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La scrittura non riguarda Virginia Woolf solo dal punto di vista per così dire attivo, e cioè in quanto produttrice di testi, ma anche passivo in quanto letta da un pubblico. Come dimostrano i saggi che

136 VIRGINIA WOOLF op. cit., op. cit., p.99.

137 Ibid., pp. 41-42.

138 Ibid., pp.43-44.

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50 completano la produzione romanzesca, nel corso della sua attività di saggista si occupa in maniera continuativa della questione della lettura, e di conseguenza dei lettori ai quali le opere sono destinate. Il movimento di apertura ai campi dei saperi più diversi nei romanzi, con rapidi cambi di argomento e digressioni variegate, è caratteristica condivisa anche dai saggi woolfiani. In questi ultimi le riflessioni sullo scrittore e sulla pratica artistica si intrecciano a riflessioni sull'essere umano, sulla sua mente e i suoi sentimenti che esulano dal dominio della letteratura e comprendono psicologia e filosofia. Al lettore viene conferito un ruolo fondamentale di significazione del testo, in un’attribuzione di importanza che riconosce una simbiosi non solo tra l’artista e la sua creazione, ma anche tra quest’ultima e il pubblico. La scrittura viene ad assumere il valore di messaggio da diffondere perché la sua sola intuizione non è sufficiente a realizzarne il significato, acquisisce completezza nella sua condivisione.

[Il committente] è legato a lui [al croco] da qualcosa di più di un legame materno; che in realtà devono considerarsi gemelli; se l’uno muore, muore l’altro, se l’uno prospera, prospera anche l’altro; che il destino della letteratura dipende dalla loro felice alleanza.140

Allo scrittore non basta intuire una nuova tecnica e applicarsi per la sua realizzazione, non può pensare la sua opera dissociata dalla reazione di un pubblico. Il momento di ricezione è l'obiettivo che spinge alla ricerca costante di una forma più adatta, ciò che guida il lavoro sull'espressione. Il pubblico viene concepito come parte integrante dell’attività letteraria, partecipante al processo della scrittura secondo una visione che anticipa alcune riflessioni basilari della scuola di Costanza e della teoria della ricezione. Queste considerazioni sulla lettura sono legate ad altre più generali che riguardano l’arte e la sua ricezione, l’equilibrio tra la creazione di un prodotto artistico e un destinatario da cui dipende la sua riuscita. Il saggio Il committente e il croco, tratta questa stretta relazione attraverso la metafora del fiore, sottolineando come la scelta del destinatario e la condizione complessiva del pubblico sia fondamentale per una buona realizzazione dell’opera. Dal momento che il libro è sempre scritto perché qualcun altro lo legga, e che il committente non è soltanto colui che paga ma anche, e in un modo sottile e insidioso, l’istigatore e l’ispiratore di quanto viene scritto, è di estrema importanza che si tratti della persona giusta […]È inutile dire: “lasciali perdere tutti; pensa solo al tuo croco”, perché scrivere è un mezzo per comunicare; e il croco resta un croco imperfetto se non lo si condivide con qualcuno. […]141

Queste parole dimostrano una visione della scrittura come atto comunicativo e di conseguenza di condivisione che esclude una concezione elitaria dello scrittore, affermando invece la sua appartenenza alla società contemporanea e la sua volontà di raggiungere un contatto con il lettore. Quest’ultimo viene a configurarsi come giudice della qualità dell'opera, con il compito di valutare

140 VIRGINIA WOOLF,Come si legge un libro e altri saggi, a c. di Paola Splendore, Baldini e Castoldi, Milano, 1991, p.

74-76 e ss.

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51 soprattutto l'espressione dei sentimenti, elemento nel quale lo scrittore rischia di eccedere in sentimentalismo:

[Il lettore] dovrà pronunciarsi sulle emozioni e non c’è settore in cui possa svolgere lavoro più utile del diffidare un autore dal farsi prendere troppo la mano dal sentimentalismo da un lato, e dalla vile paura di esprimere le proprie emozioni dall’altro. Gli dirà che è peggio, e forse più comune, aver paura dei sentimenti che averne troppi.142

Anche una breve panoramica sulla vita di Virginia Woolf rivela un'esistenza incardinata sull’arte, e in particolare sulla scrittura, sul costante lavoro per avvicinarsi ad un senso più profondo e significativo. A dimostrazione di ciò basta considerare la costanza nella compilazione del diario, che rende conto dei diversi generi di scrittura praticata e dei sentimenti della scrittrice sempre relazionati al successo o al fallimento della sua attività artistica. La pratica della scrittura comprende la saggistica, passando evidentemente per la prosa ma anche per le lettere, le recensioni e il genere biografico. Le giornate di Woolf sono interamente dedicate al suo esercizio, differenziato sì a seconda della tipologia ma costante per la continua ricerca espressiva. Il processo tormentoso attraverso il quale prendono forma i suoi romanzi appare in forma esplicita nel diario, dove sono riportati tutti i passaggi, le intuizioni, le idee da sviluppare. Ne emergono la serietà di disposizione, la sofferenza della ricerca e la delusione per i risultati non raggiunti, il massimo di felicità dovuta alla sua riuscita e contemporaneamente il dolore più grande per il suo fallimento. Si tratta del classico paradosso della scrittura tra estasi e pena, al quale corrispondono fasi di serenità e di depressione cronica. Proprio in rapporto alla depressione della scrittrice scrivere assume al tempo stesso il significato di aggravante del malessere, per via degli abbattimenti causati dal mancato raggiungimento dell'obiettivo, ma anche di terapia perché rende possibile un certo tipo di serenità e di pienezza di senso.A questo proposito colpiscono le ultime righe scritte sul Diario appena venti giorni prima del suicidio dell’autrice: «Mi accorgo che sono le sette e che devo preparare la cena. Merluzzo e salsicce. Credo sia vero che scrivendone, ci si rende in qualche modo padroni del merluzzo e delle salsicce».143 Proprio poco prima di togliersi la vita, Virginia Woolf dimostra di possedere ancora lo stesso attaccamento alle parole, concependole come strumento di acquisizione della realtà e relativo controllo, con un valore persino pragmatico. Soprattutto però queste parole confermano la scrittura come modalità dell’esistenza, su tutti i livelli della persona.

142 VIRGINIA WOOLF, Diario di una scrittrice, Mondadori, Milano, 1979, p. 76.

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