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Capitolo 2: Strumenti giuridici per il superamento della crisi

2.1. Il risanamento

2.1.4. Continuazione o liquidazione?

Nel predisporre un piano di risanamento, una delle domande più difficili a cui rispondere è quella se scegliere l’alternativa della liquidazione oppure quella della continuità aziendale67.

Questo tema è fondamentale se si vogliono soddisfare al meglio le diverse esigenze degli

stakeholder.

La valutazione che si deve effettuare deve tener conto che l’obiettivo è quello di massimizzare gli interessi degli attori coinvolti nel piano, minimizzando allo stesso tempo i costi redistributivi connessi all’operazione, ponendo particolarmente attenzione al rispetto dei vincoli legislativi imposti.

Per raggiungere tale risultato, non si può prescindere da una corretta valutazione dell’azienda, sia che si intraprenda la strada della liquidazione, sia che si decida per la continuità. La valutazione è utile, inoltre, per cercare di raggiungere la massima utilità per la collettività.

Tuttavia, la valutazione di un’impresa in crisi non è affatto semplice, soprattutto se si considera il mercato italiano il quale, come è stato detto precedentemente, non è particolarmente sviluppato per affrontare le situazioni di crisi, a differenza di quello statunitense. In questo mercato, infatti, anche per situazioni analoghe, il metodo di valutazione è spesso quello dei multipli di mercato (comparables) o dei metodi finanziari68.

Per quanto riguarda il contesto italiano, per la valutazione delle aziende in situazioni di

distress, viene in aiuto il documento redatto dal Consiglio Nazionale dei Dottori

Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) e dalla Società Italiana dei Docenti di Ragioneria e di Economia Aziendale (SIDREA), nel quale vengono integrati i Principi Italiani di Valutazione con delle linee guida per poter analizzare anche le imprese in crisi69.

67 Dalla crisi al risanamento: risanabilità e interessi prevalenti, G. Dossena, 2004.

68 Per ulteriori approfondimenti sui metodi valutati utilizzati nel mercato americano per le imprese in crisi, se vede: Valuing companies in Corporate Restructuring, S. Gilson, 2000.

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Anche nelle situazioni di distress, la valutazione deve comunque tenere in considerazione i due principi cardine enunciati dai Principi Italiani di Valutazione.

Il primo principio (PIV I.1.1.) recita:

“La valutazione è un giudizio ragionato che si fonda su stime e non è mai il risultato di un mero calcolo matematico”.

Con questa affermazione si suole ricordare che il concetto di prezzo e quello di valore, possono essere anche molto divergenti tra loro, in quanto il valore è una stima razionale, ma che tiene conto di una componente soggettiva, mentre il prezzo è funzione delle condizioni di mercato e delle caratteristiche soggettive sia di chi vende che di compra. Il secondo principio (PIV I.1.2.) invece, afferma:

“Il giudizio di valutazione deve essere formulato obiettivamente e non deve sovra- (o sotto-) rappresentare il risultato della valutazione”.

Questo secondo principio vuole ricordare che la valutazione deve essere prudente, ma questo non significa che il valore attribuito all’impresa debba essere volutamente sottostimato, altrimenti si compirebbe una valutazione sbagliata. Purtroppo, però, la sottovalutazione di un’azienda in crisi è assai comune, soprattutto se la società ha intrapreso una procedura concorsuale.

Inoltre, le Linee Guida affermano che non è possibile applicare come metodo valutativo quello dei multipli, principalmente per due ragioni:

1. Le imprese in crisi non possono essere paragonate né in termini qualitativi, né in termini quantitativi con altre imprese che sono invece attive e sane sul mercato; 2. L’assenza di un mercato delle aziende in distress in Italia.

Escludendo, quindi, il metodo dei comparables, è possibile utilizzare tutti gli altri metodi valutativi come quello reddituale, finanziario, patrimoniale e misto.

In particolare, se l’azienda si trova in uno stato di crisi irreversibile, e quindi l’unica soluzione possibile è quella della liquidazione, allora è opportuno utilizzare il metodo patrimoniale, in quanto l’impresa deve essere vista come un insieme di singoli beni, che possono essere realizzati autonomamente. Con questo metodo, il valore aziendale che si ottiene è dato dalla somma degli asset che si riescono a realizzare, a cui viene sottratto il valore di cessazione delle attività.

Tuttavia, adottando questa metodologia, si deve anche considerare la distruzione di valore aziendale, soprattutto per quanto riguarda i beni immateriali, che avverrebbe con l’interruzione dell’attività.

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Quindi, in fase di valutazione, non si deve solamente applicare una formula in maniera meccanica e fare delle considerazioni sul valore così ottenuto: uno degli aspetti fondamentali da considerare è la consistenza degli asset immateriali che formano il valore dell’impresa, fatto che rende indispensabile una buona base informativa70. Nel caso l’ammontare delle attività immateriali sia molto consistente, spesso la scelta della liquidazione si dimostra inefficiente.

Se, invece, l’impresa potrà continuare a svolgere la sua attività, e quindi continuerà in futuro a produrre flussi economici e finanziari, anche dopo una ristrutturazione, allora viene suggerito il metodo di attualizzazione dei flussi di risultato; in particolare, il metodo finanziario (Discount Cash Flow method) è il più indicato, in quanto la situazione dell’azienda non è stabilizzata, ma vi sono diversi fattori evolutivi che possono entrare in gioco. Per questo motivo, essendo il metodo economico/reddituale utilizzato soprattutto nelle situazioni stabilizzate, è preferibile quello finanziario, che permette di costruire i flussi futuri in modo analitico71.

Si noti che in questo caso, il tasso di attualizzazione da utilizzare per scontare i flussi di cassa futuri, che si prevede l’azienda possa realizzare una volta superata la crisi, deve incorporare la maggiore incertezza dovuta alla buona riuscita del piano di risanamento. Infatti, se il piano non dovesse andare a buon fine, durante il periodo in cui si cerca di attuarlo, si assisterebbe ad una distruzione di valore, che invece non si avrebbe se si fosse deciso immediatamente di seguire la strada della liquidazione.

Una volta calcolati i due valori, si deve procedere con la loro comparazione, al fine di vedere se il valore di liquidazione (𝑊𝑙𝑖𝑞) dell’azienda è maggiore, uguale o minore di quello di going concern (𝑊𝑔𝑐), e poter dunque evincere la convenienza di intraprendere l’una o l’altra procedura.