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tale corrispettivo rappresenta il compenso della perdita che l ’impor­ tatore verrebbe a subire in dipendenza della particolare situazione dei cambi

DIRITTO FINANZIARIO

II) Una volta dimostrato che vendita al minuto è sempre e soltanto quella al diretto consumatore, è opportuno precisare ulteriormente que

2) tale corrispettivo rappresenta il compenso della perdita che l ’impor­ tatore verrebbe a subire in dipendenza della particolare situazione dei cambi

valutari, ed è pertanto una entrata in denaro conseguita in corrispondenza di una prestazione di un servizio.

Va premesso, per maggiore chiarezza, che il Governo Italiano, il 4 giu­ gno 1952, stipulò con il B rasile un accordo commerciale in base al quale, avuto riferim ento agli elenchi delle merci approvati, l ’importazione in Italia deve trovare obbligatoriamente la contropartita nella esportazione e viceversa. I pagamenti originati dagli scambi commerciali devono essere realizzati a mezzo del conto speciale aperto fra il Banco do Brasil e l ’Ufficio italiano dei cambi. Inoltre, secondo il detto accordo, la concessione delle licenze di importazione e di esportazione — sempre in relazione a quei determ inati prodotti previsti nelle liste —, avviene « tenendo sempre in vista il principio fondam entale di un

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A ncora sulla n o n asso g g ettab ilità alI’I.G .E . del « p re m io » di a b b in am en to . L a Corte d’Appello di M ilano ha riportato nei suoi giusti binari la discussione sulla natura del cosidetto premio eli abbinamento, indagan­ done la funzione economico-sociale. Mi piace rilevare questo modo di procedere della Corte d’Appello, conforme al corretto criterio di identi­ ficazione delle fattispecie d’imposta indicato più volte in questa Rivista: criterio, cioè, di indagare la natura economica dei fa tti (o atti) sog­ getti a ll’imposizione. N ella fattispecie si tra tta va di vedere se v i era un corrispettivo relativo a un servizio, come vuole la legge su ll’i.g.e., e quin­ di se vi era un servizio in senso economico, cioè una prestazione in cor­ rispondenza diretta con una controprestazione. I l Tribunale di Milano aveva ritenuto che l ’importatore, mediante l ’operazione dell’importa­ zione, rende un servizio a ll’esportatore, acconsentendogli di effettuare l ’esportazione abbinata. Ma non ha tenuto presente che l ’a ttività

del-ragionevole equilibrio nei pagamenti relativi all'Intercambio commerciali tra i due l*aesi ».

N ella circolare del Ministero del Commercio Estero n. 522613 in data 20 ottobre 1952 è scritto: « l ’esportazione verso il B rasile delle merci italiane previste dalle liste A -l e A-2 annesse a ll’accordo, potrà essere ammessa solo ove gli interessati si impegnino ad importare o far importare in abbinamento prodotti brasiliani, di cui rispettivam ente alle liste B -l e B-2 ».

Il Ministero del Commercio Estero, come l ’Ufficio Italiano dei Cambi, lascia completamente Ubero l ’esportatore italiano nella scelta d e ll’importatore in abbinamento, purché il prodotto brasiliano da importare rientri nelle liste B -l e B-2. Allo scopo di lasciare inalterata la parità convenuta tra le valute rispettivam ente del paese importatore e di quello esportatore, esiste un con­ trollo sui cambi, ma, a causa di tale parità, diverso essendo il livello dei prezzi delle merci n ell’Italia e nel Brasile, la situazione d ell’esportatore e d ell’importatore dello stesso paese è diversa : il primo riceve valuta estera, secondo il valore delle merci nel paese acquirente (Brasile) a valuta non pre­ giata, e quindi in un ammontare superiore al costo delle merci sul mercato interno. Per effetto del controllo dei cambi, la valuta estera ricevuta dal­ l ’esportatore conserva un valore di parità rispetto a quella del Paese di esportazione. L’importatore italiano, invece, si trova nella situazione inversa: appunto per effetto del controllo dei cambi, importando dal B rasile, Paese a valuta non pregiata, viene a spendere una quantità di moneta estera supe­ riore a quella che spenderebbe acquistando la merce in Italia, ed a quella che ricaverebbe vendendo In Italia.

D ata tale diversa situazione, poiché l ’esportazione nel B rasile non pué avvenire, se non in quanto abbinata ad una importazione, l ’esportatore otte­ nuto il consenso d ell’importatore normalmente si impegna a versargli una

l ’im portatore è esplicata nell’esclusivo interesse dell’importatore, stesso, che compie un suo proprio affare trattando con l ’esportatore estero: a f­ fare a cui è estraneo l ’esportatore italiano. L ’operazione dell’importa­ zione, cioè, in quanto compiuta d all’importatore nel suo proprio inte­ resse, non è servizio in senso economico, pur concretando un fatto che a lla fine giova a ll’esportatore italiano. T ratta si qui, però, di un van­ taggio indiretto derivante a ll’esportatore da fatto altrui, che non ha la natura di servizio in conformità a ll’art. 1 della legge su ll’i.g.e. Que­ sta osservazione ebbi modo di fare in una nota critica a lla sentenza del Tribunale di M ilano (1), ove appunto osservai che la prestazione di servizio è a ttività volontariamente richiesta per la sua u tilità da un operatore economico ad un altro, di guisa che il pagamento fatto corri­ sponde ad uno scambio commerciale e civile, e m isi in evidenza che nel servizio v i è un vantaggio diretto per il committente, che paga il corri­ spettivo, distinguendo questo vantaggio diretto dal vantaggio indiretto derivante d all’opera di un terzo, che, agendo nel proprio interesse, reca anche una u tilità ad a ltri. Afferm ai altresì che se l’opera del terzo è

( 1 ) K . Uo m i n i, L a n o n a s s o g g e t t a b il i tà a l l ’1.0.E . d e l « p r e m io » d i a b b i­ n a m e n to , in G i u r is p r u d e n z a I t a l ia n a , 1907, p. I, sez. 2», col. 619.

solimi a il cui ammontare, in relazione alla differenza dei cambio fra i due Paesi (Italia e B rasile), viene liberamente convenuto fra le parti, senza inge­ renza alcuna dell’Ufficio Italiano dei Cambi. Tale somma viene denominata nella pratica « premio di abbinamento ».

Come già è stato osservato, il Tribunale, riportandosi al disposto del- Part. 1 della Legge 19 giugno 1940 n. 762, ha ritenuto che la somma versata d all’esportatore italiano a ll’importatore italiano costituisce una entrata in denaro in corrispondenza della prestazione di un servizio.

La Corte non approva la soluzione adottata dal Tribunale. La legge isti­ tutiva d ell’imposta pone due term ini : entrata in denaro e prestazione di un servizio; ta li term ini debbono essere collegati da un nesso di causalità. Nel caso in esam e manca il secondo term ine : la prestazione di un servizio. Per quanto tale concetto possa essere inteso l a t o s e n s u , cioè come esplicazione, al fine di un corrispettivo, di una qualunque attività personale di indole professionale, artistica, di m estiere, commerciale, non può non rilevarsi che l ’importatore italiano non presta alcuna attività nei confronti dell’esportatore dello stesso Paese, ma provvede all'esecuzione del proprio affare. Egli esplica u n ’attività nei confronti d ell’esportatore estero, concludendo ed eseguendo il contratto, ma tale attività non è certo configurabile come la prestazione di un servizio verso l ’esportatore italian o: questi è, e rimane estraneo al rapporto che si perfeziona e si esegue tra l ’importatore italiano e l ’esportatore del Brasile. Una volta ottenuta l ’autorizzazione m inisteriale in base a ll’im­ pegno assunto ad importare od a far importare, l ’esportazione e l ’impor­ tazione sono operazioni a sè stanti e, eseguite con terze persone, si svolgono in modo autonomo. L’esportatore italiano, nei confronti del Ministero del Commercio con l’estero, assume un obbligo, quello cioè di impegnarsi, ove gli venga rilasciata l ’autorizzazione ad esportare le merci indicate nella

do-eceitata da un premio, questo non può avere natura di corrispettivo ai sensi della legge su ll’i.g.e. e che se un problema di im ponibilità si pre sentava, non poteva essere che di im ponibilità in r.m.

Su un altro errore, a mio avviso, era basata la sentenza del T ribu­ nale: quello di non avere considerato che, quand’anche si fosse ritenuto tra tta rsi di prestazione di servizio, nel caso specifico si era in ogni caso nel campo dei servizi internazionali, e quindi di fattispecie non impo­ nibile (art. 1 lett. li del I).L. !» gennaio 1940, n. 2) (2).

La Corte d’A ppello ha indagato la natura economica del premio di abbinamento, per concludere die quel premio serve a realizzare l'equi­ lib rio del cambio, imposto dal vigente sistema di controllo dei cambi della valuta. Conclusione, mi pare, corretta. Invero il cosidetto premio di abbinamento altro non è che una parte del cambio di equilibrio. Se il cambio di equilibrio è 100 e quello ufficiale è 90, il premio sarà di 10. Ossia vendendo 1000 l ’esportatore incasserà 900 per il cambio della

di-(2) B . Pom ixi, o p . o i t . , col. 619 seg. Sul concetto di servizio intem azio­ nale cfr. Cass. 19 novembre 1956, Fin. c. Soc. r.l. G. B. Giorgini, in D i r i t t o e P r a t i c a T r i b u t a r i a , 1957, I I , pag. 11 con nota di V. Lckmab.

manda, ad importare merci brasiliane, per un eguale valore, tra quelle am­ m esse a ll’abbinamento; ma la corresponsione del cosiddetto premio di abbi­ namento non si inserisce n ell’adempimento d ell’obbllgo imposto dal Ministero di importare o di far importare, le merci permesse, attraverso un nesso di causalità necessaria; ne rimane completamente estranea, cosi come, d’altra parte, è al di fuori d ell’operazione di importazione da parte del contraente Italiano.

Se l ’esportatore, nel preventivo calcolo del proprio vantaggio, onde otte­ nere l ’autorizzazione industriale, si induce a versare il premio, ciò costituisce un elemento soggettivo che non è certo comune a ll’importatore italiano. Il fon­ damento obbiettivo della causa caratterizzante il regolamento di Interessi posti in essere tra i due operatori nazionali, in vista d ell’intento pratico dagli stessi perseguito, non è la prestazione dì un servizio, ma la realizzazione di quel­ l ’equilibrio che, come già è stato detto, è imposto dal vigente sistem a di controllo dei cambi della valuta. Questa è funzione economico-sociale che il diritto può riconoscere rilevante ai suoi fini, non la prestazione di un ser­ vizio, alla quale la determinazione causale di ehi compie il negozio non è rivolta.

L’appellata Amministrazione si è anche richiamata al disposto d ell’art. 17 della legge 19 giugno 1940, n. 7G2, assumendo che è applicabile, in quanto il premio di abbinamento venne versato per rendere possibile l ’importazione di merce abbinata da parte della Manifattura Rotondi. L’argomento non ha alcun pregio in virtù delle considerazioni sopraesposte; per maggiore completezza può aggiungersi che per le importazioni operate dalla M anifattura Rotondi questa ha già corrisposto alla dogana un’imposta suppletiva d ell’imposta gene­ rale su ll’entrata nella misura del 3 % e che tale imposta è ragguagliata al costo o valore della merce a ll’atto d ell’importazione, e pertanto l’imposta non può essere versata una seconda volta per la stessa merce.

visa estera e 100 di premio e l ’importatore comperando 1000 pagherà 900 per acquistare la divisa e 100 di premio. Questa forma di regolamento valutario tende a fa r sì che ciascuno incassi, nè più nè meno, il cambio di equilibrio (3). L ’operazione dello « sfioramento » del cambio a valuta ufficiale, quindi, portando i commercianti a fare i calcoli dei loro a f­ fa ri in valuta di mercato, elimina un ostacolo agli scambi, cioè una difficoltà, nella specie, insita nella convenzione italo-brasiliana (che prevede il pagamento degli scambi in valuta brasiliana a cambio uffi­ ciale, anziché di mercato, per ragioni di pubblica u tilità) (4).

(3) V. Domenico Vico, ne I I S o l e del 3 marzo 1955.

(4) Segnalo la tesi di G. Pastine ( I l S o l e del 20-21 dicembre 1954), secondo il quale nella fattispecie si tratta, in sostanza, di compravendita di valuta : operazione esente d a ll’ige. Per l ’imposta su ll’entrata il premio è uno sconto sul corrispettivo del cambio. Si consideri, in fatti, afferma l ’A., la clausola contenuta nella domanda presentata d a ll’esportatore e compilata dal Mini­ stero del Commercio con l ’E stero: « L a D itta sottoscritta rinuncia pertanto al pagamento in suo favore del controvalore in lire della somma in $ . . . tra­ sferita dal . . . (Brasile, eec.) a fronte delle esportazioni di cui sopra, e si impegna in conformità delle norme em anate dall’Ufficio Italiano dei Cambi a procedere a ll’utilizzo di dette somme in $ . . per il pagamento . . . della

L’appello merita di essere accolto; va conseguentemente dichiarato che l'im posta generale su ll’entrata non è dovuta sul premio di abbinamento di cui è causa, e che il Ministero delle Finanze è tenuto al rimborso d ell’imposta nella misura di L. 34.033, oltre gli interessi dalla notifica d ell’atto di citazione al saldo, alla società per azioni dott. M assimiliano Massa.

L ’Amministrazione, in quanto soccombente, va condannata alla rifusione a favore della società appellante delle spese del giudizio. ( O m i s s i s ) ,

È a lt r e s ì da r ile v a r e che la sen ten za a n n o ta ta , d isp o n en d o i l rim ­ b o r so d e ll’im p o sta p a g a ta , o rd in a a lt r e s ì la r e s titu z io n e d e g li in te r e s s i d a lla n o tifica d e ll’a tt o d i c ita z io n e , a n zich é d a lla d a ta d el p a s s a g g io in g iu d ic a to d e lla se n te n z a : e ciò m i p a re e s a tto , p o ich é n e lla sp ecie f u i l c o n tr ib u e n te a v e r s a r e s u a s p o n t e , m a erro n ea m en te, u n a som m a a t it o lo d i tr ib u to , e m an cò u n a ccerta m en to , u n a r ic h ie s ta , u n a tto am ­ m in is t r a tiv o q u a ls ia s i, ta lc h é se n e p o te s se in v o c a r e la p resu n zio n e di le g it t im it à .

Re n zo Po m i n i

contropartita in importazione abbinata ». Tale fonnula dice esplicitam ente che trattasi di cessione di valuta. Secondo tale clausola, osserva l ’A., la somma in lire che l ’esportatore incasserà dopo il versamento in « clearing » da parte dell'im portatore, non è il controvalore in lire della rim essa estera pagato d a ll’Ufficio Italiano dei cambi, ma il controvalore in lire pagato dal­ l ’importatore a ll’esportatore tram ite detto ufficio. Si ha, quindi, cessione di valu ta d a ll’uno a ll’altro operatore: l ’esportatore vende a ll’importatore la v a ­ lu ta ricavata dall'esportazione ad un prezzo economico o di equilibrio, che è quello ufficiale, meno il premio.

Mentre questa R ivista è in corso di stampa, vengo a conoscenza della risoluzione n. 176490 del 22 novembre 1957 del Ministero delle Finanze, che, a modifica di precedenti risoluzioni, riconosce al premio di abbinamento una funzione equilibratrice dei cambi, eppertanto lo ritiene esente d all’ige a norma dell’art. 1 lett. a ) della legge 19 giugno 1940, n. 762.

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CASSAZIONE, sez. I, 14 dicembre 1956-23 marzo 1957, n. 988.

D iritto pro cessu ale tr ib u ta rio - R egistro - C ontroversia di v alu tazio n e - C on­ trib u e n te fa llito - C om petenza n o rm a le - Azione g iu d iziaria da p a rte della F in a n z a - T e rm in e di n o tifica della decisione d ella C om m issione p ro v in ciale in m a te ria di valutazione - Non sussiste.

L a s p e c i a l e c o m p e t e n z a f u n z i o n a l e d e l T r i b u n a l e f a l l i m e n t a r e , d i c u i a l- V a r i . S i d e l R . D . 1 6 m a r z o 10.'¡2, n . ¡267, s u s s i s t e s o l o p e r q u e l l e a z i o n i c h e t r o v a n o n e l f a l l i m e n t o l e l o r o o r i g i n i o i l lo r o f o n d a m e n t o . N o n s o n o s o g g e t t e a l l o d o f a l l i m e n t a r e l e a z i o n i p r o m o s s e o p r o s e g u i t e d a t e r z i , f r a c u i i l F i s c o , p e r l ’a c c e r t a m e n t o d i u n d i r i t t o d i c r e d i t o n e i c o n ­ f r o n t i d e l f a l l i t o , i n d i p e n d e n z a d i r a p p o r t i g i u r i d i c i s o r t i a n t e r i o r m e n t e a l f a l l i m e n t o . L e d e c i s i o n i d e l l a C o m m i s s i o n e p r o v i n c i a l e n e l l e c o n t r o v e r s i e r e l a t i v e a l l a d e t e r m i n a z i o n e d e l v a l o r e , p o s s o n o d a r l u o g o a l l ’a z i o n e g i u d i z i a r i a p e r g r a v e e d e v i d e n t e e r r o r e d i a p p r e z z a m e n t o o p e r m a n c a n z a o i n s u f f i c i e n z a d i c a l ­ c o l o , s o l t a n t o d o p o c h e s i a n o d i v e n u t e d e f i n i t i v e . N e s s u n a d i s p o s i z i o n e d i l e g g e c o n d i z i o n a l ’e s e r c i z i o d e l l ’a z i o n e g i u d i z i a r i a , d a p a r t e d e l l a F i n a n z a , a l l a p r e v e n t i v a n o t i f i c a z i o n e i n u n d e t e r m i n a t o t e r ­ m i n e , s o t t o p e n a d i d e c a d e n z a , d e l l a d e c i s i o n e e m e s s a d a l l a C o m m i s s i o n e p r o ­ v i n c i a l e . U n i c a d e c a d e n z a p r e v i s t a d a l l ’a r t . U f i d e l l a l e g g e d e l r e g i s t r o è q u e l l a

Sul te rm in e di notifica delle decisioni della C om m issione P ro v in ciale in tem a d i im p o ste in d ire tte .

L ’elegante questione di diritto esaminata e risolta dalla Suprema Corte di Cassazione m erita qualche breve cenno di critico commento, so­ prattutto in considerazione dell’enorme importanza ch’essa riveste, nel campo tributario, in m ateria procedurale.

In sintesi, la Cassazione ha affermato il principio per cui, mentre in tema di imposte dirette l ’Anim inistrazione F inanziaria è vincolata alla notifica, entro un determinato periodo, delle decisioni emesse dalle apposite Commissioni al fine di poter proporre gravame alle Commissioni stesse o addirittura a ll’A u torità G iudiziaria, in tema di imposte indirette ed in particolare in tema di controversie per grave ed evidente errore di apprezzamento o per mancanza od insufficienza di calcolo, tale vincolo non sussiste, onde l ’Am m inistrazione stessa è libera di notificare, a suo esclusivo piacimento, le decisioni « definitive » della Commissione P ro ­ vinciale, essendo solo obbligata a rispettare il termine, di cui a ll’art. 146 della legge di registro, per poter adire l ’A u torità G iudiziaria.

Ma questo autorevole giudizio non ci convince affatto: e non solo non ci convince nelle sue risultanze, ma anche nel ragionamento che a quelle risultanze ha condotto il Supremo Collegio.

Innanzitutto l ’autorevole sentenza vuol sottolineare il fatto che, nonostante la letterale dizione dell’art. 29 del Decreto 7 agosto 1936, n. 1639, il giudizio delle Commissioni Provinciali, nelle controversie

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c h e c o n s e g u e a l d e c o r s o d i s e i m e s i , p r e s c r i t t i p e r i l r i c o r s o a l l ’A . G . , t e r m i n e c h e d e o o r r e d a l l a d a t a d i n o t i f i c a z i o n e d e l l a d e c i s i o n e a m m i n i s t r a t i v a . L ’a r t . 34 d e l l a l e g g e 8 g i u g n o 1 9 3 6 , n . 1 2 3 1 , c h e p r e v e d e i l r i c o r s o a l l ’A . G . c o n t r o l e d e c i s i o n i d e l l a C o m m i s s i o n e c e n t r a l e , i n m a t e r i a d i i m p o s t e d i r e t t e c o n t i e n e u n a d i s p o s i z i o n e e c c e z i o n a l e , i n n o v a t i v a , c i r c o s c r i t t a a l l a s a n z i o n e d i d e f i n i t i v i t à , p e r l a F i n a n z a , d e l l e d e c i s i o n i d e l l a C o m m i s s i o n e c e n t r a l e n o n n o t i f i c a t e e n t r o t r e m e s i d a l g i o r n o i n c u i p e r v e n g o n o a l l ’U f f i c i o . L e d e c a d e n z e d a l d i r i t t o d i a p p e l l o 0 d i r i c o r s o c o m m i n a t e a c a r i c o d e l ­ l ’A m m i n i s t r a z i o n e f i n a n z i a r i a d a g l i a r t t . 3 5 e 45 d e l R . D . 8 l u g l i o 1937, n . 1516 e d a l l ’a r t . 84 d e l l a l e g g e 8 l u g l i o 1 9 3 6 , n . 1 2 3 1 , p e r i l c a s o c h e l e d e c i s i o n i d e l l e C o m m i s s i o n i t r i b u t a r i e ( d i s t r e t t u a l e , p r o v i n c i a l e e c e n t r a l e ) n o n s i a n o n o t i f i c a t e e n t r o i t e r m i n i s t a b i l i t i n e g l i a r t ì c o l i s t e s s i , n o n s o n o a p p l i c a b i l i a l r i c o r s o a l l ’A . G . c o n t r o l a d e c i s i o n e d e l l a C o m m i s s i o n e p r o v i n c i a l e , p r e v i s t o d a l l ’a r t . 29 d e l R . D . L . 7 a g o s t o 1 9 3 6 , n . 1 6 3 9 , n e l l e c o n t r o v e r s i e r e l a t i v e a l l a d e t e r m i n a z i o n e d e l v a l o r e i m p o n i b i l e i n m a t e r i a d i i m p o s t e i n d i r e t t e s u i t r a ­ s f e r i m e n t i d e l l a r i c c h e z z a . U n i c a d e c a d e n z a c o m m i n a t a d a l l a l e g g e p e r t a l e r i c o r s o è q u e l l a c h e c o n s e g u e a l l a m a n c a t a p r o p o s i z i o n e d e l r i c o r s o s t e s s o n e l t e r m i n e d i s e i m e s i d a l l a d a t a d e l l a n o t i f i c a z i o n e d e l l a d e c i s i o n e d e l l a C o m ­ m i s s i o n e p r o v i n c i a l e .

sulla determinazione del valore, non è affatto « definitivo », essendo am­ messo l ’ulteriore ricorso alla Gommissione Centrale.

Non comprendiamo effettivamente la necessità di una tale afferma­ zione; a parte, infatti, la considerazione che «nelle controversie sulla determinazione del valore » bisognerebbe distinguere le questioni di sem­ plice estimazione da quelle relative a grave ed evidente errore di ap­ prezzamento ovvero a mancanza o ad insufficienza di calcolo, di cui le prime neppure soggette a ll’impugnazione presso l ’autorità giudiziaria, ed a parte l ’obbiezione che non è affatto vero che le decisioni della Com­ missione Provinciale, in tema di tributo di registro e sempre trattan ­ dosi di giudizi d’appello, siano sindacabili da parte della Commissione Centrale, che importanza ha sostenere la possibilità del ricorso alla Cen­ trale per escludere la « definitività » della decisione della Provinciale, quando la stessa decisione, secondo quanto giustamente osserva la sen­ tenza in esame, può divenire egualmente « definitiva » per difetto di gravam e nei term ini e nei modi prescritti? Forse per dimostrare che non essendo « funzionalmente » definitiva la decisione della Provinciale, non può ad essa estendersi il disposto dell’art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, relativo alle decisioni della Commissione Centrale, in tema di imposte dirette? Non crediamo, almeno a giudicare dal contenuto di tutta la sentenza.

In verità, anche ammesso che contro la decisione della Commissione Provinciale, nella specifica m ateria, sia possibile il ricorso alla Com­ missione Centrale, non v’è dubbio che la stessa decisione può diventare definitiva se non viene notificata d all’ufficio entro 60 giorni dalia data di ricevimento e non viene appellata dal contribuente oppure viene tem­ pestivamente notificata d all’ulficio, ma non viene appellata nè d all’una, nè d all’altra parte in tempo debito. Ed allora bisogna ammettere che,

( O m i s s i s ) .M o t i v i d e l l a d e c i s i o n e . — Fondato, invece, appare l’unico mezzo del ricorso principale, col quale si censura l ’impugnata sentenza nella parte in cui ritenne che l ’Amministrazione finanziaria fosse decaduta dal di­ ritto di proporre l ’azione giudiziaria ordinaria, che fu perciò dichiarata inam­ m issibile, e si denuncia la violazione degli artt. 29, terzo comma, e 31, ultimo comma del R.D.L. 7 agosto 1936, n. 1639, e d ell’art. 146 della legge di registro di cui al R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, modificato con l ’art. 1 del R.D. 13 gen­ naio 1936, n. 2313, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 45 del R .D. 8 luglio 1937, n. 1516, dell’art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, e dei principii e norme giuridiche in tema di interpretazione della legge (artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale), il tutto con omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su punti decisivi della controversia.

Al riguardo la Corte di merito rilevò: a ) che a norma d ell’art. 35 del R.D. 8 luglio 1937, n. 1516, le decisioni delle Commissioni D istrettuali debbono essere notificate, a cura d ell’Ufficio delle imposte o del Registro, entro 60 giorni dalla data di ricevimento, sotto pena di decadenza dal diritto di proporre appello alla Commissione Provinciale; 6) che analoga decadenza è stabilita dall’art. 45 dello stesso decreto, per il ricorso alla Commissione Centrale contro la

decl-per l ’affermata im possibilità d’applicazione dell’analogia in tema di de­ cadenze, si lasci al libero arbitrio dell’organo finanziario l ’efficacia di «giudicato» della decisione am m inistrativa? Sarebbe un assurdo, in­ conciliabile non solo con tutte le norme procedurali nel campo trib u ta­ rio, ma soprattutto con quelle processuali civili e penali.

E tale incongruenza s’ingenera non solo in tema di imposte indirette, ma financo per quelle dirette, nonostante il chiaro disposto degli artt. 35 e 45 del K.D. 8 luglio 1037, n. 151G e 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231: infatti, cosa avviene se, in siffatta m ateria, l ’ufficio non notifica entro i due mesi la decisione della Commissione Provinciale od anche quella della Commissione D istruettuale? Anche qui avremo una decisione « definitiva » a tu tti g li effetti per l ’Ufficio finanziario, al quale, però, non è ancora pre­ clusa la via dell’azione giudiziaria. Ma può esperirla a suo completo p ia­ cimento?

Secondo la nostra tesi, tutto il sistema procedurale, civile, penale, tributario, è imperniato sul principio che la risoluzione delle contro­ versie deve essere contenuta entro determinati lim iti e soprattutto che l ’efficacia del relativo giudizio non è lasciata al libero arb itrio delle parti.

L ’art. 327 Cod. Proc. Civ. sancisce al riguardo che le sentenze pas­ sano in giudicato, decorso inutilmente un anno dalla loro pubblicazione, anche se poi non è affatto avvenuta la loro notificazione : troppo evi­ dente è il fine di tale disposizione e non occorre davvero commento!

A nzi qualcuno ha avanzato la tesi che, quand’anche, in base alla annotata sentenza, si dovesse escludere l ’esistenza di un termine di no­ tifica a carico dell’Am m inistrazione F inanziaria, in quanto non espres­ samente previsto da leggi processuali tributarie, dovrebbe proprio ap­ plicarsi il termine genericamente previsto per tutti i giudicati dal ci­ tato art. 327 Cod. Proc. Civ.

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sione della Commissione Provinciale, ove tale decisione non venga d a ll’Ufficio notificata entro lo stesso term ine di cui sopra ; c) che a norma dell’art. 34 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, le decisioni della Commissione Centrale debbono essere notificate entro il termine di tre m esi dal giorno in cui sono pervenute