• Non ci sono risultati.

QUESTIONE CASA E STRATEGIE PER L’ABITARE

2.1 Crisi abitativa a livello globale

66

del termine “crisi abitativa” sarebbe in quest’ottica frutto delle esperienze dei proprietari di case borghesi e degli investitori, che hanno affrontato instabilità immobiliare dopo l’implosione finanziaria del 2008.7

Sia che la crisi immobiliare sia una recente “reinvenzione” ad opera di una particolare classe sociale, sia che si tratti di un fenomeno che da sempre ha caratterizzato le fasce più deboli della popolazione, è chiaro che ci troviamo in un’era di forte disuguaglianza per quanto riguarda l’acceso alla casa ed è utile in questo contesto indagarne le cause e ipotizzare orizzonti possibili di intervento.

2.1.1 CONFLITTO ORIGINARIO TRA ABITAZIONE COME CASA E ABITAZIONE

COME BENE IMMOBILIARE

Secondo David Madden e Peter Marcuse, autori del testo In Defense of Housing.

The Politics of Crisis, edito da Verso Books nel 2016, la crisi abitativa non è altro

che il risultato prevedibile di uno sviluppo spaziale basato sul sistema capitalistico. Caratteristica fondamentale di quest’ultimo è che l’alloggio non è prodotto e distribuito al fine di garantire un’abitazione degna per tutti ma per diventare una merce per arricchire pochi. La crisi degli alloggi non è, pertanto, il risultato della rottura del sistema, ma del sistema che funziona come previsto.

Vi è quindi alla base della crisi abitativa un conflitto, una contraddizione originaria, tra l’abitazione intesa come uno spazio sociale e di vita e l’abitazione intesa come uno strumento di profitto, tra l’abitazione come casa e l’abitazione come bene immobiliare. La subordinazione dell’uso sociale delle abitazioni al loro valore economico può essere definita, secondo Madden e Marcuse, “mercificazione” del sistema abitativo. Nell’era contemporanea può essere difficile concepire un sistema abitativo che non sia governato dal modello della mercificazione. Tuttavia, nella storia degli insediamenti umani, questo fenomeno è relativamente nuovo. È solo a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo che l’alloggio diventata un bene liquido e il settore immobiliare un colosso globale e aziendale. Questo processo non è mai stato di carattere puramente economico ma ha sempre avuto dimensioni sociali e politiche, ed in particolare l’operato dei governi è stato fondamentale per far perdere la bilancia o a favore o contro la mercificazione dell’housing.

Attualmente il tema della casa è fortemente dominato dal settore immobiliare come mai lo è stato nel corso della storia. Madden e Marcuse definiscono il fenomeno odierno e i suoi modi estremi “iper-mercificazione”: il valore degli alloggi dipende dal loro valore commerciale e non da quello sociale come bene primario e fondamentale per l’uomo.

All’interno del modello di iper-mercificazione, tutte le strutture materiali e legali legate all’abitare - terra, edifici, diritti di proprietà - sono trasformate in merci. La capacità

2

67

come un edificio funzioni nei circuiti di accumulazione economica. Ne consegue una crescente disuguaglianza nella possibilità di accesso ad un alloggio degno. Al giorno d’oggi l’housing e l’urbanizzazione sono diventati centrali nell’economia globale. In molti posti il settore immobiliare è diventato più redditizio e importante dell’industria e lo stesso Henri Lefebvre8 affermava, già dal 1970, quanto fosse malsana questa

situazione.

2.1.2 CONSEGUENZE DELLA IPER-MERCIFICAZIONE E POSSIBILI SOLUZIONI

La prima ovvia conseguenza del modello della iper-mercificazione è che le abitazioni funzionano come una merce: oggi in misura maggiore che mai le abitazioni sono beni di super lusso, prodotti per investimenti più che case per persone reali. Nei quartieri più costosi del mondo gli edifici di lusso proliferano in modo sproporzionato rispetto alle reali necessità abitative e i super-ricchi possiedono enormi quantità di beni immobili, molti dei quali sono utilizzati esclusivamente per gli investimenti. La maggior parte di queste abitazioni sono, infatti, disabitate. A Londra, le aree con forti concentrazioni di abitazioni cosiddette super-prime mancano di traffico pedonale o altri segni di vita e le imprese locali faticano a rimanere aperte.9

Ancora, mentre facilita la sovra-accumulazione del lusso per i ricchi, l’iper- mercificazione degli alloggi porta a nuove forme di inaccessibilità e instabilità per tutti gli altri. Uno studio internazionale ha rilevato che le pressioni della domanda derivanti dalla deregolamentazione finanziaria – una delle cause della iper-mercificazione secondo Madden e Marcuse - possono tradursi in aumenti dei prezzi delle case di circa il 30%.10 I mercati globalizzati e deregolamentati sono instabili e soggetti a

oscillazioni di prezzo selvagge, contribuendo prima alle bolle e successivamente ai crolli finanziari.11 Tutto questo mentre l’edilizia pubblica e la regolamentazione degli

affitti, gli spazi della de-mercificazione parziale, stanno scomparendo.

Infine, la gentrificazione è una delle gravi conseguenze della mercificazione degli alloggi. Anzi è il business plan di chi li compra.12 Quando le abitazioni vengono

comprate supponendo che possano essere trasformate in liquidità, si cerca di sfruttarle economicamente al massimo, ottenendo la maggiore rendita possibile. E quando un edificio non è economicamente performante viene riorganizzato per generare più entrate, sfrattando inquilini non sufficientemente facoltosi e inserendovene di nuovi in grado di far fruttare il bene.

Il problema di rendere l’alloggio una merce è che, in quanto tale, lo spazio abitativo è distribuito in base al potere d’acquisto e fornito nella misura in cui produce un profitto. Ma il potere d’acquisto è ineguale mentre la necessità di un posto dove vivere è universale. Disuguaglianza e crisi abitativa, pertanto, saranno sempre il risultato di un sistema abitativo guidato dalla logica della iper-mercificazione.13

8 Henri Lefebvre, La Révolution urbaine,

Parigi, Gallimard, 1970 (tr. Gioia A., Roma, Armando, 1973).

9 Richard Webber, Roger Burrows, “Life

in an Alpha Territory: Discontinuity and Conflict in an Elite London ‘Village’”, Urban Studies, 2015.

10 Dan Andrews, Aida Caldera Sánchez,

Åsa Johansson, “Housing Markets and Structural Policies in OECD Countries,” OECD Economics Department Working Papers, 2011; Nick Bailey, “Deregulated Private Renting: A Decade of Change in Scotland,” Netherlands Journal of Housing and the Built Environment, 1999; David G. Green, Daniel Bentley, “Finding Shelter: Overseas Investment in the UK Housing Market”, London: Civitas, 2014 (citati in David Madden, Peter Marcuse, 2016).

11 Michael McCord, Stanley McGreal,

Jim Berry, Martin Haran, Peadar Davis, “The Implications of Mortgage Finance on Housing Market Affordability” International Journal of Housing Markets and Analysis, 2011.

12 Madden, Marcuse, op. cit. 13 Madden, Marcuse, op. cit.

68

Tuttavia la situazione al problema degli alloggi non può essere arrendersi a quest’ultima né tanto meno il moralismo: esortare le società immobiliari a scopo d lucro ad agire in modo diverso nel nome della creazione di un sistema abitativo meno vizioso è inutile poiché la crisi abitativa non è il risultato di avidità o disonestà ma deriva dalla logica strutturale dell’attuale sistema abitativo stesso.

La soluzione al problema, dunque, può arrivare soltanto attraverso la creazione di alternative all’attuale sistema abitativo basate su uno sviluppo residenziale che operi al di fuori dalla logica della iper-mercificazione. «Lungi dall’arrestare nuove costruzioni, le città hanno bisogno di più nuove abitazioni de-mercificate, come abitazioni pubbliche o cooperative» [TdA] («Far from stopping new construction, cities need more new decommodified dwellings, such as public or cooperative housing»).14

2

69

Il tema della casa costituisce una delle questioni di maggior rilievo anche in Italia, la quale, come altri paesi, è caratterizzata da un’espansione del disagio abitativo che non riguarda più soltanto la parte più debole di popolazione ma si è esteso a tutti questi soggetti che hanno subito negli ultimi anni un progressivo impoverimento, ed in particolare la cosiddetta “fascia grigia” di popolazione, corrispondente al ceto medio. L’attuale condizione di disagio abitativo è conseguenza di una serie di fattori che hanno lavorato in modo congiunto. La crisi mondiale del 2007, che ha inciso profondamente sul sistema economico italiano riducendone le capacità produttive e modificandone la struttura, ha aggravato una condizione preesistente già precaria, risultato di una politica abitativa nazionale arenatasi a partire dagli anni novanta che ha provocato una grave carenza di alloggi sociali disponibili ed una diminuzione degli alloggi in locazione, sia di tipo pubblico che privato, che è andata a gravare in particolar modo su un target di popolazione (le famiglie in affitto) maggiormente impoverito dalla crisi economica.

A questi due fattori si aggiunge un cambiamento delle famiglie, in parte imputabile alla crisi economica, che ha prodotto nuovi bisogni che il sistema abitativo italiano, troppo rigido ed inibente, non è in grado di accogliere, impedendo in tal modo sia la risoluzione del tema casa in sé, sia una crescita sociale oltre che economica del paese.

2.2.1 CRISI ECONOMICA E QUESTIONE ABITATIVA

La crisi mondiale del 2007 è iniziata come crisi finanziaria che ha avuto origine dai mutui per l’acquisto dell’abitazione, è diventata crisi economica nel 2008 provocando la chiusura delle imprese e la riduzione dei posti di lavoro e si è trasformata, in ultima analisi, in crisi sociale poiché la diminuzione della ricchezza di individui e famiglie ha peggiorato le loro condizioni di vita e le ha esposte maggiormente a rischio di povertà.

Sebbene a tale fenomeno sia imputabile la diminuzione del benessere, economico ma anche sociale, del paese, bisogna sottolineare che la crisi si abbatte su un paese il cui sistema economico da tempo mostrava limitate capacità di crescita: fin dalla seconda metà degli anni novanta il PIL dell’Italia cresce meno che negli altri paesi OCSE, le imprese faticano a mantenere la propria competitività sui mercati internazionali, la domanda interna non ha dinamiche particolarmente brillanti, e il paese si mostra incapace ad adattarsi alle mutate condizioni del sistema economico mondiale.15

Con un sistema economico già in difficoltà la crisi ha effetti violenti e un impatto travolgente, che va a colpire un paese già piuttosto disomogeneo, divaricandone ulteriormente le storiche dinamiche territoriali.