• Non ci sono risultati.

La crisi del Sistema comune europeo di asilo Progetti di riforma e

CAPITOLO I: STATUS DI RIFUGIATO E SUA EVOLUZIONE

3. La crisi del Sistema comune europeo di asilo Progetti di riforma e

In ordine ad una effettiva realizzazione degli impegni contenuti nella Agenda europea sulla migrazione è stata rilasciata in data 6 aprile 2016 da parte della Commissione europea una comunicazione avente come esplicito obiettivo quello di riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all’Europa. Il documento denota una forte presa di posizione da parte degli organi europei che si inserisce in quel contesto di riflessione e cambiamento delle politiche fin qui adottate in materia di immigrazione e protezione internazionale: viene difatti ribadito che la Commissione continuerà ad aiutare gli Stati nella applicazione delle iniziative previste negli atti precedenti per arginare i flussi migratori irregolari ma, già nell’incipit della relazione è possibile leggere che ‘La politica europea in materia di asilo e

migrazione presenta notevoli carenze e punti deboli, tanto nella concezione quanto nella attuazione, che la crisi ha fatto emergere. L’UE deve predisporre gli strumenti necessari per gestire meglio i flussi migratori a medio e lungo termine, in linea con l’approccio proposto dalla agenda europea sulla migrazione. L’obiettivo generale è passare da un sistema che, per come è stato concepito o per la scorretta attuazione, attribuisce una responsabilità sproporzionata ad alcuni Stati membri e incoraggia flussi migratori incontrollati e

irregolari, a un sistema più equo che offra percorsi più ordinati e sicuri verso l’UE..’ e ancora ‘la riduzione dei flussi irregolari diretti in Europa e all’interno della stessa, e la protezione delle nostre frontiere esterne, possono essere efficaci solo se consideriamo il fenomeno migratorio in una prospettiva ampia e globale’.

Le parole appena richiamate denotano una chiara uscita allo scoperto dell’Unione Europea, tramite quella che è forse la sua istituzione maggiormente rappresentativa, la quale dichiara il sostanziale fallimento delle politiche comunitarie in materia di asilo e immigrazione come adottate dai primi anni Duemila; non a caso nel primo capitolo del documento in questione si parla di ‘carenze strutturali del sistema europeo comune di asilo in tempi di crisi migratoria’, richiamando più di ogni altra cosa l’inadeguatezza del Sistema Dublino con riferimento in particolare al regolamento38 che

disciplina i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale.

In base cioè al Regolamento Dublino III esiste un preciso sistema per stabilire di quale Stato membro è la competenza per ogni specifica domanda di asilo, di conseguenza un soggetto che chiede o che ha ottenuto la protezione internazionale non ha alcun diritto di scegliere in quale Stato membro stabilirsi; se il richiedente presenta domanda allo Stato non competente, esso dovrà essere ritrasferito verso lo Stato che in base alle regole contenute nel regolamento detiene la competenza per quella specifica domanda di asilo.

Il principio generale, ripreso dalla normativa precedente39, è infatti

quello imperniato sulla possibilità di presentare domanda per il riconoscimento di una forma di protezione internazionale in un unico Stato membro, prevedendosi un sistema che privilegia lo Stato in grado

38 Il riferimento è al Regolamento n.604 del 26 giugno 2013 di Parlamento europeo e

Consiglio.

39 La Convenzione firmata a Dublino il 15 giugno 1990 e il cosiddetto Regolamento

di assicurare il ricongiungimento familiare del richiedente; nel caso in cui non sia possibile invece applicare tale criterio, il regolamento prevede invece la competenza dello Stato che ha già rilasciato al soggetto un titolo di soggiorno oppure un visto, anche nel caso in cui questi siano stati ottenuti fornendo false generalità; qualora non sia possibile applicare nessuno dei suddetti criteri, si prevede che diventi competente il primo Stato nel quale la domanda è stata presentata. La caratteristica di questo sistema è dunque quella di non portare ad una equa distribuzione delle responsabilità e degli oneri riguardanti le richieste di protezione internazionale tra i vari Stati, e in un periodo di forte pressione migratoria ciò che questo comporta è l’affiorare di un effetto distorsivo consistente in una forte diseguaglianza nella ripartizione delle istanze di asilo che conduce inevitabilmente ad una gestione quasi insostenibile del fenomeno migratorio. Ma la criticità maggiormente significativa è rappresentata dal fatto che la maggior parte degli stranieri che, attraverso la rotta mediterranea, accedono al territorio dell’Unione non sono in possesso dei requisiti previsti per l’ingresso regolare e tale circostanza conduce alla persistente applicazione di un ultimo criterio che da residuale è diventato ormai quello maggiormente utilizzato, ed è il parametro contenuto nell’articolo 13 del Regolamento Dublino III nel quale si legge che

‘Quando è accertato…che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l ‘esame della domanda di protezione internazionale’.

Nonostante si specifichi poco dopo che suddetta responsabilità cessi dopo che siano trascorsi dodici mesi dall’attraversamento della frontiera senza che lo straniero in questione abbia richiesto protezione, questo ultimo criterio ha letteralmente pervaso l’intero funzionamento del Sistema Dublino, a scapito di quegli Stati che, come l’Italia, si

trovino per ragioni geografiche ad essere il primo approdo della stragrande maggioranza dei flussi irregolari di migranti.

È chiaro dunque come tale sistema produca una distribuzione decisamente ineguale delle richieste di asilo tra gli Stati membri, e conduce inoltre a un sensibile ritardo nell’esame delle varie domande con conseguente vulnus nella gestione e dei richiedenti che sovente vedono lesi i propri diritti nelle more della valutazione della istanza proposta. Per tali ragioni la Commissione ha voluto promuovere una riforma ideata al fine di introdurre una serie di meccanismi volti ad apportare dei correttivi per risolvere le illogiche derive che sono conseguenza di questo sistema. Nello specifico viene lasciata immutata la gerarchia dei criteri citati, ma essi sarebbero completati dall’aggiunta di un c.d. meccanismo di equità correttivo: la volontà sarebbe quella di istituzionalizzare le procedure di ricollocazione e reinserimento già sperimentate in via temporanea prevedendo che qualora uno Stato membro si trovi ad avere a che fare con un numero di richieste di protezione internazionale sproporzionato rispetto alla propria capacità massima di accoglienza, tali richieste saranno redistribuite tra gli altri Stati membri. La Commissione riflette anche sulla possibilità di predisporre uno nuovo sistema di distribuzione delle domande di asilo orientato in questi termini: la competenza non verrebbe più ad essere dello Stato membro in cui l’immigrato entra irregolarmente, essendo al contrario la stessa determinata sulla base di una chiave di distribuzione che rifletta criteri quali la ricchezza e le dimensioni degli Stati membri; in tal caso la maggior parte dei richiedenti protezione sarebbero direttamente assegnati ad uno Stato membro al momento della proposizione della domanda di asilo.

Altra proposta contenuta nella Comunicazione 197/2016 riguarda la possibilità di un eventuale trasferimento del trattamento delle domande di asilo dal livello nazionale direttamente all’UE, ad esempio trasformando l’EASO in una agenzia di decisione di primo grado con

succursali in ogni Stato membro; in tal modo gli Stati membri sarebbero gravati di tale compito e potrebbero concentrarsi precipuamente sulla accoglienza dei richiedenti asilo. In tal modo si otterrebbe un processo decisionale centralizzato, prevedendo anche un organo di ricorso sempre a livello di Unione, che comporterebbe una vera e propria armonizzazione delle procedure di protezione: si sottolinea dunque come un tale progetto non sia possibile da attuare in brevi termini. Tali temi sono al momento in discussione in sede di Parlamento europeo e di Consiglio, tuttavia va rilevato come siano scarse le prospettive di attuazione completa a causa degli orientamenti ancora profondamente discordanti tra i vari Stati membri, i quali rendono veramente arduo il compito di giungere ad una politica comune in materia di immigrazione ed asilo che raggiunga un livello di efficacia e armonizzazione che sia sufficiente a garantire quantomeno una certa uniformità di trattamento40.

40 Se alcuni hanno mostrato resistenze all’introduzione del meccanismo di equità, altri

Stati maggiormente esposti alla pressione migratoria hanno rilevato perplessità verso alcune clausole quali quella che consente agli Stati di esimersi dal dovere di partecipare al ricollocamento dei richiedenti attraverso il versamento di un contributo di 250.000 per ogni richiedente.