo.

23Essa poteva scaturire anche indipendentemente dal contesto di εὔθυναι: cfr. HANSEN

1975, 38-39. Specificamente sul caso, vd. CATALDI1996, 37-63, cui si aggiungano le puntuali

osservazioni di ORANGES2016, 90, n. 69.

24Il giudizio espresso circa i comportamenti di sicofanti quali Epigene, Demofane e

Clistene in Lys. [Δημ. καταλ.] ἀπολ. [XXV] 26, tratteggiati come individui τοιοῦτοι…ὥστε τοὺς μὲν ἡμαρτηκότας ἀργύριον λαμβάνοντες ἀφιέναι, τοὺς δὲ μηδὲν ἠδικηκότας εἰς ὑμᾶς εἰσιόντες ἀπολλύναι, non può essere riferito a eventi precisamente circostanziabili ma pare

avere una forte coloritura ‘morale’: per il rapporto fra sicofantia e corruzione, vd. DOGANIS

2007, 37-63; CUNIBERTI2014 A, 24 e 25 n. 16, 31 n. 35, 36.

25In tale senso, si rimanda alla recente analisi di LENFANT2016, 258-274 (completa dei

riferimenti agli interventi in materia), che pone motivati dubbi sull’episodio.

26XIII, 64, 6: ἃ δὴ πυθόμενος ὁ τῶν Ἀθηναίων δῆμος ἐξαπέστειλε τοῖς πολιορκουμένοις εἰς βοήθειαν ναῦς τριάκοντα καὶ στρατηγὸν Ἄνυτον τὸν Ἀνθεμίωνος. οὗτος μὲν οὖν ἐκπλεύσας, καὶ διά τινας χειμῶνας οὐ δυνηθεὶς τὸν Μαλέαν κάμψαι, ἀνέπλευσεν εἰς Ἀθήνας. ἐφ’ οἷς ὁ μὲν δῆμος ὀργισθείς, καὶ καταιτιασάμενος αὐτοῦ προδοσίαν, μετέστησεν εἰς κρίσιν· ὁ δ’ Ἄνυτος ἰσχυρῶς κινδυνεύων ἐρρύσατο χρήμασι τὴν ἰδίαν ψυχήν, καὶ πρῶτος Ἀθηναίων δοκεῖ δικαστήριον δωροδοκῆσαι. 27Marc. Cor. 14, 6: Ἀθήνησι δὲ λέγεται πρῶτος ἀργύριον δοῦναι δικασταῖς Ἄνυτος ὁ 106

La corruzione come ‘reato pretestuoso’ nell’Atene di età classica

27, 5) si concentra maggiormente sull’atto che avrebbe commesso Anito nei confronti della giuria: ἤρξατο δὲ μετὰ ταῦτα καὶ τὸ δεκάζειν, πρώτου καταδείξαντος Ἀνύτου μετὰ τὴν ἐν Πύλῳ στρατηγίαν. κρινόμενος γὰρ ὑπό τινων διὰ τὸ ἀποβαλεῖν Πύλον, δεκάσας τὸ δικαστήριον ἀπέφυγεν28. Anito sarebbe

quindi il corruttore e non, come osservato nei casi precedenti, il corrotto, ossia lo stratego di turno che fallisce l’incarico assegnatogli e subisce l’accusa formale di tradimento della patria cagionata dall’essere stato oggetto di corruzione. Nulla però vieta di ritenere che il processo subito da Anito avesse avuto luogo proprio secondo queste modalità29 e che costui, a volere prestare fede alle tre fonti

succitate30, da corrotto si fosse trasformato in corruttore, riuscendo a ‘convincere’

un’intera giuria senza subire ulteriori conseguenze per quest’ultimo crimine commesso31. Se si potesse accettare che il processo intentato ad Anito per

tradimento della patria contemplasse nelle accuse di merito quella consueta di

Ἀνθεμίωνος, προδοσίας περὶ Πύλου κρινόμενος ἐν τοῖς Πελοποννησιακοῖς ἤδη τελευτῶσιν, ὁπηνίκα τὸ χρυσοῦν ἔτι γένος καὶ ἀκήρατον ἐν Ῥώμῃ τὴν ἀγορὰν κατεῖχεν.

28Sulla cronologia della missione a Pilo, cfr. RHODES1981=1993, 343-344.

29 Cfr. HANSEN 1975, 84; CONOVER 2010, 282, n. 63 (anche per la raccolta delle

attestazioni e della dottrina).

30Contra LENFANT2016, 260-263, sempre a proposito di Anito ‘corruttore’. Resta dubbio

quanto accennato da Isocrate (In Callimach. [XVIII] 23: anno 402), all’indomani della caduta dei ‘Trenta’, secondo cui – per quanto nell’ambito di una strategia argomentativa utile alla sua perorazione – «Trasibulo e Anito, pur essendo i più potenti in assoluto tra quelli che stavano in città ed eppure privati di molte ricchezze, pur conoscendo coloro che avevano intentato le procedure di apographe nei loro confronti, non osarono né intentare cause, né

vendicarsi dei torti subiti». L’ἀπογραφή (per la quale si rimanda ad HARRISON1971=2001,

211-217) poteva derivare anche da una condanna per malversazione o corruzione – reale o presunta che fosse – nell’esercizio di una carica pubblica (cfr. e.g. Lys. In Philocr. [XXIX] 11), ma non risulta semplice collegare a un episodio preciso tale riferimento, né, almeno a prima vista, riportarlo alle inadempienze che Anito avrebbe commesso nella missione a Pilo.

31Cfr. CONOVER2010, 283, e sp. n. 65 per il riferimento a quanto narrato in Lys. In

Philocr. [XXIX] 12, ove i compari di Ergocle dicevano che «per opera loro sarebbero stati

corrotti cinquecento cittadini del Pireo e seicento dell’asty», ma al personaggio non fu sufficiente per sfuggire alla condanna a morte. Anche in questo contesto, si ritrova il caso di un pubblico ufficiale sottoposto a una serie di accuse tra cui spicca la corruzione (cfr. Lys. In

Erg. [XXVIII] 11) attraverso la consueta εἰσαγγελία – e quindi sotto il profilo formale

l’imputazione doveva essere quella di tradimento della patria –, che avrebbe esercitato a sua volta la corruzione sui componenti di un’ipotetica giuria. Parebbe difficile supporre che si potesse corrompere i singoli componenti di consessi giudicanti di tali dimensioni, come confermerebbero anche, per quanto d’incerta datazione e attribuzione, le considerazioni di

[Xenoph.] Ath. resp. 3, 7 (vd. al proposito, WANKEL1982, 37-38): cfr. tuttavia Isocr. In

Callimach. [XVIII] 11, ove Senotimo è presentato come τοῦ τοὺς νόμους διαφθείραντος καὶ

τὰ δικαστήρια δεκάζοντος καὶ τὰς ἀρχὰς λυμαινομένου καὶ πάντων κακῶν αἰτίου, sia pure

nella foga oratoria e senza riferimenti a episodi precisi (vd. LENFANT2016, 259, n. 4). Si

vedano altresì le pur sempre utili considerazioni di CALHOUN1913, 64-77, sp. 65, n. 2.

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corruzione – vera o meno che fosse –, presumibilmente subita dagli Spartani, che così avrebbero conservato Pilo, anche in questo caso i corruttori sarebbero ‘esterni’. Eccezionale, invece, – pur sempre dal punto di vista formale –, sarebbe la corruzione esercitata da Anito, ateniese, verso una giuria di Ateniesi…ammesso che essa abbia veramente avuto luogo.

7. Adimanto corrotto dagli Spartani (anno 405)

Pausania, a proposito del disastro ateniese di Egospotami, riporta chiaramente che Adimanto e Tideo, in veste di strateghi, abbandonarono la flotta alla merce di Lisandro perché corrotti dagli Spartani32. Va tuttavia osservato che le altre fonti

sull’episodio, più che focalizzare la loro attenzione sulla corruzione, mettono in rilievo che si trattò di un tradimento della flotta e conseguentemente della patria33:

tale fu con ogni probabilità il capo di imputazione che Adimanto si trovò ad affrontare in un successivo processo, forse causatogli, stando a un cenno di Demostene, da Conone, collega di strategia a Egospotami34. Ancora una volta, la

corruzione sarebbe stata effettuata da ‘agenti esterni’ – gli Spartani capitanati da Lisandro –, mentre il reato, sotto il profilo giuridico, sarebbe stato catalogabile nella fattispecie dell’alto tradimento da parte di un pubblico ufficiale perseguibile attraverso εἰσαγγελία35.

32Cfr. Paus. IV, 17, 3: φαίνονται δὲ οἱ Λακεδαιμόνιοι καὶ ὕστερον, ἡνίκα ἐπὶ Αἰγὸς

ποταμοῖς ταῖς Ἀθηναίων ναυσὶν ἀνθώρμουν, ἄλλους τε τῶν στρατηγούντων Ἀθηναίοις καὶ Ἀδείμαντον ἐξωνησάμενοι; X, 9, 11: προδοθῆναι γὰρ ἐπὶ χρήμασιν ὑπὸ τῶν στρατηγησάντων, Τυδέα δὲ εἶναι καὶ Ἀδείμαντον οἳ τὰ δῶρα ἐδέξαντο παρὰ Λυσάνδρου.

33Cfr. Xenoph. Hell. II, 1, 32, ove non vi è alcun cenno a un eventuale corruzione subita

da Adimanto: poiché fu l’unico degli strateghi ateniesi a scampare all’esecuzione sommaria ordinata da Lisandro, ᾐτιάθη μέντοι ὑπό τινων προδοῦναι τὰς ναῦς. Praticamente letterale è la corrispondenza con Lys. In Alc. 1 38: (sc. Alcibiade) ἐτόλμησε τὰς ναῦς Λυσάνδρῳ μετὰ Ἀδειμάντου προδοῦναι. Ancora di προδοσία parla Plutarco (Alc. 37, 2), in una versione dei fatti favorevole ad Alcibiade, che, anzi, avrebbe subodorato tale intenzione criminosa negli strateghi di Egospotami. In particolare sul comportamento di Adimanto a Egospotami, vd. KAPELLOS2009, 257-275.

34De fals. leg. [XIX] 191. Se, tuttavia, Conone, dopo la fuga da Egospotami, rientrò in

Atene solo nel 393, bisogna supporre che l’accusa esperita contro Adimanto avrebbe avuto luogo a distanza di dieci anni dall’evento.

35Cfr. HANSEN1975, 68; BEARZOT1996, 71-92. Va ancora ricordato un episodio di

manifesta corruzione che però ebbe luogo in una situazione governativa del tutto eccezionale, durante la cosiddetta ‘tirannia dei Trenta’ (anno 404-403), e che, per ovvi motivi, non comportò strascichi legali: Lisia (In Eratosth. [XII] 9-11, sp. 9), in prima persona, narra che «ἐγὼ δὲ Πείσωνα μὲν ἠρώτων εἰ βούλοιτό με σῶσαι χρήματα λαβών· ὁ δ’ ἔφασκεν, εἰ πολλὰ εἴη».

La corruzione come ‘reato pretestuoso’ nell’Atene di età classica

Sino allo ‘spartiacque istituzionale’ rappresentato dal governo dei ‘Trenta’, ad Atene, non parrebbe esistere, formalmente, un reato di corruzione: tutto ciò, a scanso di equivoci, non significa certamente che «la corruzione non esistesse», poiché nella pratica se ne sono riscontrate attestazioni che stando alle fonti paiono essere abbastanza certe. Più semplicemente la corruzione subita dal pubblico ufficiale non è sanzionata in quanto reato di per sé, ma come comportamento doloso che dà origine a quello più grave possibile per la πόλις: il tradimento della patria, le cui conseguenze sotto il profilo sanzionatorio sono di durezza estrema, ben più di quelle che probabilmente avrebbero colpito il reo se mai fosse esistita una mera azione ‘per avere ricevuto doni’36. Non pare casuale, infatti, che pure i

casi di corruzione attestati per il IV secolo37, sotto il profilo giuridico, presentino

caratteristiche e seguano un iter che è pienamente corrispondente a quelli sinora esaminati e che può essere riassunto schematicamente nel modo seguente.

a) Pubblico ufficiale o comunque cittadino rappresentante lo Stato che viene meno ai suoi doveri a causa di episodi corruttivi perpetrati nei suoi confronti da ‘agenti esterni’ ossia non ateniesi.

b) Procedure sanzionatorie ad hoc pesantissime38, laddove l’accusa di

‘corruzione’ costituisce la causa generante del reato propriamente detto che però consiste nell’attentato contro le istituzioni.

D’altra parte, nel pensiero giuridico dell’Atene di età classica, almeno per quanto concerne la formalizzazione del reato di corruzione, neanche a partire dal fatidico arcontato di Euclide parrebbe sussistere un’azione specificamente definita in una tale fattispecie: anche il discorso di Lisia che la tradizione intitola ἀπολογία δωροδοκίας a favore di un ignoto convenuto, collocabile poco dopo l’anno 403- 402, in realtà, sotto il profilo procedurale si caratterizza come una εὔθυνα o, tutt’al più, come una γραφὴ κλοπῆς δημοσίων χρημάτων39, quand’anche nel merito sia

36Simile esigenza è quella sentita dal nostro legislatore nella recentissima L. 69/2015,

ove all’art. 1 si può osservare un almeno apparente inasprimento delle pene…senza giungere a quelle previste sin dalle origini nella demokratia dell’Atene classica.

37Vd. ancora TAYLOR2001, nr. 17-34, 60-61.

38 Riportate e analizzate in HARRISON 1971=2001, 201-217 (δοκιμασία, εὔθυναι,

ἀπογραφή); 49-57 (εἰσαγγελία), 50, per la sua ‘straordinarietà’ («Il carattere peculiare di questa procedura contemplava che l’atto di cui si era accusati fosse ritenuto una seria minaccia all’ordine pubblico – anche se in taluni casi ledeva solamente la sfera del singolo –, che se ne assicurasse una rapida riparazione e che l’attore o l’accusatore non fossero soggetti alla multa di mille dracme se non ottenevano un quinto dei voti o lasciassero cadere l’accusa così come avveniva per gli attori nelle γραφαί»).

39Cfr. GERNET- BIZOS1926=19623, 72.

Pietro Cobetto Ghiggia

abbastanza chiaro che tutta la vicenda possa avere avuto origine da una corruzione subita nell’ambito della gestione di un incarico pubblico40.

Certo, resta aperto il quesito di fondo, rappresentato – almeno per la sensibilità odierna – dalla discrepanza nel diritto penale attico fra il merito del reato e quanto – dal punto di vista giudiziario – venga sanzionato, come a dire di fronte a un’ipotetica giuria: «l’imputato è stato corrotto nell’esercizio di pubbliche funzioni; è condannato per alto tradimento». Il legislatore attico si trova di fronte, nel caso della corruzione, a una difficoltà nella catalogazione del delitto, forse dovuta alla gravità della minaccia che rappresenta per lo Stato: non è tanto