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Evoluzione normativa

A partire dagli anni ’70 l’elusione è divenuta, in Italia, un fenomeno rilevante e, per certi versi, preoccupante a causa dei suoi effetti negativi per il gettito erariale. A seguito dell’aumento della pressione fiscale si è fatta sempre più forte la tentazione per i contribuenti di fruire degli inevitabili “buchi” dell’ordinamento fiscale alla scopo di eludere norme comportanti gli oneri tributari più gravosi141.

Queste condotte erano agevolate dalla mancanza, nell’ordinamento, di una norma generale antielusiva e dalla contemporanea presenza soltanto di norme

138

GALLO F., Elusione, risparmio d’imposta, in op. cit., pag. 396; MELIS G., L’interpretazione

nel diritto tributario, op. cit., pagg. 234-235.

139

GALLO F., Brevi spunti in tema di elusione, in op. cit., pag. 27. 140

GALLO F., Brevi spunti in tema di elusione e frode alla legge (nel reddito d’impresa), op. cit., pag. 27, Id., Elusione, risparmio d’imposta e frode alla legge, in op. cit., pag. 400.

141

GALLO F., Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, in Dir. prat. trib., 1992, pagg. 1761 ss.

antielusive142 specifiche, relative a fattispecie determinate, per cui se un comportamento elusivo non rientrava nelle fattispecie previste non era punibile, neanche alla luce del generale principio di frode alla legge disposto dall’art. 1344 c.c.143.

Nel corso degli anni ‘80 cominciarono a manifestarsi fenomeni elusivi di rilevante gravità, costituiti soprattutto attraverso società di comodo, contro i quali i rimedi allora codificati, rappresentati soprattutto da fattispecie antielusive analitiche, risultarono del tutto inadeguati144.

Emergeva la necessità di introdurre una disposizione di carattere generale che andasse a coprire gli spazi lasciati privi di protezione dalle norme antielusive in vigore, affinché fosse effettivamente applicato il principio della prevalenza della sostanza sulla forma145 e quindi si andasse a sanzionare anche quel comportamento che, sebbene formalmente legittimo e non in contrasto con una norma specifica, fosse nella sostanza contrario allo spirito della legge146.

Il primo progetto di una clausola generale antielusione risale al 1986 e si collegava all’esigenza di arginare il dilagare delle fusioni per incorporazione di società dotate di sole perdite fiscali, onde consentire all’incorporante di dedursi le perdite pregresse dell’incorporata.

La proposta di legge consentiva agli uffici delle imposte, in base ad autorizzazione motivata del competente Ispettorato di considerare irrilevanti, ai fini della determinazione del reddito complessivo, gli atti che avessero avuto come

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LUPI R., Elusione fiscale: modifiche normative e prime sviste interpretative, in Rass. Trib., 3, 1995, pag. 414 afferma che “non si tratta in senso tecnico di norme antielusione, anche se hanno

certo finalità antielusive. Tutte queste norme non impediscono l’operazione di strumentalizzazione da parte dei contribuenti, ma correggono le norme che venivano strumentalizzate. Si tratta insomma di norme che chiudono i buchi. Le norme antielusione in senso stretto sono invece dirette ad impedire le strumentalizzazioni, lasciando intatta la normativa che veniva strumentalizzata. Le vere norme antielusione lasciano ferma la normativa preesistente, ma impediscono che il contribuente la strumentalizzi, cioè si approfitti delle sue (spesso inevitabili) imperfezioni”.

143

GALLO F., Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, op. cit., pagg. 1763 ss. 144

TABELLINI M.P., L’elusione della norma tributaria, Torino, 2007, pag. 129; GALLO F.,

Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, op. cit., pag. 1762.

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PISTONE P., Abuso del diritto ed elusione fiscale, op. cit., pagg. 34 ss. 146

causa esclusiva o principale la riduzione dell’onere tributario147. Il progetto suscitò perplessità in quanto lasciava ampio margine di discrezionalità all’amministrazione finanziaria e venne di fatto abbandonato.

Successivamente, il Governo, con il disegno di legge n. 1301, approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 agosto 1988, riprese il tema dell’elusione negli artt. 25 e 31, il primo riguardante l’interposizione di persona, il secondo l’elusione d’imposta in generale148.

L’art. 31 presupponeva che per raggiungere un determinato risultato economico, fosse possibile utilizzare molteplici strumenti negoziali, diversamente onerosi sul piano fiscale. L’elusione si sarebbe avuta nel momento in cui il soggetto, ponendo in essere uno o più atti giuridici, avesse applicato una disciplina tributaria più favorevole rispetto a quella prevista dal legislatore per la realizzazione di un determinato risultato economico. Le categorie degli atti e le condizioni in presenza delle quali si ha elusione erano determinate con decreto del Ministro delle Finanze, su parere conforme del Consiglio di Stato, e concretamente individuate dagli uffici impositori nei confronti dei quali erano inopponibili149.

Tale sistema consentiva di apprestare un’efficace tutela contro fenomeni elusivi di maggiore rilievo. La norma suscitò vivaci critiche soprattutto con riferimento alla efficacia retroattiva della stessa rispetto alle fattispecie verificatesi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge e fu poi definitivamente stralciata dal testo del progetto di legge nel corso dei lavori parlamentari. Rimase invece l’art. 25 che disciplinava l’interposizione di persona nella titolarità dei

147

TABELLINI, M.P., L’elusione della norma tributaria, op. cit., pagg. 130 ss. 148

L’art. 31 recitava: “Si ha elusione di tributi quando le parti pongono in essere uno o più atti giuridici tra loro collegati al fin e di rendere applicabile un disciplina tributaria più favorevole di quella che specifiche norme impositive prevedono per la tassazione dei medesimi risultati economici che si possono ottenere con atti giuridici diversi da quelli posti in essere. Con decreto del Ministro delle Finanze, su conforme parere del Consiglio di Stato, sono indicate le categorie di atti e le condizioni in presenza delle quali si ha elusione di tributo. Gli uffici applicano alle fattispecie indicate nel decreto ministeriale di cui al comma 2, ancorché verificatesi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e sempre che non sia maturata prescrizione o decadenza lo stesso trattamento tributario previsto dalla disposizione elusa”.

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redditi, norma inserita nell’art 30 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69 convertito in legge 27 aprile 1989, n. 154, trasfusa nell’art. 37, comma 3°, del d.p.r. 600/1973.

Dopo reiterati tentativi il legislatore ha emanato l’art. 10 legge 29 dicembre 1990, n. 408, norma antielusiva di carattere tendenzialmente generale150, ossia applicabile ad una pluralità di casi, diversa dalle precedenti presunzioni legali che consideravano solo il caso singolo, e che dava importanza alle “valide ragioni economiche”.

La disposizione prevede che “E’ consentito all’amministrazione finanziaria disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di concentrazione, trasformazione, scorporo, riduzione di capitale, liquidazione, valutazione di partecipazioni, cessione di crediti e cessioni o valutazioni di valori mobiliari poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta”.

L’art. 10 aveva origini eterogenee151, collegandosi per taluni aspetti, all’art. 11, comma 1°, lett. A), direttiva CEE del 23 luglio 1990, n. 434152 “relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi”153, con il quale aveva in comune la materia e le espressioni qualificanti154; per altri aspetti, ai vari

150

FALSITTA G., Manuale di diritto tributario, Padova, 2005, pag. 199; TABELLINI M.P.,

L’elusione della norma tributaria, op. cit., pag. 138; TRIVOLI A., Contro l’introduzione di clausola generale antielusiva nell’ordinamento vigente, in Dir. prat.. trib., 1992, I, pag. 1361.

151

TABELLINI M.P., Fusione di società ed elusione d’imposta, in Rass. Trib., 1994, II, pagg. 1133 ss.

152

ANDRIOLA M., Ipotesi applicative di norme antielusive, Rass. Trib., 6, 2006, pag. 1906; PAPARELLA F., Riflessioni in margine all’art. 10 della legge 1990, n. 408, relativo alla

ristrutturazione delle imprese, in Dir. prat. trib., 6, 1995, pagg. 1838 ss..

153

L’art. 11 prevedeva che: “Uno Stato membro può rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III, e IV o revocarne il beneficio qualora risulti che l’operazione di fusione, di scissione, di conferimento d’attivo o di scambio di azioni: a) ha come obiettivo principale o come

uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale: il fatto che una delle operazioni di cui

all’articolo 1 non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la

razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può costituire la

presunzione che quest’ultima abbia come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali”.

154

Quali: obiettivo principale; frode; operazione; valide ragioni economiche che rendevano “assai

difficile dubitare di una matrice comunitaria della norma antielusiva” TABELLINI M.P., Fusione di società ed elusione d’imposta, op. cit., pag. 1134.

progetti antielusione succedutisi dal 1980 al 1990, poi abbandonati, ad in particolare al disegno di legge n. 5108 del 1990, il quale si proponeva una organica e radicale riforma dell’art. 123 Tuir, relativo alla fusione di società. Dall’esame degli atti parlamentari emerge che tale norma era l’esatta riproduzione del testo emendato dall’art. 9, comma 3°, del disegno relativo alle fusioni di società. La norma pertanto è stata adattata ad un pluralità di operazioni societarie, nonostante il testo sia stato originariamente concepito solo per le fusioni di società155.

La nuova norma risultò presto inadeguata, forse il legislatore era stato troppo frettoloso nell’adottare una riforma per una serie di operazioni, mentre in realtà era stata concepita solo per contrastare le fusioni per incorporazione preordinate all’utilizzo del disavanzo da annullamento156.

La norma occupa all’interno dell’ordinamento una posizione “sui generis”: non appartiene alla categoria delle disposizioni particolari, né può considerarsi una norma generale antielusione nel senso tradizionale del termine, perché non colpisce indiscriminatamente tutti i fatti di elusione157.

Il primo comma dell’art. 10 occupa una posizione intermedia tra particolarismo e generalità. Per come è formulata, la norma non concerne, infatti, le operazioni elusive delle società, ma alcune operazioni elusive di società: in particolare le operazioni compiute dalle società sul capitale sociale.

Sotto il profilo analitico, l’identificazione delle operazioni elusive presuppone il concorso di due requisiti: l’assenza di “valide ragioni economiche” ed il perseguimento dello “scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta”158.

155

TABELLINI M. P., Libertà negoziale ed elusione d’imposta, op. cit., pagg. 201 ss; Id., Fusione

di società ed elusione d’imposta, op. cit., pagg. 1134 ss.

156

TABELLINI, M. P., L’elusione della norma tributaria, op. cit., pagg. 138 ss. 157

CIPOLLINA S., La legge civile e la legge fiscale, Il problema dell’elusione fiscale, Padova, 1992, pagg. 233 ss.

158

I due requisiti devono essere concomitanti. Essi si collocano su due piani differenti: l’uno sul piano oggettivo, l’altro sul piano soggettivo159.