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GLOSSARIO DELL’ALLEANZA EDUCATIVA 15
28. Modello formativo 35
Il nostro è l’“uomo poietico” generativo e produttivo, critico e creati-vo. Oltre che uomo della memoria, è uomo del proprio tempo, consa-pevole dei propri dinamismi, capace di discernere, decidere, scegliere.
Sa rispondere alla sfida omologante dei mass media, al loro nascosto invito all’alienazione trasgressiva, al coinvolgimento emotivo, alla per-dita di riflessività. Sa integrare in modo flessibile scienza e umanesimo, scienza e narrazione, superando la frammentazione del sapere e del vi-vere e, come sintetizza Lonergan, divenendo capace di “comprendere”
ed “essere”. I precedenti modelli di apprendimento non sono più ri-spondenti ai bisogni formativi di un soggetto al quale l’attuale società complessa chiede:
- di rinnovare e modificare messaggi e conoscenze, assumendole co-stantemente da diverse fonti;
- di interagire con la complessità e il cambiamento;
- di gestire l’assenza di direzione all’interno di una profonda crisi di va-lori, paradigmi e saperi;
- di giudicare, scoprire e produrre in modo autonomo, nuovo e crea-tivo.
Questo è possibile attraverso un’azione formativa scolastica che sappia unire il modello formativo latino ove è più forte una preparazione ba-sata su conoscenze umanistiche e il modello anglosassone di tipo in-duttivo, basato su una base esperienziale più presente nel DNA. Non
35 L. Salvucci, Verso un nuovo modello formativo, in Guidare la nuova scuola.
Materiale di autoformazione alla dirigenza scolastica, A.A.V.V. (a cura di Cesare Scurati), La Scuola, Brescia, 2002.
basta la conoscenza per saper “leggere” e “costruire” il presente. gna essere in grado di coniugare sapere, saper fare e saper essere. Biso-gna, come ha individuato J. Delors nel “Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale sul XXI secolo”, “imparare a conoscere”
e “imparare a fare”, passando dal concetto di abilità a quello di compe-tenza, ma soprattutto, “imparare ad essere” ed “imparare a relazionarsi con l’altro”, per raggiungere obiettivi comuni. È impossibile lo svilup-po del soggetto senza relazione:
la costruzione del sé è un processo sociale;
non vi è educazione senza relazione;
il modello di apprendimento collaborativo è più produttivo, di quello competitivo tradizionale;
la cultura non esiste senza negoziazione.
La conoscenza, intesa come padronanza di un sapere più o meno spe-cifico, correlandosi alla competenza, fare, o “conoscenza in azione”
(Schon 1993), consentirà all’alunno di fornire senso al contesto socio relazionale del “vissuto”. Attraverso questo approccio “ecologico con-creto” il bambino, l’adolescente e il giovane sapranno governare, mo-dellare e monitorare l’influsso dei diversi sistemi ambientali esterni, compreso quello massmediale, potranno divenire autonomi e critici, integrando sistemi ambientali interni ed esterni e rapportandoli alla modificabilità e alla crescita consapevole del soggetto conoscente che diverrà “crescita globale della persona”.
29. Moralità
Consiste nel rispettare le norme dell’agire individuale e sociale stabilite dalla società di appartenenza, evitando comportamenti contrari ai bi-sogni della maggioranza e lesivi della sensibilità altrui. Gli esperti, nel definire il termine morale, fanno riferimento alla progressiva riduzio-ne di comportamenti antisociali e al potenziamento di atteggiamenti e comportamenti pro sociali o altruistici. Le diverse ricerche in questo ambito fanno riferimento alle diverse concezioni della natura umana e della società. Gli studi sullo sviluppo della moralità si possono sud-dividere in modelli di acquisizione e modelli di crescita. In base ai
pri-mi la moralità viene appresa attraverso il rinforzo e gli individui inte-riorizzano, monitorano e consolidano, per mezzo di un meccanismo di identificazione e imitazione, abitudini, valori, motivazioni di colpa, vergogna, ecc…. (J. Aronfreed, 1976). Secondo gli studi sul model-lo di crescita, alla base della trasformazione della morale vi è il ragio-namento morale, che consente al soggetto di acquisire, comprendere e rendere significative regole e norme. L. Kohlberg (T. Likona 1976), nella sua ricerca longitudinale, fatta su soggetti maschili dai 10 ai 16 anni, che copre venti anni dello sviluppo del loro pensiero, ha indivi-duato sei stadi di sviluppo di tale ragionamento. Lo stadio più elevato ed etico di moralità viene raggiunto solo da una minoranza della po-polazione. In questo caso la moralità, concepita come giustizia è di-stinta dalle considerazioni convenzionali e funge da parametro in base al quale il soggetto determina i propri atteggiamenti e comportamenti e diviene capace di valutare la moralità del sistema normativo conven-zionale della società di appartenenza. Il codice penale censura una se-rie di comportamenti contro la moralità pubblica (es. violenza carna-le, atti osceni contrari alla pubblica decenza, ecc…) non conformi ai principi dell’agire giusto ed onesto.
30. Multimedialità
L’esperienza del virtuale rivela implicazioni sul piano cognitivo e co-municativo relazionale. Le nuove generazioni, soprattutto di sesso ma-schile, appaiono più motivate nei confronti del sapere scientifico-tec-nologico e preferiscono strumenti di sintesi delle conoscenze. Nella produzione scritta ed in quella orale, le strutture espositive sono dive-nute più pragmatiche, ed immediate: gli studenti producono con fati-ca dissertazioni, mentre prediligono itinerari didattici nuovi, all’inter-no di progetti di ricerca e rappresentazioni del sapere basate su schemi e mappe concettuali o su strumenti multimediali; la rete è divenuta un importante mediatore didattico ed educativo. Stefano Cacciamani, nel descrivere le diverse possibilità di utilizzo delle nuove tecnologie, e nel-lo specifico della rete, nei processi di insegnamento-appren di mento, indica cinque diverse direzioni: la rete come ipertestualità, come
pos-sibilità di utilizzo di codici multipli, come nuova modalità di organiz-zazione della conoscenza, come possibilità di accesso a fonti multiple di conoscenza, come nuova forma di cooperazione tra diversi attori e diverse comunità.36 Tutto questo rende quella della didattica informa-tica una delle dimensioni fondamentali della formazione docente che, come rileva Pier Cesare Rivoltel la37, riguarda tre ambiti:
1) l’alfabetizzazione, che chiede alla scuola di insegnare a leggere, scrivere e produrre in modo multimediale;
2) la riflessione culturale, che riguarda la dimensione “filosofica”
delle tecnologie;
3) il contesto educativo, che prevede un sistema scuola in cui i media non sono una finestra, ma diventano parte determinan-te dell’ambiendeterminan-te di istruzione e formazione.
È importante che la multimedialità percorra trasversalmente le disci-pline d’in se gnamento, per questo occorre che i futuri docenti maturi-no competenze in for ma tiche nella progettazione della didattica, nella costruzione di cono scen ze e negli interventi educativi.
31. Orientamento
L’attività di orientamento ci coinvolge tutti, nei diversi ruoli, familiari e professionali e ci accompagna per l’intera esistenza, dando un senso alle nostre scelte e alle nostre azioni. Come diceva il filosofo francese Jean Paul Sartre, ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere. È nell’azione educativa con giunta della famiglia e della scuola che si av-viano gli orizzonti etici entro i quali maturare la capacità di scelta e in-dividuare una misura per l’agire.
Orientare: Perché A) Alunni
1) Per dare gli strumenti metodologici che consentono
l’au-36 S. Cacciamani, La rete nuovo mediatore della conoscenza, in P. G. Rossi (a cura di), Didattica multimediale in rete, Morlacchi Editore, Perugia, 2004, pag. 43.
37 P. C. Rivoltel la, Media Education e scuola di base, Dirigenti scuola, n. 8, luglio-agosto, 2003, pag. 31.
toapprendimento continuo nel corso della vita.
2) Per dare le capacità personali di assumere principi etici di azione e di scelta.
3) Per mettere in atto strategie positive di problem posing e problem solving.
4) Per raggiungere finalità legate alla crescita e divenire forma-tori di sé stessi.
B) Famiglie
1) Per conoscere il POF e condividere con la scuola metodi e scelte educative.
2) Per documentarsi sulle recenti riforme scolastiche.
3) Per interagire con la scuola e soddisfare i bisogni di crescita dei figli.
4) Per approfondire aspetti della società e dell’organizzazione scolastica.
Orientare: Quando A) Alunni
1) Sempre attraverso esperienze spontanee, con l’obiettivo di contribuire al pro cesso di orientamento informale.
2) Nelle classi terminali dei diversi gradi scolastici, attraverso azioni intenzionali volte a sviluppare metodo orientativo e comportamenti di cittadinanza responsabile.
3) Nei momenti di difficoltà, aumentando l’autostima e fina-lizzando l’apprendi mento alla crescita personale.
B) Famiglie
1) Azioni orientative specifiche in relazione a scelte ottimali da effettuare, insieme ai figli, nel passaggio fra i diversi gra-di scolastici.
2) Azioni orientative generali per la condivisione di strategie educative tra scuola e famiglia.
3) Azioni orientative volte all’arricchimento personale e al mi-glioramento della qualità della vita.
L’orientamento è efficace se
a) Accoglie, accompagna, insegna. Rende piacevoli, stimolan-ti e gioiose le atstimolan-tività scolasstimolan-tiche.
b) Favorisce un rapporto costruttivo tra soggetto e ambiente:
orienta mento primario o di posizione.
c) Promuove abilità comunicative, cognitive, metacognitive, aiutando i giovani ad affrontare meglio il loro futuro.
d) Consolida le capacità di assumere comportamenti e atteg-giamenti volti al raggiungimento di una meta, promoven-do lo sviluppo positivo del soggetto: orientamento verso una meta.