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I recenti tentativi di riforma del titolo V della Costituzione: le novità in materia di ordinamento degli enti locali

E LE MODIFICHE RELATIVE ALLA CONFIGURAZIONE DEGLI ORGANI DELLE AUTONOMIE LOCALI

5. I recenti tentativi di riforma del titolo V della Costituzione: le novità in materia di ordinamento degli enti locali

Il 7 novembre 2012, il Governo allora in carica ha presentava un disegno di legge costituzionale di riforma del titolo V della parte II della Carta (S. 3520), nell’intento di correggere in alcune sue parti una riforma come quella risalente ad 2001 che, fin dalla sua entrata in vigore, si caratterizzava per alcuni importanti problemi. Per quanto con la caduta del governo, avvenuta nel dicembre del 2012, il disegno di legge in esame sia decaduto e non sia più stato ripresentato alle Camere all’indomani dell’avvio della XVII legislatura, è opportuno farne menzione in questa sede, in ragione delle previsioni contenute al proprio interno che avrebbero avuto importanti ripercussioni sul sistema delle autonomie locali e che, in questa sede, ripercorreremo brevemente. È

tuttavia opportuno premettere che, ad un’attenta analisi129, è possibile affermare

128 Cfr. S.MANGIAMELI, Brevi note sulla garanzia delle autonomie locali, op.cit., p. 4.

129 Su tale disegno di legge costituzionale cfr. amplius, A.RUGGERI -C.SALAZAR, Il Governo Monti e la riscrittura del titolo V: “controriforma” o manovra gattopardesca?, in www.giurcost.org, 2013. Lo scritto riprende, con ulteriori svolgimenti e precisazioni, una riflessione già presente nell’appendice di aggiornamento a T.MARTINES -A.RUGGERI -C.SALAZAR, Lineamenti di diritto regionale, Milano, 2012, dal titolo Il Governo Monti e la “controriforma” del titolo V; R. TONIATTI, Le prospettive di revisione costituzionale e l’ipoteca neo-centralista sulla riforma dell’ordinamento regionale, in Rivista AIC n. 2/2013; nonché, in chiava marcatamente più critica, R.BIN, Ricchi solo di idee sbagliate: i costi dell’antipolitica, in Le Regioni, n. 3/2012, p. 447 ss., in cui l’autore ha affermato che il progetto di revisione costituzionale del titolo V «è, ad un tempo, un capolavoro di insipienza giuridica e di pulsione centralistica: è chiaro a

che all’intento meramente correttivo, si accompagnavano una serie di previsioni fortemente criticabili, se non per la sostanza, per la loro indeterminatezza che non consentiva di coglierne a pieno la portata e l’effetto.

La proposta di modifica che più di ogni altra avrebbe impattato sugli enti locali era rappresentata dalla revisione dell’art. 117, II comma, lett. p), che demandava alla potestà legislativa esclusiva dello Stato non solo la disciplina delle funzioni fondamentali, della legislazione elettorale e degli organi di governo, ma anche la definizione dei «principi generali dell’ordinamento» degli enti locali: come apparirà all’interprete più avveduto, tale espressione richiama immediatamente alla memoria quanto previsto all’art. 128 Cost., abrogato dalla riforma del titolo V del 2001. Al pari della cd. clausola di prevalenza dell’interesse nazionale in materia di legislazione statale, anche ribattezzata “clausola vampiro”130, anch’essa potrebbe essere qualificata come tale in virtù delle potenzialità lesive che avrebbe nei confronti dell’autonomia normativa degli enti territoriali, riconosciuta e costituzionalmente garantita proprio inseguito alla riforma del 2001. Nonostante il riferimento limitato ai soli «principi», una previsione come quella avanzata e facente riferimento in generale all’«ordinamento» degli enti locali, senza che si possa escludere nulla da tale nozione potrebbe altresì affossare definitivamente la prospettiva di superare il Testo unico del 2000 (d.lgs. n. 267 del 2000) quale atto legislativo di disciplina generale degli enti locali in favore di una Carta dell’autonomia locale che limiti la disciplina legislativa dello Stato alle sole competenze elencate alla medesima lettera p).

tutti che la riforma del 2001, frettolosa e rabberciata, è fallita; ma la riforma del 2012 appare ancora più frettolosa e inconsapevole di quali siano i nodi reali che hanno impedito alla disciplina costituzionale in vigore di funzionare a dovere. Un Governo di “tecnici” avrà i suoi meriti sul piano del risanamento finanziario, ma su quello della redazione dei testi legislativi e costituzionali meriterebbe una sonora bocciatura.

130 In riferimento, appunto, alla clausola dell’interesse nazionale, tale espressione fu coniata da A.D’ATENA, Il progetto licenziato dalla Bicamerale il 4 novembre 1997, (1997), successivamente in L’Italia verso il federalismo, Milano 2000, p. 149.

Una modifica di questo genere porrebbe, peraltro, considerevoli problemi di compatibilità con la previsione contenuta all’art. 117, sesto comma, della Costituzione, laddove si demanda alla potestà regolamentare degli enti locali la disciplina dell’organizzazione e dell’esercizio delle funzioni ad essi attribuite: in un ottica in cui tale prerogativa possiede una copertura costituzionale, il riconoscimento di una potestà legislativa statale nei termini suesposti che dovesse consentire una disciplina in materia di organizzazione e funzionamento degli enti locali potrebbe pertanto essere costituzionalmente illegittima qualora si sposasse la tesi di chi sostiene131 che la garanzia costituzionale del potere normativo a livello locale dovrebbe escludere la possibilità di legiferare in materia da parte dello Stato.

Al fallimento di tale tentativo, il Governo attualmente in carica ha mostrato l’intento di presentare un disegno di legge costituzionale di ampio respiro che, nel riscrivere il titolo V della parte II della Carta, accanto all’eliminazione tout court della potestà legislativa concorrente, ripropone – per

quanto nella sua versione provvisoria in bozza132 – i due elementi caratterizzanti

del disegno di legge presentato nella legislatura precedente quali la cd. “clausola vampiro” e la riconduzione alla potestà legislativa esclusiva la definizione dei principi generali dell’ordinamento dei comuni e delle città metropolitane.

Dopo il primo tentativo fallito di riforma del titolo V, sarà necessario seguire l’iter di questo nuovo tentativo ed analizzare effettivamente quali modifiche entreranno a far parte del testo della Costituzione: le reiterazione da parte del Governo delle medesime proposte di revisione costituzionale rivelano il radicamento di un’impostazione culturale che, ancora, fatica a concepire

131 Cfr. M.DI FOLCO, La garanzia costituzionale, op.cit., cap. 3.

132 Cfr. il d.d.l. costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”, nella versione provvisoria all’esame del Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2014.

fattivamente il principio autonomistico in termini concreti, ritenendo piuttosto che – non solo in una situazione di crisi economica – sia maggiormente opportuno governare la molteplice e differenziata realtà delle autonomie locali in modo più centralizzato e sulla base di una disciplina uniforme, riducendo in modo consistente i margini di differenziazione oggi possibili attraverso il riconoscimento dell’autonomia normativa degli enti locali.