• Non ci sono risultati.

Aracoeli, Elsa Morante

6. Creare per distruggere

Aracoeli appare costruito su due movimenti successivi di costruzione e distruzione. Il romanzo può

essere interpretato nel suo insieme come un'opera che mette in scena la “destituzione” di un ideale: in un primo momento questo viene costruito nei suoi dettagli con completezza, e successivamente viene distrutto seguendo proprio quelle precisioni che costituivano il mito iniziale. Questo perché un'opera di auto-annientamento può essere portata avanti soltanto dopo aver ricostituito l'oggetto nei suoi tratti distintivi, dopo aver conferito quella piena esistenza che si vuole eliminare. Quasi tutti gli elementi del romanzo costituiscono una versione imbruttita o depauperata di una figura o tema alto, con una sorta di gusto dell'auto mortificazione: l’interiorità di Manuele è presentata e esibita apertamente per essere dunque sbeffeggiata e attaccata con ferocia, le illusioni vengono espresse senza risparmiare debolezze e senza mostrare reticenze per poi essere smascherate nella loro fragilità.

E poi, nel séguito, dietro alla brutta sosia contraffatta, anche le altre Aracoeli tutte belle mi si dispersero - travolte in quella frana d’ombra - fino a farmisi dimenticare. Accade, per leggi naturali, che certe esperienze fuori di misura, consumate da un io troppo bambino, poi si rigettano dallo stesso bambino in crescita, come le larve dei trapassati dalle tribù selvagge. E così le mie diverse Aracoeli s’erano date a una latitanza che pareva eterna; ma era invece, a quanto sembra, un loro gioco a nascondersi. Dopo, esse dovevano più volte affacciarsi di ritorno, ora l’una, ora l’altra, ora intrecciate insieme; ricadendo poi di nuovo nella loro frana d’ombra. I loro periodi di latenza sono stati sempre capricciosi, nella frequenza e nella durata; e nemmeno è impossibile, d’altra parte, che fossero tutti una finta. Forse, mentre mi si pretendeva bandita, chi sa quante volte, invece, Aracoeli mi si è presentata in incognito, innominata o camuffata, sotto diversi titoli, sessi, età. Perfino i miei più effimeri incontri serali, di quando a Milano battevo a caccia le strade, potevano essere incarnazioni di Aracoeli. Forse, anzi, mai nessun incontro, nella mia vita, è stato un caso. Tutti erano preordinati e recitati da una sola donna. Era sempre Aracoeli travestita, che li eseguiva.240

Le dichiarazioni contenute in Aracoeli sull'uomo moderno e le sue relazioni con gli altri uomini, con il mondo, obbligano a confrontarsi sulle questioni che sollevano dimostrando un'urgente esigenza di riflessione. Mentre si può sostenere una minore riuscita del romanzo rispetto ai precedenti, non si può negare la portata dei problemi chiamati in causa e l'impatto che hanno sul lettore.

In questi “monumenti” al genere del romanzo si cerca di distruggere il mito della grande narrativa ottocentesca, accettandone solo apparentemente i canoni. Resta però il dubbio che poi lo spessore e la coscienza di quel mito letterario stiano, in fondo, troppo a cuore alla scrittrice perché li possa realmente abbandonare. 241

239 STEFANIA LUCAMANTE,op. cit., p.43

240 ELSA MORANTE, op. cit., p. 303.

241

90 Nel lascito poetico di Morante tuttavia il contenuto di verità viene comunicato attraverso immagini residuali, resti prossimi al dissolvimento, personaggi deboli perché consumati dagli eventi. L’epoca contemporanea sembra non risparmiare nemmeno il bello e il buono, la forza estetica non può più contare su queste qualità per farsi portavoce di verità, è stata anche questa sconfitta da ciò che è laido. L’unica cosa che resta dopo le tragedie del Novecento e i suoi umilianti strascichi sono le macerie, e solo di queste può disporre lo scrittore. Forse però le sue forze riescono a comunicare proprio in virtù della loro minimalità, perché possono trasmettere ancora un senso che resiste perché essenziale, ultimo oltre il quale non c’è più significato. Senz’altro Aracoeli è la cicatrice che resta dopo una lotta, ma il fatto che trovi in se stessa la forza di comunicare ancora attraverso ciò che la sostanzia, autorizza a pensare che questi elementi minimi siano ciò che sopravvive, non come lenta putrefazione ma come spiragli. In merito a questa osservazione, le parole contenute in un articolo di Andrea Zanzotto su Eugenio Montale risultano illuminanti: il poeta in veste di critico individua nell'ultima produzione di Montale un cambiamento nel trattamento della scoria e del detrito, da durezza residuale a putrefazione immonda. Tuttavia vi si rileva una forza che si dimostra anche nel caso della natura corrotta che la poesia montaliana sceglie di rappresentare:

Vi persiste infatti un “declamato” che attraversa di forza la negazione che pure porta con sé, [i veri terrori sono] presenti ma non ancora soli in campo, se è pur vero [...] che si può distinguere almeno la voce che li deplora; e li presenti per costringere a un'ultima scelta, con un'estrema intimazione alla responsabilità. È comunque importante che il nadir di una situazione dimostratasi tanto attiva nella poesia montaliana [...] appaia librato [...] nel suo stesso constatare il fallimento; e ciò grazie a un'oggettivizzazione distanziante che si effettua nell'ostinata tensione a un discorso pieno e pienamente strutturato.242

Queste parole possono essere valide anche per una riflessione su Araoceli, per il quale sembra possibile affermare che nel riconoscere il brutto e il male, possa esistere il modo per vivere il mondo senza subirlo. Uno dei motivi per cui sembra riduttivo affermare che Aracoeli costituisca la caduta stilistica e qualitativa dell'opera di Morante, considerandolo come rinuncia totale al valore della letteratura, è la forza che dimostrano i personaggi del libro. Si può senz'altro constatare che la struttura portante di Aracoeli appare “scarnificata” rispetto ai romanzi precedenti. Il paratesto né presenta né sostiene i momenti del libro, ma scompare dal romanzo lasciando solo il flusso del testo. Aspetto più importante, non si trova la stessa compattezza di trama, quella padronanza da romanziere ottocentesco che plasma e dirige la materia narrata. Tuttavia i personaggi che si incidono nella pagina con le loro caratteristiche ma soprattutto per loro debolezze, obbligano il lettore a confrontarsi con le proprie dimostrando un forte significato riservato alla scrittura. Nessuno di questi personaggi, in tempi e modi diversi, riesce ad avere la meglio sulle difficoltà della vita, tutti ne restano feriti in modo irrimediabile. È la loro perdita che paradossalmente li rende forti,

242 ANDREA ZANZOTTO, Sviluppo di una situazione montaliana (Escatologia-Scatologia), in Fantasie d'avvicinamento, Milano, Mondadori, 2001.

91 perché dimostrano il loro essere umani, e in quanto tali, fragili e esposti alla vita: acquistano forza quindi, alla luce di quanto riescono a trasmettere di umano, con quello che questo significa. Nonostante il “secolo della degradazione” sembra che la scrittura possa ancora costituire se non una vittoria almeno un accenno di resistenza alla disintegrazione.

92