Capitolo 2 – La regolamentazione della disclosure sui rischi bancari: il
2.3 In che cosa consiste oggi l’informativa che le banche devono rendere al pubblico
Il nuovo Accordo di capitale rappresentato da Basilea 3 – adottato dall’Unione Europea attraverso
la Direttiva 2013/36/UE ed il Regolamento 575/2013 – ha previsto una serie di rivisitazioni
regolamentari tra le quali rientra anche la nuova normativa inerente alla disciplina di mercato.
Il framework Basilea 3 è stato introdotto a livello italiano tramite il recepimento della Circolare n.285 del 17 dicembre del 2013 emanata da Banca d’Italia, in particolare, per quanto concerne il
Pillar 3, esso risulta regolamentato al Capitolo 13 della Parte II di tale circolare. Tuttavia, nell’ambito di quest’ultima la Banca d’Italia si limita ad affermare che l’informativa al pubblico
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viene regolamentata nell’ambito del Capital Requirements Regulation nella Parte XIII al Capo 3, in
quanto il regolamento in questione risulta essere, per sua natura, di diretta applicazione negli Stati Membri dell’Unione Europea.
Gli obblighi di disclosure vengono applicati su base individuale a tutti i destinatari del Capital
Requirements Regulation e su base consolidata alle imprese madri dell’Unione Europea23. Per quanto concerne la frequenza delle comunicazioni, l’articolo 433 del Regolamento stabilisce che le
informazioni devono essere pubblicate dagli enti almeno su base annua congiuntamente ai
documenti di bilancio.
Tuttavia le banche valutano autonomamente la necessità di pubblicare alcune o tutte le informazioni
più frequentemente che una volta l'anno sulla base delle caratteristiche rilevanti delle loro attività
come la portata delle operazioni, la gamma delle attività, la presenza in diversi paesi e in diversi
settori finanziari e la partecipazione a mercati finanziari e a sistemi internazionali di pagamento, di
regolamento e di compensazione24. I dati richiesti devono essere forniti tramite tavole per quanto
riguarda le informazioni di tipo qualitativo e tramite tabelle per quanto riguarda le informazioni di
tipo quantitativo; le prime – come già richiamato – sono caratterizzate da un formato flessibile,
mentre le seconde possono prevedere un formato fisso o flessibile in base alle necessità del dato in oggetto. In particolare, l’European Banking Authority ha sancito che tutti quegli intermediari
bancari nei quali si verifica una delle seguenti condizioni sono tenuti a prestare particolare attenzione all’eventuale necessità di fornire le informazioni con frequenza maggiore rispetto a
quella annuale. Le condizioni in oggetto sono le seguenti: l’ente è uno dei tre maggiori enti dello stato d’origine
le attività a livello consolidato dell’ente superano i 30 miliardi di euro
la media quadriennale delle attività complessive dell’ente è superiore al 20% della media
quadriennale del PIL del suo stato membro di origine
23
VINCENZO DISPINZERI, “Gli obblighi di informativa al pubblico previsti dal Terzo Pilastro”, gennaio 2016
24
48
l’ente ha esposizioni a livello consolidato superiori a 200 miliardi di euro o l’equivalente in
valuta estera utilizzando il tasso di cambio di riferimento pubblicato dalla Banca Centrale
Europea applicabile alla chiusura dell’esercizio
l’ente è stato identificato dalle autorità competenti come un’istituzione finanziaria di
rilevanza sistemica globale (G-SII) o come un’altra istituzione finanziaria di rilevanza
sistemica (O-SII).
Le linee guida European Banking Authority – Orientamenti sugli obblighi di informativa ai sensi
della Parte Otto del Regolamento UE 575/2013 – forniscono alcune delucidazioni sulla
compilazione dei quadri appena descritti. In particolare, le linee guida specificano che quando il
formato delle tabelle è fisso, le banche devono attenersi alla compilazione dei campi presenti in relazione alle informazioni fornite. Inoltre, gli enti possono procedere all’eliminazione delle
righe/colonne, se queste non risultano essere pertinenti con le attività svolte dall’ente stesso. Per quanto riguarda il formato flessibile delle tavole/tabelle, l’European Banking Authority fornisce uno
specifico formato nel documento appena richiamato però afferma che gli enti possono decidere di
adottare il formato che ritengono più idoneo, ma in tal caso devono fornire informazioni
comparabili a quelle richieste nella tavola/tabella.
2.3.1 Disposizioni tecniche in materia di trasparenza e di informativa
La Parte Otto del Capital Requirements Regulation al Titolo II stabilisce i criteri tecnici in materia
di trasparenza e di informativa, in particolare sancisce che gli intermediari bancari pubblichino i
propri obiettivi e le proprie politiche per la gestione del rischio, per ciascuna categoria di rischio
alle quali sono esposte. Gli intermediari bancari sono sostanzialmente tenuti alla predisposizione di
un report dove per ciascuna tipologia di rischio esplicano – dal punto di vista qualitativo – i punti
fondamentali nella gestione dei rischi stessi e poi – dal punto di vista quantitativo – vanno a
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alle disposizioni di vigilanza in materia. L’articolo 435 elenca le informazioni necessarie ai fini
regolamentari, queste devono riguardare:
a. le strategie ed i processi per la gestione dei rischi; l’European Banking Authority – nel documento “Orientamenti sugli obblighi di informativa ai sensi della Parte Otto del
Regolamento UE n. 575/2013” – afferma che in questo contesto le banche dovrebbero
includere tutte le informazioni qualitative inerenti alle prove di stress sui portafogli oggetto
di tali prove, sugli scenari adottati e sulle metodologie utilizzate.
b. la struttura e l’organizzazione delle pertinenze funzione di gestione del rischio; gli enti
devono, a tal riguardo, rendere pubbliche le informazioni riguardanti la struttura di
governance per ciascuna tipologia di rischio, nonché i ruoli e le responsabilità dei soggetti coinvolti nel processo di gestione dell’esposizione rischiosa ed anche le relazioni che
intercorrono tra gli organismi e le funzioni interessate.
c. l’ambito di applicazione e la natura dei sistemi di segnalazione e misurazione del rischio in
tale contesto – precisa l’European Banking Authority – gli enti dovrebbero pubblicare le
politiche in materia di sistematica e regolare revisione delle strategie di gestione del rischio
e la valutazione periodica della loro efficacia.
d. le politiche di copertura/attenuazione del rischio ed i processi per la sorveglianza
continuativa sulla loro efficacia;
e. la dichiarazione dell'organo di gestione in merito all'adeguatezza delle misure di gestione dei
rischi dell'ente;
f. la dichiarazione dell’organo di gestione in merito al profilo di rischio della banca associato
alla strategia aziendale; la breve dichiarazione in oggetto – precisa l’European Banking
Authority – deve contenere una descrizione del modello di business della banca, di come
questo influisce nella determinazione del profilo di rischio complessivo della stessa e di
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Tavola 4 – Metodo di gestione del rischio da parte dell’ente
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera f)
a)
La breve dichiarazione sul rischio approvata dall’organo di
amministrazione in applicazione dell’articolo 435, paragrafo 1, lettera f)
dovrebbe descrivere in che modo il modello di business determina il profilo
di rischio complessivo e interagisce con esso, ad esempio illustrando i rischi
fondamentali correlati al modello di business e il modo in cui ciascuno di
questi rischi viene rispecchiato e descritto nelle informative sui rischi o il
modo in cui il profilo di rischio dell’ente interagisce con la tolleranza del rischio approvata dall’organo di amministrazione.
Nell’ambito della dichiarazione sul rischio da pubblicare in applicazione
dell’articolo 435, paragrafo 1, lettera f), gli enti dovrebbero indicare anche
la natura, la misura, lo scopo e la sostanza economica delle operazioni rilevanti nell’ambito del gruppo, dei soggetti affiliati e delle parti correlate.
L’informativa dovrebbe essere limitata alle operazioni che hanno un
impatto rilevante sul profilo di rischio dell’ente (compreso il rischio reputazionale) o la distribuzione dei rischi all’interno del gruppo.
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera b)
b)
Le informazioni da pubblicare in applicazione dell’articolo 435, paragrafo
1, lettera b), comprendono la struttura di governance per ogni tipologia di rischio: le responsabilità attribuite all’interno dell’ente (tra cui, se rilevante,
l’attività di supervisione, la delega di poteri e la ripartizione delle
responsabilità tra l’organo di amministrazione, le linee di business e la
funzione di risk management per singola tipologia, l’unità operativa e le
altre informazioni rilevanti); le relazioni tra gli organismi e le funzioni
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l’organo di amministrazione, il comitato di rischio, la funzione incaricata di
risk management, la funzione incaricata della compliance, la funzione incaricata dell’audit interno); le procedure organizzative e di controllo
interno.
Nel rendere nota la struttura e l’organizzazione della funzione di risk
management, gli enti dovrebbero inserire le seguenti informazioni:
informazioni sul sistema di controllo interno e sul modo in cui sono organizzate le funzioni di controllo (poteri, risorse, status,
indipendenza), sulle loro attività principali e su qualsiasi
cambiamento rilevante, attuale o previsto, in relazione a queste
funzioni;
limiti ai rischi approvati cui l’ente è esposto;
cambiamenti nei ruoli di responsabilità nelle funzioni di controllo interno, di risk management, di compliance e di internal audit.
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera b) c)
Nell’ambito delle informazioni sugli altri dispositivi rilevanti per la
funzione di risk management previste dall’articolo 435, paragrafo 1, lettera
b), dovrebbero essere indicati: i canali di comunicazione, lo sviluppo e la
diffusione della cultura del rischio all’interno dell’ente (ad esempio, se ci
sono codici di condotta, manuali contenenti i limiti operativi o le procedure
per gestire le violazioni o il superamento delle soglie di rischio oppure le
procedure per rilevare e condividere i problemi tra le linee di business e la
funzione di risk management).
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera c) Articolo 435,
d)
Nell’ambito delle informazioni previste dagli articoli 435, paragrafo 2),
lettera e) e 435, paragrafo 1), lettera c), gli enti dovrebbero comunicare l’ambito d’applicazione e la natura dei sistemi di segnalazione e/o
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paragrafo 2,
lettera e)
misurazione del rischio, oltre alla descrizione del flusso di informazioni sui rischi indirizzato all’organo di amministrazione e all’alta dirigenza.
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera c) e)
Nel fornire le informazioni sulle caratteristiche principali dei sistemi di
segnalazione e misurazione del rischio in applicazione dell’articolo 435,
paragrafo 1, lettera c), gli enti dovrebbero pubblicare le politiche in materia
di sistematica e regolare revisione delle strategie di gestione del rischio e la
valutazione periodica della loro efficacia.
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettera a) f)
L’informativa relativa alle strategie e ai processi per la gestione del rischio
ai sensi dell’articolo 435, paragrafo 1, lettera a), dovrebbe includere le
informazioni qualitative sulle prove di stress, sui portafogli oggetto di tali
prove sugli scenari adottati e sulle metodologie utilizzate, nonché sull’uso
delle prove di stress nella gestione del rischio.
Articolo 435,
paragrafo 1,
lettere a) e d) g)
Gli enti dovrebbero fornire le informazioni sulle strategie e sui processi per gestire, coprire e attenuare i rischi, nonché sul monitoraggio dell’efficacia
dei sistemi di copertura e attenuazione, conformemente all’articolo 435,
paragrafo 1, lettere da a) a d) per i rischi derivanti dal modello di business dell’ente.
Fonte: European Banking Authority, “Orientamenti sugli obblighi di informativa ai sensi della Parte Otto del Regolamento UE n. 575/2013”, 04/08/2017.
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Fondi propri
Per quanto concerne l’obbligo di divulgazione di indicazioni relativamente ai fondi propri, l’articolo
437 del Capital Requirements Regulation sancisce che le banche rendano pubbliche le seguenti
informazioni:
la riconciliazione completa degli elementi di capitale primario di classe 1 (Common Equity
Tier 1), di capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier 1) e di capitale di classe 2 (Tier
2), nonché filtri e deduzioni applicati;
la descrizione delle principali caratteristiche degli strumenti capitale – Common Equity Tier
1, Additional Tier 1 e Tier 2 – emessi dall’ente;
l’indicazione separata della natura e degli importi dei filtri prudenziali, delle deduzioni
effettuate e degli elementi non dedotti;
la descrizione delle restrizioni applicate al calcolo dei fondi propri;
l’eventuale calcolo di coefficienti di capitale effettuato utilizzando elementi dei fondi propri
stabiliti su base diversa da quella prevista dalla normativa del Capital Requirements
Regulation.
A tal riguardo è fondamentale che gli intermediari bancari tengano conto non solo delle definizioni
dettagliate esplicate dal Comitato di Basilea ma anche dei criteri che i vari strumenti finanziari devono soddisfare affinché possano essere inseriti all’interno delle diverse tipologie di capitale. In
particolare, la prima delle tavole che seguiranno mostra le condizioni che uno strumento deve
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Tavola 5 – Criteri per la classificazione di uno strumento come azione ordinaria ai fini del
patrimonio di vigilanza
1. Rappresenta lo strumento maggiormente subordinato in caso di liquidazione
2. Attribuisce sul residuo attivo un diritto proporzionale alla quota del capitale emesso e subordinato al rimborso di tutti i crediti senior in caso di liquidazione (pertanto, il diritto è variabile e illimitato, non fisso o limitato).
3. Il valore nominale è privo di scadenza e non è mai rimborsato eccetto in caso di liquidazione (fatti salvi i riacquisti discrezionali o altri mezzi di riduzione effettiva del capitale in modo discrezionale consentiti dalle leggi vigenti).
4. La banca non adotta comportamenti che creino al momento dell’emissione aspettative di riacquisto, rimborso o cancellazione dello strumento; il regime legale o negoziale deve inoltre essere privo di clausole che possano generare simili aspettative.
5. Le distribuzioni di dividendi sono effettuate attingendo agli elementi distribuibili (incluse le riserve di utili). Il livello delle distribuzioni non è legato in alcun modo all’ammontare versato all’emissione e non è soggetto a un limite contrattuale (salvo nella misura in cui la banca non sia in grado di versare distribuzioni che superino il livello degli elementi distribuibili).
6. In nessuna circostanza le distribuzioni sono obbligatorie. Il mancato pagamento non rappresenta pertanto un evento di insolvenza.
7. Le distribuzioni sono effettuate solo dopo l’adempimento di tutti gli obblighi legali e contrattuali e una volta effettuati tutti i pagamenti sugli strumenti di capitale di rango più elevato. Ciò significa che non vi sono distribuzioni preferenziali, incluso in relazione ad altri elementi classificati come patrimonio di massima qualità.
8. È il capitale emesso ad assorbire la prima e proporzionalmente maggiore quota di ogni eventuale perdita sopraggiunta. Nell’ambito del capitale di massima qualità, ciascuno strumento assorbe le perdite in condizioni di continuità d’impresa (going concern) in misura proporzionale e con il medesimo grado di subordinazione (pari passu) di tutti gli altri.
9. L’importo versato è considerato come capitale proprio (e non come passività) ai fini della determinazione dell’insolvenza.
10. L’importo versato è classificato come patrimonio netto secondo i principi contabili pertinenti.
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11. È direttamente emesso e versato e la banca non può aver finanziato direttamente o indirettamente l’acquisto dello strumento.
12. L’importo versato non è né garantito né assistito da una garanzia dell’emittente o di un’entità collegata, né è soggetto ad altre disposizioni che ne accrescano legalmente o economicamente il grado di prelazione.
13. È emesso solo con l’approvazione dei proprietari della banca emittente, concessa sia direttamente da questi ultimi sia, se consentito dalla legge applicabile, dal consiglio di amministrazione o da altri soggetti debitamente autorizzati dai proprietari.
14. È indicato in modo chiaro e separato nello stato patrimoniale della banca.
Fonte: Basel Committee on Banking Supervision, 2010, par. 53
Il secondo elemento che compone il capitale di classe 1 è il capitale aggiuntivo di classe 1 –
Additional Tier 1 ed anche in questo caso, per gli strumenti che ne possono far parte, sono stati
specificati alcuni criteri di computabilità nel Tier 1 aggiuntivo, tra i quali ricordiamo i principali
nella tabella seguente.
Tavola 6 – Criteri di computabilità nel Tier1 aggiuntivo
1. È emesso e interamente versato
2. È subordinato rispetto ai depositi, ai crediti chirografari e al debito subordinato della banca. 3. Non è né garantito né assistito da una garanzia dell’emittente o di un’entità collegata e non
presenta altre disposizioni che ne accrescano legalmente o economicamente il grado di prelazione nei confronti dei creditori della banca.
4. È perpetuo, ossia non presenta una data di scadenza, e non prevede clausole di step-up o altri incentivi al rimborso anticipato.
5. Può essere richiamato e rimborsato su iniziativa dell’emittente una volta trascorsi almeno cinque anni dall’emissione:
a. per esercitare l’opzione call la banca deve ottenere la preventiva approvazione dell’autorità di vigilanza; e
b. la banca non deve adottare comportamenti che creino aspettative che l’opzione call verrà esercitata;
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1) sostituisce lo strumento rimborsato con capitale di qualità pari o superiore e la sostituzione di tale capitale è effettuata a condizioni sostenibili per la capacità reddituale della banca; o
2) dimostra che la sua dotazione patrimoniale sarà ampiamente superiore ai requisiti patrimoniali minimi dopo il rimborso.
6. Qualsiasi restituzione di capitale (ad esempio tramite riacquisto o rimborso) deve ricevere la preventiva approvazione dell’autorità di vigilanza e le banche non devono presumere che tale approvazione sia concessa o creare sul mercato aspettative in tal senso.
7. Discrezionalità in materia di dividendi/cedole:
a. la banca deve avere in qualsiasi momento la piena discrezionalità in merito alla cancellazione di distribuzioni/pagamenti;
b. la cancellazione dei pagamenti discrezionali non deve rappresentare un evento di insolvenza;
c. le banche devono poter disporre della totalità dei pagamenti cancellati per far fronte agli obblighi di pagamento alla scadenza degli stessi;
d. la cancellazione di distribuzioni/pagamenti non deve comportare vincoli per la banca, eccetto in relazione alle distribuzioni agli azionisti ordinari.
8. I dividendi/le cedole devono essere pagati attingendo alle componenti distribuibili.
9. Lo strumento non può presentare un dividendo sensibile al merito di credito (credit sensitive), ossia un dividendo o una cedola soggetti a una ridefinizione periodica basata in tutto o in parte sullo standing creditizio dell’istituto bancario.
10. Lo strumento non può presentare clausole che ostacolino la ricapitalizzazione, come ad esempio disposizioni che obblighino l’emittente a compensare gli investitori se in un dato arco di tempo viene emesso un nuovo strumento a un prezzo inferiore.
Fonte: Basel Committee on Banking Supervision, 2010, par. 54
Infine, relativamente alla composizione del patrimonio supplementare, il Comitato di Basilea ha
definito che il Tier 2 dei requisiti necessari affinché gli strumenti detti possano essere computati nel
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Tavola 7 – Criteri di computabilità nel patrimonio supplementare
1. È emesso e interamente versato.
2. È subordinato rispetto ai depositi e ai crediti chirografari della banca.
3. Non è né garantito né assistito da una garanzia dell’emittente o di un’entità collegata e non presenta altre disposizioni che ne accrescano legalmente o economicamente il grado di prelazione nei confronti dei depositanti e dei creditori chirografari della banca.
4. Scadenza:
a. la scadenza minima originaria deve essere di almeno cinque anni;
b. l’ammontare ammesso nel patrimonio di vigilanza durante i cinque anni precedenti la data di scadenza è ammortizzato a quote costanti;
c. non vi sono clausole di step-up o altri incentivi al rimborso anticipato.
5. L’investitore non deve avere la facoltà di accelerare il rimborso dei pagamenti futuri previsti (in linea interesse o capitale), eccetto in caso di fallimento e liquidazione.
6. Lo strumento non può presentare un dividendo sensibile al merito di credito (credit sensitive), ossia un dividendo/cedola soggetto/a a una ridefinizione periodica basata in tutto o in parte sullo standing creditizio dell’istituto bancario.
7. Né la banca, né una parte collegata su cui la banca eserciti il controllo o un’influenza significativa possono aver acquistato lo strumento e la banca non può aver finanziato direttamente o indirettamente l’acquisto dello strumento.
Fonte: Basel Committee on Banking Supervision, 2010, par. 55
Requisiti di capitale
Le informazioni che gli intermediari bancari devono rendere obbligatoriamente pubbliche riguardo ai requisiti di capitale di cui dispongono sono disciplinate all’articolo 438 del Capital Requirements
Regulation. A tal riguardo è opportuno richiamare la normativa in termini dei requisiti di patrimoniali sancita nella Parte Tre, Titolo I, Capo 1, Sezione 1. In particolare, l’articolo 92
stabilisce che le banche debbano disporre di:
un coefficiente di capitale primario di classe 1 del 4,5%
un coefficiente di capitale di classe 1 del 6%
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L’articolo 438 del Regolamento dispone che, riguardo l’osservanza dei requisiti di cui all’articolo
92, gli enti sono tenuti alla pubblicazione delle seguenti informazioni:
a. una descrizione sintetica del metodo adottato dalla banca stessa per effettuare la valutazione dell’adeguatezza del proprio capitale interno per il sostegno delle attività correnti e
prospettiche;
b. su richiesta dell’autorità competente interessata, i risultati del processo di valutazione dell’adeguatezza del capitale interno da parte dell’ente;
c. per gli enti che calcolano gli importi delle attività ponderate per il rischio utilizzando il
modello standardizzato – dettagliatamente descritto nella Parte Tre, Titolo II, Capo 2 del
Capital Requirements Regulation – viene richiesta la pubblicazione dell’8% di tali importi
per ciascuna delle classi di esposizioni rischiose;
d. per gli enti che calcolano gli importi delle attività ponderate per il rischio utilizzando i
modelli interni– dettagliatamente descritto nella Parte Tre, Titolo II, Capo 3 del Capital