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L’orientamento della Cassazione successivo alla sentenza Halifax

4. L’elusione fiscale e l’abuso del diritto

4.4. L’orientamento della Cassazione successivo alla sentenza Halifax

Pubblicata al sentenza Halifax, la nostra Cassazione ha dedotto che “la Sesta direttiva aggiunge nell’ordinamento comunitario, direttamente applicabile in quello nazionale, alla tradizionale bipartizione dei comportamenti dei contribuenti in tema i Iva, in fisiologi e patologici (propri delle frodi fiscali), una sorta di tertium genus in dipendenza del comportamento abusivo ed elusivo del contribuente, volto a conseguire il solo risultato del beneficio fiscale, senza una reale ed autonoma ragione economica giustificatrice delle operazioni economiche che risultano eseguite in forma solo apparentemente corretta ma in realtà elusiva”386.

I Giudici della Suprema Corte, con sentenza 21 febbraio 2006, n. 10353, si sono pronunciati su una fattispecie in materia di iva, ritenuta dai giudici di merito elusiva, che riguardava un’operazione compiuta da una società commerciale che aveva acquistato un immobile, effettuato lavori di ristrutturazione, esclusivamente al fine di portare in detrazione l’iva assolta sulla ristrutturazione e poi aveva rivenduto l’immobile ad uno dei soci, e successivamente era stata posta in liquidazione. La società, in cinque anni, aveva realizzato solo l’operazione menzionata con evidente intento elusivo, volto a conseguire esclusivamente il risultato del beneficio fiscale, senza una reale ed autonoma ragione economica giustificatrice delle operazioni che, perciò, risultavano solo in apparenza formalmente corrette, ma sostanzialmente abusive387.

La sentenza Halifax ha avuto un’importanza decisiva per lo sviluppo giurisprudenziale della Suprema Corte che fino a pochi mesi prima (sent. nn. 20398, 20816 e 22932 del 2005) si era limitata ad accennare al principio di abuso

386

Cass., sez. trib., 5 maggio 2006, n. 10353, in Dialoghi di dir. trib., 2006, pag. 741, con nota di STEVANATO D. e LUPI R.

387

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 757.

del diritto come criterio “ispiratore” di mezzi di contrasto prettamente interni all’ordinamento e non come principio direttamente applicabile388.

Successivamente, la Cassazione si trova ad affrontare una complessa fattispecie con la sentenza n. 21371 del 10 marzo 2006.

La vicenda riguardava la stipulazione di tre diverse convenzioni (due contratti di locazione finanziaria e uno di finanziamento) tra tre soggetti (una società di leasing, un utilizzatore del bene ed una società di garanzia) che avevano sostanzialmente lo scopo di ridurre, attraverso la corresponsione di corrispettivi tra l’utilizzatore e la società garante, che a sua volta li rigirava alla società di leasing con conseguente fatturazione in regime di esenzione iva, l’ammontare dei canoni dovuti dall’utilizzatore alla società di leasing, quindi di frazionare e diminuire artificiosamente la base imponibile.

I tre negozi stipulati erano inscindibilmente connessi, si trattava di valutare se gli stessi potessero essere considerati distintamente o se, invece, integrassero un unico contratto di leasing, come l’aveva riqualificato l’Amministrazione finanziaria, non essendo determinato da alcun valido motivo economico all’infuori del risparmio d’imposta389.

I Giudici, per poter decidere, rivolgono alla Corte di Giustizia due quesiti: il primo volto ad ottenere una chiarificazione sullo scopo essenziale di ottenere un vantaggio fiscale, espresso nella sentenza Halifax; il secondo relativo alla qualificazione dalla fattispecie concreta oggetto di giudizio come abuso del diritto ai fini iva.

Sul primo punto la Corte precisa che l’abuso è ravvisabile qualora il vantaggio fiscale costituisca lo scopo essenziale dell’operazione. Sul secondo, fornendo

388

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pagg. 757-758.

389

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 758.

alcuni elementi interpretativi, rimette al giudice di rinvio la valutazione intorno al carattere abusivo dell’operazione390.

All’alba della sentenza della Corte di Giustizia Halifax, furono manifestate perplessità e critiche nei confronti di una immediata applicazione del principio dell’abuso del diritto nel nostro ordinamento.

Muovendo dalla considerazione che i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme comunitarie, si è sostenuto che l’espressione “norme comunitarie” segnasse inequivocabilmente il suo ambito di applicazione, rimanendo ad esso estranei tutti i settori impositivi non interessati dall’intervento del legislatore comunitario (Poggioli).

Si è inoltre evidenziato che il principio anti abuso elaborato dalla sentenza Halifax si riferisce esclusivamente all’imposta sul valore aggiunto, comportando, nello specifico ambito, il disconoscimento del diritto alla detrazione abusivamente conseguito391.

Con riferimento alle imposte dirette, settore dominato dalla legislazione nazionale, dovrebbe escludersi l’applicazione del principio antiabuso non essendo stato pensato come un principio a tutela dell’abuso della normativa fiscale interna.

Tuttavia, con la sentenza della Cassazione del 29 settembre 2006 n. 21221, la situazione cambia decisamente perché essa sancisce l’ingresso del generale principio antiabuso nel nostro ordinamento come canone interpretativo generale, applicabile al di là degli angusti confini tracciati dalla sentenza Halifax, in tutti i settori dell’ordinamento tributario e dunque anche nell’ambito delle imposte dirette392.

390

ZIZZO G., Abuso del diritto, scopo di risparmio e collegamento negoziale. in Rass. Trib., 2008, 3, pag. 872.

391

POGGIOLI M., La Corte di Giustizia elabora il concetto di “comportamento abusivo” in

materia d’Iva e ne tratteggia le conseguenze sul piano impositivo: epifania di una clausola generale antielusiva di matrice comunitaria?, op. cit., pagg. 139 ss.; LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pagg. 760 ss.

392

LOVISOLO A., Abuso del diritto e clausola generale antielusiva alla ricerca di un principio, in

La Corte evoca espressamente “un principio regolatore del sistema” di matrice europea, in quanto tale, direttamente applicabile da parte del giudice comunitario in forza del “criterio di effettività”, ovvero comunque alla stregua del diritto superveniens393.

La Corte rileva che per contrastare l’elusione si può far ricorso a tre rimedi: l’art. 37 bis, la nullità civilistica dei negozi attraverso i quali si estrinseca l’attività elusiva, e quello di matrice comunitaria dell’abuso del diritto. E’ rimessa all’amministrazione finanziaria la scelta dello strumento giuridico più idoneo al caso concreto394.

Trascorsi appena 19 giorni dalla richiesta di chiarimenti alla Corte di Giustizia ai fini della pronuncia della sentenza n. 21371 del 2006, la Corte di Cassazione sembra avere le idee più chiare in materia.

Fulcro del principio dell’abuso del diritto è la valutazione dell’essenza dell’operazione. Individuare l’essenza dell’operazione vuol dire valutare la reale funzione dell’operazione. La valutazione dell’operazione deve riguardare la natura, la specie di operazioni nelle loro reciproche connessioni e nelle finalità perseguite. Oggetto di analisi è sia l’elemento oggettivo, sia l’aspetto soggettivo.

Dal punto di vista soggettivo potranno essere affermate le finalità economiche che consentono una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al risparmio fiscale, evitando che questa sia considerata abusiva. Un’operazione non è considerata abusiva se la sua sostanza è sorretta da ragioni economiche concrete, predominanti, assolutamente rilevanti rispetto ad eventuali ragioni di risparmio fiscale, che potranno essere presenti, ma solo con un ruolo marginale395.

393

STANCATI G., Il dogma comunitario dell’abuso della norma tributaria; op. cit., pag. 791; ANDRIOLA M., Quale incidenza della clausola antiabuso comunitaria nella imposizione sui

redditi in Italia? in Rass. Trib., 2008, pag. 279.

394

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 761.

395

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pagg. 762 ss.

Questo modo di intendere il principio dell’abuso del diritto ricorda l’interpretazione data al requisito delle valide ragioni economiche396 contenuto nell’art. 37 bis: muovendosi tra un approccio di carattere oggettivo, per cui le stesse dovrebbero essere concrete, apprezzabili, significative e non pretestuose, e uno soggettivo, che servono a determinare se queste hanno ispirato l’agente.

Dunque le ragioni economiche presuppongono un apprezzabile interesse economico alla stregua del comportamento dell’operatore economico medio al fine di verificare se costui avrebbe avuto buoni motivi per effettuare ugualmente l’operazione, a prescindere dai vantaggi fiscali con essa conseguibili397.

Il concetto di abuso del diritto sembra non discostarsi da quanto già previsto dalla normativa interna. Occorre ora vedere in che modo questo canone interpretativo e la norma positiva possano interagire.

La Cassazione ha sottolineato che l’esame delle operazioni compiute dalle società deve essere compiuto anche alla stregua del principio dell’abuso del diritto, come enunciato dalla giurisprudenza comunitaria. Esso dunque costituisce un criterio ulteriore di cui servirsi per contrastare l’elusione398.

Nella sentenza n. 21221 del 2006 la Suprema Corte ha chiaramente affermato che l’abuso del diritto è entrato a pieno titolo nel nostro ordinamento come canone

396

In realtà il requisito delle valide ragioni economiche non rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie elusiva, il che porrebbe a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere della prova sul punto, ma costituisce un fatto impeditivo dell’operatività della norma antielusiva, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. Di conseguenza, ove l’amministrazione ravvisi un risparmio d’imposta patologico e quindi potenzialmente elusivo, spetta poi al contribuente paralizzare l’attività accertatrice adducendo l’esistenza delle valide ragioni economiche. In questo senso LUPI R., Elusione e legittimo risparmio d’imposta nella nuova normativa, in Rass. Trib., 1997, 5, pag. 1100; RUSSO P., Brevi note in tema di disposizioni antielusive, in Rass. Trib.,1999, I,, pag. 75; MICHELUTTI R., L’intervento del Ministero delle finanze olandese sul regime

tributario degli scambi di partecipazioni: spunti interpretativi per la norma antielusione vigente in Italia, in Riv. dir. trib., IV, 1999, pag. 178 nota 78; BUCCI L., La norma “generale” antielusiva nell’interpretazione del comitato consultivo: alcune considerazioni, in Rass. Trib., 2002, 2, pag.

523. 397

RUSSO P., Brevi note in tema di disposizioni antielusive, op. cit., pag. 75; BUCCI L., La norma

“generale” antielusiva nell’interpretazione del comitato consultivo: alcune considerazioni, op. cit.,

pag. 526. 398

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 763.

interpretativo. Esso non va a sostituire gli strumenti già predisposti dal nostro sistema per contrastare l’elusione fiscale, ma costituisce un criterio ulteriore.

Sorge quindi il problema di individuare in che rapporto il principio in questione si ponga rispetto agli altri strumenti disciplinati dalla normativa interna. Al riguardo sono prospettate due possibilità.

Secondo una prima impostazione il principio antiabuso potrebbe rappresentare una norma di chiusura del sistema, volta a contrastare quelle condotte elusive non perseguibili attraverso gli altri rimedi esistenti, rappresentati dalla clausole antielusive analitiche e da quella semigenerale dell’art. 37 bis. In tal senso la clausola antiabuso andrebbe a sanzionare tutte quelle operazioni in cui risulti essenziale il vantaggio fiscale ottenuto, ponendo a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza di valide ragioni economiche non meramente marginali o teoriche, tali da considerarsi attendibili e prevalenti rispetto alla finalità di conseguire un risparmio d’imposta399. Il criterio elaborato dalla giurisprudenza andrebbe però a colpire operazioni non considerate elusive da parte del legislatore!400

Un secondo scenario reputa, invece, il principio antiabuso come canone interpretativo destinato, in futuro, a rivestire il ruolo di clausola generale antielusiva e ad eliminare le norma antielusive analitiche e quella semigenerale previste nel nostro ordinamento. Questo secondo orientamento è quello manifestato dalla Cassazione nella sentenza in esame. Secondo la Suprema Corte, infatti, questa clausola già esisterebbe nel nostro ordinamento, ritenendo inopponibili all’Amministrazione finanziaria ogni pratica abusiva401.

Quando i giudici affermano che il principio dell’abuso del diritto è un canone interpretativo regolatore dell’ordinamento, intendono introdurre un tipo di

399

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 763, nota 63.

400

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pag. 765.

401

LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’<abuso> del diritto … , in op. cit., pagg. 765 ss.

valutazione interpretativa che, da un lato, con riferimento al negozio elusivo realizzato, consenta all’interprete di non fermarsi al dato formale, valutando invece il contenuto e l’effetto sostanziale dell’operazione, dall’altro, con riferimento alla norma elusa, permetta di cogliere la ratio, la finalità per cui essa è stata dettata402, così da estenderne la portata applicativa oltre il dato letterale anche ai casi non ricompresi403.

Deve dunque procedersi ad un disconoscimento dell’aspetto giuridico formale in favore di quello economico sostanziale404

Il principio antiabuso avrebbe valenza di principio generale che troverebbe al sua ragion d’essere nell’art. 53 Cost, il quale richiede che tutti concorrano alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva, ossia in ragione della loro effettiva idoneità personale, non in base ad una manifestazione artificiosamente ed illegittimamente ridotta in virtù di comportamenti elusivi405.