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Creatività e pensiero divergente (Vedi anche invenzione)

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GLOSSARIO DELL’ALLEANZA EDUCATIVA 15

12. Creatività e pensiero divergente (Vedi anche invenzione)

Stimolare la creatività, nell’ambito filosofico vicino al personalismo, vuol dire favorire la noesi (gr. nòēsis), intesa nel linguaggio filosofi-co filosofi-come intellezione o intuizione dell’intelletto (noùs). Questa, nata nell’ambito del pensiero greco, è stata considerata da Platone come forma di conoscenza diretta e immediata dell’idea, distinta e superiore rispetto al pensiero discorsivo (diànoia). Edmund Husserl all’inizio del novecento la concepisce come direzione verso l’oggetto (es. l’imma-ginare, il percepire, il ricordare), come aspetto soggettivo del proces-so intuitivo (Erlebnis), non contrapposta alla percezione e al giudizio, né al noema, che per il filosofo è connesso all’oggetto, considerato dal pensiero riflessivo nei suoi vari modi di essere dato (es. l’immaginare, il percepire, il ricordare). J. P. Guilford individua come caratteri del pensiero divergente la fluidità (facilità e ricchezza ideativa ed espressi-va), la flessibilità (capacità di cambiare presupposti e schemi interpre-tativi convenzionali), l’originalità (propensione a produrre idee e solu-zioni nuove). Stimolare la creatività vuol dire, per il sistema scolastico di una nazione, favorire la ricerca scientifica, le produzioni artistiche al fine di mantenere elevati gli standards nazionali sia sul piano della ricerca e dell’invenzione, sia su quelli dell’innovazione e della produt-tività culturale ed economica. Vuol dire però anche suscitare la moti-vazione intrinseca e superare l’omologazione ed il convenzionalismo nelle idee, nei gusti e nei consumi, che caratterizzano sempre di più la

società attuale, basata su una globalizzazione mediatica ed economica sempre più pressante. L’impostazione tradizionale della scuola italiana, talora rigida e rivolta alla ricerca del conformismo, alla competizione e all’adattamento sociale inconsapevole, ha ridotto il formarsi di com-portamenti critici e creativi. In termini di scelte didattiche concrete, per promuovere i comportamenti creativi, l’insegnante deve rispettare alcuni tra i seguenti principi:

- tollerare gli errori e renderli un fattore funzionale all’euristica del-la scoperta;

- non reprimere diversità e peculiarità degli studenti con le proprie idee;

- non presentare percorsi conoscitivi in sé conclusi; costruire itinera-ri di apprendimento aperti e flessibili;

- correre rischi conoscitivi;

- promuovere la ricerca e, partendo da interessi o problemi, stimola-re percorsi personali di pianificazione;

- finalizzare alla crescita integrale della persona il raggiungimento degli obiettivi disciplinari;

- gratificare i percorsi personali messi in atto dagli studenti.

13. Cultura

Sta ad indicare saperi, tradizioni, abitudini, credenze, atteggiamen-ti, valori, percezioni di ruoli, … presenti in una società, nei diversi periodi storici. Gli antropologi hanno svolto studi sul cambiamento culturale, che, in base ad essi, può verificarsi per innovazione o per diffusione. Secondo lo studioso astraliano britannico Grafton Elliot Smith, che limita il ruolo dell’inventiva umana nella cultura, le cul-ture cambiano facendo proprie le concezioni di altre culcul-ture. Broni-slaw Malinowski, nel saggio postumo Una teoria scientifica della cul-tura (1944), fa riferimento all’interpretazione tyloriana della culcul-tura, intesa come insieme complesso, trasformandola in un “tutto integra-to” in cui, in base ad una visione organicistica, ciascuna parte contri-buisce al buon funzionamento del tutto. Secondo la teoria funzionali-sta di Malinowski, ogni cultura simbolizza la totalità delle risposte che

la società dà ai diversi bisogni degli esseri umani, da quelli primari a quelli universali. Nel primo capitolo di Argonauti del Pacifico Occiden-tale, affrontando in modo nuovo il problema dell’identità della scien-za antropologica e facendo riferimento alle scoperte della lunga ricer-ca nell’arcipelago melanesiano delle Trobriand afferma: «Sono finiti i tempi in cui potevamo tollerare dei racconti che ci presentavano l’in-digeno come una caricatura distorta e infantile dell’essere umano: que-sta immagine è falsa e come tante altre menzogne è que-stata uccisa dalla scienza»21. J. Bruner nella sua ultima opera “La cultura dell’educazio-ne”, all’interno di una concezione psicobiologica, definisce la cultura

“superorganica”; gli “oggetti della mente” acquistano significato attra-verso un costante feedback tra processi di pensiero e sistema simboli-co, strutturato e partecipato dagli individui di una comunità. Secondo lui “fare significato implica situare gli incontri con il mondo nel loro contesto culturale appropriato al fine di sapere “di cosa si tratta in de-finitiva”. Benché i significati siano “nella mente”, hanno origine e rile-vanza nella cultura in cui sono stati rilevati. È questa collocazione cul-turale dei significati che ne garantisce la negoziabilità e in ultima ana-lisi la comunicabilità”22. In un’ottica più sociologica Bourdeau assimila la costruzione di significato ad una contrattazione all’interno di quelli che lui chiama “mercati simbolici”. La conoscenza, gli atteggiamenti, i comportamenti sono sempre il risultato di un modellamento di nuovi contesti, paradigmi e sistemi di comportamento che poi vengono tra-smessi alle generazioni successive. È chiaro che alcune diversità tra i soggetti possono far riferimento ai diversi sistemi ambientali e cultura-li del vissuto, in una visione sistemico relazionale dell’esistenza. Alfred Kroeber affermava negli anni ‘70: “se Bach fosse nato in Congo invece che in Sassonia non avrebbe potuto produrre nemmeno un frammen-to di corale o di sonata, anche se possiamo essere altrettanframmen-to certi che

21 B. Malinowski, Argonauti del Pacifico Occidentale. Riti Magici e vita quotidiana nella società primitiva, (1922) Edizione con Introduzione di Giancarlo Scoditti, Bollati Boringhieri, Torino 2004, pag. 20.

22 J. Bruner, La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1999, pag. 17.

avrebbe eclissato i suoi compatrioti in qualche altra forma musicale”23. Possono esistere tanti e diversi modi di costruire significato perché cia-scuno è portatore di un diverso sistema culturale, partendo da questo presupposto ha senso parlare di intercultura.

14. Digitalizzazione

Nel campo dell’elettronica e dell’informatica la digitalizzazione (dall’inglese digit, che significa cifra) sta determinando un costante ed inarrestabile passaggio verso elaborazioni di informazioni codificate come combinazioni di cifre binarie 0 e 1. Rappresentazioni artistiche, come le linee di un disegno o segnali sonori, che variano con continu-ità, analogicamente, vengono gradualmente mutate in unità discrete, attraverso convertitori analogici – digitali sempre più raffinati. Com-binazioni 0/1 e stati acceso/spento, sono regolati da nuovi medium/

macchine che rappresentano interfaccia ineliminabili della comunica-zione. Con il digitale, diceva qualche anno fa Marc Augé24, nasce gra-dualmente un altro universo, fatto di non luoghi, che, pur essendo tut-tavia percepiti dai nostri sensi come reali, non riusciamo pienamente a conoscere, né a controllarne gli effetti. Dice a questo proposito Evgeny Morozov, nel suo volume Contro Steve Jobs: Internet è ancora troppo gio-vane per produrre un forte sentimento di opposizione nei confronti delle applicazioni. Non abbiamo ancora sviluppato un’adeguata comprensione del cyber-spazio come “spazio”. È ragionevole pensare che differenti archi-tetture del mondo online diano vita a differenti esperienze estetiche, eppu-re ancora non conosciamo l’esatta natura di questa eppu-relazione, né sappiamo abbastanza del modo in cui il design e l’interconnessione delle piattaforme online influenzino la distribuzione di virtù civiche – come la solidarietà, l’uguaglianza o la flânerie, per menzionarne solo alcune – che vorremmo poter promuovere on line.25

23 A. L. Kroeber, Il superorganico, in Il concetto di cultura, a cura di Pietro Rossi, Einaudi, Torino, 1970.

24 M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a una nuova antropologia della submodernità, Eleuthera, 1993.

25 E. Morozov, Contro Steve Jobs, Codice Edizioni, Torino, 2012, pagg. 89, 90.

15. Educazione

Nell’era planetaria, caratterizzata dalla comunicazione globale e dal-la complessità, dal-la scuodal-la, oltre a riprodurre dal-la cultura attraverso dal-la co-noscenza di contenuti disciplinari ed interdisciplinari di appartenen-za, deve anche educare e, cosa ancor più importante, deve insegnare a conoscere e costruire l’uomo, come dice Edgar Morin,26 insegnare la condizione umana. Deve mettere al primo posto l’uomo, con le sue aspirazio ni, i bisogni eterni ed immutati e i bisogni contestuali al vis-suto storico-geografico d’appartenenza, al fine di far acquisire, non so-lo con te nu ti relativi ai saperi disciplinari, ma anche abilità nei proces-si volti a creare condizioni sempre più favorevoli per l’autoapprendi-mento. La “testa ben fatta” di cui parla Morin, è capace di apprendere e conoscere, insieme alla matematica, la complessità della Terra Patria.

Per raggiungere questa grande finalità, la scuola del futuro, oltre che di un bravo insegnante, ha bisogno di un bravo educatore, che scelga di formare anziché di plasmare e sappia realizzare il reciproco poten-ziamento dei termini della triade: cittadino, società, specie. Anche la teleologia ha un proprio rigore che occorre riscoprire; è espresso nella conoscenza delle potenziali scelte etiche, nella formazione nel sogget-to delle capacità di operare una scelta, ma anche nell’adesione piena e nella fedeltà alla scelta fatta, attraverso la coerenza tra pensiero, scel-ta e azio ne. Tale percorso, oggi quasi dimenticato, è forse alla base del disorienta men to delle giovani generazioni. In una società dove tutti corrono mossi dal pro prio particolare interesse personale e dove sembra non avere più rilevanza il bene comune, adolescenti e giovani talora non trovano neanche negli adulti credibili maestri. Osserva a questo proposito Luciano Corradini: “Come sul piano climato logico, in se-guito all’effetto serra, aumentano al sud le aree assolate e deserti che e al nord quelle piovose e franose, riducendo le zone temperate interme-die, così sul piano delle idee si tende a mettere in soffitta la saggezza, fatta di equilibrio, di rispetto, di virtus e di charitas, mentre aumen-tano da un lato il fondamentalismo teocratico e totalitario, dall’altro

26 E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Edi-tore, Milano, Milano, 2001.

l’indifferentismo religioso e l’amoralità. In altri termini crescono da un lato l’identificazione con l’autorità e con la divinità, fino al terrorismo omicida-suicida dei kamika ze, dall’altro la perdita d’autorità e d’inte-resse per il senso del mondo e per il bene comune, per concentrarsi sul proprio ombelico e su propri privati inte ressi”.27