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L’art 119 Cost e la ‘territorializzazione dell’imposta’ I tratti competitivi del sistema di federalismo fiscale

L’ ESPERIENZA ITALIANA

2. La modifica del Titolo V della Costituzione Il nuovo assetto territoriale e la garanzia dei diritt

2.1. Il sistema costituzionale di federalismo fiscale nel novellato art 119 Cost.

2.1.1. L’art 119 Cost e la ‘territorializzazione dell’imposta’ I tratti competitivi del sistema di federalismo fiscale

All’interno dell’analisi sul novellato articolo 119 Cost., particolare attenzione merita quella che è stata più volte definita la vera innovazione in materia di autonomia finanziaria, ovvero la previsione di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al territorio dell’ente, più semplicemente nota come ‘territorializzazione dell’imposta’. Quest’ultimo tema, inoltre, fonderà uno dei parametri che verranno utilizzati ai fini dell’indagine comparatistica, costituendo l’aumento delle percentuali di compartecipazione al gettito di talune imposte da parte delle CCAA (50% dell’IRPF e dell’IVA) una delle principali novità contenute all’interno del nuovo modello di finanziamento autonomico.

La previsione di compartecipazioni al gettito di tributi erariali su base territoriale ha suscitato, sin dall’entrata in vigore del nuovo Titolo V, diverse perplessità in una parte della dottrina; ciò in quanto la stessa si introduce in una “regionalizzazione/territorializzazione dell’imposta di riferimento, con la quale, per un verso, si assicura certezza e sufficienza finanziaria a quelle aree territoriali connotate da elevate capacità fiscali (…) per altro, prende corpo un contingentamento della solidarietà, in quanto le risorse destinate al finanziamento delle funzioni pubbliche, attribuite copiosamente ai diversi livelli di Governo, conoscono una preventiva delimitazione in ragione della più o meno elevata percentuale di compartecipazione, escludendo, così, qualsivoglia diverso criterio di riparto redistributivo stabilito dal centro”321. In particolare, è stato duramente criticato il criterio con il quale vengono attribuite tali risorse che non tiene in considerazione le necessità di spesa, la

problemi porta con sé il rischio di alimentare e giustificare uno scenario “caratterizzato da una competizione fiscale selvaggia”.

320 Ibidem, p. 958.

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popolazione o le condizioni orografiche del territorio, bensì la proporzione del reddito prodotto, ossia la ricchezza media dei residenti (‘appartenenti’ anch’essi al territorio dell’ente)322.

La funzione delle compartecipazioni, così come si evince dall’interpretazione dei commi I, III e IV dell’art. 119 Cost., deve concorrere, unitamente alle altre fonti previste, a ‘finanziare integralmente’ le funzioni che vengono attribuite agli enti territoriali. Di conseguenza, seguendo un percorso logico, i territori dovrebbero accedere ad una compartecipazione ‘bilanciata’ al soddisfacimento di quei fabbisogni che lo Stato definisce al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi323 .

Secondo un tale impostazione, la compartecipazione al gettito dei tributi statali si identifica come strumento atto ad assicurare la sufficienza delle risorse a tutti i territori per permettere agli stessi di garantire un livello ‘omogeneo’ di servizi. La stessa, poi, dovrebbe avvenire secondo criteri stabiliti in base al reale fabbisogno ed alle particolari ‘caratteristiche’ dei territori324.

Il rischio prospettato dall’aliquota di compartecipazione territorializzata – se considerata come diritto di ciascun territorio a fruire del gettito dei tributi in essi prodotti – si concretizza nell’impossibilità per i territori economicamente più svantaggiati di coprire suddetto fabbisogno reale. In tale caso sono le risorse provenienti dal “Fondo perequativo senza vincoli di destinazione” (art. 119, co. III, Cost.) a dover consentire a queste regioni la sufficienza delle risorse. Tuttavia, si ricorda che il criterio ‘esclusivo’ per l’assegnazione delle risorse di tale Fondo consiste nella “capacità fiscale per abitante”325. In riferimento al sopraindicato rischio, che concerne la sufficienza delle risorse, rileva, inoltre, il dovere (impegno) dello Stato nei confronti dei cittadini che concorrono alle spese pubbliche (art. 53 Cost.) come anche il dovere dello stesso di assicurare

322 Cfr. sul punto M. Esposito, Chi paga la … cit., pp. 95-96. Qui l’autore riporta alcuni calcoli secondo i quali pur considerando tutte le imposte locali immaginabili, la gran parte delle entrate regionali è destinata a derivare proprio dalle compartecipazioni alle imposte statali. Tale compartecipazione, allora ancora non definita nella sua applicazione pratica, nei calcoli ISAE risultava pari al 90% dell’IVA più il 23% dell’IRPEF. Suddette imposte, come indicato, sono consegnate alla regione non in rapporto alle necessità di spesa ma in analogia con quanto accade con il d.lgs. n. 56/1000 e, cioè, in proporzione al reddito prodotto dai residenti di quel territorio. Il risultato calcolato (nell’anno 2003) risultava essere il seguente: la Lombardia avrebbe ricevuto 24,2 miliardi annui delle vecchie lire, a fronte di una spesa pari a 13,8 miliardi e quindi si sarebbe trovata con un totale di 10,4 miliardi di ‘eccesso’. Sul fronte opposto la Campania, per esempio, avrebbe ricevuto 9 miliardi di lire per far fronte a 14,8 miliardi di spese, con un totale di deficit pari a 5,8 miliardi.

323

Ibidem, p. 96.

324 A tal riguardo, cfr. Rapporto della Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, “Documento di Ravello sul federalismo fiscale delle regioni e delle province autonome”, 31 marzo – 1 aprile 2003, reperibile sul sito www.regioni.it.

325

Sui possibili criteri per l’attribuzione delle risorse, cfr. A. Cerri, “L’autonomia finanziaria e tributaria degli enti territoriali”, Seminario del 12 dicembre 1997 tenuto alla LUISS e disponibile sull’Osservatorio costituzionale del sito web della stessa Università. In particolare, Cerri già allora indicava come criteri alternativi a quello della capacità contributiva e di reddito, quello della densità popolare e delle condizioni geografiche non favorevoli.

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l’eguaglianza dei cittadini ed un livello omogeneo di servizi su tutto il territorio nazionale (art. 3 Cost.)326.

Nell’ambito del riequilibrio economico e sociale tra i territori, un ultimo approfondimento merita, poi, il IV comma dell’art. 119 Cost. che prevede l’intervento dello Stato, tramite le risorse aggiuntive e gli interventi speciali, al fine della promozione dello sviluppo economico, della coesione, della solidarietà sociale e dell’effettivo esercizio dei diritti della persona. Per tali finalità, e contrariamente a quanto accade per la compartecipazione e per le funzioni finanziate attraverso il Fondo Perequativo, lo Stato interviene in seguito ad una valutazione dei fabbisogni dei vari territori.

Relativamente a tale previsione, uno dei dubbi sollevati dalla dottrina ha riguardato la possibilità che l’intervento statale, avente la finalità di promuovere lo sviluppo economico o di ridurre lo squilibrio territoriale, possa andare ad incidere su materie che risultano ora di competenza regionale, residuale o concorrente327.

Può pertanto argomentarsi che, verosimilmente, lo Stato continuerà a programmare e a gestire le politiche di sviluppo economico e di coesione e a finanziare le stesse con ‘risorse aggiuntive’. Tuttavia, nel momento in cui “l’intervento statale perde(rà) il requisito dell’aggiuntività, si presente(rà) la necessità di verificare la competenza per materia”328.

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