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La Convenzione di Bruxelles del

IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERE NELLA DISCIPLINA

3.3 La Convenzione di Bruxelles del

Nell’ambito della fitta rete di convenzioni che trattano il tema del riconoscimento delle sentenze, particolare attenzione merita la Convenzione di Bruxelles del 1968, un accordo multilaterale in materia civile e commerciale che, entrato in vigore nel 1973 fra i sei stati fondatori della CEE (Italia, Francia, Belgio, Germania, Olanda e Lussemburgo), arriva a coinvolgere nel corso degli anni tutti gli stati membri dell’Unione Europea.

La Convenzione di Bruxelles diviene fondamentale proprio per la sua attenzione “comunitaria”60: ambisce, infatti, a rendere possibile la libera circolazione delle decisioni in tutti gli stati della Comunità.

Preludio del titolo III della Convenzione, che nello specifico disciplina il tema del riconoscimento e dell’esecuzione delle sentenze, è l’art 25, il quale dispone cosa si debba intendere per “decisione” in ambito convenzionale, dandone una connotazione ampia, in quanto “Ai sensi della presente convenzione, per

decisione si intende, a prescindere dalla denominazione usata, qualsiasi decisione resa da un organo giurisdizionale di uno Stato contraente, quale ad esempio decreto, sentenza, ordinanza o mandato di esecuzione, nonché la determinazione da parte del cancelliere delle spese giudiziali.”

Non è necessario, quindi, che l’atto giurisdizionale abbia autorità di cosa giudicata, ossia non si richiede che quest’ultimo presenti il carattere conclusivo di un procedimento contenzioso e non sia per questo più suscettibile di impugnazione con i mezzi ordinari.61

È opportuno considerare che è proprio la Convenzione di Bruxelles ad aver introdotto il principio dell’automatico

60
 Ballarino
 T.,
 “Diritto
 internazionale
 privato
 italiano”,
 settima
ed,
Cedam,
p
114;


61

DE
CRISTOFARO,
Rivista
di
diritto
internzionale
privato
e
 processuale
1998,
pp
755‐758;


riconoscimento dei provvedimenti, al quale si ispirano successivamente il Regolamento 44/2001 e la stessa legge 218 del 1995 concernente la disciplina interna.62

Tale principio mira ad attribuire alla decisione pronunciata in un determinato stato la stessa imperatività ed efficacia che le è propria in quello stato in cui è stata emessa; il provvedimento, dunque, genera i suoi effetti negli altri Stati contraenti, senza che sia necessario il previo esame di esso da parte dell’autorità giudiziaria.63 Ai sensi dell’art 26, infatti, “Le decisioni rese in uno

Stato contraente sono riconosciute negli altri Stati contraenti senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

In caso di contestazione, ogni parte interessata che chieda il riconoscimento in via principale può far constatare, secondo il procedimento di cui alle sezioni 2 e 3 del presente titolo, che la decisione deve essere riconosciuta. Se il riconoscimento è richiesto in via incidentale davanti ad un giudice di uno Stato contraente, tale giudice è competente al riguardo.”

62
 LA
 CHINA
 S.,
 “Il
 riconoscimento
 e
 l’esecuzione
 delle
 sentenze
 nel
 regolamento
 comunitario
 n.44/2001”
 in
 Rivista
 Diritto
 Processuale
 2/2002,
 p
 386
 (commento
 alla
 normativa);


L’automatismo di questo effetto ambisce a paralizzare la riproposizione della stessa domanda in un procedimento già compiuto in un altro Stato.

Un chiaro caso esemplificativo dell’importanza di tale accordo si ha con la sentenza Soc. Roccaplas c. Fetas del 198464, nella quale si sancisce che “sono delibabili,

in Italia, ai sensi della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, le sentenze emesse, in paese straniero aderente alla convenzione, successivamente all'entrata in vigore della convenzione stessa, anche se il relativo giudizio sia stato incoato in epoca precedente, purché rese da giudice competente o in base alla nuova

convenzione o in forza di

precedente accordo bilaterale tra i due paesi.”

Inoltre, pur trattandosi sempre di riconoscimento automatico è interessante notare una differenza con la disciplina interna: infatti, se l’art 64 della legge di riforma delinea quali siano le condizioni affinché un provvedimento possa risultare effettivamente riconosciuto, diversamente, in ambito convenzionale, il legislatore all’art 27 della Convenzione di Bruxelles elenca, invece, i casi in cui non sia concesso il riconoscimento, ponendosi, quindi, dal punto di vista formale, in modo differente.

64
Corte
di
Cassazione,
sentenza
12
marzo
1984
n
1680,
 Giustizia
Civile,
1984,
I,
1419;


Articolo 27

“Le decisioni non sono riconosciute:

1) se il riconoscimento è contrario all'ordine pubblico dello Stato richiesto;

2) se la domanda giudiziale od un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace regolarmente ed in tempo utile perché questi possa presentare le proprie difese.

3) se la decisione è in contrasto con una decisione resa tra le medesime parti nello Stato richiesto;

4) se il giudice dello Stato d'origine per rendere la decisione ha, nel pronunciarsi su una questione relativa allo stato o alla capacità delle persone fisiche, al regime patrimoniale fra coniugi, ai testamenti ed alle successioni, violato una norma di diritto internazionale privato dello Stato richiesto, salvo che la decisione in questione non conduca allo stesso risultato che si sarebbe avuto se le norme di diritto internazionale privato dello Stato richiesto fossero state, invece, applicate;

5) se la decisione è in contrasto con una decisione resa precedentemente tra le medesime parti in uno Stato non contraente, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché tale decisione riunisce le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato richiesto.

Le cause di rifiuto del riconoscimento65 e dell’esecuzione individuate nella Convenzione vengono poi riprese, con qualche variante, dal Regolamento 44/2001 , ai sensi degli artt. 34 e ss.

Oltre i primi 3 motivi, che si pongono alla base di molteplici discipline sul riconoscimento ( 1) l’incompatibilità del provvedimento con l’ordine pubblico dello stato in cui si richiede il riconoscimento66; 2) la violazione dei diritti di difesa dello stato in cui si richiede il riconoscimento; 3) il contrasto con una decisione emanata tra le stesse parti nello stato in cui il riconoscimento viene richiesto;), la peculiarità della Convenzione di Bruxelles si riscontra, tuttavia, negli ultimi due motivi di diniego al riconoscimento delle sentenze, che vengono aggiunti solo alla fine degli anni ’70 in occasione di un ampliamento della Comunità.

In particolare, il quarto motivo nega il riconoscimento dei provvedimenti stranieri quando in questi ultimi vi sia la violazione di una norma di diritto internazionale privato dello stato in cui è richiesto quando il giudice abbia deciso di una questione riguardante una particolare materia (lo stato o la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale tra i coniugi, i testamenti e le successioni).

65
ibid.;


66 Nell’ambito
 delle
 cause
 ostative
 al
 riconoscimento
 è
 opportuno
 precisare
 che
 il
 controllo
 della
 competenza
 del
 giudice
 dello
 Stato
 di
 origine
 
 è
 escluso:
 le
 norme
 sulla
 competenza
non
riguardano
l’ordine
pubblico;


Il quinto motivo, invece, prende in considerazione la posizione degli Stati estranei alla Comunità che risultino legati comunque ad essa sul piano della cooperazione giudiziaria internazionale e dispone, nel caso specifico, il diniego di riconoscimento quando la decisione risulti in contrasto con un’altra decisione relativa alla stessa causa emessa in uno stato non contraente ma suscettibile di essere riconosciuta dallo stato richiesto.

Il principio del riconoscimento automatico, che interessa l’aspetto dell’efficacia del provvedimento in uno Stato diverso da quello in cui lo stesso provvedimento è stato pronunciato, tuttavia, non si estende all’esecuzione.

Infatti, qualora il riconoscimento sia avvenuto senza che quest’ultimo sia contestato, per dare esecuzione alla sentenza è necessario il rispetto di ulteriori condizioni: ‐ la sentenza deve essere già esecutiva nel paese in cui è

stata pronunciata;

‐ il ricorso alla procedura di exequatur, ossia l’apposizione della formula esecutiva, ai sensi dell’art 31 della suddetta Convenzione.67

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