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Il contrasto, ingenerato dal mancato espresso coordinamento tra le due discipline, cominciò, tuttavia, ad essere affrontato e risolto dagli interpreti optando per la loro

reciproca integrazione.

289

. La giurisprudenza, pertanto, da un lato riconosceva la

circostanza che la legge n. 241 del 1990, nel far riferimento alla "riservatezza di terzi,

persone, gruppi ed imprese" come limite all'esercizio del diritto di accesso, non fornisse

alcuna idonea descrizione normativa del contenuto di detto limite, con la conseguenza

che tale carenza dovesse essere colmata dalla precisa indicazione dei dati personali nei

termini in cui essi venivano disciplinati dalla legge n. 675 del 1996

290

. Da tale

considerazione veniva fattto derivare la conseguenza che, anche in presenza di una

domanda di accesso, la comunicazione di dati personali contenuti nei documenti

richiesti dovrebbe avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalla legge n. 675 del

1996, condizioni che, tuttavia, per i soggetti pubblici sono contenute nell'art. 22,

comma 3 della legge, secondo il quale tali soggetti possono trattare i dati sensibili,

inclusi quelli attinenti alla salute, soltanto su autorizzazione di "espressa disposizioni di

legge nelle quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni

eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite", e nell'art. 27, comma 5

della legge medesima, secondo cui "la comunicazione e la diffusione dei dati personali

da parte dei soggetti pubblici a soggetti privati…sono ammesse solo se previste da

                                                                                                                         

289 Il concetto di riservatezza non è, infatti, nella legge n. 241/1990, ma nella legge sul trattamento dei

dati personali in particolare in materia di comunicazione e diffusione dei dati da parte dei soggetti pubblici cui occorre aver riguardo per l’operatività delle connesse disposizioni della legge n. 241/1990, in tema di accesso agli atti amministrativi. Si veda Cons. di Stato, VI, 26 gennaio 1999, n. 59, cit. le due normative, piuttosto che porsi in un rapporto di indifferenza o di conflitto, parrebbero integrarsi e completarsi a vicenda, come sottolineato in dottrina da R. FERRARA, Premesse ad uno studio sulle banche dati delle pubbliche amministrazioni: fra regole della concorrenza e tutela della persona, cit., spec. 562 e ss.

 

290 Si veda Cons. di Stato, VI, 26 gennaio 1999, n. 59,secondo cui l’art. 43, 2° comma, afferma che

"restano ferme le disposizioni della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 5 giugno 1990, n. 135, e successive modificazioni, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, nonché le vigenti norme in materia di accesso ai documenti amministrativi ed agli archivi di Stato". Il Supremo Collegio in merito affermava espressamente “Si può convenire che alla stregua dell'art. 43 citato la legge n. 675 del 1996 non può modificare quelle parti della disciplina del diritto di accesso, che trovano una compiuta regolamentazione nella legge n. 241 del 1990. Non si può invece, concordare, con l'affermazione, implicita nell'iter argomentativo della sentenza (impugnata), che la legge n. 675 del 1996 non sia in grado di proiettare i suoi effetti anche sul rapporto che, alla stregua della legge n. 241 del 1990, intercorreva tra contenuto della riservatezza e diritto di accesso.

norme di legge o di regolamento"

291

. Tale interpretazione portava, dunque, ad

affermare che, con l’entrata in vigore della legge n. 675 del 1996, nel caso di richiesta di

accesso a documenti contenenti dati personali sensibili relativi a terzi, posseduti da una

Pubblica amministrazione, “il diritto alla difesa prevale su quello alla riservatezza solo

se una disposizione di legge espressamente consente al soggetto pubblico di

comunicare ai privati i dati oggetto della richiesta”

292

. In sostanza, la soluzione

prescelta dalla giurisprudenza maggioritaria, denominata “doppio binario”, stabiliva

che, per i dati comuni (ossia non sensibili) l’accesso doveva essere consentito solo per

la tutela di interessi rilevanti ed essere limitato alla sola presa visione del documento,

mentre per i dati sensibili, l’accesso sarebbe stato consentito solo là dove fosse presente

una specifica disposizione di legge che evidenziasse le finalità di pubblico interesse, le

operazioni eseguibili ed i dati trattabili

293

. Dunque, in presenza di documenti contenenti

dati personali non sensibili, il contrasto tra le due tutele si doveva risolvere alla luce del

limite modale

294

, mentre nell’ipotesi opposta avrebbe prevalso la tutela della

                                                                                                                         

291 Si veda Cons. di Stato, VI, 26 gennaio 1999, n. 59, in Corr. giur., 1999, 488, con nota di S. SICA,

Privacy o trasparenza? Un falso dilemma. ” … da ciò la conseguenza che dopo l'entrata in vigore della legge n. 675 del 1996, nel caso di richiesta di accesso a documenti contenenti dati personali sensibili relativi a terzi posseduti da una pubblica amministrazione, il diritto alla difesa prevale su quello alla riservatezza solo se una posizione di legge espressamente consente al soggetto pubblico di comunicare a privati i dati oggetto della richiesta. Non costituisce ostacolo a tale conclusione la circostanza, messa a rilievo della sentenza appellata, che numerose disposizioni di legge consentono, ed in alcuni casi impongono, al datore di lavoro di conoscere, sia pure a mezzo di un medico designato, le condizioni di salute dei lavoratori”.

292Cons. di Stato, VI, 26 gennaio 1999, n. 59, in Gior. dir. amm., 1999, 547, con nota di M.

BOMBARDELLI, Nuovi orientamenti giurisprudenziali sul rapporto fra diritto di accesso e riservatezza  

293 Secondo questa interpretazione , dunque, l’actio ad exhibendum non può prescindere dalla previsione

di cui all’art. 22, c. 3, della l. 675/1996, che autorizza il loro trattamento soltanto allorché vi sia una espressa disposizione di legge che espressamente consente al soggetto pubblico di comunicare a privati i dati oggetto della richiesta. Si veda Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59, in Giust. civ., 1999, I, 2205, con nota di G. GUERRA, L’accesso ai documenti amministrativi, la difesa di interessi giuridici e la tutela della riservatezza, alla luce del nuovo d.leg. n. 135 del 1999. In dottrina si veda, M. OCCHIENA, Diritto di accesso, atti di diritto privato e tutela della riservatezza dopo la legge sulla privacy, in Dir. proc. amm., 1998, 407.  

294 Si veda Cons. di Stato, VI, 22 ottobre 2002, n. 5814; Cons. di Stato, V, 8 settembre 2003, n. 5034;

Cons. di Stato, IV, 15 settembre 2003, n. 5148; Tar Abruzzo, Pescara, 14 giugno 2002, n. 533, in Foro amm. TAR, 2002, 2929, con nota CAVALLARO, Diritto d’accesso ai documenti amministrativi e tutela della privacy: un difficile equilibrio?; Tar Veneto 24 dicembre 2002, n. 6278; Tar Lazio, Roma, 24 dicembre 2002, n. 14080; Tar Lazio, Roma, 1 febbraio 2003, n. 581; Tar Marche 4 febbraio 2003, n. 25; Tar Campania, Salerno, 12 febbraio 2003, n. 121, cit.; Tar Campania, Napoli, 27 marzo 2003, n. 3032; Tar Lazio, Latina, 12 maggio 2003, n. 506.  

riservatezza

295

. L'interesse alla riservatezza, tutelato dalla normativa mediante una