• Non ci sono risultati.

Il significato di ambiente naturale che viene adottato è molto lato, tanto da favorire una osservazione dei sistemi naturali come fatti oggettivi, come luoghi dello svolgersi dei cicli biologici e della continuità fisica tra le differenti categorie di ecosistemi naturali. Questi ambiti di relazione si distin- guono sensibilmente da quelli precedenti (gli innesti, le sovrappo- sizioni e le connessioni infrastruttu- rali) poiché pongono al centro della descrizione e del progetto le forme dei rapporti che ogni scalo portuale stabili- sce con quei sistemi naturali in grado di restituire l’identità strutturale, fisica e morfologica del sito portuale. E’ la particolare condizione topografica del porto che fa emergere la centra- lità problematica di questi sistemi di relazione: collocato in ambito litorale, il porto condensa l’esperienza della frontiera dinamica -nello spazio e nel tempo- fra i tre elementi dell’acqua, della terra e dell’aria15. L’interconnes-

sione di questi elementi con gli spazi del porto offre la possibilità di far affiorare puntualmente la continuità struttu- rale tra i differenti fatti naturali, tra la terra e il mare. Il porto rappresenta la sintesi costruita di questa continuità. Le considerazioni appena fatte aumentano le direzioni di ricerca in specifici disciplinari contigui e fanno confluire le pratiche della pianifica-

a130 a131 water, land and air15. The intercon-

nection of these elements with the spaces of the port offers the possibil- ity of developing specific points of structural continuity between differ- ent natural factors, been the land and the water. The port represents the built synthesis of this continuity. The aforementioned considera- tions increase the directions of the research in specific contiguous disciplines and channel the practices of port planning within the vaster, more complex and more uncertain confines of environmental planning. The identification of the quality of the relations activated in these environ- ments does not intend to exhaust, or substitute, the procedures of EIA - Environmental Impact Assess- ment16 (obligatory for certain types

of maritime operations and, in this case, for the entire Port Plan), as much as represent a possible interpreta- tion of the territorial role of the port infrastructure designed and planned as a part of the environment in which it is located and with which it dialogues. The in-situ observation (in particu- lar in Italian ports) may testify to the relevance assumed, in some port contexts, by the natural environmental component and the indifference with which it is often considered in Port Plans. The node-port is home to the transit, overlap or simple overlook of a series of elements that are diversi-

fied from one another: protected linear areas (watercourses with riparian vegetation or linear depres- sions in the terrain such as drainage canals), patterns of agricultural lands (above all in proximity to port areas decentralised from the compact city centre), forested areas or those areas characterized by extensive land use, system of urban parkland (above all in correspondence with the consolidated historical city, such as parks, gardens, public plazas, neighbourhood parks, etc.), stepping stones, even of reduced dimensions that allow for rest and the nurturing of determinant species (we can mention the wetland areas often found inside State-controlled port lands), areas of setback from infrastruc- tures (imposed by legislation) that accompany the bands of transporta- tion inside port basins and which may represent elements of continuity and connection with other elements of elevated natural quality (protected areas, parks, natural resources, etc.). While natural environmental systems on the one hand contribute to determin- ing the levels of sustainability of the transformations induced by dynamics of production in port areas, on the other they offer the possibility to give form at the local level to relationships between port spaces and environmen- tal networks and to render explicit, with greater force, the environmental identity of the port infrastructure itself. zione portuale all’interno dei confini

più ampi, più complessi ed incerti, della pianificazione ambientale. L’identificazione della qualità delle relazioni attivate in questi ambiti non intende esaurire, né sostituire, le procedure di valutazione di impatto ambientale16 (VIA, obbligatorie per

alcune tipologie di opere marittime e, in questo caso, per l’intero Piano portuale), quanto rappresentare un possibile interpretazione del ruolo territoriale dell’infrastrut- tura portuale pensata e proget- tata come parte dell’ambiente in cui si inscrive e con cui dialoga. L’osservazione sul campo (in partico- lare dei contesti portuali italiani) può testimoniare la rilevanza che, in alcuni contesti portuali, assume la componente ambientale naturale e l’indifferenza con la quale spesso viene considerata all’interno dei Piani portuali. Nel nodo-porto transitano, si sovrappongono o, semplicemente, si affacciano, una serie di elementi tra loro diversificati: aree protette lineari (corsi d’acqua con vegetazione ripariale o depressioni lineari del terreno come lame e canali di bonifica), tessiture di paesaggio agrario naturale (soprat- tutto in prossimità delle aree portuali più decentrate rispetto ai tessuti compatti della città), aree boscate o comunque caratterizzate da usi del suolo estensivi, sistemi di verde urbano (soprattutto in corrispondenza della

città storica e consolidata come parchi, giardini, piazze attrezzate, verde di quartiere, etc), stepping stones anche di ridotte dimensioni che consentono la sosta e l’alimentazione di determi- nate specie (si pensi alle aree umide costiere che spesso sono ricomprese all’interno del demanio portuale), aree di rispetto infrastrutturale (imposte dalle normative vigenti) che accompagnano i nastri trasportistici all’interno del bacino portuale e che possono rappresentare gli elementi di continuità e di collegamento con altri elementi ad elevata naturalità (aree protette, parchi, risorse naturali, etc.). I sistemi ambientali naturali se per un verso contribuiscono a determinare i livelli di sostenibilità delle trasforma- zioni indotte dalle dinamiche produttive portuali, per l’altro offrono la possibilità di dare forma localmente ai rapporti tra gli spazi portuali e le reti ambientali ed esplicitare con maggior forza l’identità ambientale dell’infrastruttura portuale.

N

onostante le innova- zioni introdotte dalla L 84/94, in Italia il rapporto tra città e porto appare segnato ancora da forti conflitti: tra figure istituzionali, organi decisionali, spazi e usi dei suoli. Spesso il campo di competizione di tali conflitti è uno spazio che segue lo sviluppo lineare dell’arco portuale, definendosi come fascia di confine e di tramite tra tessuti urbani e attività portuali. Se si analiz- zano le dinamiche di trasformazione che negli ultimi decenni hanno interes- sato questi spazi di tramite è possibile osservare il processo di separazione tra città e porto, descrivendolo come una vera “guerra di posizione” tra i due sistemi17. A Trieste, Genova, Bari,

Ancona e Napoli: da un lato, la città, che tende a riappropriarsi di alcune porzioni dell’ambito portuale; dall’al- tro il porto, alla costante ricerca di spazi più funzionali alle crescenti innovazioni tecnologiche e logisti- che. Queste due dinamiche, con ritmi e velocità differenti, si contrappon- gono nello stesso spazio, determinan- done caoticità e degrado ambientale. Anche per questo motivo la fascia di confine tra città e porto è stata definita “periferia interstiziale” o “soglia abbandonata”18, sottolinean-

done la condizione di marginalità e

la natura di “frontiera” tra differenti sistemi e organizzazioni spaziali. Proprio alcuni caratteri specifici della

soglia possono aiutare a compren-

dere meglio la differenza struttu- rale tra i contesti portuali nord europei e americani e quelli italiani: nei casi di Baltimora, Toronto, New York, Boston, Rotterdam, Amster- dam, il decentramento massiccio di alcune attività, insieme ai processi di deindustrializzazione dell’inner city negli anni ‘70 e ‘80, hanno permesso di attuare consistenti programmi di rinnovo urbano. La città si è riappro- priata dell’arco portuale attraverso modelli d’intervento convenzionali, in cui si associavano lussuose funzioni residenziali ad attività commer- ciali, culturali e del tempo libero. In Italia questo vasto processo di ristrutturazione dei waterfront non si è potuto realizzare per diverse ragioni: per l’impossibilità di reperire spazi liberi in cui delocalizzare attività portuali ormai incompatibili con la città (in particolare i terminal container e rinfuse); per la condizione morfolo- gica dei porti italiani, incastonati entro compatti tessuti urbani, quindi difficilmente accessibili; per una più generale tendenza autarchica, del porto e della città, a gestire i rispet- tivi poteri e spazi di competenza.

Matteo di Venosa

L’Interfaccia come

Documenti correlati