• Non ci sono risultati.

Le Controlled Foreign Companies

5. Gli strumenti di contrasto all’elusione internazionale

5.2. Le Controlled Foreign Companies

La legge 21 novembre 2000 n. 342, art. 1, ha introdotto la disciplina delle Controlled Foreign Companies (CFC) in Italia (nel previgente art. 127-bis del Tuir), per contrastare la localizzazione di redditi in Paesi a bassa fiscalità generati da attività che hanno il proprio centro direttivo e operativo nel territorio dello Stato571.

Attualmente, gli artt. 167 e 168 del Tuir disciplinano un particolare regime fiscale applicabile nei confronti di un soggetto residente in Italia che detenga direttamente o indirettamente, una partecipazione di controllo (art. 167, integrato dal D.M. 21 novembre 2001, n. 429) o di collegamento (art. 168, integrato dal D.M. 7 agosto 2006, n. 268) in un’impresa estera situata in un paradiso fiscale.

Le norme indicate hanno la finalità di colpire redditi prodotti solo apparentemente al di fuori del territorio italiano, ma in realtà generati attraverso un’attività che continua ad avere il proprio centro direttivo nel territorio dello Stato e che risulta localizzata altrove solo per conseguire un vantaggio fiscale572 e

571

CORDEIRO GUERRA R., Le imprese estere controllate e collegate, in Imposta sui redditi delle

società, a cura di TESAUTO F., 2007, Torino, pagg. 961 ss.; BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in Rass. Trib., 2004, 3, pagg. 804 ss.;

IANNACONE A., La dimostrazione della “prima circostanza esimente” per disapplicare la

normativa CFC e l’art. 110, comma 10 del Tuir: è giustificata un assimilazione delle due norme e quale importanza hanno le interrelazioni dei soggetti non residenti con il “mercato locale” del Paese estero?, in Riv. dir. trib., 2009, 7/8, pag. 115.

572

CORDEIRO GUERRA R., Riflessioni critiche e spunti sistematici sulla introducendo disciplina

delle controlled foreign companies (art. 127 bis del Tuir), in Rass. Trib., 2000, 5, pagg. 1403 ss. “l’unico dato certo allo stato attuale è che il provvedimento intende completare l’offensiva portata ai fenomeni di sottrazione di gettito attraverso lo sfruttamento della delocalizzazione del soggetto passivo e/o dell’attività produttiva del reddito: condotta dapprima combattuta sul versante delle persone fisiche, tramite l’inversione dell’onere della prova circa l’abbandono della residenza italiana in caso di trasferimento in paesi a fiscalità privilegiata, ed ora su quello delle società o imprese commerciali”; BALLANCIN A., Note ricostruttive sulla ratio sottesa alla disciplina

di evitare che, grazie alla detenzione di partecipazioni in paradisi fiscali, soggetti italiani possano differire sine die l’imposizione sui redditi prodotti dalle società estere partecipate, semplicemente evitando la distribuzione degli utili (c.d. tax deferral)573.

Di regola, i redditi conseguiti da una persona fisica o da una società, consistenti in utili prodotti da società estere vengono tassati in Italia per cassa, nel periodo d’imposta in cui sono percepiti. Laddove i redditi sono prodotti da una società residente in un paradiso fiscale, allora, sarebbe possibile ritardare la tassazione sugli stessi, attraverso un differimento nella distribuzione.

Per sfuggire a questo inconveniente è stato introdotto un regime di imposizione per trasparenza, in virtù del quale “Se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis574, i redditi

italiana in tema di controlled foreign companies, in op. cit., pag. 27 “Con la riforma Ires, forse inconsapevolmente, l’attuale disciplina CFC appare sempre più orientata a valorizzare – piuttosto che il possibile differimento della distribuzione ei dividendi – i profili di delocalizzazione elusiva del reddito in paradisi fiscali, garantendo una impostazione adeguata degli stessi in ottica di neutralità fiscale interna”; LUPI R., Principi generali in tema di CFC e radicamento territoriale delle imprese, in Rass. Trib., 2000, 6, pagg. 1731 ss. “Individuiamo così i principi fondamentali alla base di un regime di CFC nell’assenza di un radicamento effettivo e determinante della società controllata nel territorio del paese ospite, con la conseguenza che la localizzazione della società stessa viene considerata dovuta a ragioni di risparmio fiscale”.

573

TOSI L. – BAGGIO R., Lineamenti di diritto tributario internazionale, op. cit., pag. 62; BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

op. cit., pag. 805; IANNACONE A., La dimostrazione della “prima circostanza esimente” per disapplicare la normativa CFC e l’art. 110, comma 10 del Tuir: è giustificata un assimilazione delle due norme e quale importanza hanno le interrelazioni dei soggetti non residenti con il “mercato locale” del Paese estero?, in Riv. dir. trib., 2009, 7/8, pagg. 121-122; in senso contrario

BALLANCIN A., Note ricostruttive sulla ratio sottesa alla disciplina italiana in tema di controlled

foreign companies, in Riv. dir. trib., 2008, 1, pagg. 24 ss. che afferma che nelle ipotesi di

collegamento viene a “cadere l’impalcatura di argomentazioni a sostegno della tesi del tax deferral; difatti nel caso di collegamento, il socio non avrebbe alcun potere di posticipare la distribuzione dell’utile conseguito dalla partecipata estera”.

574

L’art. 167 del Tuir è stato modificato dal comma 83 dell'articolo 1 della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) che ha imposto la redazione di un apposito decreto in cui indicare i Paesi non aventi fiscalità privilegiata, c.d. white list, per sostituire il precedente sistema improntato sul D.

conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni ad essi detenute”, in modo diretto o indiretto, a prescindere dall’effettiva percezione575. “Tali disposizioni si applicano anche per le partecipazioni in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al citato decreto” (art. 167).

“L’art. 167 si applica anche nel caso in cui il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20 per cento576 agli utili di M. 21 novembre 2001 n. 429 e D. M. 23 Gennaio 2002 che, invece, prevedevano una c.d. black list in cui erano elencati gli Stati o territori considerati paradisi fiscali, per cui mentre la previgente disciplina faceva riferimento, ai fini dell’applicazione della disciplina CFC, alle operazioni intercorse tra impresa residente e società localizzata nei territori inseriti nella black list, la nuova norma si riferisce, al contrario, alle operazione compiute con società non residenti nei Paesi indicati nella White list. Tuttavia, i decreti attuativi della legge finanziaria per il 2008 relativi alla c.d. white

list non sono stati ancora elaborati, pertanto il modus operandi continua ad essere quello previgente.

Il sistema vigente dovrà essere modificato attraverso l’adozione di tre white lists con un rovesciamento della prospettiva esistente. La prima white list, prevista a seguito della modifica dell’art. 2, comma 2-bis, del Tuir conterrà tutti gli Stati in cui i cittadini italiani, cancellati dall’anagrafe della popolazione residente, potranno trasferirsi senza che si verifichi l’inversione dell’onere della prova riguardo all’effettiva residenza. Le altre due white lists sono previste all’art. 168 bis (Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni), in cui il legislatore ha previsto una white list relativa ai Paesi con i quali è attuabile un adeguato scambio di informazioni, che quindi garantiscono trasparenza e collaborazione, e una relativa agli Stati o territorio che consentono lo scambio di informazioni e che hanno un livello di tassazione non sensibilmente inferiore a quello italiano, proprio questa seconda white list assumerà rilievo ai fini dell’applicazione del regime CFC, escludendone l’operatività per tutti i Paesi in essa inseriti. La novità costituirà nell’abbandono dell’elencazione in positivo dei paradisi fiscali per passare ad una loro individuazione in negativo, nel senso che saranno considerati soggetti alle disposizioni antielusive i residenti in Paesi non inseriti nelle emanande white lists. Vedi MARINI G., I nuovi

confini dei paradisi fiscali, in Rass. Trib., 2008, 3, pagg. 636 ss.; MAISTO G. - PISTONE P., Modello europeo per le legislazioni degli Stati membri in materia di imposizione fiscale delle società controllate estere (CFC), in Riv. dir. trib., V, pagg. 191 ss.

575

BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

op. cit., pagg. 806 ss.

576

CORDEIRO GUERRA R., Le imprese estere controllate e collegate, in op. cit., pag. 977 “la

legislazione italiana è una delle poche (insieme a quella del Portogallo e Francia) che si accontenta di partecipazioni inferiori al 50%, non sufficienti per l’operatività della normativa CFC nella gran parte dei Paesi esteri ove essa è vigente (ad esempio, Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Giappone, Nuova Zelanda,. Norvegia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia)”, in tal caso “perfino una partecipazione di minoranza … da luogo alla diretta imputazione del reddito della società estera”.

un'impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis; tale percentuale è ridotta al 10 per cento nel caso di partecipazione agli utili di società quotate in borsa. La norma … non si applica per le partecipazioni in soggetti residenti negli Stati o territori di cui al citato decreto relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al medesimo decreto” (art. 168).

Le due disposizioni, artt. 167 e 168, hanno una comune ratio, ma vanno lette come alternative, nel senso che laddove sussiste il presupposto della partecipazione di controllo di cui all’art. 167, non residua spazio per applicare pure l’art. 168 nei confronti di altro soggetto titolare di una partecipazione non inferiore al 20 per cento, poiché, in tal caso non significa evidentemente esercitare un’influenza notevole, di cui è titolare il soggetto che ha il controllo577,

L’esigenza del legislatore di contrastare qualsiasi pratica elusiva in merito alle controllate estere residenti in paradisi fiscali ha portato all’adozione del regime menzionato. La legittimità di siffatta normativa richiede un’interpretazione particolarmente estensiva del concetto di “possesso” di reddito578, presupposto essenziale per la tassazione in capo al soggetto passivo. Infatti il possesso non deve essere inteso con riferimento all’istituto civilistico di cui all’art. 1140 c.c.579, ma come materiale e concreta disponibilità del reddito stesso, intesa come effettiva possibilità di fruire del reddito anche senza avere la titolarità giuridica.

577

CORDEIRO GUERRA R., Le imprese estere controllate e collegate, in op. cit., pag. 977 578

Soprattutto con riferimento all’ipotesi di collegamento “attesa al mancanza di controllo del

socio residente sulla distribuzione dell’utile e, pertanto, alla luce dell’incertezza in merito alla effettiva percezione di un reddito erogato dalla società collegata” afferma MAISTO G., L’estensione della normativa CFC alle imprese estere collegate, in Riv. dir. trib., 2006, IV, pagg.

241 ss. 579

Art. 1140 c.c. (Possesso) Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, cha ha la detenzione della cosa.

Ne consegue che il possesso dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria della CFC ben potrebbe garantire la materiale disponibilità del suo reddito da parte della controllante580.

La norma prevede espressamente che non si applica per le partecipazioni in soggetti residenti negli Stati o territori non aventi fiscalità privilegiata (c.d. white list) relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni situate in paradisi fiscali581. Inoltre la disciplina CFC non trova applicazione neanche nei casi di stabile organizzazione di un soggetto residente nel territorio dello Stato, perché quest’ultimo sarà già gravato da imposizione nel territorio nazionale582.

Ai sensi del secondo comma dell’art. 167, le regole CFC si applicano sostanzialmente a tutti i soggetti residenti: persone fisiche, imprenditori, società di persone, società di capitali, enti commerciali, enti non commerciali, con esclusione solamente dei soggetti di cui all’art. 73 Tuir, ossia “le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato”.

Gli artt. 167 e 168 hanno dunque un ambito di operatività più vasto rispetto alla disciplina del transfer price e dell’indeducibilità dei costi583.

Il regime delle CFC si applica quando vi sia un rapporto di controllo, o di collegamento, tra i soggetti coinvolti.

Per quanto riguarda la definizione di controllo, l’art. 167, al 3° comma, del Tuir rinvia espressamente all’art. 2359 c.c., in forza del quale sono considerate società controllate: 1) le società in cui un’altra società disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2) le società in cui un’altra società

580

BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

op. cit., pagg. 809 ss..

581

CORDEIRO GUERRA R., Le imprese estere controllate e collegate, in op. cit., pagg. 971 ss 582

BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

op. cit., pag. 807; CORDEIRO GUERRA R., La nuova definizione di “regime fiscale privilegiato” nell’ambito della disciplina in tema di controlled foreign companies e di componenti negative derivanti da operazioni con imprese estere, in Rass. Trib., 2000, 6, pag. 1789.

583

disponga dei voti sufficienti per avere un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3) le società che sono sottoposte all’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali. Ai fini della determinazione del controllo ai sensi dell’art. 2359, nn. 1 e 2 c.c. si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi584.

Il regolamento di attuazione della disciplina, il D.M. 21 novembre 2001, n. 429, ha chiarito che:

1. la nozione di controllo prevista nell’art. 2359 c.c. è riferibile anche a soggetti diversi dalle società commerciali;

2. rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato;

3. per le persone fisiche si tengono in considerazione anche i voti spettanti ai familiari di cui all’art. 5, comma 5, del Tuir (coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo grado).

Al contrario, l’art. 168 del Tuir, non richiama la nozione di collegamento delineata dal codice civile585.

La norma afferma espressamente che è applicabile quando il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20 per cento agli utili di un'impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori

584

TOSI L. – BAGGIO R., Lineamenti di diritto tributario internazionale, op. cit., pag. 62. 585

Art. 2359, comma 3°, c.c. “Sono considerate collegate le società nelle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati”. Invece, osserva MAISTO G., L’estensione della normativa CFC alle imprese estere

collegate, in Riv. dir. trib., 2006, IV, pag. 245 “L’art. 168 Tuir non prevede alcuna presunzione relativa di collegamento, ma una condizione necessaria e sufficiente (la detenzione di una determinata percentuale di partecipazione agli utili) per il soddisfacimento del requisito del collegamento. Infatti la soglia prevista dall’art. 168, comma 1, Tuir è tassativa di guisa che partecipazioni inferiori al 20 per cento (10 per cento per le società quotate) non fanno scattare l’applicazione del regime di imputazione … Diversamente, il superamento della soglia prevista dall’art. 168 Tuir determina in ogni caso l’applicazione della relativa disciplina”.

diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis; tale percentuale è ridotta al 10 per cento nel caso di partecipazione agli utili di società quotate in borsa586.

Sotto il profilo soggettivo la norma è applicabile anche nel caso in cui il soggetto italiano controlli un soggetto residente in un Paese diverso dai paradisi fiscali, che a sua volta consegua redditi attraverso una stabile organizzazione situata in un paradiso fiscale. Questa previsione non è però applicabile per le società estere collegate ex art. 168 del Tuir587.

L’art. 167 stabilisce che i redditi del soggetto non residente, imputati per trasparenza al soggetto residente, ed assoggettati a tassazione separata con l'aliquota media applicata sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non inferiore al 27 per cento.

I redditi che derivano dall’applicazione del regime CFC, non vengono presi in considerazione unitamente ai redditi conseguiti dal contribuente, ma vengono trattati ed esposti separatamente, evitando pertanto che possano esservi compensazioni dei redditi conseguiti in Italia con eventuali perdite subite dalla società estera, e viceversa588.

Di conseguenza, gli utili distribuiti, in qualsiasi forma, dai soggetti non residenti non concorrono alla formazione del reddito complessivo dei soggetti residenti fino all'ammontare del reddito già assoggettato a tassazione per trasparenza in capo a questi ultimi589.

Diversamente da quanto previsto per le imprese estere controllate, l’art. 168, con riguardo alle imprese estere collegate, stabilisce che i redditi del soggetto non

586

CORDEIRO GUERRA R., Le imprese estere controllate e collegate, in op. cit., pagg. 975 ss.; MAISTO G., L’estensione della normativa CFC alle imprese estere collegate, in op. cit., pagg. 242 ss.

587

TOSI L. – BAGGIO R., Lineamenti di diritto tributario internazionale, op. cit., pag. 65. 588

TOSI L. – BAGGIO R., Lineamenti di diritto tributario internazionale, op. cit., pag. 66. 589

BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

residente oggetto di imputazione sono determinati per un importo corrispondente al maggiore fra:

a) l'utile prima delle imposte risultante dal bilancio redatto dalla partecipata estera anche in assenza di un obbligo di legge;

b) un reddito induttivamente determinato sulla base dei coefficienti di rendimento riferiti alle categorie di beni che compongono l'attivo patrimoniale.

In entrambe le ipotesi, dall’imposta così determinata, sono ammesse in detrazione, ai sensi dell’art. 165 Tuir, le imposte pagate all’estero a titolo definitivo, dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione.

Il contribuente può evitare l’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 167 e 168 del Tuir fornendo le prove previste ai sensi del 5° comma, dell’art. 167 del Tuir590, dimostrando alternativamente591 che:

a) la società o altro ente non residente svolga un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato o nel territorio nel quale ha sede;

b) dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis. Per i fini di cui al presente comma, il contribuente deve presentare istanza di interpello preventivo ai sensi dell’art. 11

590

BERTORELLO G., La disciplina CFC: principi generali e nuove prospettive di applicazione, in

op. cit., pag. 807 afferma che “il legislatore ha pertanto introdotto una disciplina che – in costanza di determinati presupposti – comporta una presunzione legale atta … a recuperare a tassazione i redditi “esterovestiti”, con conseguente inversione dell’onere probatorio a carico del contribuente chiamato pertanto a fornire la dimostrazione dell’assenza di qualsiasi illegittimo risparmio d’imposta”.

591

IANNACONE A., La dimostrazione della “prima circostanza esimente” per disapplicare la

normativa CFC e l’art. 110, comma 10 del Tuir: è giustificata un assimilazione delle due norme e quale importanza hanno le interrelazioni dei soggetti non residenti con il “mercato locale” del Paese estero?, in Riv. dir. trib., 2009, 7/8, pag. 122.

della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) all'amministrazione finanziaria592.

La disapplicazione della normativa CFC è pertanto consentita quando l’impresa estera, avvalendosi della propria struttura organizzativa (locali, dipendenti, beni strumentali, utenze ecc.), svolge effettivamente un’attività dotata di sostanza economica593 nello Stato nel quale è localizzata attraverso un insediamento territoriale autosufficiente594, non limitato, ad esempio, alla mera intestazione di attività finanziarie o al godimento passivo di beni come ad esempio la percezione di dividendi, interessi, royalties595; oppure quando il contribuente dimostra che non aveva l’obiettivo di localizzare materia imponibile nel paradiso fiscale. In merito a quest’ultima condizione il citato D.M. n. 429 del 2001 ha previsto due possibili circostanze: 1) quando i redditi conseguiti da tali soggetti siano prodotti in misura non inferiore al 75% in altri Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata nei quali sono sottoposti a tassazione ordinaria; 2) quando i redditi della stabile organizzazione risultano sottoposti integralmente ad

592

BALLANCIN A., Note ricostruttive sulla ratio sottesa alla disciplina italiana in tema di