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3.2. I DRIVER DELLA PERFORMANCE BANCARIA

3.3.2. Cost efficiency

La cost efficiency rappresenta un aspetto della X-efficiency e fornisce una misura di quanto i costi di una banca si avvicinino a quelli della best practice di riferimento dato lo stesso ammontare di output prodotto e sotto le stesse condizioni. Essa perciò postula la minimizzazione dei costi per un ammontare dato di output.

Questo concetto permette di derivare una funzione dove la variabile dipendente “costo” dipende dai prezzi degli input variabili, dalle quantità degli output, da diversi fattori ambientali ed esterni all’azienda che siano in grado di influenzarne il valore e da un termine di errore composito. Berger e Mester (2004) hanno proposto una funzione di costo del tipo:

dove C misura i costi, w è il vettore dei prezzi degli input variabili, y è il vettore delle quantità degli output variabili, z indica le quantità di netput (input o output) fissi che sono in grado di influenzare i costi poiché complementari e sostituti di altri netput variabili, v è un set di variabili di contesto o di mercato, uc rappresenta un fattore di

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frontiera efficiente, ϵc incorpora l’errore casuale, che esprime errori di misurazione o

fattori andamentali che possono far lievitare o diminuire i costi temporaneamente. Di particolare rilevanza risulta il termine uc poiché esso incorpora sia l’inefficienza di

tipo allocativo, sia quella di tipo puramente tecnico. Si riportano brevemente i due concetti fondamentali per comprendere appieno le origini dell’inefficienza di una banca:

 inefficienza tecnica: origina a causa di un impiego eccessivo dei fattori produttivi, che allontanano l’impresa dalla frontiera efficiente. Può essere scomposta in efficienza tecnica pura, se una riduzione degli input impiegati fosse perseguibile semplicemente rilevando ed eliminando gli sprechi di risorse, e in efficienza di scala, se la stessa riduzione fosse causata da rendimenti di scala costanti. Da sottolineare che la prima fonte di inefficienza può risultare sostenibile se le pressioni competitive sono deboli mentre la seconda non si manifesta se la banca sta operando al suo livello di scala ottimale;

 inefficienza allocativa: origina per errate o non ottimali combinazioni di input, scaturite da errate percezioni dei loro prezzi. L’impresa basa le proprie decisioni sulle quantità di netput in base ai prezzi che al momento risultano nelle sue disponibilità. Se questi tuttavia divergono da quelli effettivamente riscontrati si possono manifestare errate scelte nel mix di output da produrre.

La differenza sostanziale che si ha tra i due tipi di inefficienza è che mentre la prima può essere corretta dal management, la seconda può spesso essere solo rilevata a posteriori. In particolare nel caso delle banche l’inefficienza allocativa può essere indotta da fattori esterni come la vigilanza prudenziale o da fattori interni come il difficile inquadramento dei depositi tra gli input o gli output data la loro particolare natura. Ciò porta inesorabilmente a implementare un livello di netput differente da quello ottimale.

Per facilitare la misurazione dei due termini uc e ϵc Berger e Mester (2004) assumono

che essi siano separabili come prodotto dal resto della funzione mentre entrambi i termini della funzione di costo vengono rappresentati in logaritmi naturali.

( 3.1 )

Le diverse tecniche di misurazione che si andranno ad analizzare più avanti differiscono nel modo con cui distinguono il termine d’errore dal termine d’inefficienza .

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La componente rappresenta invece la forma funzionale che esprime la relazione tra la produttività della banca e i costi che essa sostiene.

Tenuto conto di quanto detto finora si può esprimere un primo semplice indicatore di cost efficiency come il rapporto tra il livello di costi sostenuto dalla banca best practice operante sulla frontiera efficiente e il livello di costi sopportato dalla generica banca “b” per produrre lo stesso vettore di output confrontandosi con le medesime variabili esogene. Si ha dunque: [ ] [ ] [ ] [ ] ( 3.2 )

dove appunto rappresenta il valore di minimo in tutto il campione. Il termine “ ” rappresenta un indice di efficienza che assume valori compresi tra zero e uno che esprime maggior efficienza mano a mano che tende ad uno.

Volendo dare una rappresentazione grafica di quanto appena detto si prenda a riferimento la figura 3.1., nella quale si palesa non solo il concetto di banca inefficiente ma anche le componenti di inefficienza allocativa e tecnica.

Ponendo il caso di un’ipotetica impresa bancaria che impiega due soli input x1 e x2 per

la produzione di un output y nella quantità y0 si può costruire un isoquanto SS’, che

rappresenta le diverse combinazioni efficienti dei due input che possono essere impiegate non alterando la produzione di y e un isocosto AA’ dato dal rapporto tra i prezzi dei due input e che rappresenta le infinite combinazioni dei due input che garantiscono lo stesso costo di produzione.

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Si consideri a questo punto la banca P. Essa produce y0 impiegando una combinazione

di fattori produttivi superiore rispetto a quella adoperata da Q, perciò si può agevolmente concludere che mentre Q opera in piena efficienza tecnica, P è caratterizzata da un livello di inefficienza tecnica misurato dal seguente rapporto:

Per perseguire la minimizzazione dei costi tuttavia è necessario operare anche in termini di efficienza allocativa. Ciò presuppone la conoscenza dei prezzi dei due fattori produttivi al fine della costruzione dell’isocosto AA’.

Come si può notare dal grafico P è inefficiente dal punto di vista allocativo ma lo è anche Q. Infatti il punto di minimo dei costi è dato da Q’ ovvero il punto di intersezione tra isocosto e isoquanto. P e Q impiegano gli input secondo una combinazione differente rispetto a Q’ e la loro inefficienza è data dal seguente rapporto:

Giova rilevare che la scomposizione della cost efficiency è data dal rapporto tra la componente tecnica e la componente allocativa.