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Conversazione con Elisabetta Sgarbi

L. Essendo di Alessandria, la tentazione è forte nel ricordare due colossi della cultura piemontese, Umberto Eco, dal cui incontro inizia la sua brillante carriera nell’editoria, e Cesare Pavese riceven-do il premio prestigioso a lui intitolato. Quali i ricordi, le emozio-ni, le soddisfazioni?

E. Eco l’ho conosciuto, ho lavorato con lui sin dai miei primi passi nell’editoria. Nel senso che quando sono entrata nella Bompiani, Eco era già Eco, e io lavoravo all’ufficio stampa sui suoi libri. E’

stata una scuola di lavoro unica, una scuola che è durata fino alla Fondazione della Nave di Teseo, con lui e con il mio vero maestro, che è Mario Andreose, editor storico di Umberto Eco e persona che mi ha scelto per la Bompiani.

Cesare Pavese per me è un’altra cosa, uno scrittore e intellettuale e editore e traduttore straordinario con cui non ho mai avuto rappor-ti personali. È stato un autore della mia formazione.

L. Con i grandi nascono grandi iniziative, infatti, nel 2015 lei la-scia la casa editrice Bompiani per fondare, per un’esigenza di indi-pendenza, La Nave di Teseo, che in un secondo tempo, 2017, ha acquisito la Baldini&Castoldi e Oblomov Edizioni, di cui è Diret-tore Generale.

La Nave di Teseo guarda al futuro dando futuro al passato, la cui identità la esprime attraverso gli autori selezionati per la pubblica-zione dei loro libri. Qual è il criterio di scelta sul “ponte della nave per il varo?”

E. Scegliere gli autori, prima dei libri. Mi spiego: si legge un libro, lo si trova importante e lo si pubblica. Ma quel libro può o deve esprimere una voce che vorrei trovare nei prossimi romanzi. Magari i prossimi romanzi saranno meno riusciti, ma quella voce continuo a sentirla. Insomma un editore segue gli autori nel corso delle sinu-soidi del loro lavoro, negli alti e nei bassi perché ama quella voce letteraria.

L. Betty Wrong o Betty Sbagliata. Sbaglio o disordine? Disordine inteso come?

E. Sbagliata nel senso che ho sempre cercato strade diverse, devia-zioni dalla strada principale, “giusta”. Ho sempre fatto così nella mia vita professionale: ho iniziato a interessarmi del cinema, della musica, ho pensato la Milanesiana. Ho preso strade non battute per arricchire i contenuti della via principale.

L. La sua intensa attività mi fa pensare al punto matematico, at-traverso cui passano infinite rette, come punto di incrocio di tutte le arti e di tutti gli aspetti dello scibile umano. La Milanesiana si propone come “laboratorio di eccellenza” che raccoglie intorno a sé i maggiori talenti dai premi Nobel della Scienza/Letteratura agli Oscar del Cinema.

In una società, come afferma Piero Angela, “Nel nostro paese non si premia il merito …”, sottintende anche che vi sono talenti non riconosciuti per i loro meriti? Lei che esplora selezionando talenti cosa ne pensa?

E. Il mio lavoro è scoprire e valorizzare la creatività e il talento. Che è qualcosa di diverso dal merito. Il talento non è un merito.

L. Nella scorsa edizione della Milanesiana, il tema proposto da Claudio Magris era la speranza, con una lectio magistralis “Cosa

posso sperare?”. Alla luce di questa tragedia planetaria della pande-mia, quale è la sua speranza per il prossimo futuro? Quale la svolta?

E. Il tema della prossima Milanesiana lo stiamo ancora studiando con Claudio Magris. Quello della scorsa edizione era la speranza.

Magris aveva dato per titolo della Lectio questa frase di Kant, ac-compagnata anche da due altre frasi molto importanti, che non dovremmo dimenticare: cosa posso sapere? Cosa devo fare?

L. All’interno della Nave di Teseo, che promuove l’Autobiografia di Woody Allen, con la pubblicazione in anteprima mondiale, mi sembra che tale scelta rispecchi molto bene la sua personalità, che amo definire “baluardo di libertà”, da come si evince da tale affer-mazione senza replica:

“ Un uomo solo è sufficiente per ricordare che la libertà non è an-cora scomparsa”. “Anche una donna” (Junger)

A questa pubblicazione si aggiunge “Il nome della rosa”, di U.Eco a quattro anni della morte. Si tratta di una edizione arricchita, come e perché?

E. Sarà una edizione arricchita dei disegni e appunti che avevano accompagnato Eco nel corso del suo lavoro sul romanzo. Eco dise-gnava gli spazi dove i suoi personaggi dovevano muoversi, gli og-getti, gli abiti. Diceva che doveva arredare la sua mente per costru-ire un romanzo storico che fosse verosimile. Vederli è come entrare nella officina di Umberto Eco.

L. Dal ventre della Nave di Teseo nasce Pantagruel, la prima rivista zero, sull’esperienza di Panta, fondata da lei con Pier Vittorio Ton-delli. Lo zero, un numero che non contiene nulla, ma che ovunque lo metti cambia la situazione. Il pane, come primo tema scelto mi fa pensare al “cum panem” latino. Quale il prossimo?

E. Pantagruel intende essere una rivista di letteratura, di racconti e testimonianze su un tema che di volta in volta scelgo con il cura-tore. Il numero zero é stato un successo, dedicato al pane, in col-laborazione con la Fondazione terre di pane di Matera. Una rivista come Pantagruel ha inteso iniziare dall’elemento primo: il pane. Il prossimo numero, il numero uno, sarà dedicato alla filosofia del cibo, a cura di Massimo Donà e mia.

L. Lei presiede la Fondazione Elisabetta Sgarbi, attiva fra altri even-ti, a promuovere incontri e mostre, tra cui “La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara” e l’annuale incontro dedicato a Ludovico Ariosto, nel Pa-lazzo dove il poeta scrisse la prima edizione dell’Orlando Furioso (1516). Quali le motivazioni e le prospettive?

E. La mostra è stata una omaggio alla mia famiglia, a mio padre e mia madre che non ci sono più, e a mio fratello Vittorio che ha co-struito la meraviglia di questa collezione. Insieme, nel 2008, abbia-mo dato vita alla Fondazione. La abbia-mostra testiabbia-moniava la vita della nostra famiglia fino al momento in cui sono stati presenti i nostri genitori. E accadeva a Ferrara, nel suo luogo simbolo: il Castello Estense. Una mostra di grande successo, oltre 40.000 paganti.

L. Lei pubblica da oltre 25 anni i libri di Paolo Coelho, come membro della Fondazione che porta il nome dello scrittiore. Mi ha colpito molto questo suo legame spirituale con Paolo Coelho, da me amato soprattutto nella lettura del “Manuale del guerriero della luce e del romanzo “Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”. Un uomo, uno scrittore, un poeta, un filosofo, sono alcuni sostantivi che caratterizzano tale personalità attraverso un’esistenza ciclica. Cosa glielo fa appassionare e perché?

E A lui e alla sua agente letteraria, Monica Antunes, una mia amica,

ho legato la mia vita professionale e non solo. Quando uno scritto-re (e la sua agente) ti accompagnano per tutta la tua vita professio-nale, diventano parte di te: hai letto tutti i tuoi libri, hai condiviso grandi successi e momenti difficili. Anche in questo momento, con Monica Antunes, ci sentiamo, siamo in continuo contatto.

L. In questo periodo di quarantene per la pandemia coronavirus, Elisabetta, che a Ro tiene aperta la farmacia di famiglia, e questo me la fa sentire ancora più cara nel mio cuore, come pensa di ri-organizzare le sue attività, con la sua intelligente sensibilità e lun-gimiranza, alla salvaguardia del bene umano più grande: l’anima uni-versale?

E. Io lavoro sempre, ogni ora. E quando penso di non svolgere una attività lavorativa, alla fine, quello che sto facendo ha una ricaduta sul lavoro. Io credo nel lavoro, fatto con passione, anche cieco, pri-vo di tornaconto immediato. Penso così di essere utile al mondo. O meglio, così non mi sento inutile.

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L’enfasi è il primogenito di talento