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Solamente con l’entrata in vigore della Legge 675/1996 277 , la riservatezza viene classificata come un diritto fondamentale ed autonomo dell’ordinamento oggetto di una

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

veda Ad. Plen., 04 febbraio 1997, n. 5 e Cons. di Stato, IV, 29 gennaio 1998, n. 115, in CdS, 1998, I, 40 le quali, tra l’altro osservano che, da un lato, “l’art. 25, primo comma, dopo aver indicato le due modalità tipiche di esercizio del diritto di accesso (esame e copia), aggiunge che l’esercizio del diritto avviene nei modi e con i limiti stabiliti dalla legge n. 241 (…e…) i limiti possono ben essere intesi nel senso che sia consentita una sola delle due modalità di esercizio dell’accesso, vale a dire quella prioritaria e al tempo stesso meno forte, cioè l’esame, o visione che dir si voglia”, dall’altro, “in tema di atti che pongono esigenze di tutela della riservatezza altrui, è lo stesso legislatore ad operare un bilanciamento degli interessi in gioco, consentendo sì l’accesso ove la conoscenza degli atti sia necessaria per curare o difendere gli interessi giuridici del richiedente, ma limitando al tempo stesso il diritto ad una sola delle sue modalità di esercizio, quella informativa”. Ad avviso della giurisprudenza, inoltre, tale bilanciamento di interessi non può “dirsi irragionevole, discriminatorio, o penalizzante il diritto di difesa giurisdizionale”, perché, per un verso, “il diniego di copia degli atti deve essere opposto dall’Amministrazione nei limiti in cui sia necessario alla tutela della riservatezza dei terzi…non solo nel senso…della necessità di una individuazione analitica degli atti o parti di essi che pongono l’esigenza di salvaguardare l’altrui riservatezza…ma anche nel senso che ove determinati atti solo in parte interessino l’altrui privacy, l’Amministrazione deve consentirne l’estrazione di copia con omissis, cancellando materialmente i riferimenti ai terzi e, più in generale, le parti degli atti che impingono nell’altrui sfera privata” . Si vedano, in tal senso anche le più recenti Cons. di Stato, IV, 22 novembre 2005, n. 6524; Cons. di Stato, V, 7 settembre 2004, n. 5873;; Tar Lombardia, Milano, 8 novembre 2004, n. 5716; Tar Lazio, Roma, 27 gennaio 2005, n. 670. Altra parte della giurisprudenza poi osserva che , per l’altro, “il diniego di copia non si traduce in una vanificazione del diritto di difesa giudiziaria, perché ove gli atti o parti di atti di cui si è negata la copia siano effettivamente rilevanti ai fini dell’instaurazione di un procedimento giurisdizionale, ove questo venga effettivamente iniziato, è sempre possibile per il ricorrente chiedere al giudice adito di ordinare all’Amministrazione l’esibizione e il deposito degli atti nell’ambito del processo”; Cons. di Stato, VI, 1 ottobre 2002, n. 5110; Cons. di Stato, VI, 3 maggio 2002, n. 2366; Tar Marche 7 marzo 2002, n. 215 in TAR, 2002, I, 1970; Tar Calabria, Reggio Calabria, 27 febbraio 2004, n. 192; Tar Puglia, Bari, 9 settembre 2004, n. 3881, cit.; Tar Veneto 16 maggio 2005, n. 2022; Tar Veneto 29 luglio 2005, n. 3054; Tar Veneto 16 maggio 2005, n. 2022. si veda anche Tar Emilia Romagna, Bologna, 17 maggio 2004, n. 702); Tar Lombardia, Brescia, 21 marzo 2000, n. 261; Tar Puglia, Bari, 10 febbraio 2001, n. 313; Tar Veneto 6 marzo 2001, n. 556; Tar Calabria, Reggio Calabria, 4 aprile 2001, n. 268.

276 A dire di parte della giurisprudenza, infatti, non era sufficiente una semplice correlazione tra la

situazione giuridicamente rilevante e conoscenza dell’atto ostensibile, ma si richiedeva che quest’ultima fosse necessariamente funzionale alla prima. Si veda , in tal sesno, CGARS 22 marzo 2000, n. 124, cit., e Cons. di Stato, V, 22 giugno 1998, n. 923. Sul punto, infine, vi era anche chi poneva l’accento sulla tutela costituzionale accordata – quasi in termini assoluti - alla riservatezza, contrapposta al condizionamento che il diritto di accesso subisce in ragione della situazione giuridicamente rilevante fatta valere. Si veda CGARS 25 ottobre 1996, n. 384.

277 Il testo normativo adottato dal legislatore italiano è la risultante degli intenti della Convenzione n. 108,

espressa e completa disciplina

278

. La legge 675/96 ha introdotto nel nostro ordinamento

un incisivo sistema di tutela dei "dati personali"

279

e dei limiti al flusso delle

informazioni

280

, regolamentando, per la prima volta i requisiti per la comunicazione e

la diffusione dei dati personali

281

. Il dato personale, infatti, viene inteso come

fenomeno rappresentativo di un soggetto che, per sua natura, entra in relazione con il

concetto di identità personale e, spesso, anche con l'esigenza di riservatezza. Il dato

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Schengen. Si veda RODOTA’, Protezione dei dati e circolazione delle informazioni, in Riv. crit. dir. priv.,1984,pag. 167; PAGANELLI, Diritti della personalità. L'individuo e il gruppo, in Diritto privato europeo a cura di Nicola Lipari,I,Padova,pag.149; COMANDE', Privacy informatica: Prospettive e problemi, in Danno e responsabilità, 1997, pagg. 140 e ss.; CLARICH, Privacy informatica: prime osservazioni, in Danno e responsabilità,1997, pagg. 137-139; PITRONE, I processi informatici e la manipolazione dei dati, in Rass. dir. civ.,1994,pagg.37 e ss.; P. ZANELLI, La legge n.675 del 96: una strategia integrata di protezione per la privacy, in Contratto e Impresa,1996, pagg. 689.  

278 La legge 31 dicembre 1996, n. 675, ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano una

disciplina generale in materia di trattamento dei dati personali, allo scopo di tutelare la riservatezza delle persone. A tal fine, la legge ha istituito un’autorità di garanzia ad hoc, il Garante per la protezione dei dati personali, il quale vigila sul rispetto della normativa, riceve segnalazioni e notifiche sul trattamento dei dati, emette pareri e sanzioni in caso di violazioni degli obblighi e autorizza il trattamento nei casi previsti dalla legge. La legge n. 675/1996 è stata abrogata e sostituita dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 definito “Codice in materia di protezione dei dati personali”, che ha rielaborato in termini organici la disciplina della c.d. “privacy”. Si veda J. MONDUCCI, G. SARTOR, Il codice in materia di protezione dei dati personali, Padova 2004, 9.  

279 Il dato personale viene definito, dal secondo comma dell'art. 1 della legge in questione, come

"qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale. La definizione sembra proporre una equazione dato-informazione. Si veda G. BUTTARELLI, Banche dati e tutela della riservatezza, Milano, 1997, 160.  

280Si veda MESSINETTI, Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri

individuali, in Riv. Dir. Priv., 1998, pagg. 339-341.Il termine informazione coinvolgerebbe tanto il "mettere a conoscenza/ comunicare" quanto il "mettere in forma/dar forma". Per un verso, essa viene considerata una vera e propria attività complessa che può scomporsi nell'attività di ricerca, nella conoscenza e nell'attività di comunicazione. Si veda FALZEA, Fatto di conoscenza in Voci di Teoria generale del diritto,Milano,1985,pag.668. Mentre , per altro verso, l'informazione si individua nel prodotto, nel risultato di tale attività. L'informazione comunque, sia come prodotto, che come attività, diversamente dalla conoscenza, è correlata alla comunicazione, potendone divenire oggetto, o effetto, ponendo, qualsiasi accezione di essa si accetti, una relazione tra una fonte di conoscenza ed un soggetto che svolge una attività di conoscenza (sub specie di ricerca).  

281 Nell'art. 20 della legge , ad esempio, si individuano diverse opzioni preliminari alla diffusione e alla

comunicazione dei dati: esse sono ammesse infatti con il consenso dell'interessato; se i dati provengono da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque; in adempimento di un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria; nell'esercizio della professione di giornalista, nei limiti del diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza e, in particolare, dell'essenzialità dell'informazione riguardo a fatti di interesse pubblico e nel rispetto del codice deontologico appositamente approvato; se i dati sono relativi allo svolgimento delle attività economiche nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale ed industriale; qualora siano necessarie per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica dell'interessato o di un terzo, nel caso in cui l'interessato non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere e di volere; nei caso di svolgimento di investigazioni di cui all'art.38 delle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, o comunque per far valere o difendere un proprio diritto in sede giudiziaria; nell'ambito delle comunicazioni tra i gruppi bancari.  

relativo ad una persona tende, dunque, a definirla, a qualificarla, a farla conoscere,