• Non ci sono risultati.

Capitolo 2: Strumenti giuridici per il superamento della crisi

2.2. Gli strumenti giuridici per il superamento della crisi

2.2.2. Il concordato preventivo

2.2.2.2. Il concordato preventivo post-riforma

Il concordato preventivo è stato profondamente riformato a partire dal 2005 ed è attualmente disciplinato dal Titolo III della Legge Fallimentare, agli articoli 160 – 186- bis.

I cambiamenti che sono intervenuti hanno portato ad un mutamento culturale in tema di crisi, superando soprattutto il requisito di meritevolezza dell’imprenditore e spostando il focus su elementi più oggettivi della gestione della crisi, come i piani di risanamento e la conservazione del complesso produttivo.

L’idea di base era quella di non disperdere fattori produttivi e posti di lavoro, e di non danneggiare il Pil locale e nazionale, oltre a fornire alternative facili da intraprendere, specie considerando che il fallimento non consentiva il conseguimento degli esiti ottimali

0% 20% 40% 60% 80% 100%

Con Cessione Misto Garantito

46% 34% 10% 19% 31% 50% 34% 34% 39%

65

per l’impresa e i creditori ed, inoltre, era visto come una sconfitta sia per il vertice aziendale che per il tessuto imprenditoriale nel suo complesso.

Il fine di questo istituto, quindi, è quello di permettere il risanamento dell’impresa e il mantenimento dei complessi produttivi96.

Anche per questa procedura, come per l’accordo di ristrutturazione, è l’imprenditore, che versa in uno stato di crisi, ad avere la facoltà di farvi ricorso presentando un piano ai propri creditori, in cui deve essere rappresentata:

• La modalità di ristrutturazione dei debiti e di soddisfacimento dei creditori, che può avvenire in diverse forme: cessione di beni, accollo, operazioni straordinarie, attribuzione di azioni, quote, obbligazioni (anche convertibili) o altri strumenti finanziari ai creditori;

• La ripartizione delle attività all’assuntore delle aziende con interesse nella proposta di concordato;

• La divisione in classi omogenee dei creditori, sia per quanto riguarda la loro posizione giuridica che gli interessi economici;

• I diversi trattamenti riservati a creditori appartenenti alla stessa classe.

Una volta che l’imprenditore presenta la domanda, se il tribunale riscontra la presenza dei presupposti fissati dalla legge e, quindi, valuta la fattibilità del piano sia dal punto di vista giuridico che economico, allora ammette l’impresa alla procedura e fissa una data per l’adunanza dei creditori, indicando anche il giudice delegato e il commissario giudiziale. Analogamente a quanto viene previsto negli accordi di ristrutturazione, dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, i creditori che avevano contratto debito in un momento antecedente all’ammissione da parte del tribunale non possono né cominciare o continuare azioni esecutive sul patrimonio dell’impresa, né ottenere diritti di prelazione sui beni dell’imprenditore, senza che vi sia stata l’autorizzazione del giudice (art. 168 L.F.). In aggiunta, non sono efficaci le ipoteche giudiziali che sono state iscritte nei 90 giorni che hanno preceduto la domanda di concordato. I debiti che, invece, sorgono in prossimità della procedura, o anche successivamente all’ammissione, vengono considerati debiti di massa e quindi beneficiano della prededuzione. La ratio sottostante a questo trattamento dei debiti prossimi o successivi all’ammissione è la tutela dei fornitori, per incentivarli a continuare a cooperare con l’azienda in crisi.

66

Il commissario giudiziale ha il compito di controllare l’operato del vertice aziendale, il quale prosegue nell’amministrazione dei beni aziendali e nella gestione della stessa. Chiaramente vi sono delle limitazioni ai poteri che continua ad esercitare l’imprenditore: ad esempio, gli atti di straordinaria amministrazione devono essere autorizzati dal giudice, pena l’inefficacia degli stessi nei confronti dei soggetti che erano creditori prima del concordato. Tuttavia, il tribunale potrebbe indicare una soglia di valore, al di sotto della quale l’autorizzazione non è necessaria (art. 167 L.F.).

Alla data di adunanza dei creditori viene discussa la proposta formulata dall’imprenditore e posta al voto. Affinché il concordato possa essere omologato, la proposta deve riceve voto favorevole sia dalla maggioranza dei creditori votanti sia dalla maggioranza delle classi. Nel computo delle maggioranze devono essere considerati anche i voti pervenuti nei successivi 20 giorni, assieme ai voti non espressi, che si ritengono a favore.

Se vengono raggiunti i suddetti quorum, ha inizio la fase giudiziale (art. 180 L.F.). Con l’omologa del tribunale, che deve avvenire entro 6 mesi dalla presentazione della domanda (art. 181 L.F.), comincia l’implementazione del piano; al contrario, se, il tribunale non omologa il piano, l’impresa viene dichiarata fallita.

Nel caso di concordato con la cessione dei beni, nella fase di omologa il tribunale nomina anche il liquidatore.

A differenza dei piani di ristrutturazione, quando il concordato è stato omologato diviene esecutivo per tutti i debitori, anche per quelli che si sono opposti. In realtà, vi è una particolare tipologia di accordo di ristrutturazione, introdotta nel 2015, che prevede l’estensione degli effetti dell’omologa anche ai creditori che non vi hanno aderito. Tale fattispecie è perseguibile qualora l’impresa sia particolarmente esposta verso le banche e gli intermediari finanziari. All’accordo partecipano unicamente tali soggetti e, se rappresentano il 75% del totale dei relativi crediti, allora le conseguenze dell’omologa sono estendibili anche agli altri intermediari97.

Se alla conclusione del concordato vi sono degli asset in esubero, seppur trattasi di un caso poco frequente, questi tornano all’imprenditore. Se, invece, il piano non può essere implementato nei tempi pattuiti dall’imprenditore, i creditori possono richiederne la risoluzione.

97 La gestione dei crediti deteriorati: un’indagine presso le maggiori banche italiane, L. Carpinelli, G. Cascarini, S. Giacomelli e V. Vacca, in Questioni di Economia e Finanza, 2016.

67

In conclusione, con il concordato il vertice aziendale può valutare e scegliere tra la liquidazione degli asset, la riduzione dell’esposizione debitoria, e la cessione a terzi della totalità delle attività ancora funzionanti.

Nel contratto di concordato, a differenza della procedura regolata all’art. 182-bis, la natura privatistica è maggiormente temperata, in quanto è necessario il voto favorevole della maggioranza dei creditori per la sua esecuzione e, raggiunta la maggioranza, diventa vincolante anche per i dissenzienti.

Inoltre, si può notare come il concordato sia orientato verso la continuità dell’impresa e, quindi, al risanamento dalla crisi. Questo è desumibile dal fatto che i voti non pervenuti vengano conteggiati come favorevoli e dalla tutela che viene posta a chi continua a contrarre debito con essa.