Intorno a piazza Banchi
Fino alla fine del XIX secolo, nonostante le espansioni residenziali sulle colline ol- tre le mura e nei comuni a Levante, la comunità commerciale e finanziaria genovese con- tinuò a privilegiare l’area a ridosso del suo antico e attivissimo porto. La piazza degli af- fari rimase legata all’area di Banchi, a quello spazio che sin dall’età comunale aveva rap- presentato il centro delle attività legate alla finanza e al commercio internazionale. Nel XII secolo piazza Banchi era sede del mercato del grano ed un secolo più tardi era già i- dentificata come platea nummulariorum, ovvero piazza dei banchieri; qui dall’epoca me- dioevale banca e finanza furono protagoniste di importanti innovazioni1. Questo spazio
favorevolmente collocato in prossimità della riva protetta dal molo, fu progressivamente regolarizzato dietro l’antico palazzo da Mare, sede della Casa delle compere e dei banchi di San Giorgio che svolgeva funzioni amministrative ed economico-bancarie2. Per molti
secoli sotto i portici di Sottoripa affari, scambi e transazioni furono fiorenti: l’area com- presa fra le piazze di Caricamento e Banchi brulicava di mercanti che facevano la spola fra i magazzini dell’angiporto, il Banco di San Giorgio e i banchieri in piazza Banchi.
In questo importante centro commerciale a destinazione frammista, gli scranni dei banchieri furono ospitati sotto i portici dei palazzi, finché nella seconda metà del XVI secolo non si decise di costruire una loggia dei mercanti3. Tra il 1590 e il 1595, nell’ambito
di un intervento di radicale rinnovamento della piazza, fu realizzato un vasto salone co- perto a volta, sorretto da colonne binate e delimitato da ampie arcate, probabilmente su disegno di Andrea Ceresola, detto il Vannone.
Una vera e propria piazza coperta, concepita come luogo d’incontro e di trattati- ve di mercanti, agenti e sensali in merci, che mantenne inalterato tale uso per quasi quat- tro secoli. In questo esteso arco temporale, alle adunanze dei mercanti furono destinate, oltre alla Loggia, anche altre sedi, senza allontanarsi però dall’antica piazza commerciale.
1 Ai banchieri genovesi vengono attribuiti una serie di invenzioni, tra cui la stanza di compensazione,
la cambiale ed anche le prime forme di polizze assicurative sulle merci; si veda G. Felloni e G. Laura, Genova e la
storia della finanza: una serie di primati?, Genova, 2004 e in www.giuseppefelloni.it
2 Si veda D. Calabi, Il mercato e la città : piazze, strade, architetture d'Europa in età moderna, Venezia, Marsi-
lio, 1993
3 Dei tre progetti presentati tra 1586 e il 1589 fu approvato il più ardito che prevedeva di destinare ai
banchieri un grande salone coperto da volta senza sostegni intermedi; E. Poggi, L. Stefani, Il porto vecchio di Ge-
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Alla fine del XVIII secolo la Loggia di Banchi cadde in abbandono e le riunioni dei mer- canti si trasferirono altrove, fino a che nel 1837 si decise di stabilire come unico luogo di riunione una sala del palazzo delle Compere di S. Giorgio. Intanto il Comune aveva provveduto a far restaurare l’antica Loggia, chiudendo le arcate da vetrate e nel 1839 l’offrì alla Camera di Commercio perché vi collocasse la Borsa. A quest’epoca risale infatti l’idea di istituire a Genova una borsa di commercio, in senso moderno, come luogo ben definito dove potessero radunarsi regolarmente gli uomini d’affari. La sua istituzione av- venne però solo nel 1855 con il Regio Decreto firmato da Cavour, che sancì ufficialmente la Loggia di Banchi sede della Borsa merci e per la prima volta della Borsa dei valori.
Lo spazio adibito indistintamente alle due funzioni si dimostrò presto troppo ri- stretto4, a tal punto da ricorre all’affitto di un locale nel vicino palazzo Senarega. Questa
sede fu però disertata dagli operatori, che preferirono continuare a ritrovarsi nella vicina Loggia, presso il Porto Franco o nei tradizionali “scagni” secondo le antiche abitudini. Nel 1856 a seguito di un’istanza presentata da alcuni banchieri ed agenti di cambio, la loggia tornò ad ospitare la Borsa, grazie ai restauri promossi dalla Camera di Commercio.
Nonostante i diversi decreti, applicati allo scopo di regolamentarne il funziona- mento, nessun provvedimento sanzionò la suddivisione tra l’attività di Borsa valori e Borsa merci ed i due settori continuarono a convivere, con grande scontento da parte de- gli operatori. Gli spazi risultarono nuovamente inadeguati e le contrattazioni comincia- rono a svolgersi separatamente: i sensali in merci ed i commercianti cominciarono a di- sertare la Loggia, riunendosi nel deposito franco o nei loro uffici privati. La Loggia di piazza Banchi, autorizzata a funzionare anche come Borsa merci, di fatto continuò ad o- spitare solo le contrattazione dei valori. Questa separazione è giustificata dal crescente volume d’affari della piazza finanziaria genovese, dove le quotazioni cominciarono ad essere effettuate ancora prima della costituzione ufficiale della Borsa5.
Inizialmente gli affari riguardarono soprattutto merci, assicurazioni e trasporti, ossia le operazioni legate tradizionalmente al Porto Franco, mentre il mercato dei valori mobiliari era limitato alle lettere di cambio ed a pochi titoli di debito pubblico6. Nel luglio
del 1844 però cominciarono ad essere trattate le azioni delle prime società anonime e dal 1855 diventarono oggetto corrente di contrattazione, moltiplicando già nel giro di un an- no il numero dei titoli quotati. Nella vita economica genovese il ruolo della Borsa assunse
4 La Loggia doveva misurare palmi 75 per 30 (30 per 12 metri) e vi si dovevano lasciare intorno “*<+
certi archi in forma di loggia ove collocare si potessero i banchi e in detti banchi sedere dovessero i cittadini gravi e famosi, in uno poi dei pilastri si dovesse ponere una pietra a modo di scala al di fuori per fare le gride pubbliche.”; G. Banchero, Genova e le due Riviere, Genova, Pellas, 1846, p.435
5 A Milano il primo titolo quotato fu quello della Società Ferroviaria del Lombardo Veneto 1859 mentre
a Genova le azione della società venivano trattate anche prima del 1855
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sempre maggior rilievo: all’epoca l’istituzione veniva presentata come officina della ric- chezza nazionale, capace di stimolare le iniziative private alla costituzione e all’esercizio delle maggiori imprese finanziarie. Ad essa si rivolgevano non solo i professionisti geno- vesi ma anche i piccoli investitori, considerandola un moltiplicatore del risparmio privato ed una risorsa indispensabile alla costruzione dell’economia del Paese7.
È attorno a questo fiorente mercato borsistico8 e a piazza Banchi che gli istituti di
credito decisero di collocarsi a metà dell’Ottocento; nel frattempo la città aveva raggiunto la fama di importante centro commerciale. Fino all’inizio del XX secolo l’area a ridosso del porto continuò a mantenere quella compresenza di attività commerciali e finanziarie, che da sempre ne era il tratto caratteristico. Anche le banche costituitesi dopo la crisi fi- nanziaria degli anni Ottanta, privilegiarono l’area di Banchi ed ereditarono l’attività e le sedi di precedenti istituti.
La Banca d’Italia si trovava ai nn. 12 e 14 di via S. Lorenzo ed occupava i due pa- lazzi che avevano ospitato la Banca Nazionale e prima ancora la Banca di Genova; quell’istituto che, unendosi alla Banca di Torino, ne aveva costituito l’origine9. Sullo stes-
so asse che dal porto risale alla piazza della Cattedrale, al n. 15 operava all’inizio del se- colo la Banca Cooperativa Genovese10. Il Credito Italiano si era invece stabilito al n.4 di
via S. Luca, lo stretto vicolo alle spalle di via Sottoripa, che da sempre costituiva il princi- pale accesso al centro da Ponente. Anche in questo caso la sede della banca testimonia la sua genealogia; l’istituto andò infatti ad occupare gli uffici di quella Banca di Genova11
che, insieme alla ditta Vonwiller di Milano, era stata una delle principali artefici della sua nascita. La Banca Commerciale si collocò nel cinquecentesco palazzo Serra in piazza Ban- chi, nei locali prima appartenuti alla Cassa di Sconto di Genova, mentre il Banco di Roma aprì nel 1901 il suo primo distaccamento al n.15 in piazza S. Matteo. Quest’ultimo rappre-
7 “la funzione della Borsa nella vita economico-sociale di una grande nazione civile assurge ad una im-
portanza somma e si può dire senza alcuna tema di essere seriamente contraddetti, che a Borse attive ed accre- ditate corrispondono costantemente paesi ricchi e potenti”; G. Levi, Dalla vecchia alla nuova Borsa, in “Rassegna universale”, a. I, n.7, luglio 1912, p.6
8 Nel 1874 il volume dei valori trattati a Genova era doppio rispetto alle Borse di Torino e Milano; si
veda M. Da Pozzo G. Felloni, La borsa valori di Genova nel secolo XIX, op. cit., p.71
9 “*<)in questo antico palazzo ebbe la sua origine la Banca di Genova, diventata poi Banca Nazionale
ed indi Banca d’Italia”; ASBI, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n.200, fasc. 4, p.4
10 Questa notizia viene dedotta da un inserto pubblicitario in Genova nuova, Premiati Stabilimenti Como-
Tipografici, A. E. Bacigalupi, Genova, 1902
11 La Banca di Genova, fondata il 28 aprile 1870 da un gruppo di promotori locali, tra cui i banchieri
Quartara ed il marchese Camillo Pallavicino (primo presidente), s’impegnò nel finanziamento di imprese indu- striali e commerciali, tra le quali: la fondazione della Società Ligure Lombarda per la Raffinazione degli Zucche- ri (1872); la fusione della Florio e della Rubattino nella Navigazione Generale Italiana (1881); la costituzione del- la Cassa di Sovvenzione per Imprese (188l); la partecipazione alla nascita della Società Italiana per le Strade Fer- rate del Mediterraneo (1885) e, nel 1891, l'ingresso nell'Acquedotto De Ferrari-Galliera.
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senta il punto più decentrato all’interno di un nugolo di attività ed esercizi commerciali che convergevano sull’antica piazzetta di S. Pietro in Banchi e negli “scagni” del porto.
Senza dubbio la posizione più favorevole era quella della Banca Commerciale; la sua sede oltre a godere di un ampio prospetto sulla piazza di maggior traffico commer- ciale, si affacciava da un lato su vico Morando e sul lato opposto su via Orefici, proprio di fronte alla sede della Borsa. Nel novembre del 1894 l’istituto stava già pianificando l’acquisizione della Cassa di Sconto di Genova, allora posta in liquidazione12, da cui a-
vrebbe ereditato l’immobile, gli affari ed il personale. La trattativa si concluse nel febbraio del 1895, i locali furono sistemati con “lievissima spesa” e la sede aprì ufficialmente l’8 aprile dello stesso anno13. Fiducioso dei suoi futuri sviluppi, l’istituto aveva voluto assi-
curarsi una posizione di prestigio sulla piazza finanziaria genovese prima ancora di aver pianificato l’organizzazione operativa di quella sede.14 Negli anni successivi la banca, ac-
quisì progressivamente le botteghe adiacenti15, lungo il perimetro del palazzo, sui fronti
di piazza Banchi e su via degli Orefici, cancellando così parte di quel commisto mercato che aveva fino ad allora dato carattere alla piazza.
Per gli istituti di credito, impegnati nella ricerca di una sede strategica in cui cu- rare i propri affari e la propria clientela, Banchi rappresentava un’area congeniale in una città che aveva sempre avuto nel porto la sua principale risorsa economica. Già dopo po- chi anni dal loro insediamento si profilarono però importanti cambiamenti sospinti dalla crescita del mercato azionario e dalle ambiziose iniziative di espansione e rinnovamento urbano. Tutto questo avrebbe portato ad un massiccio spostamento del centro finanzia- rio.
12 ASI-BCI, verbali del consiglio, 30 novembre 1894, Cassa di sconto in Genova
13 ASI-BCI, verbali Comitato locale, 25 gennaio 1895
14 “Finora non si stabilì la dotazione da assegnare a quella sede occorrendo prima, farsi un'idea dei suoi
bisogni, ma vi è motivo di credere che i versamenti della nostra nuova clientela creeranno sufficienti disponibili- tà *<+"; ASI-BCI, verbali Comitato locale, 2 febbraio 1895
15 ASI-BCI, Verbali del Consiglio, adunanze: 14 febbraio 1897, 29 Settembre 1897, 27 febbraio 1900, 25
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Piazza S. Domenico: una polarità urbana in nuce
Già alla fine del XVII secolo, l’area su cui sorgerà la futura piazza finanziaria rappresentava un importante nodo di raccordo per il traffico commerciale ed era già lega- ta al credito su pegno. Sono gli stessi nomi delle vie a ricordare la presenza di quest’attività come “vico della Casana” e “vico al Monte di pietà”. Quest’ultima denomi- nazione testimonia la presenza dell’istituto che, dopo aver occupato molte sedi provviso- rie16, andò a collocarsi in uno degli stretti vicoli in ripidissima discesa dalla chiesa di S.
Domenico a quella di S. Matteo. A conferma del radicamento dell’istituzione nel luogo, il toponimo si era già diffuso tra la popolazione locale prima della sua ufficiale attribuzione del 1877. Il suo insediamento, avvenuto nel 1675, costituì un ulteriore incentivo allo svi- luppo economico e al processo di rinnovamento della zona, innescati dall’apertura di via Giulia (1642-1780). “Casana” fu denominata l’intera zona, compresa tra la chiesa di S. Domenico e la chiesa di S. Matteo, questo termine genovese stava ad indicare nel dialetto locale il banco o l’ufficio dove si pratica il prestito su pegno. A segnare un’origine più an- tica del luogo che nel Novecento diventerà fulcro dell’attività finanziaria rimase quindi il Monte di Pietà, il quale prima di essere assorbito dalla Cassa di Risparmio conservò la medesima posizione17. Tra gli istituti di più recente insediamento solo il Banco di Roma
sembrò presagire i futuri sviluppi, collocandosi sin dall’inizio in piazza S. Matteo.
Proprio da piazza S. Domenico aveva inizio via Giulia18, caratterizzata da
un’edilizia a molti piani e solidamente valutata dal punto di vista commerciale. Attraver- so un varco nella cinta muraria del XIV secolo, la porta degli Archi, la strada si sdoppiava nelle vie della Consolazione e di San Vincenzo, uscendo dalla cerchia muraria più recente attraverso le porte Pila e Romana. Era diventata l’asse principale di collegamento tra il centro e i comuni periferici sul versante orientale: proprio allo sbocco della strada, verso la cinta muraria, vi era un punto di controllo daziario della merce, proveniente dagli orti del Bisagno, dalle colline di Albaro e dalla Riviera di Levante.
16 Si veda M. Bruzzone, Il Monte di pietà di Genova, Atti Soc. Lig. St. Patria, XLI, 1908
17 La Cassa di Risparmio di Genova andò ad occupare un gruppo di antichi fabbricati del vasto isolato
della superficie di 2.400 mq., compreso tra la via David Chiossone ad ovest, il vico Casana a sud, il vico antica Accademia ad est ed il vico Monte di Pietà a nord. Nel secondo dopoguerra valutando l’eccezionale centralità del sito e l’antica tradizione che legava l’attività del Monte prima e della Cassa poi, l’istituto riedificò una nuova sede nel medesimo spazio; si veda: La nuova sede della Cassa di risparmio di Genova, Cassa di Risparmio di Genova
18 “La bella strada Giulia comincia alla Porta dell’Arco, passa a piè della piazza di Santo Stefano e pro-
segue per tutta la sua lunghezza per un terzo di miglio in linea retta alla piazza San Domenico ove finisce. Ella è una delle più belle e spaziose che siano in Genova: dai suoi estremi tutta discuopresi e va nella direzione di tramontana a mezzogiorno. È un peccato che non sia da bei palazzi decorata”; dalla Descrizione della città di Ge-
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Contraddistintasi in precedenza come importante crocevia di traffico commercia- le, le potenzialità di quest’area furono ulteriormente accentuate quando, a partire dagli anni venti del XIX secolo, cominciò a delinearsi un sistema di attraversamento dell’antico centro. Un primo slancio verso l’entroterra si attuò con la parziale realizzazione del piano presentato nel 1825 dall’architetto civico Carlo Barabino19. Se fino ad allora la città di Ge-
nova era rimasta racchiusa all’interno delle mura cinquecentesche, il suo Progetto per au-
mentare le abitazioni nella città di Genova sancì una chiara espansione al di là degli antichi
confini. La sua parziale attuazione portò al tracciamento della via Carlo Felice e ad una nuova sistemazione di piazza S. Domenico20, posta alla conclusione dell’asse. Questa
nuova via cancellò:
“[<] un viluppo di case e un avvolgersi di vicoli che chiudevano completamente il passo attorno a S. Domenico [e] dischiuse alla via Giulia la comunicazione verso Occi- dente.”21
Questo fu solo il primo di una serie di interventi che mirarono al potenziamento della percorribilità del centro, dal porto verso Levante, conferendo all’area un’inedita centralità. L’apertura della via Carlo Felice (oggi via XXV Aprile) si accompagnò alla nuova strada carrettiera, intitolata a Carlo Alberto (oggi via Gramsci) e del nuovo asse di via S. Lorenzo: in questo modo piazza S. Domenico diventò punto di snodo fondamentale della viabilità urbana, valorizzato anche dall’edificazione del Teatro Carlo Felice e dall’Accademia di Belle Arti. Questi nuovi edifici, progettati da Carlo Barabino, erano stati concepiti proprio per un’ampia piazza pubblica, tracciata sulle ceneri dell’antico complesso conventuale domenicano22.
L’area intorno a S. Domenico fu interessata da nuovi progetti di espansione del centro urbano, delineatisi attorno ai primi anni cinquanta. Dal margine delle mura, prote- si verso l’entroterra, furono tracciati nuovi assi di penetrazione; tutti tendevano da un la- to a rendere più efficienti le comunicazioni, dall’altro a promuovere la crescita edilizia della città. Nuove incisioni urbane come le vie Caffaro23, Assarotti24, Palestro e Goito co-
stituirono il primo nucleo dei quartieri borghesi, che nella seconda metà dell’Ottocento verranno ad attestarsi a mezza costa sulle colline a ridosso del centro. Piazza S. Domenico
19 Si veda E. De Negri, Ottocento e rinnovamento urbano: Carlo Barabino, Sagep, Genova 1977
20 “L’aperto di S. Domenico parve dunque su due lati superbo e magnifico dagli edifizi che v’alzò il Ba-
rabino (Teatro Accademia), sollecito massimamente di condurre a nobilissimo aspetto quel’area che aveva con- quistata da luoghi intricati ed oscuri”; F. Alzieri, Guida illustrativa per la città di Genova, Genova, 1875, p.286
21 P. Barbieri, Forma Genuae, Genova, 1938, p.26
22 Prima di essere demolita nel 1819, era stata espropriata, a seguito dei provvedimenti compiuti dalla
Repubblica democratica ligure e poi utilizzata come magazzino e caserma del Genio militare.
23 Asse di 425 m. con 24 aree fabbricabili, fu dichiarata opera di pubblica utilità il 17 aprile 1851 24 Asse di 715 m. con 34 aree fabbricabili, fu dichiarata opera di pubblica utilità il 24 aprile 1852
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fu raggiunta dall’apertura di via Roma25, prolungamento di via Assarotti, e della Galleria
Mazzini: tronco di via coperta ad essa parallelo, destinato a nuovi esercizi commerciali. Con il raccordo tra la nuova via e via Carlo Felice, si ottenne così l’allargamento della piazza e il ridisegno del fronte. Quest’intervento ebbe l’effetto di valorizzare lo sbocco dell’asse sulla piazza così come quello della Galleria Mazzini e portò alla realizzazione, sul raccordo tra le due arterie, di un nuovo edificio, dove si stabilì la Banca Italiana co- struzioni26. Prevalentemente indirizzato verso il campo dei lavori pubblici e degli inve-
stimenti immobiliari, questo istituto fu in gran parte promotore del tracciamento del nuovo asse.
L’espansione già in antico appare segnata dall’apertura di nuovi assi di collega- mento verso le alture; in questa prima fase emergono nuovi protagonisti delle trasforma- zioni urbane. Via Caffaro, via Assarotti e poi via Roma dimostrano come gli attori dell’edificazione non fossero solo i proprietari, ma gli operatori finanziari che si rivolge- vano all’edilizia come nuova fonte di guadagno. Oltre ai tradizionali canali d’impiego, legati all’armamento e alle attività portuali, le maggiori forze imprenditoriali e finanziarie cominciarono a diversificare i propri investimenti, indirizzando i nuovi capitali verso nuovi progetti di edificazione27.
Come accadrà frequentemente in seguito nelle trasformazioni della città esistente, le modalità attuative del piano edilizio seguirono la procedura dell’affidamento conven- zionato ad un’impresa privata. Dopo aver riconosciuto al progetto di via Roma la pubbli- ca utilità si procedette all’espropriazione delle aree antistanti l’asse e nel 1871 l’intervento fu appaltato all’impresa dei fratelli Bonino28. Tramite l’apertura di questo rettifilo, appro-
vato nel 1872, prenderà forma un percorso urbano fondamentale che da piazza Corvetto,
25 Nel 1860 fu istituita una Commissione per lo studio di nuove strade ed in modo particolare del pro-