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La nuova disciplina dei controlli esterni: verso un modello di tipo sanzionatorio?

CRISI ECONOMICA E CONTROLLI SUGLI ENTI LOCALI

2. I controlli sugli enti locali nell’ordinamento italiano

2.1 Il sistema dei controlli locali dalle riforme degli anni ’90 al nuovo titolo V

2.2.2 La nuova disciplina dei controlli esterni: verso un modello di tipo sanzionatorio?

Nell’affrontare il tema dei controlli esterni è opportuno premettere che l’assenza di sanzioni nel sistema previgente ha prodotto alcune valutazioni sfavorevoli sia in generale nei confronti dell’autonomia locale e regionale, sia in riferimento ad un sistema di controlli delineati in chiave collaborativa che, nonostante le osservazioni della Corte di conti, non vedeva gli organi di governo fare seguito alle osservazioni trasmesse.

Passando all’analisi delle novità normative in tema di controlli esterni e, specificatamente, delle modalità con cui negli ultimi anni si è proceduto ad un loro sostanziale rafforzamento, è opportuno anzitutto far riferimento ad una previsione contenuta all’art. 11 della legge n. 15 del 2009 che già gettava le basi per un ampliamento delle prerogative della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni statali, riconoscendo ad essa competenze in materia di controlli sulle gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento, anche su richiesta delle Commissioni parlamentari, al fine di segnalare «irregolarità gestionali o gravi deviazioni da obiettivi procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme,

nazionali o comunitarie, ovvero da direttive del Governo»23 e da cui potrebbe

conseguire la sospensione dei programmi coinvolti (su decisione del ministro competente) o, in alternativa, la comunicazione alla Corte dei conti delle ragioni che determinano l’impossibilità di ottemperare ai rilievi sollevati. Ciò

che rileva maggiormente in questa sede, tuttavia, è rappresentato dal fatto che il successivo comma 3 prevede che tali previsioni possano essere applicate da parte della sezioni regionali di controllo della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni locali (oltre che regionali) e che i poteri spettanti al ministro nell’ambito delle attività di controllo sulle amministrazioni statali, sono in questo caso demandati agli organi di governo degli enti locali.

Attraverso tali previsioni, per quanto non si possa ancora affermare che siano reintrodotti nel nostro ordinamento controlli di tipo sanzionatorio, va invece rilevato il ripristino di controlli aventi ad oggetto essenzialmente gli atti adottati da un livello di governo e non più l’attività posta in essere dallo stesso nel suo complesso.

Come menzionato in apertura di questo lavoro, l’introduzione di nuovi vincoli per la finanza pubblica, anche di derivazione europea, ha dato sostanzialmente la stura a tutti i provvedimenti di modifica in senso rafforzativo del sistema controlli esterni con un cambio di approccio che, sotto molti punti di vista, lascia non pochi dubbi circa la sua incompatibilità con il dettato costituzionale.

In prima battuta, già il d.lgs. n. 149 del 2011 di attuazione di parte della legge delega n. 42 del 2009 in materia di cd. federalismo fiscale, aveva previsto all’art. 5 che il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale delle Stato potesse attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo–contabile qualora un ente si fosse reso responsabile di ripetuti utilizzi dell’anticipazione di tesoreria; disequilibri consolidati della parte corrente del bilancio; anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi. Inizialmente si prevedeva che le modalità operative di tale tipologia di controllo fossero disciplinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e che si dovessero esercitare anzitutto sui comuni capoluogo di provincia. In seguito

alle modifiche apportate dal d.l. n. 174 che ha abrogato quest’ultima previsione, è stata introdotta la possibilità che il Ministero dell’economia e delle finanze comunichi gli eventuali squilibri degli enti locali alla sezione regionale di

controllo della Corte dei conti competente per territorio24.

Tuttavia, le vere novità in materia di controlli esterni sono determinate dalla completa riscrittura dell’art. 148 del TUEL – che in precedenza riconduceva le attività di controllo esterno svolte dalla Corte dei conti essenzialmente al controllo sulla gestione, rinviando alla legge n. 20 del 1994 – e dall’inserimento ex novo dell’art. 148–bis, relativo al rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali.

Tra i due, è all’art. 148–bis che sono contenute le previsioni che maggiormente rientravano già nelle prerogative della Corte dei conti, venendo in questa caso sostanzialmente trasposti i contenuti dell’abrogato art. 1, comma 168, della legge n. 266 del 2005, relativo alle competenze della magistratura contabile in materia di rispetto del patto di stabilità interno. In base alle nuove previsioni, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono chiamate ad analizzare i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali con cadenza annuale per la verifica del rispetto del patto di stabilità interno, della sostenibilità dell’indebitamento e dell’assenza di irregolarità (co. 1), avendo altresì riguardo che i rendiconti tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate cui è affidata la gestione di servizi pubblici (co. 2). In caso di accertamento di squilibri economico–finanziari, di mancata copertura delle spese, di irregolarità nella gestione finanziaria, gli enti interessati hanno l’obbligo di adottare, entro 60 giorni, i provvedimenti conseguenti al fine di sanare le irregolarità e ristabilire l’equilibrio: in caso contrario o qualora i

24 Con la sent. n. 219 del 2013 è stata dichiarata, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011. Maggiori osservazioni sul punto saranno svolte nella parte conclusiva di questo paragrafo.

provvedimenti adottati non dovessero essere ritenuti soddisfacenti da parte della sezione regionale della Corte dei conti che è tenuta a valutarli entro 30 giorni, «è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria»25.

Al novellato art. 148 troviamo, invece, una nuova tipologia di controllo esterno concernente il funzionamento dei controlli interni e la regolarità della gestione che si effettua, con cadenza semestrale, sulle province e sui comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti, previa trasmissione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti da parte del vertice dell’ente – eventualmente coadiuvato dal direttore generale, ove presente o dal segretario – di un referto, redatto in base alle linee guida deliberate dalla sezione autonomie della Corte stessa. L’eventuale rilevata assenza o inadeguatezza dei controlli interni o l’irregolarità delle gestioni certificate dalle sezioni di controllo determinano l’adozione di una sanzione che, in questo caso, si connota in modo del tutto particolare, essendo comminata non dalla stessa sezione di controllo, bensì dalla sezione giurisdizionale regionale, rivolta agli stessi amministratori responsabili e consistente in una condanna ad una sanzione pecuniaria di entità da cinque a venti volte la retribuzione mensile lorda della retribuzione percepita al momento della commissione della violazione.

Come è possibile notare, il trait d’union delle norme contenute nei due articoli appena illustrati è rappresentato dall’introduzione di un modello di controllo esterno sugli enti locali che assume natura sanzionatoria, introdotto sulla scorta della imperante sfiducia che ha caratterizzato i controlli di tipo collaborativo e in vista dell’esigenza di vigilare maggiormente sul rispetto degli equilibri finanziari da parte degli enti.

In particolare, se nell’ambito dell’art. 148–bis i nuovi controlli sanzionatori sugli enti locali si sviluppano totalmente al di fuori dal circuito del controllo politico e riguardano strettamente l’attività posta in essere dall’amministrazione, con eventuale preclusione dei programmi di spesa privi di copertura o insostenibili dal punto di vista finanziario, l’art. 148 introduce un sistema di controlli i cui esiti si riverberano in sanzioni comminate dalle sezioni giurisdizionali nei confronti degli amministratori responsabili. Se, dunque, nel primo caso si riconosce alla Corte dei conti un potente strumento interdittivo, nel secondo, un’attività svolta da sezioni di controllo rappresenta il presupposto giuridico che legittima in via automatica l’irrogazione di una sanzione da parte delle sezioni giurisdizionali nei confronti degli amministratori coinvolti, ponendo in questo modo nuovamente all’attenzione il tema del complesso rapporto tra titolarità contestuale di funzioni di controllo e di funzioni giurisdizionali da parte della Corte dei conti.

Una simile inversione di tendenza in materia di controlli esterni desta non poche perplessità sia sotto il profilo del merito sia sotto il profilo della legittimità costituzionale. Dal primo punto di vista, le recenti novità legislative rappresentano la diretta conseguenza della grande debolezza e delle sfiducia con cui sono percepiti i controlli di tipo collaborativo, troppo spesso incapaci di produrre conseguenze concrete, anche in ragione del fatto che gli esiti si sviluppano esclusivamente sul fronte politico, producendo assai di rado effetti concreti. Abbracciare completamente una simile tesi sarebbe, peraltro, tanto errato quanto semplicistico: è, infatti, assolutamente possibile che sistemi di controlli esterni sanzionatori si possano rivelare del tutto inefficaci, mentre sistemi di controlli collaborativi potrebbero realmente essere in grado di raggiungere gli obiettivi per i quali sono introdotti: un simile punto di partenza non dovrebbe, pertanto, essere ignorato da un legislatore che opera nell’ambito

di un quadro istituzionale fortemente orientato allo sviluppo ed alla tutela dell’autonomia politica degli enti territoriali. Il piano politico su cui si sviluppano i controlli di natura collaborativa impone, infatti, che gli organi destinatari delle risultanze di tale attività siano portatori di un interesse concreto ad adottare misure conseguenti a carattere sanzionatorio nei confronti dell’organo esecutivo dell’ente, interesse che viene in parte meno laddove, come nel nostro sistema, la sfiducia nei confronti della giunta determina l’automatico scioglimento del consiglio.

Nella piena consapevolezza della particolarità che caratterizza il sistema politico italiano, il meccanismo del simul stabunt, simul cadent rappresenta probabilmente una clausola efficace nel garantire la stabilità dei governi locali e regionali che, prima della sua introduzione, erano spesso di breve se non di brevissima durata. In questo quadro, per quanto la stabilità degli organi di governo non possa essere considerata automaticamente come sinonimo di buon governo, si ritiene che l’inefficacia dei controlli esterni collaborativi sia da attribuire anche a problemi attinenti la cultura politica del nostro Paese, tendente ancora a concepire tale attività secondo l’accezione francese del

contrôle, volto alla verifica della regolarità della funzione, piuttosto che quella

inglese del control, come giuda e direzione dell’azione amministrativa. Solamente in seguito ad una trasformazione culturale di questo tipo, molte delle opposizioni politiche presenti nei consigli degli enti territoriali realizzerebbero di avere a propria disposizione un’importante strumento di controllo dell’operato della giunta in grado di sviluppare un positivo circolo virtuoso tutto a beneficio del buon andamento dell’azione amministrativa e, conseguentemente, dei cittadini.

Sotto un secondo profilo, l’introduzione di una tipologia di controllo sugli enti locali di tipo sanzionatorio determina evidenti problemi di compatibilità

costituzionale, nonostante la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia ammesso che la Corte dei conti possa svolgere controlli esterni nei confronti degli enti territoriali proprio perché configurati come controlli di natura collaborativa, legittimati dalla portata unitaria dei principi contenuti agli artt.

81 e 97 della Costituzione26. Di recente, la Consulta ha avuto diverse occasioni

per pronunciarsi sui contenuti del d.l. n. 174 appena illustrato: si pensi, in questo senso alla sent. n. 60 del 2013 che ha preso in esame il novellato art. 148–bis del TUEL, alla sent. n. 23 del 2014 sull’art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 e, da ultima, la recentissima sent. n. 39 del 2014 che ha indagato in modo più ampio il sistema di controlli su regioni ed enti locali introdotto nel 2012: vertendo, la seconda pronuncia, su aspetti strettamente attinenti all’ordinamento regionale, essa non sarà presa in esame in questa sede, rinviando la sua trattazione generale alle conclusioni, dove si tenterà di tirare le file dei principali orientamenti giurisprudenziali emersi sui provvedimenti che il legislatore statale ha adottato nei confronti degli enti territoriali in seguito allo scoppio della crisi economica.

Nella sent. n. 60 del 2013, la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi su un conflitto di attribuzione presentato dalla Provincia autonoma di Bolzano e avente ad oggetto la deliberazione concernente l’approvazione del programma di controlli e delle analisi di della sezione di controllo di Bolzano per l’anno 2012, adottata dalla Corte dei conti – sezione di controllo per la Regione Trentino–Alto Adige. La Consulta rigetta la questione rammentando come la tipologia di controllo contestato fosse già stata prevista all’art. 1, comma 168, della legge n. 266 del 2005, e che già in precedenti pronunce era stato valutato compatibile con il quadro costituzionale, in quanto «finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della

Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria del complesso degli enti territoriali, nonché il rispetto del patto di stabilità interno e degli obiettivi di governo dei conti pubblici concordati in

sede europea»27, che valgano anche nei confronti delle regioni a statuto speciale,

rispetto al quale queste non posso opporre alcuna competenza legislativa esclusiva.

Successivamente la Corte costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi su profili ben più ampi del d.l. n. 174 del 2012, in virtù di due ricorsi presentati dalla Regione Friuli–Venezia Giulia28 e dalla Regione Sardegna29 cha hanno portato all’adozione delle sentenze n. 23 del 2014, su cui rinviamo all’ultimo

capitolo30, e n. 39 del 2014, propugnata quest’ultima anche dal ricorso

presentato dalla Provincia autonoma di Trento31. Passando, dunque, all’esame

di quest’ultima, nell’ambito dei numerosi profili contestati32, ci limiteremo ad

analizzare quelle parti di tale pronuncia in cui è stata analizzata la nuova disciplina dei controlli sugli enti locali introdotta nel 2012 mediante la modifica dell’art. 148 del TUEL e l’inserimento dell’art. 148–bis, previste all’art. 3 del decreto legge.

Procedendo con ordine, la Corte si pronuncia anzitutto per la illegittimità costituzionale dell’art. 148, comma 2, del TUEL che prevedeva che il Ministero dell’economia il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato potesse attivare verifiche sulla regolarità della

27 Cfr. punto 4.2, Considerato in diritto, sent. n. 60 del 2013. Il concetto è altresì espresso nelle sent. n. 198 del 2012, n. 37 del 2011, n. 179 del 2007 e n. 267 del 2006.

28 Cfr. Ricorso per legittimità costituzionale dell’8 febbraio 2013, n. 17 del Registro dei ricorsi. 29 Cfr. Ricorso per legittimità costituzionale del 15 febbraio 2013, n. 20 del Registro dei ricorsi. 30 Cfr. cap. 4, par. 3.2.

31 Cfr. Ricorso per legittimità costituzionale del 12 febbraio 2013, n. 18 del Registro dei ricorsi. 32 Complessivamente i ricorsi contestano la legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 16, dell’art. 3, comma 1, lettera e), dell’art. 6, commi 1, 2 e 3, e dell’art. 11-bis del d.l. n. 174 del 2012.

gestione amministrativo-contabile33, qualora un ente evidenziasse situazioni di squilibrio finanziario riferibili a determinati indicatori, nella misura in cui tale previsione affida ad un organo statale e non magistratuale di carattere terzo un potere di verifica sull’intero spettro delle attività amministrative e finanziarie degli enti locali, sottraendolo così alla potestà normativa di carattere primario delle regioni speciali ricorrenti. Conseguentemente la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale anche del comma 3 dell’art. 148 del TUEL, nella misura in cui esso prevedeva che la Corte dei conti potesse attivare le procedure di cui al comma 2, non valendo in questo senso l’argomento per cui tali previsioni sarebbero volte a rafforzare le prerogative dei magistrati contabili. Rispetto a questo primo profilo, stupisce anzitutto che la Corte costituzionale abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate limitatamente alle sole regioni che hanno impugnato tali previsioni (Friuli– Venezia Giulia e Sardegna) e non per tutte le regioni a statuto speciale.

Da tale prima declaratoria derivano due dei tre fattori che potrebbero comportare l’insorgere di gravi squilibri istituzionali rispetto al quadro costituzionale vigente in materia di enti territoriali: il primo di questi concerne il rapporto tra gli enti locali delle regioni speciali che hanno proposto il ricorso – ottenendo la conseguente declaratoria – e gli enti locali delle regioni che non hanno contestato la legittimità costituzionale di tali previsioni (Valle d’Aosta, Trentino–Alto Adige e Sicilia) e rispetto alle quali tali tipologie di controlli continuerebbero ad applicarsi, differenziando enormemente lo status degli enti locali nell’ambito delle regioni speciali. A ben guardare, tuttavia, una simile prospettiva non sarebbe coerente con quanto sancito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 230 del 2001, in materia di istituzione delle nuove province sarde, in cui è stato riconosciuto che la legge costituzionale n. 2 del 1993

33 Previste all’art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e negli altri casi in cui la legge dispone in tal senso.

attribuisce potestà legislativa primaria in materia di ordinamento degli enti locali a tutte le regioni a statuto speciale «al fine dichiarato non solo di “rimuovere l’originaria diversità di regime giuridico delle regioni ad autonomia speciale in materia di enti locali” (sent. n. 415 del 1994), ma anche di equiparare, sul punto in questione, la loro autonomia a quella già riconosciuta alla Regione siciliana», sicché «l’ampiezza della potestà legislativa delle regioni ad autonomia speciale diverse dalla Sicilia in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni” debba essere ricostruita in conformità a

quella che caratterizza la potestà legislativa di quest’ultima regione»34. Pertanto,

la ricostruzione effettuata dalla Corte costituzionale nel 2001 che conduce ad interpretare la potestà legislativa primaria delle regioni speciali in materia di enti locali in chiave del tutto unitaria, escludendo dunque profili di differenziazione tra una regione e l’altra, avrebbe dovuto condurre i giudici a dichiarare incostituzionali le previsioni impugnate per tutte e cinque le regioni ad autonomia speciale, non sussistendo reali profili di differenziazione.

Sia a fronte delle conclusioni della sent. n. 39 del 2014, ma anche qualora la Corte fosse giunta ad una declaratoria di incostituzionalità per gli enti locali di tutte le regioni speciali, si prospetta un secondo elemento di squilibrio rappresentato dalla differenza che – a questo punto – sussiste nella disciplina dei controlli esterni tra enti locali delle regioni speciali ed enti locali delle regioni ordinarie, cui continua ad applicarsi le previsioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 148 del TUEL. Tuttavia, tale squilibrio, discende da un elemento di tipo strettamente procedurale, nella misura in cui la Corte costituzionale – chiamata ad attenersi al rispetto del principio di coincidenza tra chiesto e giudicato – non avrebbe avuto margini per potersi spingere ad una declaratoria di incostituzionalità anche a favore degli enti locali delle regioni ordinarie e,

badando alle argomentazioni riportate, non si può di certo escludere che non si possa pervenire un domani ad una pronuncia in tal senso. La Consulta giunge a tali conclusioni richiamando il precedente della sent. n. 219 del 2013 che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011, laddove prevedeva analoghi poteri di verifica sulla regolarità della gestione amministrativo–contabile degli enti territoriali, in sfregio a quanto previsto anche dalla sent. n. 29 del 1995 che considerava legittimi i controlli di natura collaborativa attribuiti alla Corte dei conti, in quanto «garante imparziale dell’equilibrio economico–finanziario del settore pubblico».

Proseguendo nell’analisi della sent. n. 39 del 2014, si segnala come la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 148, comma 4, relativo alle sanzioni nei confronti degli amministratori in caso di mancata applicazione degli strumenti e delle metodologie di controllo introdotte per gli enti locali, è stata ritenuta inammissibile per genericità dei motivi, rinviando dunque ad una futura pronuncia l’esame di uno dei punti più critici del d.l. n. 172 del 2012. Invece, la questione concernente l’art. 148, comma 1, relativo alle verifiche da parte della Corte dei conti della legittimità e della regolarità delle gestioni, nonché del funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio con invio dei referti al presidente del coniglio comunale o provinciale, è stata ritenuta non fondata in quanto riconosciuta come semplice procedura di raccordo tra controlli interni e controlli esterni non lesiva dei parametri invocati.

In ultima analisi, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 148–bis del TUEL in materia di esame dei bilanci preventivi e dei rendiconti degli enti locali da parte della Corte dei conti, con eventuale preclusione all’attuazione dei programmi di spesa