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La procedura di concessione della protezione internazionale

CAPITOLO II: IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

2. La procedura di concessione della protezione internazionale

Una volta acclarata la competenza dello Stato italiano in ordine alla valutazione della domanda di protezione internazionale, il soggetto straniero non comunitario viene inserito in una procedura che, secondo

le migliori aspirazioni, giungerà al riconoscimento di una delle tre forme di protezione contemplate dal nostro ordinamento: il conseguimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Tale percorso di valutazione dello status di rifugiato si compone di due fasi necessarie e di una fase eventuale: la prima consiste nella presentazione della domanda di protezione internazionale da parte del richiedente ed assolve ad una funzione di apertura di tutto il procedimento; in seguito si ha l’esame della domanda da parte della Commissione territoriale competente, con una eventuale audizione e conseguente decisione della Commissione stessa in merito all’istanza proposta; infine la terza fase è solo eventuale in quanto si avvierà unicamente in caso di ricorso giurisdizionale da parte del soggetto avverso il diniego della Commissione.

La presentazione della domanda di protezione internazionale da parte del richiedente rappresenta dunque il solo atto con il quale lo stesso possa accedere alla procedura di concessione, e può essere presentata alternativamente al momento dell’ingresso sul territorio nazionale presso l’Ufficio di Polizia di frontiera, oppure in un momento successivo in sede dell’Ufficio immigrazione della Questura territorialmente competente in base al luogo di dimora del soggetto. La presentazione della domanda di asilo non è vincolata ad una forma particolare, potendo la stessa essere presentata anche in modo verbale o mediante comportamenti concludenti che rivelino in modo chiaro e non equivoco la volontà da parte del soggetto di richiedere una forma di protezione. Della suddetta volontà di chiedere asilo viene svolta una verbalizzazione sottoscritta dal richiedente e redatto il cd. ‘modello C3’44 che riepiloga i dati dello straniero che ha presentato la richiesta,

contenendo in particolare numerose informazioni di carattere

44 Rappresentante il ‘Verbale delle dichiarazioni degli stranieri che chiedono in Italia

il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951’.

anagrafico e alcune domande riguardanti l’ingresso nel territorio italiano e precedenti richieste di protezione in altri Stati membri, nonché i ‘motivi per il quali ha lasciato il suo Paese di origine e/o

motivi per i quali non intende o non può farvi ritorno - su foglio da allegare, debitamente firmato, l’interessato scriva liberamente nella propria lingua originale ovvero in lingua italiana, inglese, francese, spagnola, tutti i motivi per i quali sia stato spinto all’espatrio e alla richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato, presentando eventuale documentazione in suo possesso e specificando, se del caso, condanne subite e luoghi di detenzione’. È opportuno specificare che

tutte le informazioni fornite durante l’incontro con gli uffici competenti al ricevimento dell’istanza sono coperte da riservatezza, e in quanto tali non possono essere trasmesse alle autorità dello Stato di origine né ad altre persone all’interno o all’esterno del territorio italiano.

Nei giorni immediatamente successivi alla verbalizzazione della domanda viene rilasciato, in favore dello straniero, un attestato nominativo che lo autorizza a soggiornare legalmente nello Stato italiano fino alla decisione della Commissione territoriale in merito all’istanza per il riconoscimento della protezione internazionale o, in caso di ricorso a fronte di un eventuale diniego, fino alla definitiva decisione da parte dell’autorità giurisdizionale. Qualora via sia il sospetto che l’unico motivo che abbia spinto lo straniero a presentare domanda di protezione sia di giungere ad una elusione della normativa in materia di respingimento ed espulsione, il Questore può disporre il trattenimento dello stesso in un Centro di permanenza per il rimpatrio per un periodo di tempo massimo di 12 mesi.

Il richiedente è dunque titolare di un diritto di permanenza all’interno del territorio italiano fino alla decisione della Commissione e persino per un periodo di tempo successivo alla stessa, in caso di proposizione di ricorso; l’art 7 comma 2 del Decreto procedure specifica tuttavia che tale previsione non si applica nel caso in cui il richiedente debba essere

estradato verso un altro Stato in esecuzione di un mandato di arresto europeo, consegnato ad una corte o ad un Tribunale penale internazionale oppure avviato verso un altro Stato dell’Unione Europea competente per l’esame dell’istanza di protezione internazionale. Agli uffici della Polizia di frontiera e della Questura che sono tenuti a ricevere le istanze di riconoscimento della protezione internazionale non è in alcun modo consentito di effettuare alcuna valutazione in merito all’ammissibilità delle medesime: la loro funzione principale risiede infatti nella trasmissione delle domande direttamente alla Commissione territoriale competente la quale rappresenta l’unica autorità accertante in materia. Resta ferma tuttavia in capo alla Questura l’idoneità ad attivarsi in merito alle procedure previste dal regolamento UE n. 604/2013 (Regolamento Dublino) in merito alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale, rendendo in tal modo operante l’Unità Dublino istituita presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno al fine di decidere a riguardo.

Il richiedente protezione internazionale si vede riconosciute al momento della proposizione della domanda, in base all’art 10 del Decreto procedure, una serie di garanzie coadiuvate da taluni specifici obblighi. In primo luogo è opportuno ricordare il dovere sussistente in capo all’ufficio di polizia che riceve l’istanza di informare lo straniero dei suoi diritti e doveri durante il procedimento e dei tempi a disposizione per arricchire la domanda degli elementi utili al suo esame: a tal fine avviene la consegna obbligatoria dello specifico opuscolo predisposto dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo il quale illustra le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, le conseguenze dell’allontanamento ingiustificato dai centri, i principali diritti e doveri del richiedente durante la permanenza in Italia, le prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle, l’indirizzo e il recapito telefonico delle principali

organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale nonché dell’UNHCR.

Si prevede poi che il richiedente sia tempestivamente informato della decisione e che tutte le comunicazioni riguardanti il procedimento gli siano rese nella prima lingua da lui indicata o, nel caso in cui ciò non fosse possibile, in inglese, francese, spagnolo o arabo secondo la preferenza da lui indicata; nell’intero svolgimento della procedura è garantito, se necessario, il supporto di un interprete. Nel caso in cui il richiedente sia una donna l’art 26 comma 1 impone inoltre la presenza di personale femminile nelle operazioni di raccolta della domanda di protezione internazionale.

Da ultimo il decreto legislativo 142/2015 all’art. 14 prevede che il richiedente che abbia formalizzato la domanda e che risulti privo dei mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il proprio sostentamento e quello dei propri familiari abbia accesso, in caso ne faccia esplicita richiesta, alle misure di accoglienza del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).

Quanto invece agli obblighi previsti in capo allo straniero che abbia presentato istanza di protezione internazionale, l’art. 11 del decreto procedure prevede: l’obbligo di comparire personalmente, se convocato, davanti alla Commissione territoriale; il dovere di consegnare i documenti in suo possesso che siano pertinenti alla valutazione della domanda, incluso il passaporto; informare l’autorità competente in ragione di ogni suo mutamento di residenza o domicilio; infine gli viene richiesto di agevolare il compimento degli accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza.

Da ultimo occorre precisare che con riguardo ad esigenze di tutela dell’unità familiare l’art. 6 del decreto procedure precisa inoltre che la domanda avanzata si estende anche ai figli minori presenti sul territorio nazionale al momento della proposizione della stessa, e si dispone ulteriormente che anche il minore non accompagnato possa presentare

direttamente domanda di protezione la quale può essere altresì presentata dal tutore sulla base di una valutazione individuale della situazione personale del soggetto non ancora maggiorenne. In caso di dubbi in ordine all’età del soggetto si applicano le nuove previsioni introdotte all’articolo 19bis del d.lgs. 142/2015 da parte della legge 7 aprile 2017 n.47 recante ‘Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati’, in base alle quali, in seguito a un colloquio preliminare svolto nella struttura di prima accoglienza da parte di personale con specifica esperienza nella tutela dei minori volto ad approfondire la storia personale e familiare del soggetto e a far emergere elementi utili alla sua protezione, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni possa predisporre esami socio-sanitari volti all’accertamento dell’età nel modo meno invasivo possibile; in caso di insanabili dubbi si prevede la presunzione di minore età. In ogni caso i minori non accompagnati hanno diritto ad essere inseriti nel sistema SPRAR e collocati in strutture opportunamente autorizzate e accreditate che possano soddisfare gli standard minimi di assistenza e tutela di soggetti deboli. Nel caso in cui non sia possibile inserire il soggetto in una di tali strutture, l’accoglienza del minore viene temporaneamente assicurata dal comune in cui attualmente lo stesso si trovi.

Dal punto di vista procedurale, la proposizione di una istanza di protezione internazionale da parte di un minore straniero non accompagnato provoca come conseguenza l’immediata sospensione dell’iter e la comunicazione da parte della Questura al Tribunale dei minorenni per la nomina di un tutore che deve avvenire entro 48 ore. Ritornando ora al percorso in cui si connota il riconoscimento della protezione internazionale in capo ad un soggetto straniero o apolide, abbiamo visto che gli Uffici adibiti a ricevere la domanda, Questura e Polizia di Frontiera, non effettuano nessuna valutazione di ammissibilità della stessa rimettendo viceversa le varie richieste alla

Commissione territoriale la quale è l’unico organo competente nella valutazione delle istanze di protezione internazionale.45

Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale sono dunque attualmente le autorità competenti all’esame delle domande di protezione internazionale e sono stanziate presso le Prefetture: a questo organo arriverà il fascicolo contenente la richiesta di protezione e tutta la relativa documentazione raccolta, rimanendo fermo il fatto che fino alla fine del procedimento il richiedente potrà inviare alla Commissione competente ulteriori documenti e nuove memorie. Le varie commissioni sono istituite con decreto del Ministro dell’Interno il quale definisce le sedi e le circoscrizioni in cui sono praticanti: ad oggi la distribuzione delle Commissioni territoriali si articola in un numero di venti sedi e di ventotto sezioni distaccate composte da membri supplenti (a puro titolo esemplificativo si specifica come la Commissione con sede a Firenze è competente nella regione Toscana e nella regione Umbria e possiede due sezioni distaccate a Perugia e Livorno); la maggioranza delle sedi copre comunque, per ovvie ragioni geografiche e geopolitiche consistenti nell’arrivo della maggior parte dei migranti attraversando il Mediterraneo, la parte meridionale del territorio italiano.46

Le Commissioni sono organi collegiali formati da un numero fisso di quattro componenti nominati con decreto del Ministro dell’Interno formando un quadro composto da un funzionario della carriera prefettizia che ha le funzioni di presidente ed il cui voto primeggia in caso di parità, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e infine un

45 Originariamente, in seguito all’adesione da parte dell’Italia alla Convenzione di

Ginevra del 1951, la prima autorità preposta alla procedura di riconoscimento era la Commissione paritetica di eleggibilità, istituita con decreto interministeriale del 24 novembre 1953.

46 Emblematica del maggior numero di Commissioni territoriali per il riconoscimento

della protezione internazionale presenti nel Sud Italia è la regione Sicilia, la quale contiene ben quattro sedi principali (Catania, Palermo, Siracusa e Trapani) oltre a varie sezioni secondarie distaccate nell’isola.

rappresentante di un ente territoriale scelto dalla Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Tali funzionari vengono scelti in base alle esperienze pregresse ed alla formazione acquisita in materia di immigrazione e asilo o nel settore della tutela dei diritti umani.

L’articolo 4 comma 3 del ‘decreto procedure’, in seguito alla modifica apportata dal decreto legislativo 142/2015, prevede che in situazioni di urgenza il Ministro dell’Interno possa nominare il membro rappresentante dell’ente locale su indicazione dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) dandone tempestiva comunicazione alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali: il chiaro intento della riforma è quello di consentire che in situazioni emergenza e necessità sia possibile una rapida sostituzione dei componenti delle Commissioni al fine di non gravare i lavori delle stesse di impedimenti formali che ritarderebbero i tempi di decisione delle istanze proposte. Sempre in caso di ingenti afflussi di richiedente e laddove soprattutto sia utile disporre di particolari elementi di valutazione riguardo alla situazione dei paesi di provenienza è possibile che la singola Commissione territoriale venga integrata, su richiesta del presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, da un funzionario del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale che assume in toto il ruolo di componente dell’organo.

Le varie Commissioni operano in totale autonomia nella valutazione delle istanze di protezione internazionale, svolgendo tuttavia il proprio lavoro in base degli atti di indirizzo e coordinamento adottati dalla Commissione Nazionale, disciplinata all’art. 5 del decreto procedure. L’organo da ultimo citato è formato da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un funzionario della carriera diplomatica, un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno: questi soggetti sono nominati per un periodo di tre anni, eventualmente

prorogabile per un periodo eguale; alle riunioni dell’organo in questione partecipa, seppur senza diritto di voto, un rappresentante del delegato in Italia dell’UNHCR.

La Commissione nazionale per il diritto di asilo è competente in materia di revoca e cessazione dei vari status di protezione internazionale riconosciuti, oltre che titolare di importanti funzioni di indirizzo e coordinamento delle Commissioni territoriali, di formazione dei componenti delle stesse, di costituzione e aggiornamento di una banca dati di informazione utile al monitoraggio delle richieste di asilo e di una documentazione della situazione socio-politica dei paesi di provenienza dei richiedenti protezione internazionale. La Commissione costituisce inoltre, ai sensi dell’articolo 5, il punto di contatto per lo scambio di informazioni con la Commissione europea e con le competenti autorità degli altri Stati membri.

Regola generale di competenza delle singole Commissioni territoriali è quella prevista all’articolo 4 comma 5 del decreto procedure, al quale si prevede che la stessa si radichi sulla base della circoscrizione territoriale in cui si trova la Questura in cui è stata presentata la domanda di asilo; al contrario, laddove il richiedente sia ospitato in una struttura di accoglienza governativa o in un Centro di permanenza per il rimpatrio, la competenza è determinata in base alla circoscrizione territoriale in cui sono dislocate tali strutture. In deroga a suddetti criteri vi è la facoltà del Presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo di stabilire con proprio provvedimento la competenza all’esame delle domande in capo ad un’altra Commissione territoriale, valutando il numero dei procedimenti già assegnati a ciascuna Commissione nonché i mutamenti di residenza o domicilio comunicati dallo straniero. Gli ultimissimi anni, a partire dal 2014, hanno registrato un aumento esponenziale degli sbarchi di migranti il quale ha avuto ripercussioni sul numero di domande di asilo presentate nonché sul numero delle stesse analizzate da parte delle Commissioni territoriali, le quali

nonostante l’aumento delle sezioni non si sono mostrate più in grado di far fronte a tutte le domande proposte, portando ad una diminuzione delle percentuali di istanze esaminate: nell’intero 2015 si è registrata una cifra pari a 153.843 migranti sbarcati, dei quali 83.970 hanno presentato una domanda di protezione internazionale e solo l’85% delle stesse sono state esaminate dalle Commissioni territoriali; nel 2016 la percentuale diminuisce ancora arrivando al 74%.47 Si assiste dunque ad

un andamento migratorio degli ultimi anni che porta molti più stranieri nel territorio italiano e di conseguenza cresce esponenzialmente il numero di coloro che propongono domanda di asilo, con una chiara difficoltà per le autorità amministrative italiane di esaminare tutte le istanze. A ciò va aggiunto il dato riguardante il tempo medio di valutazione di una domanda da parte delle Commissioni che si è assestato, per il biennio 2014-2016, su circa 8 mesi e mezzo,48

consentendo di comprendere come il sistema italiano di asilo sia talmente sotto pressione da necessitare un intervento normativo volto ad un aumento di efficienza tale da renderlo in grado di gestire una mole di lavoro che con ogni probabilità continuerà ad assestarsi su valori sempre maggiori. È questa la logica di intervento della Riforma Minniti-Orlando, la quale intende ridurre il tempo medio delle decisioni al fine di far fronte al numero sempre maggiore di domande proposte. Giungendo dunque al procedimento di esame della domanda di protezione internazionale, l’articolo 29 del Decreto procedure dispone che la Commissione territoriale competente valuti prima di tutto l’eventuale presenza di cause di inammissibilità: nello specifico una istanza sarà considerata inammissibile nel caso venga presentata da un soggetto riconosciuto rifugiato da uno Stato firmatario della Convenzione di Ginevra che possa ancora avvalersi di suddetta

47 Dati forniti dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo in collaborazione al

Ministero dell’interno.

48 In relazione ai dati forniti da Vestanet C3 e dalla Commissione nazionale per il

protezione e in occasione di una reiterazione di una domanda, in seguito ad un provvedimento di diniego da parte della Commissione, effettuata senza aggiungere nuovi elementi di merito riguardanti la propria condizione o la situazione del proprio paese di origine. Occorre puntualizzare che un soggetto il quale, dopo aver ricevuto un diniego, rientrasse nello Stato di origine e ripresentasse successivamente istanza di protezione in Italia non andrà incontro ad una valutazione di inammissibilità, venendo la sua richiesta considerata quale nuova domanda e di conseguenza si procederà ad una nuova fase istruttoria. Il passo successivo alla verifica della sussistenza delle suddette cause di inammissibilità è rappresentato dal vero e proprio esame delle domanda il quale, a norma dell’articolo 28 del Decreto procedure, viene posto in essere secondo un preciso ordine di priorità in base al quale vengono trattate prioritariamente le domande palesemente fondate, le domande presentate da persone vulnerabili49, le domande presentate da

soggetti trattenuti in un centro di permanenza per il rimpatrio e infine le istanze pervenute da soggetti che la Commissione territoriale non necessita di dover sottoporre ad audizione in quanto i motivi addotti sono sufficienti alla concessione dello status di rifugiato.

Osservando tale ordine di priorità la Commissione territoriale competente dispone l’audizione dei richiedenti asilo: essa rappresenta il nocciolo principale di analisi della domanda in quanto è proprio in base al colloquio che l’organo amministrativo verifica la sussistenza dei presupposti per concedere lo status di rifugiato e concedere la protezione internazionale al soggetto proponente la specifica istanza. Il colloquio si svolge dinanzi ad uno solo dei componenti della Commissione territoriale il quale deve, se possibile, essere dello stesso sesso del richiedente e che alla fine sottopone la proposta di

49 Rientrano in tale categoria i minori non accompagnati, persone vittime di tratta di

esseri umani disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone affette da gravi malattie, persone vittime di mutilazioni genitali o di altre gravi forme di violenza