Potenzialità e caratteristiche del sito
Alla fine del XIX secolo il futuro cardine della Milano degli affari, si presentava ancora come crocicchio di strade tortuose a sezioni irregolari, posto tra le contrade del Bocchetto e del Broletto; caratterizzato da un fitto tessuto edilizio, era estremamente frammentato nelle proprietà. Un primo slancio per il rinnovamento dell’area era però av- venuto nel 1866 con l’apertura di via dei Mercanti: un breve e largo tratto stradale che raccordato alle vie esistenti faceva già percepire i futuri sviluppi. Con lo sbocco di questa via, il Cordusio si preparava infatti a divenire un punto privilegiato di connessione tra la piazza del Duomo e il Castello Sforzesco, ovvero quel tratto urbano su cui verteranno tut- te le successive ipotesi di trasformazione del centro cittadino.
L’ipotesi di costruire un nuovo foro imperiale nell’area del Castello Sforzesco fu riportata in un piano urbanistico del 1807, il quale, oltre a presentare il disegno di un nuovo rettifilo1 in corrispondenza dell’antico slargo del Cordusio, esibiva un’imponente
piazza triangolare. Quest’enorme imbuto prospettico, rivolto verso il Castello, si apriva su questa nuova arteria, la futura via Dante, allora chiamata Corso Napoleone. In eviden- te rottura con la struttura radio-centrica del capoluogo ambrosiano2, questo progetto po-
neva le basi per la nascita del futuro polo finanziario.
Le molteplici proposte urbanistiche succedutesi nel corso dell’Ottocento non fe- cero che ratificare la tradizionale funzione commerciale del luogo ed esaltare la sua posi- zione strategica di interscambio tra diverse vie di comunicazione. Come indica la topo- nimia delle strade e delle piazze al suo intorno, l’area si era qualificata nel tempo come crocevia di scambio commerciale e di traffico tra molteplici direttrici. È questo il ritratto che appare in una grande tela dipinta dal Sebastianone nel XVII secolo3, dove scene dal
carattere popolaresco mostrano un vivacissimo centro commerciale. Sullo sfondo, in un fitto tessuto di case alte cinque o sei piani con botteghe al piano terra, si distingue l’imbocco di via dei Fustagnari, trasformato poi in via dei Mercanti, gli ingressi di via del- le Galline e della Corsia di S. Marcellino, poi via Broletto.
1 Pianta dei progetti dei nuovi rettifili, Milano, 1807
2 Il progetto dell’Antolini rappresenta un’alternativa radicale alla storia della città; si veda M. Tafuri,
Progetto e utopia, Architettura e sviluppo capitalistico, Laterza 2007, (prima edizione 1973), p.25
3 Di Sebastianone, Il Cordusio di Milano, quadro riprodotto in Storia di Milano (vol. XI) con tre particolari
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Ciò che però collocò l’area al centro dei programmi di rinnovamento urbano fu il suo configurarsi come naturale punto di convergenza tra diversi percorsi cittadini; sul vasto piazzale che si formerà in seguito, in corrispondenza dell’antico largo, sebbene al- largate e spostate torneranno a convergere le arterie dell'antica Milano: la via Broletto, dei Mercanti, degli Orefici, via del Bocchetto, le quali rappresentano la diretta comunicazione con le antiche porte: Comasina, Orientale, Romana e Ticinese. Lo sbocco di via Meravigli all'innesto della via Dante con il Cordusio manterrà l'allacciamento di questo con l’altra delle sei porte dell’antica Milano, la porta Vercellina.
Nell’assetto definitivo scompariranno alcune vie, quella dei Fustagnari e delle Galline, mentre nella nuova piazza confluiranno la via Broletto rettificata, via dei Mercan- ti e via degli Orefici, in comunicazione diretta con piazza Duomo, via Tommaso Grossi, proveniente dalla Galleria Vittorio Emanuele e via Cordusio, tratto rettificato del prece- dente slargo4. La nuova piazza Ellittica diventerà nodo di passaggio e di articolazione,
tramite una struttura di assi ortogonali, dei due fondamentali sistemi di percorrenza della città: piazza Duomo- Galleria Vittorio Emanuele II, piazza della Scala e Foro Bonaparte - Castello Sforzesco - Parco Sempione.
Del resto l’immediato collegamento con le aree periferiche era una condizione al- tamente ricercata dall’élite finanziaria, in una città in cui le attività industriali e produtti- ve avevano trovato conveniente collocazione all’esterno delle mura, per poter contare sull’esenzione delle tasse daziarie5. Tale vantaggio economico si estinse nel 1873 in segui-
to all’annessione dei Corpi Santi, come venivano chiamati i Comuni esterni alla cinta mu- raria; tuttavia questo movimento centrifugo continuò, disperdendo sempre di più le in- dustrie nel territorio ed affidando un ruolo di coordinamento al centro.
Dal punto di vista urbanistico la dislocazione dei complessi industriali non aveva avuto una specifica disciplina; erano sorti disordinatamente nelle più disparate direzioni, all’esterno del perimetro murario. Secondo il resoconto di Ferdinando Reggiori, la Società Meccanica “l’Elvetica” (prima della Breda) sorgeva nel 1844 fuori Porta Nuova, lungo la Martesana; lo stabilimento delle cartiere Binda (1855) alla Conca Fallata, la Fonderia Za- noletti (1859) fuori di Porta Genova; la Filotecnica (1865) a Porta Vercellina; la Pirelli (1872) tra le vie Galilei e Ponte Seveso; la società Ceramica Richard (1873) a San Cristofo- ro; la Stamperia e Tintoria De Angeli (1878) alla Maddalena, fuori Porta Vercellina6.
4 L’evoluzione dell’area è stata ricostruita dal Beltrami in un disegno dove egli sovrappone l’antico e il
nuovo impianto, in Palazzo delle Assicurazioni Generali Venezia, in “Edilizia Moderna”, IX, 1900, maggio, fasc.V.
5 Si veda: J. Morris, The economic geography of shopkeeping: the role of the dazio consumo, in The political
economy of shopkeeping in Milan, 1886-1922, Cambridge University Press, 2002, pp-65-88
6 E. Reggiori, Milano 1800-1943: itinerario urbanistico-edilizio, Le industrie milanesi, Ed. del Milione, Mila-
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Fu a seguito dell’espansione dei suoi confini che il Comune decise di adottare un piano regolatore, in modo da coordinare lo sviluppo delle aree periferiche e il centro cit- tadino7. A questo scopo tutte le proposte presentate furono tese ad agevolare la loro con-
nessione, prevedendo un’ampia circonvallazione esterna alla quale si connettessero tra- sversalmente tutte le arterie confluenti nei centri minori attorno al capoluogo. Dal punto di vista viario il sistema Foro Bonaparte -via Dante- Cordusio, agganciato a Piazza della Scala e via Manzoni, costituì il tramite necessario per la comunicazione verso nord in connessione con le altre direzioni.
Nel 1880 nell’imminenza dell’Esposizione Nazionale, promossa per l’anno suc- cessivo ai Giardini Pubblici, il Comune di Milano affrontò con decisione il problema del trasporto collettivo; decise così di collegare il centro città con il suburbio attraverso la predisposizione di nuove linee tramviarie. La rete che si costituì trovò come naturale punto di snodo la piazza del Duomo, dalla quale a partire dal 1881 cominciarono a fun- zionare quattro linee, che diventarono sette nel 1882 e tredici nel 1884. Il sistema andò sempre di più ad accrescere il suo caratteristico impianto stellare; le “ippovie” ad anda- mento radiale mettevano in comunicazione il centro con le stazioni ferroviarie e con tutte le porte della città.8
L’area del Cordusio di antica funzione commerciale, perfettamente connessa al nucleo centrale di più antica origine ma anche alle principali vie di comunicazione con le porte della città, era sembrato quindi luogo ideale e predestinato per l’espansione dell’attività finanziaria. Secondo l’ottica di decentramento industriale messa in atto dalla classe dirigente del tempo, occorreva individuare un nucleo centrale facilmente accessibi- le dove poter collocare le sedi delle maggiori attività commerciali e finanziarie. Tale esi- genza era particolarmente sentita in una fase in cui non si era ancora determinata una scissione tra la fabbrica e gli uffici direzionali, perciò risultò fondamentale stabilire un immediato collegamento tra il centro ed i luoghi di produzione e di scambio.
7 La questione del piano Regolatore emerse durante la seduta del Consiglio comunale il 6 novembre del
1873, quando l’architetto Camillo Boito chiese un piano per il territorio recentemente annesso: ”*<+ onde le vie non sorgano a caso, o peggio, non si dispongano in tali direzioni da contrastare coi corsi interni della città”; in ASCM, Atti Amministrazione Comunale (seduta 11 settembre 1876) tratt. 110, p.252
8 Nel 1882 furono attivate le linee dalla piazza del Duomo verso la stazione nord, verso la stazione cen-
trale, porta Venezia e porta Garibaldi; nel 1882 si aggiungevano le radiali per Porta Genova, Porta Tenaglia, Por- ta Romana; un anno più tardi le linee per Porta Volta, Porta Nuova, Porta Magenta; nel 1884 fu attivata l’ultima radiale per Porta Vittoria e l’anello di Circonvallazione; si veda E. Reggiori, Milano 1800-1943, op. cit., p.459
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Uno spazio progettato non ancora costruito: 1886-1892
Il disegno di un nuovo asse: piazza Duomo-via Orefici-Cordusio-via Dante, pro- posto all’inizio del secolo, inizierà ad essere formalizzato nel 1885, quando il Consiglio Comunale approvò il diretto collegamento tra il Castello e il Cordusio. Fu inoltre previsto un allargamento dello slargo in modo da potenziare la comunicazione diretta con piazza Duomo tramite il tratto stradale di via degli Orefici. Ciò che verrà pianificato tra il 1886 e il 1889 sarà un unico complesso dove il nuovo corso, con destinazione mista di residenza e commercio, collegherà le aree terziarie del centro con la nuova esedra edilizia del Foro Bonaparte a destinazione residenziale. La trasformazione del Cordusio da slargo a piazza ellittica, con il raccordo tra antichi e nuovi assi stradali, sarà l’ultima fase di completa- mento dell’intero intervento, conclusasi soltanto all’inizio del nuovo secolo.
La necessità di dotare la città di nuove strutture per il commercio, in linea con l’importanza economica raggiunta dal capoluogo milanese e la costruzione di un’immagine di città moderna e produttiva trovarono concordi i nuovi ceti emergenti e gli amministratori comunali, che sembrano agire all’unisono nel decidere la nuova forma urbana. Più che a promuovere particolari iniziative in campo edilizio, il Comune appari- va maggiormente preoccupato a stendere una traccia viaria di riferimento a cui connette- re i progetti dei singoli man mano che questi fossero stati presentati. Le modalità con cui venivano condotte le operazioni di nuova edificazione assegnavano all’Amministrazione comunale il ruolo di semplice mediatore, lasciando alle forze interessate alla gestione del- le aree un ampio potere decisionale. I progetti di rinnovamento urbano su cui si orientò il Consiglio comunale trovarono infatti rapida risposta nelle iniziative avanzate da parte di società bancarie, imprese e promotori immobiliari, i quali non esitarono a proporre auto- nomamente nuove ipotesi di trasformazione.
In particolare intorno all’operazione Foro Bonaparte- via Dante- Cordusio si coa- gularono gli interessi di due gruppi finanziari: la Società Fondiaria Milanese e la Cassa di Sovvenzione ai Costruttori. Costituitesi appositamente in vista della nuova speculazione, queste due società, anche se comparvero con due diversi nomi, erano il risultato delle medesime alleanze tra istituti bancari, tra i quali risultava maggiormente coinvolta la Banca Generale9. Con lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese edilizie, la società si
9 Nel Consiglio di amministrazione della Società Fondiaria Milanese, costituita il 17 maggio 1881, erano
presenti fra gli altri: Antonio Allievi, presidente della Banca Generale, Clemente Maraini, presidente della Banca di Milano, Ulrico Geisser, titolare dell’omonima casa bancaria torinese e amministratore delegato della Banca Tiberina (Società Fondiaria Milanese, “Il Sole”, 28 maggio 1881); sui rapporti tra società bancarie ed edilizia in questa fase a Milano si veda: P. Cafaro, Banche di credito mobiliare e attività edilizia nella Milano del Piano Beruto
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preparava a partecipare direttamente all’edificazione degli immobili preventivati dai nuovi piani di lottizzazione. Il primo oggetto di interesse della Fondiaria fu la zona di Piazza d’Armi, per la quale predispose un nuovo progetto di edificazione.
Nel gennaio del 1884, tra le varie proposte presentate fu proprio quella dell’ingegnere Maraini della Fondiaria a prevalere; la società riuscì a raggiungere un ac- cordo con il Comune, assicurandosi l’esecuzione dell’operazione. Il progetto presentato prevedeva la realizzazione di un fitto tessuto edilizio con case dell’altezza di cinque piani e l’abbattimento di gran parte del Castello: una grande arteria fra il Cordusio e il Foro Bonaparte, estesa fino all’arco Sempione, avrebbe tagliato in due l’antico edificio, lascian- do ai lati le membra in rovina, come ornamento artistico. L’intervento fu infine scongiu- rato da un’ingiunzione del Ministero della Pubblica Istruzione, il quale obbligò alla con- servazione del monumento; tuttavia moltissime furono le polemiche per un’operazione che si rivelava tutta a favore della Fondiaria. Su questo punto nell’aprile del 1884 cadde la Giunta di Giulio Belinzaghi: il sindaco pagò così l’ardire di aver sottoposto al Consiglio un progetto sul quale sostanzialmente si era già impegnato10. Esponente di spicco
dell’alta finanza nazionale e titolare dell’omonima ditta bancaria, figurava tra i soci di maggior rilievo della Banca Generale; risultò quindi innegabile l’interesse del tutto per- sonale alla realizzazione del progetto11.
La connessione tra élites finanziarie e giunte comunali era indotta da una comune convenienza nel portare a termine le nuove trasformazioni urbane ma si attuava facil- mente in un’epoca in cui il potere economico e politico si concentrava all’interno di un ristretta cerchia di persone. Le associazioni e i circoli frequentati dall’aristocrazia e dai nuovi ceti emergenti costituivano di fatto il substrato sul quale si formava la classe politi- ca locale. A partire dal 1860 per svariati decenni la partecipazione alla vita associativa dell’élite milanese aveva costituito la chiave d’accesso privilegiata alle sale del Consiglio comunale, o quantomeno, come afferma il Meriggi: ”[<] tra la composizione dei frequen- tatori delle urne e di coloro che il risultato elettorale abilitava a entrare nelle altre si era dato un innegabile e spiccato tasso di analogia se non proprio d’identità”12. Le poche cen-
tinaia di iscritti alla Società dell’Unione, alla Società del giardino o alla Società degli arti-
(1881-1892), in La Milano del piano Beruto (1884-1889): società urbanistica e architettura nella seconda meta dell'Otto-
cento, Guerini, Milano, 1992, pp.99-110
10 Il 28 dicembre 1883 il Consiglio comunale aveva deliberato di dare avvio alla stesura del piano, ma
l’aprile successivo anziché il piano Regolatore generale fu presentato il progetto della Fondiaria
11 Giulio Belinzaghi fu il secondo sindaco della città meneghina, dopo Antonio Beretta, rimase in carica
per quasi diciannove anni, di cui sedici consecutivi, dal 20 febbraio 1868 al 18 aprile 1884, e poi, di nuovo, dal 21 novembre 1889 al 28 agosto 1892, anno della morte; Cfr. N. Foà, Giulio Belinzaghi, in Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1970, vol. VII, pp.583-584
12 M. Meriggi, Milano dall’Ottocento al Novecento, in Milano dall’eclettismo al futuro, le architetture di Boito,
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sti e alla Patriottica, costituivano infatti una cospicua parte degli elettori13. Nelle prime
giunte comunali si evidenzia accanto ad una forte presenza dell’aristocrazia anche quella di nuove figure sociali, come banchieri ed industriali, che in breve tempo entrarono a far parte della vita amministrativa della città14.
Nei consigli comunali durante gli anni novanta si registra una percentuale infe- riore di appartenenti alle associazioni cittadine; il potere del ceto aristocratico e imprendi- toriale perse consistenza almeno sul piano numerico. Anche se, con l’allargamento della base elettorale, le due sfere economico-finanziaria e politica sembrano allontanarsi; tutta- via l’episodio che porta alle dimissioni della Giunta Belinzaghi è significativo per com- prendere lo stretto legame tra l’affermazione dei nuovi ceti emergenti e il controllo dei meccanismi istituzionali e finanziari da cui dipendeva lo sviluppo urbano della città.
Anche dopo la caduta dell’Amministrazione Belinzaghi le proposte rimasero in- variate; d’altra parte il progetto della Fondiaria era stato avvallato e tutte le aree di sua proprietà erano state urbanizzate, incrementandone il valore. Il sindaco Gaetano Negri, eletto alla guida della nuova Giunta, incaricò Cesare Beruto di occuparsi immediatamen- te della stesura di un nuovo piano regolatore. L’ingegnere municipale ne presentò tre successive versioni15 nelle quali furono elaborate una serie di alternative; del tutto inva-
riato però rimase il taglio stradale di collegamento tra l’antico centro e le aree di nuova espansione.
Il piano Beruto doveva affrontare problematiche, sia di ordine funzionale che rappresentativo, cercando di dare risposta alla necessità di espansione di una moderna città industriale, dove vi era una crescente domanda di abitazioni16. Nonostante lasciasse-
ro inalterata la mole del Castello, le sue ipotesi rispecchiarono però scelte ormai consoli- date. Del resto anche la nuova Amministrazione comunale ritenne più conveniente tratta- re con un unico acquirente, rispetto ad una moltitudine di proprietari, in modo che il programma urbanistico comunale potesse essere realizzato in maniera omogenea e il più rapidamente possibile. Secondo l’opinione di Giuseppe de Finetti:
“L’idea assai semplice che il Comune potesse assumere in proprio tutta l’attività fondiaria preludente all’espansione, fondando sul costante incremento demografico della
13 Nel 1860 i votanti a Milano erano 3.944 e le tre maggiori associazioni cittadine (Società dell’Unione,
alla Società del giardino o alla Società degli artisti e Patriottica) raggiungevano i 750 associati
14 Nella prima Giunta del 1860 su 33 membri il 40% erano aristocratici/possidenti ed il 60% professioni-
sti, tra cui vi erano anche i finanzieri Beretta e Belinzaghi; si veda G. Fiocca, Borghesi ed imprenditori a Milano
dall’unità alla prima guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari, 1964, p.293
15 La prima versione risale al 1884, la seconda al 1885; nel 1888 fu approvato il piano Regolatore per il
centro e nel 1889 quello relativo al circondario esterno. Si vedano i due volumi: La Milano del Piano Beruto (1884-
1889): società urbanistica e architettura nella seconda metà dell’Ottocento, op. cit.
16 Nel decennio 1871-1880 passò da 267.892 abitanti a 315.436, come scrive S. Allocchio in La Nuova Mi-
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città la previsione dei consumi di aree da parte dell’edilizia, non passò pel capo della borghesia che aveva in pugno le sorti comunali negli anni in cui Beruto elaborava il pri- mo piano regolatore generale”17.
Nel gennaio del 1886, appena il nuovo piano regolatore fu presentato, fu nuova- mente stipulata una convenzione con la Fondiaria. L’approvazione del piano avvenne pe- rò con lentezza, solo nell’ottobre del 1887, a causa principalmente del dissenso di alcuni membri della Giunta sugli accordi convenuti con la Società, i quali non sarebbero stati af- fatto vantaggiosi per il Municipio18. Procedendo alla vendita dei lotti, prima dell’inizio
dei lavori, il Comune si sarebbe infatti privato del valore aggiunto che tali aree avrebbero sicuramente acquisito una volta completati i lavori. La fase di rallentamento non riguardò però gli interventi per il nuovo asse, risultando un’opera di improrogabile necessità: “[<] non c’è bisogno di alcuna dimostrazione per provarne l’urgenza dell’apertura”19, si dice-
va in Consiglio Comunale. Vi erano infatti forti pressioni per la realizzazione del colle- gamento tra i nuovi quartieri e l’antico centro, come prosecuzione di via Mercanti ed in continuità con l’allargamento ed il prolungamento di via degli Orefici. Il tracciamento del nuovo corso appariva indispensabile, senza il quale lo sviluppo e la modernizzazione della città apparivano bloccati:
“A poche centinaia di metri dalla piazza del Duomo la viabilità del nord-ovest è oggi ostruita, da un ammasso di case, che si innalzano, come insuperabile muraglia, sic- chè da quella parte non si giunge agli estremi della città, che forzatamente a mezzo di vie relativamente strette e tortuose”20.
Il 5 settembre 1886 il Comune formulò la richiesta di espropriazione per pubblica utilità per la realizzazione del tratto Cordusio-Foro Bonaparte e nella seduta straordinaria del 29 dicembre si decise di inserire, nell’elenco delle strade per gli espropri, anche il nuovo tracciato via Orefici-Cordusio. Ogni qualvolta veniva attuato un progetto di ri- strutturazione urbana, lo strumento legislativo di esproprio per pubblica utilità, oltre alle motivazioni dettate dall’igiene, dalla salubrità e dal miglioramento della circolazione tra- diva la volontà di imprimere un carattere di monumentalità alle aree, elette a simbolo del rinnovamento della città. Secondo gli intenti dell’Amministrazione, l’incisione rettilinea della via Dante e la creazione del nuovo sistema di piazze erano interventi chiave per l’ammodernamento urbano, in grado di qualificare e nobilitare la vita pubblica, con l’intento di conformare in maniera organica vecchi e nuovi elementi di centralità.