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In che misura è possibile parlare di

“parco portuale”in una condizione di netta separazione tra porto e città? Il parco portuale, è bene dirlo con chiarezza, non può interferire con le necessarie autonomie operative del porto, ma al contrario parte da questa condizione e ne accetta le implicazioni fino in fondo. Il parco vuole trasformare lo spazio portuale in paesaggio, rendendolo riconoscibile nelle sue forme, nei suoi elementi funzionali, nelle sue infrastrut- ture, nei suoi processi operativi. Françoise Choay, in un’intensa lezione sui parchi urbani tradizionali, ne ha sottolineato l’ampia funzione conosci- tiva. Con la sua varietà di vegetazione il parco non solo ci mostra lo straor- dinario spettacolo della natura ma, con il mutare dei colori del fogliame e il susseguirsi delle fioriture, ci comunica, nel cuore della città, la dimensione temporale di un processo naturale, annettendoci in un ciclo che altrimenti non percepiremmo. Questa funzione conoscitiva, che coinvolge la mente e i sensi, è alla base della nozione di parco, di qualsiasi parco, anche di quello portuale. Il porto può diventare una “centralità urbana”, integrata e connessa al tessuto urbano e alla sua vita. Nel porto si svolge un’attività produttiva che la città non conosce, sulle banchine e sui piazzali si muovono merci che vengono da lontano. L’identità del porto è in questo scambio, in questo

identity of the port is to be found in this exchange, in this idea of being rooted to its site and at the same time belonging to the dimensions of the global circuit. Understanding this double identity, learning about its functional and operative rationale, retracing the processes of transfor- mation and continuous modernisa- tion, means entering into a complex system composed of artificial (large maritime works, technologies for the movement of goods, etc.) and natural elements (the harbour, the sea, wind, the vastness of horizons, etc.). In port areas we also find elements of architecture (maritime stations, historic buildings, archaeological remains and monuments); we can mention the

Lazzaretto in Ancona by Vanvitelli,

Trajan’s Arch and the 16th century walls; in Naples we find the maritime station by Bazzani and the Bourbon quay of S. Vincenzo; in Civitavec- chia the fortress by Michelangelo; in Livorno the Medici fortifications; in Venice, where the historic buildings of interest have been surveyed by Ruben Balocco. Yet this is not enough, the port is tied to the city’s cultural heritage and the natural resources of the coast. We can once again mention the port of Ancona, overlooked by the Cardeto Park; or Brindisi, whose harbour is located between an extraor- dinary historical centre and the natural reserve of Cerrano. Even the

small port of Pescara, entirely artifi- cial and closed to the city, can open towards the river system, to the line of the coast and its defence works. We must seek to understand how this interweaving of economic, transpor- tation, cultural and environmental factors can transform an anonymous and separate territory into a landscape and a park. The port is no longer only a node of transportation and an urban centrality, but also a node in an environ- mental and cultural network. How are we to render the landscape-port accessible, without interfering with its functionality? How are we to restore to the city the understanding and specta- cle of its very functioning? How are we to restore the role of the port within a system of public spaces, parks, and pedestrian and bicycle paths, in order to connect it to the city’s cultural and environmental resources? In the end, how are we to transform it into a park? Something is beginning to move in this direction: this can be seen in the results of a number of competitions for waterfront redevelopment (Herzog and de Meuron’s project for Santa Cruz in Tenerife, Euvé, Naples, the guidelines of the competition brief for the redevel- opment of the urban waterfront in Vado Ligure), confirming above all the landscape dimension of urban and territorial planning instruments. Even port plans may be oriented in this direction as part of the perspec- essere radicato al luogo e nello stesso

tempo appartenere alle dimensioni del circuito globale. Capire questa doppia identità, conoscere la sua razionalità funzionale e operativa, ripercorrerne i processi di trasformazione e di continuo adeguamento, significa entrare in un sistema complesso, fatto di elementi artificiali (grandi opere marittime, tecnologie per la movimentazione, etc. e naturali (bacino acqueo, mare, vento, ampiezza degli orizzonti, etc.). Nelle aree portuali troviamo anche elementi di architettura (stazioni marittime, edifici storici, reperti archeologici e monumenti); si pensi ad Ancona il Lazzaretto di Vanvitelli, l’arco di Traiano e le mura cinquecen- tesche; a Napoli la stazione marittima di Bazzani e il molo borbonico di S. Vincenzo; a Civitavecchia la fortezza di Michelangelo; a Livorno le fortifi- cazioni medicee; a Venezia, dove gli edifici di interesse storico sono stati censiti con cura da Ruben Baiocco. Ma non basta, il porto è legato al patrimo- nio culturale della città e alle risorse ambientali della costa. Si pensi ancora al porto di Ancona, su cui insiste il parco del Cardeto; o a Brindisi, il cui bacino portuale si colloca tra uno straordinario centro storico e la riserva naturalistica di Cerrano. Anche il piccolo porto di Pescara, completa- mente artificiale e chiuso alla città può aprirsi al sistema fluviale, alla linea di costa e alle sue opere di difesa.

Comprendere questo intreccio di fatti economici, trasportistici, culturali e ambientali significa trasformare un territorio anonimo e separato in un paesaggio e in un parco. In questa direzione il porto non è più solo nodo trasportistico e centralità urbana, ma anche nodo di una rete ambientale e culturale. Come rendere accessibile il paesaggio-porto senza interferire sulla sua funzionalità? Come restituire alla città la conoscenza e lo spettacolo del suo funzionamento? Come riportare il porto in un sistema di spazi pubblici, aree verdi, percorsi pedonali e ciclabili, per connetterlo alle risorse culturali e ambientali della città? In defini- tiva, come trasformarlo in parco? Qualcosa in questa direzione inizia a muoversi: ne testimoniano gli esiti di alcuni concorsi per la riqualifica- zione di waterfront (il progetto di Herzog e De Meuron per Santa Cruz di Tenerife, quello di Euvé, per Napoli, gli indirizzi del bando di concorso per la riqualificazione del fronte urbano di Vado Ligure), e lo conferma soprat- tutto la dimensione paesistica degli strumenti urbanistici e territoriali. Anche i piani portuali potrebbero essere orientati in questa direzione, nella prospettiva aperta dalle Linee guida per la loro redazione, che individuano uno specifico sotto ambito d’intervento nelle aree di “interazione”città-porto, dove le attività portuali sono più compatibili con quelle

a274 a275 tive created by the Guidelines for their preparation, which identify a specific sub-environment of intervention in the areas of “interaction” between the city and the port, where port activi- ties are more compatible with urban ones and the city can reconnect with the port. And where it is not possible to identify overlaps and interactions, it is the “urban grafts” that are able to realise visual openings towards the port. By further developing the Guidelines, it is not difficult to identify the relations between the port and the environmental system, and it is certainly possible to render accessible for public use those elements of cultural heritage located in the port. Environ- mental and pedestrian-bicycle paths can lead from (or towards) the port, intertwining with public spaces, parks, cultural and recreational facilities. The problem lies in not interfer- ing with the operativity of the port, with its safety, with its needs for protection. There is an entirely new correspondence between the park with its protected natural areas, and our harbour park: as the first identi- fies integral areas of conservation, so too the harbour park requires the identification and delimitation of the operative areas of the port, separating them from those of the “park”, or those of interaction with the city. Separat- ing does not mean concealing a view of the port from a belvedere, panoramic

pedestrian or bicycle paths (an attempt can be found in Genoa, with the so-called passeggiata della Lanterna) or from tourist-didactic boat tours. The harbour park refutes zoning as a means of organization, instead propos- ing a network system: an infrastruc- tural and environmental network, to be inserted within ordinary urban planning or at an even more operative level, in the policies for the develop- ment of public works. In the end, the idea of the harbour park advanced here proposes the port as a public good, a resource to be valorised and promoted in all of its economi- cal and functional dimension, as well as to be resorted to our conscious- ness and for our use. It is also within this perspective that the port may once again dialogue with the city. urbane e la città può ricongiungersi

al porto. E dove non sia possibile individuare aree di sovrapposizione e di interazione, sono gli “innesti urbani”che possono realizzare aperture visive verso il porto. Sviluppando ulterior- mente gli indirizzi delle Linee guida ministeriali, non è difficile individuare le relazioni tra il porto e il sistema ambientale, ed è certamente proponi- bile rendere accessibili alla fruizione pubblica i beni culturali racchiusi nell’ambito portuale. Dal porto (o verso il porto) possono dipartire o convergere corridoi ambientali e percorsi pedonali- ciclabili, che possono intrecciarsi con spazi pubblici, aree verdi, attrezzature per la cultura e il tempo libero. Il problema è non interferire con l’operatività del porto, con la sua sicurezza, con le sue esigenze di protezione. C’è una inedita corrispon- denza tra il parco delle aree natura- listiche protette e il nostro parco portuale: come il primo individua zone di riserva integrale, così nel parco portuale occorre individuare e delimitare le aree operative del porto, separandole da quelle del “parco”o di interazione con la città. Separare non significa tuttavia non poter osservare il porto da belvedere, percorsi panora- mici pedonali e ciclabili (un tentativo è quello di Genova, con la passeg-

giata della Lanterna) o da battelli

di un servizio turistico-didattico. Il parco portuale rifiuta un’organiz-

zazione per zone, piuttosto si pone come un sistema a rete: una rete infrastrutturale e insieme ambien- tale, da inserire nella pianificazione urbanistica ordinaria o a un livello ancora più operativo, nell’ambito delle politiche delle opere pubbliche. In fondo l’idea di parco qui avanzata propone il porto come bene pubblico, risorsa da valorizzare e promuo- vere nella dimensione economica e funzionale, ma anche da restituire alla conoscenza e alla fruizione. È anche in questa prospettiva che il porto potrà nuovamente dialogare con la città.

Note

1. The list considers ports that are home to Port Authorities, including Chioggia, Montefalcone and Trapani. Censis, II Rapporto sulla economia

del mare 2002. L’impatto econom- ico ed occupazionale del c lustrer

marittimo italiano, F. Angeli, Milan 2002.

2. The data related to national maritime traffic presented in Chapter IV of the Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti refer to 156 Italian ports. Cf. “www.infrastrutturetrasporti.it” www.infrastrutturetrasporti.it. 3. The term Northern Range can be understood as the coast of Northern Europe between Le Havre and Gdansk.

4. See “il Sole 24 Ore”, n.30/2002, pg. 19 orhttp://epp.eurostat.cec.eu.int 5. The Italian maritime sectors generate a total production that is greater that the textile industry, the wood industry, mail and communica- tions and the automotive industry. 6. The multiplying factor is an important indicator of the potential richness of an economic activity. In fact, it measures the global effect generated by an increase in demand. In our case it indicates that for every 1000 Euros of additional demand on the maritime sector, the national economy produces 233.30 Euros. Censis, II Rapporto sulla economia

del mare 2002. L’impatto econom- ico ed occupazionale del clustrer

marittimo italiano, F. Angeli, Milan 2002.

7. For more information, see: A. Clementi, Introduzione. Un avvenire

possibile del territorio italiano, in

Ministero delle Infrastrutture-Dicoter- SIU, Reti e territori al futuro. Materi-

ali per una visione, Rome 2007.

Note

1. Nell’elenco sono considerati i porti sede di Autorità portuale compren- dendo Chioggia, Montefalcone e Trapani.

Censis, II Rapporto sulla economia

del mare 2002. L’impatto economico ed occupazionale del c lustrer

marittimo italiano, F. Angeli, Milano 2002.

2. I dati sul traffico marittimo nazionale riportati nel Cap. IV del Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti si riferiscono ai 156 porti italiani. Si consulti il sito: www.infrastrutturetrasporti.it 3. Per Northern Range si intende l’arco di costa dell’Europa settentrio- nale che si sviluppa da Le Havre a Danzica.

4. In proposito si consulti “il Sole 24 Ore”, n.30/2002, pag. 19 o il sito http://epp.eurostat.cec.eu.int

5. I settori marittimi italiani generano una produzione complessiva maggiore dell’indu- stria tessile, dell’industria del legno, delle poste e telecomunicazioni e degli autoveicoli. 6. Il fattore moltiplicatore è un importante indicatore della ricchezza potenziale di un’attività economica. Esso misura, infatti, l’effetto globale generato da un aumento di domanda. Nel nostro caso indica che per ogni 100 euro di domanda aggiuntiva che si rivolge ai settori marittimi, l’economia nazionale produce 233,30 euro. Censis, II Rapporto sulla

economia del mare 2002. L’impatto economico ed occupazionale del clustrer marittimo italiano,

F. Angeli, Milano 2002.

7. Per gli approfondimenti si veda: A. Clementi, Introduzione. Un avvenire

possibile del territorio italiano, in

Ministero delle Infrastrutture-Dicoter- SIU, Reti e territori al futuro. Materiali

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