• Non ci sono risultati.

Le cooperative agricole e il nuovo scenario di mercato

CAPITOLO IV - La cooperazione agricola: due casi di studio

3. Le cooperative agricole e il nuovo scenario di mercato

3.1 Ripercussioni delle mutate condizioni di mercato sulle marketing

cooperative

Il cambiamento che nel corso degli ultimi anni ha interessato il mercato agricolo e ortofrutticolo ha portato gli studiosi ad interrogarsi sulla validità, o meglio, sull‟efficienza delle cosiddette marketing cooperative, ovvero le cooperative agricole tradizionali che incorporano al loro interno anche la trasformazione e/o la commercializzazione. In questa nuova fase, il mercato dei prodotti agricoli richiede infatti una maggiore differenziazione di prodotto (in termini qualitativi), quindi maggiore innovazione, dunque maggiori investimenti. La globalizzazione ha portato ad un incremento della competizione e ad una saturazione dei mercati. L‟impresa agricola che vuole stare sul mercato deve saper individuare domande di nicchia, ma per fare ciò servono, oltre che innovazione, anche investimenti rilevanti nel marketing e nello sviluppo di un proprio marchio.

Il nuovo contesto di mercato ha accresciuto di conseguenza notevolmente il livello di coordinamento richiesto agli agenti del sistema di produzione e di distribuzione (supply chain), incrementando la complementarietà e quindi la dipendenza dell‟attività di ciascun agente partecipante da quella degli altri. L‟ottimizzazione del surplus generato dalla catena presuppone che gli investimenti dell‟impresa di un nodo siano coordinati con quelli delle imprese appartenenti agli altri nodi (Hendrikse, Bijman, 2002).

Se da un lato, perciò, le imprese possedute dai contadini, ovvero le cooperative agricole, possono costituire uno strumento estremamente valido nel controllo e nella certificazione della qualità lungo la filiera produttiva (Royer, 1995), dall‟altro, emerge la criticità di tale forma organizzativa nell‟affrontare il significativo incremento e lo spostamento degli investimenti specifici nella fase a valle della supply chain. Tuttavia, la presenza di asset cospecializzati nella produzione, per quanto riguarda lo sviluppo di nuovi prodotti, e nel marketing, per quanto concerne la costruzione del marchio, fornisce ancora una valida

152

motivazione all‟esistenza del modello cooperativo (marketing cooperative). Infatti, con riferimento ai prodotti agricoli freschi marchiati e di elevata qualità (branded

specialty product), le attività di lavorazione e di conservazione richiedono

particolare attenzione e l‟osservanza di precise operazioni per poter generare il più alto valore possibile. Nel caso in cui i contadini non fossero i proprietari di tali asset, essi potrebbero incorrere in comportamenti moral hazard da parte del grossista.

La conclusione a cui sembra essere giunta la letteratura è che le marketing

cooperative possano rivestire ancora un ruolo importante nella filiera

agroalimentare, a patto però che modifichino il loro assetto istituzionale, in modo da definire un sistema di incentivi all‟investimento più adeguato al nuovo scenario di mercato.

3.2 Ill-defined property rights: i problemi di capitalizzazione

I recenti studi sulla cooperazione agricola si soffermano sulla cattiva definizione dei diritti di proprietà (ill-defined property rights; Cook, 199545) nell‟impresa cooperativa tradizionale, che non le consentirebbe di far fronte alla maggior necessità di risorse finanziarie a valle della produzione imposta dal nuovo scenario di mercato (Hendrikse, Veerman, 200146). Secondo questa corrente di pensiero, la struttura proprietaria e di governance della marketing cooperative non sarebbero in grado di fornire i giusti incentivi all‟investimento, a causa, sia del

45 Nel suo lavoro Cook sostiene che ogni cooperativa si caratterizza per un ciclo di vita a 5 fasi (model of cooperative genesis, growth and demise). In particolare, nella fase finale i soci si ritroverebbero costretti a scegliere tra lo scioglimento o la modifica dei diritti di proprietà della cooperativa.

46 I due autori sottolineano l‟efficienza dell‟impresa cooperativa quando si tratta di risolvere il primo problema di hold-up della catena di produzione agricola e ortofrutticola, la deperibilità del prodotto e il conseguente sfruttamento del contadino da parte dell‟impresa acquirente. Quando però, come nel caso di un mercato caratterizzato da prodotti differenziati e non più omogenei, l‟importanza della raccolta di ingenti fondi di investimento cresce in maniera esponenziale, la cooperativa si rivela incapace di rispondere adeguatamente al secondo problema di hold-up, quello relativo al controllo degli investimenti da parte dei finanziatori esterni. Per tale motivo, in presenza di un elevato livello di asset specificity a valle della supply chain, la proprietà dovrebbe passare agli investitori, ovvero la tradizionale marketing cooperative dovrebbe trasformarsi in un‟impresa capitalistica (conventional firm).

153 processo decisionale democratico (una testa, un voto), sia delle mancate remunerazione, rivalutazione e scambio delle quote di capitale investito. Nello specifico, l‟impossibilità da parte dei soci dell‟impresa cooperativa di attualizzare il capitale investito e quindi di rivalutare la quota sociale, per esempio attraverso la vendita sul mercato secondario, fungerebbe da deterrente alla mobilitazione e all‟impiego di mezzi propri. In aggiunta, i soci di una cooperativa si caratterizzano solitamente per essere soggetti economicamente deboli, che non dispongono di grandi ricchezze da investire e quindi il premio per il rischio dovrebbe essere ancora superiore, ma, come è stato evidenziato, la remunerazione del capitale non rientra tra gli obiettivi del modello cooperativo tradizionale. Inoltre, la governance democratica porta ad avallare solamente gli investimenti che generano l‟intero ritorno economico nel periodo residuale di permanenza in cooperativa del socio mediano (temporal horizon problem), aggravando la subottimalità degli investimenti nell‟impresa cooperativa: alla sottopatrimonializzazione legata all‟assenza di una remunerazione del capitale proprio, si affianca quindi una sottocapitalizzazione determinata dal temporal

horizon problem.

Per di più, essendo il contadino proprietario sia dell‟azienda agricola (individualmente) che della marketing cooperative (collettivamente), egli è costretto ad affrontare due livelli d‟investimento. Alla luce di tale struttura proprietaria e del principio operativo „service at cost‟, l‟investimento nella cooperativa non è quello ottimale, perché l‟investment decision dei contadini prende in considerazione solamente le operazioni finanziarie che massimizzano il valore degli output dell‟azienda agricola e della marketing cooperative congiuntamente considerati (ibid.). L‟investimento effettivo non può quindi che risultare inferiore a quello riscontrabile in una impresa a valle della produzione (downstream stage) con un assetto proprietario investor-owned. In questo caso, infatti, sono selezionati tutti gli investimenti che consentono di massimizzare il valore dell‟output a valle della produzione. Sotto le condizioni imposte dal cambiamento del mercato agricolo, l‟allocazione dei diritti di proprietà nella

154

cooperativa risulterebbe inefficiente e non massimizzerebbe il benessere sociale, a causa di un‟inadeguata generazione di incentivi all‟investimento. L‟unica situazione che giustificherebbe l‟assegnazione dei diritti di proprietà delle fasi di trasformazione e/o commercializzazione ai produttori agricoli si avrebbe nel caso in cui gli investimenti specifici alla supply chain si concentrassero nella fase a monte, ovvero a livello dell‟azienda agricola. Tuttavia, se da un lato tale considerazione fa preferire l‟impresa investor-owned a valle della produzione, dall‟altro, si riapre il problema dell‟asimmetria informativa tra il contadino e l‟intermediario, che assume grande rilevanza nei casi di prodotti altamente deperibili e di elevata qualità.

Negli Stati Uniti, la mancanza di incentivi all‟investimento nelle cooperative agricole è stata studiata in maniera approfondita e ha prodotto un intenso dibattito, a cui è seguita una importante riforma che ha rivisto e ridefinito i diritti di proprietà delle marketing cooperative. In particolare, è stato introdotto un sistema di remunerazione, rivalutazione e scambio delle quote sociali dei soci-contadini, rafforzando il diritto di proprietà individuale di ciascun socio. La risposta al nuovo scenario di mercato ha prodotto di fatto l‟immissione nel modello cooperativo d‟impresa dei classici incentivi „capitalistici‟.

Figura 4.1 – Modelli alternativi di governance delle cooperative agricole

155 Cook e Chaddad (2004a e 2004b) hanno ricostruito l‟insieme dei nuovi modelli scaturiti negli USA in seguito a questo „ripensamento‟ della struttura proprietaria (fig. 4.1). Nello specifico, lo studio mette in luce le modifiche che sono state apportate per ottenere una buona definizione dei diritti di proprietà (well-defined property right) delle cooperative agricole. Le principali novità riguardano l‟introduzione del principio della base sociale chiusa („porta chiusa‟:

closed membership); la definizione di diritti di consegna (delivery right), che

prevedono il pagamento di una quota in base all‟utilizzo dei servizi della cooperativa (x $/q), e la possibilità di scambiare tali diritti sul mercato; forme diverse di remunerazione del capitale.

Cook e Plunkett (2006) danno di queste innovazioni un giudizio positivo, in quanto la necessità di offrire al consumatore prodotti differenziati e perciò di investire in maniera significativa a valle della produzione richiede un tipo di approccio non più „difensivo‟, bensì „offensivo‟. La cooperativa non deve più avere una mera funzione di contrappeso rispetto alle imprese oligopsonistiche (countervailing power), ma anzi deve rappresentare essa stessa un potere di mercato. Il suo comportamento deve essere di tipo rent-seeking, attraverso la generazione delle classiche rendite monopolistiche e/o la ricerca di rendite ricardiane (Peteraf, 1993, citato in ibid.), conseguite grazie alla combinazione di fattori produttivi „superiori‟ rispetto a quelli dei competitor (p.e. la capacità di governare transazioni complesse, tra cui, nel caso specifico, il processo di gestione della conoscenza e di innovazione lungo la filiera agroalimentare). La cooperativa non deve costituire più uno strumento utilizzato dal contadino per minimizzare le perdite attese a livello dell‟impresa agricola, attenuando l‟„esproprio‟ di parte del suo surplus operato dall‟impresa oligopsonistica. Essa non dovrebbe quindi limitarsi ad incrementare la competitività del mercato à la Nourse (competitive yardstick function; Nourse, 1922), ma dovrebbe cercare di „aggiungere‟ valore all‟investimento fatto dai soci. In letteratura, è possibile cogliere questo cambiamento di prospettiva e di impostazione delle cooperative di nuova generazione, attraverso una variazione terminologica significativa: da

156

organizzazioni user-owned a producer-owned. In questo modo, si è voluto infatti sottolineare che l‟estrazione della rendita da parte della cooperativa va a beneficio del contadino non solamente nella veste di utilizzatore, sottoforma dell‟attenuazione delle perdite attese a livello dell‟impresa agricola, ma anche di investitore, attraverso un ritorno economico dell‟investimento nella cooperativa.

La letteratura recente ha perciò indicato un preciso framework che le marketing

cooperative dovrebbero utilizzare per affrontare in maniera efficiente le nuove

condizioni di mercato, pena lo scioglimento o la trasformazione in imprese capitalistiche. Nei prossimi paragrafi ci si interroga se l‟unica via per rendere competitive le cooperative agricole comporti necessariamente l‟introduzione di tutte queste innovazioni nella governance. Si sostiene in particolare che un approccio knowledge-based dell‟impresa potrebbe far emergere ulteriori aspetti chiave utili a integrare la lettura che finora è stata data dalla letteratura alle

marketing cooperative. Il successo e l‟importanza della cooperazione agricola

nella tutela e nella promozione di produzioni di elevata qualità realizzate da piccole realtà contadine e rurali sembra infatti ricavare forza proprio dalla definizione originaria dei diritti di proprietà della cooperativa agricola47.