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Crisi economica e democrazia locale nell’ordinamento spagnolo

E LE MODIFICHE RELATIVE ALLA CONFIGURAZIONE DEGLI ORGANI DELLE AUTONOMIE LOCALI

7. Crisi economica e democrazia locale nell’ordinamento spagnolo

Anche nell’ordinamento iberico, in seguito alla crisi economica, le esigenze di riduzione della spesa hanno indotto il legislatore statale ad effettuare alcuni interventi in materia di democrazia locale.

Anzitutto, attraverso la Ley orgánica n. 2 del 2011 è stato modificato l’art. 179 della Ley orgánica n. 5 del 1985, di disciplina generale della materia elettorale, relativo al numero di consiglieri comunali da eleggere nei comuni a secondo della rispettiva consistenza demografica: rispetto al testo originario in cui si prevedeva che i comuni con popolazione fino ai 250 avrebbero eletto 5 consiglieri, è stata ora introdotta una nuova fascia per i comuni fino a 100 abitanti, chiamati ora ad eleggere solamente 3 consiglieri comunali. Considerate

le ridottissime dimensioni della media dei comuni spagnoli, quella che ad una prima vista sembrerebbe una previsione del tutto marginale è, invece, destinata

ad impattare su ben 1.192 comuni153, determinando l’elezione di 2.384

consiglieri in meno rispetto agli attuali.

Parallelamente, la Ley orgánica n. 27 del 2013 di riforma della Ley de bases

del Regimen Local è intervenuta riformando drasticamente la disciplina delle

cosiddette Entidad de ámbito territorial inferior al municipio (riconducibili alle nostre circoscrizioni di decentramento comunale, seppur dotate di maggiori poteri), in precedenza disciplinati all’art. 45 ed ora all’art. 24–bis. La novità principale è data dal fatto che essi, comunque denominati154, per espressa previsione in tal senso della legge organica, non avranno più personalità giuridica autonoma e distinta da quella del comune e non dovranno più dotarsi necessariamente di un organo esecutivo eletto direttamente e di un consiglio formato da un minimo di rappresentanti. D’altra parte, il comma 3 del nuovo art. 24–bis dispone che nuovi ambiti inframunicipali potranno essere costituiti solamente qualora siano ritenuti funzionali ad una gestione amministrativa decentrata più efficiente, nel rispetto dei principi stabiliti alla ley orgánica n. 2 del 2012 in materia di stabilità di bilancio e sostenibilità finanziaria. Tali previsioni, tuttavia, si applicheranno esclusivamente ad ambiti costituiti dopo l’entrata in vigore della legge organica e che non abbiano già avviato il procedimento di istituzione155: quelli già esistenti continueranno, infatti, a mantenere la personalità giuridica e lo status di ente locale, essendo tuttavia tenuti, a partire dal 31 dicembre 2014, a presentare i bilanci all’organi

153 In base ai dati del censimento comunale al 1° gennaio 2013 svolto dalla Istitudo Nacional de Estadística, questo è l’ammontare dei comuni con popolazione residente fino a 100 abitanti.

154 In base al dettato dell’art. 45, oggi trasposto nell’art. 24-bis, gli ambiti territoriali inferiori al municipio possono assumere le denominazioni di «frazioni, parrocchie, villaggi, quartieri, borghi, consigli, distretti» o qualunque altra denominazione prevista dalla legge.

155 Tale eccezione è stata disposta dalla V disposizione transitoria della Ley orgánica n. 27 del 2013.

competenti in materia dello Stato e della comunità autonoma di appartenenza, pena l’avvio del procedimento di dissoluzione dell’ambito o, al più, il suo mantenimento come semplice circoscrizione di decentramento comunale e

conseguente subentro del comune in tutti i suoi rapporti giuridici156.

Con l’intervento normativo di fine 2013, dunque, si instaura un duplice regime giuridico degli «Ambiti territoriali inferiori al municipio»: quelli antecedenti alla riforma continueranno a avere personalità giuridica e potranno continuare ad essere qualificati come enti locali solamente se dimostreranno annualmente di raggiungere adeguati livelli di efficenza e stabilità finanziaria; quelli la cui istituzione sarà, invece, avviata a partire dal 1° gennaio 2014 assumeranno essenzialmente lo status di circoscrizioni di decentramento comunale: per quanto una simile degradazione non possa essere contestata sotto un profilo di legittimità costituzionale dal momento che la Carta garantisce esclusivamente i margini di autonomia di comuni, province e comunità autonome, non si può non essere critici rispetto al principio di eguaglianza e non discriminazione: se, infatti, nulla osta ad una soppressione di tali ambiti, alcuni dubbi rimangono circa la permanenza di un duplice regime differenziato a tal punto in ragione del differente momento istitutivo.

8. Conclusioni

Al termine dell’analisi condotta, è opportuno svolgere alcune considerazioni conclusive in chiave comparata sugli interventi normativi effettuati nei due ordinamenti.

In primo luogo, sul tema dell’impatto sulla democrazia locale, notiamo come il legislatore italiano sia intervenuto con previsioni di carattere maggiormente restrittivo rispetto a quello spagnolo: l’entità della riduzione del

156 Tali previsioni sono contenute nella IV disposizione transitoria della Ley orgánica n. 27 del 2013.

numero dei componenti dei consigli e delle giunte comunali, provinciali e regionali non è lontanamente comparabile con l’intervento del legislatore organico spagnolo che si è limitato a ridurre il numero dei consiglieri solamente nei comuni di piccolissime dimensioni e a non modificare il numero dei componenti delle Deputaciones provinciales.

L’impatto di tali previsioni risulta peraltro ulteriormente aggravato dal fatto che il legislatore ha previsto contestualmente, accanto all’indebolimento degli organi di democrazia locale dei comuni, un notevole rafforzamento dell’apparato funzionale dei medesimi in seguito al riordino delle province.

Sul tema del decentramento comunale, si registrano interventi particolarmente incisivi in entrambi gli ordinamenti che partono, tuttavia, da situazioni differenti: se nell’ordinamento spagnolo, tali livelli istituzionali erano qualificati come veri e propri enti locali dotati di propria personalità giuridica, per quanto non costituzionalmente garantiti, nel sistema italiano si è sempre trattato esclusivamente di circoscrizioni di decentramento comunale con poteri di carattere partecipativo e consultivo. Le esigenze di contenimento della spesa pubblica hanno, dunque, indotto i legislatori dei due paesi a tagliare nettamente tali livelli rappresentativi, concepiti più come un lusso, piuttosto che come preziose istanze di democrazia partecipativa locale in grado di avvicinare efficacemente l’amministrazione al cittadino.

Quanto al tema, ben più complesso delle province157, possiamo notare

come in Italia e in Spagna si stiano effettuando due percorsi che, partendo da situazioni decisamente differenti, stanno progressivamente convergendo: se in

157 Nonostante l’obiettivo principale del riordino delle province fosse il conseguimento di significativi risparmi di bilancio la relazione tecnica allegato al d.d.l. di conversione del decreto legge n. 201 del 2011, all’art. 23, precisa che i risparmi connessi al riordino delle province sono esclusivamente connessi alla riduzione di cd. costi della politica e quantificabili in circa 65 milioni di euro l’anno a partire dal 2013. Invece, la relazione tecnica annessa al d.d.l. di conversione del decreto legge n. 95 del 2012, all’art. 17, afferma che, trattandosi di norma procedurale, «non è al momento possibile quantificarne gli effetti finanziari».

Italia le previsioni del legislatore hanno impattato molto più sull’assetto istituzionale delle province di quanto non sia avvenuto in materia di funzioni – non più limitate al solo indirizzo e coordinamento delle funzioni comunali –, in Spagna è sul tema delle funzioni che si è intervenuti con maggiore incisività, in chiave suppletiva rispetto ad un tessuto comunale che spesso mostra particolari carenze nel garantire l’efficace esercizio di funzioni ad esso demandate, senza, tuttavia, disporre una contestuale democratizzazione degli organi di

democratizzazione degli organi di governo provinciali158. Entrambi gli interventi

normativi presentano, pertanto, agli occhi della maggioranza dei commentatori significativi difetti di razionalità e coerenza e, senza dubbio, saranno oggetto di

(ulteriori, nel caso italiano) impugnative dinnanzi ai giudici costituzionali159 che

saranno chiamati e valutarne la sostanza e ad affermare se una situazione di crisi economica può legittimare interventi istituzionali a livello locale destinati ad ridefinire in modo sostanziale il profilo istituzionale di alcuni livelli di governo locale.

158 Il problema è sollavato, in particolare, da A.GALÁN GALÁN; Racionalización y sostenibilidad de la Administración local: ¿es esta la reforma?, op.cit., p. 16.

159 Il PSOE ha annunciato l’intenzione di sollevare la questione di legittimità costituzionale della Ley n. 37 del 2013. FONTE: http://www.desdesoria.es/?p=74515.

Capitolo 2